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Autore: Kary91    16/02/2015    4 recensioni
[Sebastian Odair (figlio di Finnick)|Post-Mockingjay|Mini Long]
Lo era anche in quel momento, pensò il ragazzo, mettendo a confronto se stesso e il padre. Entrambi indossavano solo i jeans e sembravano perfino avere una postura simile, nonostante lui fosse a braccia conserte, mentre Finnick aveva le mani nelle tasche. Si somigliavano; non eccessivamente, ma in maniera comunque evidente.
Erano come Peter Pan e la sua ombra.
***
“Avrebbe scelto di crescere, per me?” mormorò infine. Non ebbe bisogno di specificare di chi stesse parlando: sapeva che Lyla avrebbe capito. “Mi avrebbe amato, come amava mia madre?”
“Forse anche di più” rispose la ragazza, facendo scivolare le dita fino a sfiorare il collo. “Probabilmente ha incominciato a volerti bene ancor prima che esistessi. E te ne vuole ancora.”
“Come?” replicò il ragazzo tornando a chiudere gli occhi, sentendosi improvvisamente stanco. “Mio padre è morto.”
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Bimbo Cresta-Odair, Finnick Odair, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Peter Pan del Distretto 4.'
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Il figlio di Peter Pan

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Epilogo| L’Ombra di Peter

«To live will be an awfully big adventure.»

― J.M. Barrie, Peter Pan

 

 

Un paio di settimane dopo la fine della scuola, Sebastian incominciò a tempo pieno il suo lavoro al peschereccio dei Rivers. Tuttavia, non abbandonò mai l’impiego come guardiano del faro. Con il trascorrere degli anni le passeggiate notturne alla baia vennero lentamente sostituire dalle serate trascorse ad ammirare il mare dalla torre, o a guardare le stelle dal giardino nella sua nuova casa, dove si era trasferito assieme a Lyla. Annie viveva con loro – Sebastian aveva preferito non lasciarla sola – e Adrian, quando era di ritorno dai suoi peregrinaggi in giro per Panem, passava spesso a trovarli.

Vivere con Lyla non era sempre semplice; era ancora brava a farlo sorridere, ma il suo pensiero felice le veniva trascinato via con frequenza dalle onde e, in quei momenti, il suo sguardo tornava a farsi malinconico. Le giornate trascorse assieme alternavano curiosi brandelli di felicità[1] a momenti di tenue tristezza, quando il suono di una vecchia e polverosa ninna nanna tornava a risuonare nelle loro orecchie.

E poi arrivò Maggie; quel vuoto che Sebastian aveva avvertito sin da bambino si ridusse drasticamente la prima volta che la vide, accoccolata al petto di Lyla.  Aveva ereditato gli occhi verdi di suo padre – gli stessi di Finnick – e, a detta di Annie,  anche l’allegra spontaneità del nonno. Divenne subito chiaro che quella bambina sempre sorridente fosse destinata a diventare il nuovo pensiero felice di Annie Cresta. Maggie insegnò a Sebastian a piangere, nella maniera dolce e delicata in cui avviene quando si è felici. Pianse la prima volta che si sentì chiamare ‘papà’, e quando sua figlia gli capitombolò fra le braccia ridendo, dopo aver compiuto i primi passi.

Nonostante quegli eccessi di lacrime improvvisi, con l’arrivo di Maggie il tempo per rattristarsi divenne sempre meno. Fino a svanire del tutto quando a lei si aggiunse il piccolo Jack. Sebastian non impiegò molto a intuire che in lui ci fosse qualcosa di diverso, rispetto alla sorella.  Lo sguardo di  suo figlio scappava ogni volta che cercava di incrociarlo. Di rado Jack dava cenno di accorgersi che qualcuno gli stesse parlando. Aveva un suo mondo – un posto impenetrabile di cui solo lui aveva la chiave per accedere – ed era lì dentro che viveva, la maggior parte delle volte. La cosa più insolita di Jack era la sua fissazione per le ombre; Sebastian lo sorprendeva spesso a muovere le mani alla luce di una lampada con espressione assorta,  incantato dal disegno prodotto dalle sue dita sulla parete. Giocava spesso con la sua ombra: la cercava sempre, specialmente nei momenti in cui si sentiva particolarmente frustrato o spaventato. C’era qualcosa di quel rituale che lo faceva sentire al sicuro.

