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Autore: Danail    12/02/2015    2 recensioni
“Uno col simbolo dell'Inizio, che l'Oceano ritrova.
Uno col simbolo della Fine, che la Terra reclama.
Una che col canto ammalia e nel mare dimora.
Una che brucia e rigenera nel Cielo infinito.
Un fratello con un'armatura d'acciaio, che inganna e schiaccia negli antri marini.
Un fratello con una pelliccia di rame, che sbrana e dilania nella notte più chiara.
Solo essi salveranno Raqalis e il mondo dall'incombente Oscurità”.
Con quest'oscura profezia, il pokemon Luxor si ritira nel suo mondo oscuro. La Terza Guerra di Raqalis sembra ormai finita: il mondo pokemon può ora tirare un sospiro di sollievo, la pace si instaura presto. Ma il Team Kigen si risveglia ancora: il suo capo riesce a scampare a Luxor e a rievocare i Demoni. Il Caos dilaga, e la Coalizione si ricostituisce: Raqalis, Altyerre, Sereal e Teyrnas sono ancora insieme. Morenti, ma insieme. Kanto, Jotho, Hoenn, Sinnoh, Unima e Kalos rispondono alla richiesta di aiuto, e tutte le persone venute a contatto con leggendari vengono invitate a combattere. Compresi i Team.
Attraverso gli occhi di Max, Ivan e i loro Team, la violenza e la disperazione della guerra raggiunge il suo apice.
Riusciranno a
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Cyrus, Max, N, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Cap 4 Nei giorni successivi vennero organizzate molte riunioni per fare il punto della situazione. Nelle prime due Damson presentò la Regione e la Lega.
I capipalestra, come al solito otto, avevano età variabili, ma si trovavano comunque in sintonia.
La prima Capopalestra, Draganak, aveva circa quindici anni ed era specializzata in pokemon Drago.
Vivace come i suoi draghi, organizzava tutto l'organizzabile.
La seconda, Eileen, non dimostrava più di diciassette anni ed era specializzata in pokemon Elettro. Di solito sta in compagnia di Draganak.
Poi veniva Zenit. Che dire, un tipi alquanto eccentrico. Appena ventenne, Zenit era un appassionato di pokemon Terra. Ottavio ci fece amicizia subito, anche se certe sue stravaganze lo lasciavano perplesso.
Il quarto capopalestra si chiamava Menion. Molto silenzioso, assomigliava vagamente a Rocco. I suoi genitori erano scomparsi da poco, lasciandogli sulle spalle il fratello di appena dieci anni, Quentin. Entrambi avevano fatto amicizia con il Team Idro, soprattutto con Ivan, visto che Menion era specializzato in pokemon Acqua.
Il quinto Capopalestra era quello che più affascinava Ottavio. Era Eskraas, grande amante dei pokemon Fuoco, era stato morso da un lupo mannaro prima del risveglio di Luxor. Ma avere una metà lupo sembrava non pesargli affatto. Tipo allegro, lui e Ottavio chiacchieravano molto. Inoltre era lui il padre del bambino che Damson portava in grembo.
Il sesto era quello più inquietante. Si chiamava Koden ed era specializzato in pokemon Erba. La cosa che spaventava Ottavio era l'occhio e il braccio destro del uomo: erano entrambi fatti di metallo, e il braccio era collegato al cervello tramite cavi esterni. Il capopalestra gli aveva spiegato che il suo Laitili, un pokemon carnivoro a forma di pianta, in un impeto famelico gli aveva tranciato di netto l'arto e trafitto l' occhio. Ottavio ricordava bene la furia dei Laitili...
Il settimo, Frjals, era il fratello maggiore di Eskraas. Grande appassionato di pokemon Volante, era anche un inventore: aveva costruito lui le protesi di Koden.
L'ottavo capopalestra... be, in verità erano due capipalestra, la coppia Celia e Aaron. I due riuscivano a integrare le loro squadre alla perfezione, nonostante i tipi diversi: mentre Celia prediligeva i pokemon Psico Aaron era innamorato dei pokemon Spettro.
Conoscerli tutti era un grande onore per il Magmatenente, ma un onore ancora più grande era conoscere i Superquattro: la prima, Elsa, era la nipote di Koden. Fredda e lucida come i suoi pokemon Ghiaccio, sapeva come risolvere ogni problema che le si presentava davanti.
In Ju, la seconda Superquattro di Lotta, era sempre ad allenarsi con i suoi pokemon. In quei giorni Ottavio la vedeva sempre in cortile a fare ginnastica e praticare arti marziali. A volte Alan le faceva compagnia.
Il terzo Superquattro, Quanel, di tipo Roccia, era il fratello di Zenit, ma a differenza sua era solitario e insondabile, come i suoi pokemon minerale.
L' ultima Superquattro si chiamava Darkness e allevava pokemon Buio. Fatalista e cinica, era una dei maggiori studiosi di simboli religiosi di Raqalis.
Ottavio spesso si confondeva coi nomi, generando divertimento e risate. Ma nonostante questo, la tensione aleggiava: interi villaggi e città venivano evacuati da attacchi dell' ultimo momento, e le notizie di morti erano all'ordine di giorno.
“Ciao Ottavio”. La voce di Ivan lo riscosse.
“Ciao Ivan...”
“Scusami se ti disturbo, ma è da quando siamo arrivati qui che cerco di parlare con Max, ma lui sembra evitarmi!”
Ottavio lo guardò sospettoso. Ivan, l'eterno rivale di Max, che voleva parlargli?
Il Capo Idro se ne accorse, e si affrettò a rispondere.
“No, Ottavio, mi hai frainteso! Non voglio parlargli da rivale! Anzi, è proprio questo di cui volevo parlargli... Io e il mio Team non vogliamo più essere rivali di nessuno”.
Ottavio era sorpreso. Ma dopotutto, anche lui s'era stufato di quell'assurdo conflitto.
“Se vuoi... ti aiuto. Devi solo aspettare nella mia camera, ok?”
“Grazie mille, Ottavio!” lo ringraziò riconoscente l'idrofilo.

