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Autore: MAMMAESME    15/02/2015    4 recensioni
Matrimonio in vista? Chissà ...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero seduto sulla mia sedia da regista e stavo discutendo una scena con Kat  quando vidi Nina arrivare, puntuale come sempre

Non avrebbe dovuto girare quel giorno, ma a lei piaceva stare sul set, guardare girare tutte le scene e godere della compagnia dei suoi amici.

 Vedendola capii subito che qualcosa non andava.

Con la testa bassa si diresse direttamente al suo camerino: i capelli le scivolavano lungo le guance, nascondendole il volto. Non un cenno di saluto, non un sorriso alla crew.

Strano: di solito quando arrivava salutava tutti, con la sua energia e il suo buon umore.

Anche Kat la seguì con gli occhi, notando quel comportamento insolito; le rivolsi uno sguardo indagatore al quale rispose con un’alzata di spalle e un sorriso strano.

Eravamo appena rientrati dalle vacanze di Natale, Nina era tornata dalla Nuova Zelanda ed era felice, o almeno lo era fino a ieri, quando tutti insieme avevamo letto il copione e avevamo discusso il calendario delle scene da girare.

Era allegra.

Era.

Non riuscivo ad immaginare cosa potesse averla scossa, come mai il suo sorriso non era arrivato ad illuminarmi la giornata.

Un senso di vuoto mi attanagliò lo stomaco.

-Kat …  che cosa le prende? – chiesi, questa volta ad alta voce.

-Non saprei Ian … tu cosa ne pensi? –

Colsi chiaramente l’ironia nella sua risposta.

Non riuscii a formulare una risposta: la voce di Michael mi giunse inaspettata alle spalle.

-Allora, buddy, devo farti le congratulazioni o le condoglianze? – sbraitò.

Mi arrivò una delle sue pacca sulla schiena e con il braccio mi agganciò il collo, facendomi piegare sotto la sua spinta.

-Fidanzato? Wow! – continuò. – Era ora, fratello … il mio piccolo ha bisogno di un cuginetto con cui giocare:  tu e Nikki vedete di non aspettare troppo. –

Mi liberai dalla sua presa e lo guardai crucciato.

Fu come se un fulmine mi avesse colpito in pieno petto.

L’annuncio del mio matrimonio era stato pubblicato la sera precedente. Era ancora solo un’idea, qualcosa che io e Nikki stavamo ipotizzando e, chissà come, era giunta a orecchie indiscrete.

Avevo intenzione di parlarne con Nina e con gli amici prima di rendere ufficiale il fidanzamento, ma non ero riuscito a bloccare la notizia.

Maledetto gossip.

Kat mi guardò, sconcertata dalla mia sorpresa.

-Come pensavi l’avrebbe presa? – la domanda era retorica.

Raccolsi un po’ di orgoglio prima di risponderle, prima di correre da Nina per vedere come stesse.

-Non dovrebbe prenderla in nessun modo particolare: non stiamo insieme e lei non ha intenzione di sposarsi … di sposarmi. Quindi … -

-Povero illuso, - proseguì. –Non starete più insieme, ma a lei importa eccome … e importa anche a te. Come reagiresti se lei annunciasse le sue nozze tramite un sito di gossip? –

Semplicemente spaccherei tutto, frantumerei ogni cosa, sarei furioso … ma non lo ammisi né con Kat né con me stesso.

-Le farei le congratulazioni. – dissi invece.

-Sì, come se non ti conoscessi. Come se non vedessi il modo in cui la guardi. – mi rimproverò.

Michael assisteva alla scena con un sorrisetto divertito.

-Cazzo, peccato essere arrivato troppo tardi: mi devo essere perso una gran bella storia … i Nian … Kat, mi devi raccontare ogni particolare. –

-Fottiti, “Enzo” … sei stronzo come il tuo personaggio. Non c’e nulla da raccontare, non c’e nulla da rivivere. È finita. Siamo solo buoni amici. Mi dispiace che la notizia le dia fastidio ma io devo andare avanti con la mia vita e se questo prevede un matrimonio, lei lo deve accettare e capire. Fine. Punto. –

-Se ci credi tu … - insinuò la “strega” che avevo di fronte. – Beh, io farei una pausa. Michael, se mi offri un caffè, ti racconto come … -

-Kat … - le urlai, ma lei mi voltò le spalle e prese sottobraccio quel mostro di Malarkey.

I tecnici che avevano assistito alla scena si fingevano affaccendati: chi controllava la camera, chi riguardava la storyboard … qualsiasi scusa pur di non guardare me.

-Ok – annunciai. – Mezz’ora di pausa e poi si ricomincia. –

Andai verso il bancone del rinfresco e preparai una tazza di caffè con un goccio di latte e una punta di zucchero, come piace a Nina, poi m’incamminai verso il suo camerino.

Davanti alla sua porta mi fermai un momento per prendere respiro.

Speravo fosse sola. Volevo parlarle, chiarire, spiegare … vederla.

Origliai per sentire se dall’interno provenissero delle voci, ma colsi solo le note di una canzone che suonava a basso volume. Non una canzone qualsiasi: “quella" canzone.

Non bussai. Afferrai la maniglia, l’abbassai e lentamente aprii la porta.

-Nina? Ci sei? –

Entrai senza aspettare una risposta.

Nina era seduta davanti allo specchio del trucco; guardò la mia immagine riflessa senza voltarsi, con uno sguardo di rimprovero.

Chiusi la porta e d’istinto girai la chiave nella serratura. Non volevo sorprese inopportune: avevo bisogno di rimanere solo con lei.

Mi avvicinai e appoggiai il caffè sul ripiano pieno di trucchi e pennelli, guardando il volto di quella splendida donna attraverso specchio.