“Jack è a casa” esclamava con un lieve sorriso – ma senza mai guardare nessuno negli occhi – quando riusciva a scorgerla a terra.

“Torna a casa, Jack[2]” borbottava invece, preoccupato, quando non c’erano ombre attorno a lui. Per Lyla e Sebastian non c’erano dubbi: la famiglia Odair aveva trovato un terzo Peter Pan.

Se Maggie aveva insegnato a Sebastian a piangere, assieme a Jack il giovane imparò a ridere più spesso. La risata di suo figlio rallegrava spesso le passeggiate lungo la baia della famiglia Odair ed era anche incredibilmente contagiosa. Al padre piaceva ridere con lui, perché sapeva che quella era la maniera più facile per far capire a Jack che gli voleva bene.

Con il passare degli anni Sebastian trovò finalmente il suo pensiero felice: era una sera come tante e la stavano trascorrendo alla baia tutti e cinque: lui e Lyla, sua madre e i due bambini. Jack stava rimirando affascinato le ombre degli oggetti sulla spiaggia alla luce timida della luna e i genitori stavano cercando di partecipare al suo gioco, tentando di intavolare una conversazione con il piccolo.

Maggie era seduta sulle ginocchia di nonna Annie e stava sfogliando assieme a lei un vecchio album di fotografie. Si soffermò a rimirarne una in particolare, che ritraeva i suoi nonni paterni il giorno del loro matrimonio: era una copia di quella che Annie custodiva ancora gelosamente in camera sua.

“Com’eri bella, nonna!” esclamò la bambina indicandola con il dito. Annie le sorrise.

“Anche il nonno era bello. Lui è nonno Finnick, vero?”

La donna annuì.

“Questa foto è stata scattata il giorno del nostro matrimonio” spiegò, sfiorando con tenerezza la testa della nipotina. Maggie esaminò meglio la fotografia.

“Assomiglia a papà” osservò poi, tracciando con l’indice il contorno del volto di Finnick. “Era bravo come lui?”

La nonna annuì di nuovo; un lieve alone di malinconia le velò lo sguardo.

“Cantava sempre per me” mormorò poi, stringendo la nipotina fra le braccia e ondeggiando a destra e a sinistra. 

Lo sguardo della ragazzina si illuminò.

“Posso cantare anch’io per te, nonna?”

Annie le rivolse un’occhiata sorpresa, prima di sorriderle.

“Certo. Certo che puoi, tesoro.”

Maggie si voltò verso di lei, per poterla guardare negli occhi, e incominciò a cantare. Aveva una voce esile, che si sposava bene con la melodia malinconica che stava eseguendo. La sua era una canzone che Sebastian conosceva bene: era la ninna nanna che Lyla cantava di tanto in tanto, ai bambini, per aiutarli ad addormentarsi. La stessa nenia che aveva intonato durante uno dei loro primi incontri, da ragazzi.

Quando si voltò verso sua madre, Sebastian si accorse che aveva gli occhi umidi di lacrime. Un alone di gioia, misto a malinconia, le imperlava il volto. Per un attimo il vecchio peso all’altezza del petto incominciò a farsi sentire con più insistenza nel giovane, ma si assottigliò fino a sparire quando Annie parlò di nuovo.

“È questa” mormorò la donna, stringendo a sé la nipotina, prima di posarle un bacio sui capelli. Lo sguardo di entrambe andò a posarsi sulla pagina dell’album ancora aperta, dove un giovane sorrideva allegro, abbracciando la donna che amava. Un giovane con un sorriso da ragazzino. “È questa la ninna nanna, Finn.”

Sebastian non disse nulla; si limitò a contemplare il sorriso raro di sua madre, osservandola ridere assieme a Maggie. Si voltò poi verso destra, attirato dal rumore di suo figlio che schioccava soddisfatto la lingua;  accovacciato di fianco a lui, Jack stava ancora giocando con la sua ombra.