Ivan non aspettò a lungo: dopo neanche dieci minuti Max entrò brontolando come il suo solito. Chiuse la porta alle sue spalle senza accorgersi di Ivan, ma quando si girò per poco non si prese un colpo.
“Cosa ci fai qui?” disse Max quasi urlando.
“Dobbiamo parlare” rispose semplicemente Ivan.
Max cercò di calmarsi, prima di rispondere.
“Ottavio mi ha ingannato... Ivan, non abbiamo niente da dirci”.
“Tu forse non puoi dirmi niente. Ma io si!” disse affrettatamente il Corsaro.
“Ascoltami Max: non voglio essere più il tuo rivale. Il Team Idro non vuole più essere il rivale del tuo. Ormai i nostri obbiettivi, i nostri ideali sono cambiati, e non si scontrano più tra loro. Noi siamo la marina di Hoenn, voi i sostenitori delle sue imprese, insieme possiamo fare grandi cose!
Max, io... non voglio più portarti rancore. Né a te, né a Rossella, né a Ottavio. A nessuno. Ho già parlato ai miei tenenti, e sono entrambi molto felici di collaborare con voi. Anche loro sono stanchi di questa rivalità. Max, voglio che non mi guardi più come un rivale, piuttosto come un amico. Sento che tra noi due c'è un legame, Max, e non un legame da rivali. Io...”.
Ma Ivan si fermò. Non sapeva cosa pensare di Max, ma ormai era troppo tardi. E poi, lo voleva come suo amico, come ai vecchi tempi.

Max osservava il suo nemico mentre parlava. Ivan non era mai stato bravo con le parole, e questo l'idrofilo lo sapeva, per questo puntava sulla sincerità.
La sua presunta morte aveva scosso Max nel profondo, come la sua finta morte aveva scosso Ivan. Si, forse il Corsaro aveva ragione...
“Ivan!” lo interruppe all'improvviso.
“... Si?”
“Per cosa lo fai?”
“Per noi”

Ivan stava per rispondere “Per Rossella” ma si trattenne. Non voleva coinvolgerla. Optò per qualcosa di più generico per convincere il rivale. Ivan sentiva, in un qualche angolo profondo della sua anima, che lui e Max avevano un legame. Un legame profondo. E il suo istinto non sbagliava mai.

