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Autore: Pachiderma Anarchico    16/02/2015    3 recensioni
"Le persone che hanno sofferto sono le più pericolose, perché pur temendo il dolore conoscono la loro forza e sanno come sconfiggerlo. La loro paura è pari al loro coraggio. Non si fermeranno di fronte a niente e nessuno e sapranno ingoiare tutte le lacrime, sapranno alzarsi dopo aver toccato il fondo. Chi ha sofferto ha un cuore grande perché conosce il bene e conosce il male e ha rinchiuso in se tutto l'amore e il dolore. Sapranno sempre allungare una mano per fare una carezza e trovare una parola per confortarti, ma non sottovalutarle mai, perché sapranno ucciderti nel momento in cui tu cercherai di farlo con loro."
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Too frail to live, too alive to die.'
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CAP. 16





La mente parla, come se l'ascoltassi. Urla cose che al momento non possono interessarmi. Non perdere il tuo tempo, non mi salverai stanotte. 

La discoteca ammicca chiassosa, le luci psichedeliche volteggiano nell'aria del locale rarefatto. Non mi interessano. La ragazza al bar mi chiede qualcosa. 

-Il più forte che hai- rispondo.

Non chiede di vedere i documenti, forse non osa contraddirmi, forse quello che ho negli occhi parla per sè. 

Non è nella musica assordante che voglio abbandonarmi, ma nel contenuto di un bicchiere, e in quello di un secondo, e poi di un terzo. La gente si spintona, balla, balugini di bracciali vistosi e orecchini pendenti. Labbra a forma di cuore e cosce sode. Maschi e femmine. Uomini e donne. 

All'inizio distinguo facilmente anche il DJ alla console sul palco, dopo il quarto bicchiere, le immagini si confondono facilmente.

-Ancora.-

-Ehi, sei sicuro?-

-Ti sembro insicuro?-

Non commenta, ma so già quale sarebbe stata la sua risposta: "no, solo folle". 

Alla fine riesco ad avere la bottiglia, non nel modo in cui mi sarei aspettato, ma l'importante è che possa soffocarmi nell' alcol. 

-Andiamo Dejaneera..non fare tutte queste storie.. questa dolcezza vuole un po' di spasso..- cerca di toccarmi una guancia. Lo mando a quel paese. Mi trattiene da un polso. Gli alzo la bottiglia contro. 

-Ti fracasso le palle stronzo.- ricordo di aver ringhiato.

Lui ha alzato le mani. -Calmati bellezza..- 

Me ne vado, ma non perché io abbia paura che quel deficiente possa farmi qualcosa. L'unico che può farmi del male stanotte sono solo io.

Alzo il mio bottino. Leggo una C, una A, una.. e' Cognac. Sghignazzo e bevo direttamente al boccale della bottiglia, mando giù diversi sorsi, la gola mi va letteralmente a fuoco, lo stomaco si scioglie come poltiglia e i miei sensi sono mera neve al sole. Ma non mi interessa.  

Il freddo mi si insinua sotto la maglia.. poi il caldo, il caldo cocente dell'inferno. Corpi che si sfiorano, ansimi all'unisono, respiri che si concentrano in

nuvole di ossigeno invisibili.. freddo e caldo.. correnti di aria gelida sulla schiena.. voci amplificate.. batterie.. la musica dice qualcosa.. la discoteca è gremita di ospiti che mi si accalcano attorno..ero fuori.. ero fuori nell'aria fredda.. il Cogn..ac.. dov'è? Mi guardo intorno e la stanza balla, balla insieme alla chitarra elettrica della techno che si sparge nell'immenso spazio scuro. Balla così tanto che.. rido, scoppio in una risata flebile e acuta, senz'anima e senza corpo. Sono nella mischia, forse ubriaco.. no, decisamente ubriaco.. col sedere attaccato a quello di qualcuno che non conosco.. una ragazza a giudicare dalle forme.. o Aleks.. lui ha un sedere più bello.. Aleks.. e rido, rido ancora, ma stavolta più forte, più disperato, rido fino ad ansimare, fino a soffocarmi nella mia stessa aria, ma non smetto, non smetto neanche quando i denti di un estraneo cozzano contro i miei e le vertebre della colonna vertebrale prendono la forma di dita ruvide. Ansimi e respiri..respiri e ansimi.. labbra alla ciliegia lasciano la loro scia sul collo.. forse vorrei scacciarle.. forse no. 

Forse.. non mi interessa.

-Mm sì.. così..- zucchero e miele si cristallizzano nel padiglione auricolare. Le sto leccando il dito con cui mi palpa le labbra..o la sua bocca morbida lambisce le mie dita..non lo so, sento caldo e un freddo da impazzire.