“Jack è a casa” esclamò compiaciuto il bimbo, appoggiando le mani sulla sabbia, come a voler toccare le cinque sagome scure dei suoi familiari.

E, solo per un istante, a Sebastian sembrò quasi di scorgerne una sesta.

L’ombra di suo padre.

L’ombra di Peter Pan.

 

 

Note Finali.

Buongiorno! Finalmente mi sono decisa a pubblicare l’epilogo di questa storia. Ho scelto di ambientarlo a distanza da anni per dare una risoluzione ancora più ampia alla storia di Sebastian, ma anche al resto dalla sua famiglia – a Lyla e Annie. Ovviamente non è detto che la ninna nanna di Lyla (che qui canta la piccola Maggie) sia effettivamente quella che Finnick cantava a Annie. Penso che Annie desideri crederlo talmente tanto che per lei effettivamente è così. E, confesso, anche a me piace pensare che in fondo lo sia.
Passando ai due nuovi piccoli di casa Odair, ci tenevo a mostrarveli e ad aggiungere un paio di cosine su loro due. Anzitutto, i nomi sono l’ennesimo tributo a Hook Capitan Uncino, dove i due figli di Peter Pan si chiamano appunto Jack e Maggie. Maggie (il cui nome intero è Margaret) si chiama come Mags nel mio head-canon. In “Footprints in the Sand” Mags spiega a un piccolissimo Finnick che il suo vero nome è Margaret e che suo padre la chiamava Maggie, ma che tutti la conoscevano come Mags. Non penso che questo Sebastian lo sappia. Mi piace pensare che il nome della bimba sia una coincidenza; oppure potrebbe aver sentito parlare di Mags da Annie. Per Jack (il suo nome intero è Jacob) devo fare ancora un discorso ulteriore: come si  è potuto notare dal prologo è un bambino particolare. È infatti affetto da una lieve forma di autismo. Ogni persona affetta da autismo ha delle caratteristiche e delle stereotipie completamente sue, ma ci sono tre tratti che accomunano tutte le persone rientranti nello spettro, anche se i problemi sono più o meno gravi a seconda del grado di funzionamento: deficit nell’interazione sociale (difficoltà a interpretare e a utilizzare il linguaggio del corpo, per esempio. I bimbi autistici spesso e volentieri non mantengono il contatto visivo e hanno difficoltà a interpretare il significato delle varie espressioni facciali) deficit nel modo di comunicare (spesso parlano di se stessi in terza persona, come fa qui Jack) e atteggiamenti ripetitivi e stereotipati (nel caso di Jack, per esempio, c’è quest’ossessione per le ombre).

Se volete conoscere un po’ meglio Jack e il modo in cui interpreta il mondo che lo circonda, linko una raccolta di drabble che scrissi qualche tempo fa sul modo in cui lui vive il ciclo delle stagioni: “Le stagioni di Jack – Il mondo fuori.”

Che altro aggiungere? Grazie infinite a chiunque abbia letto questa storia e, soprattutto, alle tre persone che l’hanno recensita capitolo dopo capitolo. Tengo veramente moltissimo a questo racconto, sia per via del mio vergognoso attaccamento alla favola di Peter Pan, che perché l’ho scritta in un periodo un po’ così e quindi le ho attribuito un significato un po’ speciale.

Ancora grazie infinite!

Un abbraccio e a presto!

Laura  



[1] Piccolissima ripresa dell’unico passaggio nella saga in cui viene menzionato il figlio di Annie e Finnick: “Curiosi brandelli di felicità, come la foto del figlio appena nato di Finnick e Annie” (Il Canto della Rivolta, Ultimo Capitolo).

[2] Riferimento al film “Hook” e, in particolare, alla scena in cui Jack (il figlio di Peter Pan) sta giocando a Baseball sulla Jolly Roger e i pirati invertono i cartelli con su scritto “Home Rune Jack”, formulando invece la frase “Run Home Jack” (Torna a casa, Jack).

   
 
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