Max esitò. I gesti di Ivan, i suoi impercettibili movimenti, la sua espressone gli facevano capire quanto ci tenesse.
“Non posso decidere sul momento. Ma penso che una tregua faccia bene ad entrambi”.
Max gli tese la mano, in segno d'amicizia.
Ivan tratteneva a stento la sua gioia: strizzò la mano esile di Max con una forza tale da spezzarla quasi.
“G-grazie” balbettò.
“Non ringraziarmi...”. Max sorrise, sadico. Gli piaceva vedere Ivan che gli chiedeva qualcosa e di come ringraziava dopo. Ma la sensazione di piacere lasciò posto a qualcos'altro. Qualcosa che Max pensava di aver dimenticato.

A pranzo Max era più distratto del solito. Guardava sempre in direzione del Team Idro. Dopo la strana alleanza con Ivan, un pensiero fisso torturava la mente del Capo Magma: Ada.
La Corsara, come al solito, rideva e scherzava insieme a Ivan, Alan e alcune reclute. Dopo il loro arrivo a Raqalis, i due team avevano cominciato a fondersi: reclute di team diversi si riunirono, innamorate.
Max sospirò. Aveva sempre avuto un debole per l'Idrotenente, anche se negli ultimi tempi ha provato a rimuovere il suo ricordo. Ma non ci riusciva: la donna lo affascinava sempre di più.
Si accorse che ancora non aveva preso ancora nulla da mangiare. Non che avesse fame, ma era un motivo per avvicinarsi ad Ada.
Si prese quel poco che gli andava e stava per tornarsene al tavolo, impettito come sempre per far colpo, ma una delle dispettose reclute Idro gli fece lo sgambetto, facendolo cadere proprio davanti ad Ada.
Max sentì delle risatine e il rimprovero di Ivan in Alteyran, la sua lingua.
Rosso per la vergogna e per la figuraccia, cercò di rialzarsi.
“Ti aiuto”.
La voce di Ada lo fece sussultare, e riuscì solo a balbettare un “O-ok” per l'imbarazzo.
La Corsara si mise davanti a lui, così vicina che Max poteva vedere le singole ciglia senza sforzo.
Lo scienziato pregava silenziosamente che nessuno pensasse che il suo rossore dipendeva da lei.
“Ecco!” sussurrò Ada, quando finirono di buttare i cocci di qualche stoviglia rotta.
“La prossima volta stai più attento... le nostre reclute sono... ehm... molto dispettose, vero Kirk?”
disse lei, fulminando la recluta che aveva fatto cadere Max.
“Avanti, Ada, era solo uno scherzetto!”
“La prossima volta risparmiati dal farlo”.
Max si allontanò in fretta, più silenziosamente possibile. Gli altri Team non avevano notato il suo incidente, continuando a mangiare e chiacchierare indisturbati.
Si rimise a sedere nel tavolo del suo Team, vicino a Rossella e davanti a Ottavio, e mangiò quello che era rimasto a testa bassa.
“Max?”.
Max alzò la testa per guardare il suo Magmatenente.
“Sì, Ottavio?”.
“Se posso chiedere... non è che ti sei preso una cotta per Ada?”.
Rossella per poco non si strozzò con l'acqua che stava bevendo.
“Max!” sussurrò, sgranando gli occhi.
Max arrossì ancora di più, fino a colorarsi come i suoi capelli.
“Io... non è vero” rispose impettito.
“È solo che... che io e Ivan abbiamo raggiunto un accordo, ma... mi imbarazza ancora stare vicino a loro dopo... tutte le nostre liti” balbettò confuso.
Era una mezza verità: è vero che non si era abituato alla loro caotica presenza, ma era soprattutto Ada a metterlo a disagio. Quella “cotta” durava da... prima della fondazione dei Team.
“Uhm... se lo dici tu...” rispose poco convinto Ottavio, che ritornò a mangiare.
Rossella lanciò una breve occhiata a Ivan e, con un sospiro, tornò al suo pasto.