Gli occhi rossi e le labbra gonfie mi svelarono più di ogni parola, di ogni confessione.

Aveva pianto.

La cosa mi sconvolse più di quanto mi aspettassi: Nina non piange spesso e se lo fa è perché sta soffrendo più di quanto non possa sopportare.

No, lei non piange. E non per orgoglio, non per vergogna.

Non ho tempo da sprecare in lacrime inutili: il dolore passerà comunque ed io non avrò sprecato ore preziose a piangermi addosso”, era la sua filosofia, il suo mantra quando qualcuno o qualcosa la feriva.

Nina non piangeva. Davanti ad un’offesa alzava il mento e sfidava il nemico con un sorriso, il destino con un passo di danza.

Il dolore doveva sfiancarla per farla cedere: doveva colpirla dritta al cuore o al centro dell’anima.

Nina aveva pianto quella notte, quella mattina, forse solo qualche minuto fa … per colpa mia.

Feci girare la sedia in modo da porla di fronte a me e, mettendo un dito sotto al suo mento, la costrinsi a guardarmi in faccia.

-Nina … - il suo nome mi uscì dalla gola insieme ad un sospiro di angoscia.

Lei non emise un suono. I suoi occhi, pur seganti dal pianto, erano duri dentro i miei, le labbra serrate in una linea rigida e sottile.

-Ascolta: non dovevi venire a saperlo così … avrei voluto parlartene. È solo un progetto … -

Lei mi zittì mettendomi la mano sulla bocca e scuotendo la testa.

Non voleva ascoltarmi. Non voleva parole.

Le parole non le erano bastate mai.

Quegli occhi rossi, quelle lacrime trattenute mi ricordarono altre lacrime,  gli stessi occhi disperati che mi guardavano con angoscia, in un altro frangente, in un’altra vita.

Mi tornò alla mente la sera in cui mi presentai in albergo con un anello, la sera che le chiesi di essere mia per sempre.

Era come se avessi bisogno di riaccendere quel dolore, di scucire una ferita non rimarginata, precipitare ancora e più a fondo in quella sofferenza, in quella miriade di domande che avevano una sola, inequivocabile risposta: non mi amava abbastanza. Non abbastanza da rinunciare alla sua spensieratezza, alla sua voglia di gioventù, alla sua libertà … ed io l’amai talmente tanto che la lasciai andare, libera, giovane e stupenda.

 

 

Era quasi mezzanotte quando uscimmo dal ristorante.

Rientrati in camera Elena si era tolta quell’ingombrante vestito bianco e nero che indossava per il party di Elton John e si era fatta la doccia, mentre io telefonavo al servizio in camera per farmi portare altro champagne.

Ne avevamo bevuto parecchio durante la cena. Lei sentiva freddo con quel vestito scollato sulle spalle e la mia giacca non le era bastata per riscaldarsi.

Si era accucciata sulla sedia, le mie braccia attorno alle sue spalle per evitare che i brividi la scuotessero. Il vino accese la sua allegra: le guance arrossate e gli occhi luccicanti la rendevano maliziosa ed irresistibile.

Per questo motivo lasciammo la serata prima degli altri.

Per questo e perché le avevo preparato una sorpresa.

Non volevo chiederle di sposarmi in un ristorante, in mezzo alla gente che ci avrebbe guardati e fotografati.

La nostra vita, la nostra storia, era già fin troppo sotto i riflettori.

Volevo che ci fossimo solo noi due, una rosa, un anello e due flute di bollicine.

Volevo che fosse libera di esprimere i suoi sentimenti.

La volevo solo per me.

Uscì dal bagno solo con un asciugamano bianco avvolto attorno al seno, che la copriva appena. I capelli umidi sconvolti e il viso pulito.

Sexy da togliere il fiato. Bella da cancellare i pensieri.

Io mi ero slacciato il papillon, lasciandolo penzolare ai lati del colletto della camicia appena sbottonato.

Avevo messo una rosa rossa al centro delle lenzuola bianche e tenevo tra le mani i bicchieri riempiti a metà, l’anello nascosto sotto il mio cuscino.

Nina mi guardò e il suo sguardo era così acceso, vitale, eccitato che quasi dimenticai cosa stavo per dirle.

Le porsi il vino mentre si accoccolava sul cuscino: l’asciugamano si aprì quel tanto che bastò ad appannarmi la vista.

-Altro champagne? - mi sorrise alzando il bicchiere. –Cosa festeggiamo?-

-Noi insieme adesso … domani … per sempre. – sussurrai, fissandola negli occhi e svelando la scatolina di velluto amaranto.

Il bicchiere rimase sospeso a mezz’aria.

-Ian … quello che cos’è? – mormorò con la voce spezzata, quasi tossendo, quando le misi tra le mani il mio piccolo tesoro.

-Una promessa. La mia promessa. Aprilo. – la esortai.

Posò il bicchiere ancora pieno sul comodino dietro di lei e guardò il mio dono, titubante.

A mia volta appoggiai il vino per non farle notare il tremore alle mani.

Lo stomaco mi si era chiuso e il respiro aveva perso il suo ritmo regolare.

La guardai spingere il minuscolo tasto che fece scattare il coperchio del portagioie.

I suoi occhi si fissarono sull’anello che conteneva: un piccolo diamante solitario incastonato in una fede d’oro bianco, semplice e prezioso, come lei.

Per un lunghissimo istante non si mosse.

Ruppi il silenzio: le parole uscirono in un soffio, la bocca secca per l’emozione.

-Voi sposarmi, Nina? Vuoi essere mia moglie, la mia amante, la mia migliore amica da adesso fino a quando non smetterai di amarmi? –

La risposta si fece attendere un attimo di troppo.

 

  
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