Dopo pranzo Ebany li condusse in una zona del castello che i due Team non avevano mai visto. Con loro c'erano anche Platan ed Elisio, i due inseparabili amici.
“Di qua, ragazzi” li guidò Platan
“Io ed Elisio vogliamo illustrarvi meglio la megaevoluzione” spiegò, girandosi radioso verso il Capo Flare, che sbuffò.
“E di come possiamo impiegarla” completò Ebany.
Passarono davanti a una specie di crocevia: dal corridoio da dove provenivano se ne intersecava un secondo, come a formare una T.
Nel mezzo, due colonne racchiudevano una frase scritta in runico, decorata da strane incisioni.
Ottavio si sporse per vedere meglio.
Ivan si girò verso Alan, che aveva già interpretato la scritta e la guardava sovrappensiero.
Il Capo Idro, a malincuore, ricordò le circostanze in cui Alan imparò quel linguaggio...
L'idrofilo distolse lo sguardo per tornare sulla scritta. Faticava ancora con le rune. Ma una voce le interpretò per lui.
“Mene mene tekel upharsin” lesse Ottavio.
“E' una frase biblica. Riassumendola, dice questo:  sei stato pesato con la bilancia e risulti mancante”.
Alan trasalì.
“Giusto. Lo scrisse di nascosto Cedric Hufflepuff rivolto a Cair Syltherin. Negli ultimi suoi anni, Cair divenne piuttosto crudele...” cominciò Ebany.
“Tu. Sai. Leggere. Le rune!!” disse col fiato corto Alan, rivolto a Ottavio.
“Si certo” rispose lui vagamente sorpreso.
“Le ho imparate da piccolo. Mio padre mi insegnò a usarle per incanalare la magia che contengono”.
Alan s'irrigidì, strinse i denti pugni come per trattenere qualcosa.
“Alan...” disse dolcemente Ada, che gli strinse dolcemente un braccio.
“Ho... detto qualcosa di sbagliato?” chiese mortificato Ottavio.
“No, ma è meglio se li lasciamo un po' soli...” disse sbrigativo Ivan, e fece segno alla compagnia di continuare senza di loro. Ottavio non capiva cosa aveva ricordato ad Alan.

Quando Ada fu certa che se ne siano andati, tornò ad occuparsi di Alan.
Il gigante aveva le lacrime agli occhi.
“Alan, lo sai che non è stata colpa tua. Non lo è mai stata. Eri costretto, lo sai bene”.
Gli poggiò le mani sul collo per fargli sentire la sua vicinanza.
“Ada... ogni volta... lo rivedo in lui. Ogni volta...” singhiozzò Alan.
Prese fiato, e continuò a parlare.
“Io... non merito di stare qua, rivedo il suo corpo in mezzo a tutti gli altri... a causa mia...”
Ormai l'Idrotenente piangeva senza fermarsi.
A vederlo, ad Ada gli si spezzò il cuore.
“Su, Alan... so che era molto importante per te. Ma se sei sopravvissuto, ci sarà un motivo, no? Siamo qui per combattere i veri nemici, i veri assassini. E sicuramente tu non sei loro”.
Ada si lasciò abbracciare, sentiva le lacrime calde di Alan bagnarli la maglietta.
Per lei, il gigante non era semplicemente un subalterno. Era un amico. Un fratello. Si erano sostenuti a vicenda per tutta la vita, anche prima di Ivan.
“Non ti abbandono, Alan, come lui non ti abbandona. Ricordalo”.
Per fortuna, dopo quell'affermazione Alan si calmò un poco.

Quando i due tenenti rientrarono, le spiegazioni erano già piuttosto avanti.
Platan ed Ebany stavano spiegando i nuovi utilizzi delle Pietrachiavi, ma Rossella già sapeva qualcosa in merito. In quei dieci anni lei e Max avevano studiato per bene la megaevoluzione, accennando, nei loro studi, ad alcuni metodi sperimentali.
Ma non si erano spinti molto su quel settore.
Quindi, i primi minuti li aveva impiegati a guardare di nascosto Ivan.
No, Max non avrebbe approvato. Per niente.
Ma Rossella non poteva farci nulla: il suo interesse per il Corsaro era troppo forte.
Era da quando avevano sostenuto insieme il duro addestramento militare che lei si era “interessata” a lui. Ma, visto che Rossella si era finta un uomo per imparare a combattere insieme a Max e Ottavio, lui non aveva ricambiato.
L'entrata di Alan e Ada interruppe i suoi pensieri.
Rossella non aveva mai visto Alan in lacrime. Se è per questo, non aveva visto nessuno del Team Idro piangere. Sembravano sempre pervasi dall'allegria e dalla confusione.
Si chiedeva cosa fosse successo al gigante di tanto terribile, e perché Ottavio, leggendo le rune, glielo avesse ricordato.
Alan si mise in fondo al tavolo, vicino a Elisio, che gli diede una pacca sulla spalla per consolarlo.
La riunione durò ancora una mezz'ora, e non era stata affatto noiosa.
Rossella aveva ricordato studi dimenticati, ed era soddisfatta. Ma continuava ad essere preoccupata per Alan.
Lo vide sparire velocemente nei meandri della fortezza.
Lo stava per seguire, spinta dalla curiosità, ma Ottavio la fermò.
“Rossy, forse è meglio se ci parlo io...”
“Sei sicuro?”
“Certo! Dopotutto, voglio sapere cosa ho sbagliato...”.
Ottavio guardò per un attimo il corridoio deserto, dove poco prima Alan era sparito.
“Perché non vai da Ivan? Max ha stretto un'alleanza con lui... e sai...”.
Rossella arrossì un poco.
Aveva capito cosa voleva intendere il suo collega.
Magari stare più tempo con lui è un ottimo modo per appianare i rancori.
Fischiettando, si avviò al grande salone dove si riunivano tutti per svagarsi, mentre Ottavio s'incamminò al lato opposto.

“Nessuno sa quanto hai sofferto, quanto hai pianto, quanto hai combattuto e quante cose ti sei lasciato alle spalle per vivere.
Nessuno sa di te e del tuo passato. Nessuno, finché tu non apri il tuo cuore, e sveli segreti che nessuno prima conosceva tranne te. E solo allora tutto sembrerà più leggero, senza peso. Perché solo quella persona che, come te, ha sofferto, pianto e combattuto tanto da quasi morire, solo lei potrà capirti, potrà compatirti, potrà amarti.
Solo gli opposti e gli uguali si attraggono”.
Alan ripeteva mentalmente questo frammento di un vecchio libro. Scritto in runico, ovviamente.
Era il pezzo preferito di entrambi...
Il gigante si era arrampicato su un tetto di un corridoio che collegava due torri a Ovest, e guardava il sole che pian piano scivolava all'orizzonte.
Lo spettacolo era uno dei più belli che Alan avesse mai visto: i raggi solari coloravano sia le bianche mura della fortezza e inondavano la gola su cui s'affacciavano. Sul fondo della rupe, un fiume scorreva senza interruzioni. Da quelle altezze, si vedeva solo un nastro blu impreziosito da riflessi rossi e oro dovuti al tramonto.
Alan lo trovava estremamente rilassante.
All'improvviso, sentii qualcuno chiamarlo con una certa urgenza. Non era altri che Ottavio, che cercava di arrampicarsi nel tentativo di raggiungerlo.
Alan ridacchiò per i goffi tentativi del Magmatenente, ma scese a dargli una mano.
Ottavio gli era sempre piaciuto, si ficcava sempre nei guai, e riusciva a farlo ridere come nessuno.
Gli infondeva un'allegria anche nei momenti più bui. Come...
Sì, pensò Alan, Ottavio è la mia ancora di salvezza.
“Ciao, Alan! Grazie per avermi aiutato!” ansimò Ottavio.
Alan ridacchiò mentre il Magmatenente riprendeva fiato.
“Come hai fatto a trovarmi? E come mai sei venuto a cercarmi?” chiese quando Ottavio si riprese.
“E' semplice: ti conosco da anni, e cerchi sempre i posti più alti e difficili da trovare e raggiungere.
Ti ho cercato perché volevo scusarmi per prima. Se ho detto qualcosa che ti ha offeso, ti prego, perdonami!”
Alan era colpito. Ottavio non si era mai rivolto a lui in quel modo, neanche quando erano all'addestramento insieme.
“No, Ottavio, non è colpa tua. Le tue parole non mi hanno offeso in nessun modo. Solo che mi hanno riportato alla mente un episodio della mia vita...”.
La voce del gigante si spense come una fiamma al vento.
È qualcosa di estremamente doloroso, pensò Ottavio, guardando quel volto triste. È un peccato, è così bello...
“Te la senti di raccontarmelo? Magari ti posso dare una mano. Max e Ivan sono riusciti a ottenere una tregua...”.
Alan guardò quel faccione sorridere, fiducioso. Era tenerissimo.
“Si, Ivan me l'ha detto. Era proprio felice”.
Sospirò.
“Ottavio, non è un bel ricordo. I sensi di colpa mi dilaniano come i Mightyena sbranano una Miltank”.
E l'Idrotenente cominciò a raccontare.
   
 
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