Sto impazzendo?

Le dita ruvide ritornano, insistenti che non appartengono ad una femmina. Scendono in basso, la zip si apre sotto la loro pressione, abbassano quello che rimane della cerniera. 

-Ah! Cazzo..!-

Non rimane niente.

Non c'é niente.

E non mi interessa.

Ho scalciato credo. Ho spintonato, credo.  

Mi libero, mi districo da quelle mani virili e quelle dita e quelle labbra e quello zucchero che è conato di vomito nella gola. Avanzo, la stanza è una nave nella tempesta, si muove incessantemente, continua a sollevarsi, continuo ad avanzare, si abbassa, sciogliendosi ai miei piedi e io mi sciolgo con essa, nell'aria fresca, nella notte, nel tempo che è un insignificante dettaglio nel cuore che non batte. 

Perché dovrebbe? 

Perché dovrei? 

La mente urla, sbraita, la testa è una sofferenza che non sento, il ciglio della strada è un letto più che comodo, grigio e nero, nero come il nulla. 

"S..n..d..a..do..n..ik.."

Le stelle non ci sono, le luci dei grattacieli le sovrastano con la loro impertinente imponenza.. ma so che sono lì. Devono esserci, anche se non posso vederle.

"Sa...ra..nik..stra..nik.."

La coscienza è un granello di sabbia che vaga in un deserto di neve, la luciditá un barlume spento nel fuoco dell'insensatezza.. Sto così bene qui, al buio, circondato da fiumi di alcol e puzzo di sigarette corrette con impacchi di erba che non vorrei altro che restare qui per sempre, su un marciapiede alla periferia della night life di Varsavia come una puttana sul ciglio della strada.

Sto così bene che se il cuore smettesse di battere sarei felice, così bene che vorrei che le ossa mi si spezzassero una ad una e avvertire ogni più piccolo "crak" del loro disintegrarsi.

Voglio un dolore più grande di questo.. per favore.. voglio urlare per qualcos'altro..soffrire per qualcos'altro..voglio infilarmi una pasticca in gola per qualcos'altro.. Le stelle che non scorgo sono umide, bagnate dalle lacrime che credo alla fine abbiamo trovato il modo di uscire fuori, lente e inesorabili, prive di pudore.

I suoni si confondono, un remix assurdo di un'anima che si frantuma. 

Non la mia.. Non la mia.. Non di nuovo.. Ti prego.. se esisti.. se ci sei.. non di nuovo.. non così.. le cicatrici non passeranno mai.. non vedo più le stelle, né sommità di grattacieli infiniti. Non sento più il fuoco della dispersione.. quello della fine.. ma un vociare che dovrei conoscere. La voce di uno dei due.. un maschio.. una femmina.. un'ombra indefinita col suo timbro squillante mi aizza l'emicrania come benzina su un incendio. Gli intimo di finirla ma lui continua.

Forse non mi sente.

Forse non sto parlando.

Forse non ci sono più.

 

 

 

Samuel

 

-Credi che Aleksander si sia incazzato?- chiede Sandra, facendo tintinnare i bracciali che ha al polso. -Voglio dire.. dopo oggi.. dopo Asher..-

-No.- scuoto la testa, l'ombra di un sorriso sul volto. -Credo che sia furioso.- 

Usciamo dalla paninoteca portandoci dietro aroma di salsa barbecue e hamburger. -Anzi, lo so che è furioso.- 

Camminiamo così, in silenzio per un po', la periferia di Varsavia delineata da pub e locali notturni. Un ragazzo suona il violino per strada, la sua musica si innalza nelle colonne d'aria dei nostri pensieri. 

-Hai sentito Dom?- chiede infine la ragazza che mi sta al fianco, passo sicuro e voce incerta.

-No.. Ma di solito fa comunella con te.- rispondo. 

-Non questa volta, non..- e il resto della frase si perde sotto una di quelle colonne, mangiata viva dall'importanza di un momento che non ho capito. 

-Sandra cosa.. c'è. Oh mio Dio..- 

Il mio è solo un sussurro, forse ho portato le mani alla bocca, forse solo le dita, forse ho solo immaginato tutto questo come vorrei aver immaginato l'immagine del ragazzo addossato malamente ad un marciapiede di un vicolo nella mezza luce di una luna che non arriva sin lì. Un ragazzo dai capelli come la notte, la pelle chiara, il look nero, le labbra rosa, lo sguardo perso. 

-E'..-

-Samuel è ubriaco.. ubriaco perso. Aiutami.. veloce.-

Faccio qualche passo avanti, la mente annebbiata da fumo che non ho fumato. Faccio per reagire, le articolazioni si bloccano, incollate dal panico. 

Non ti ucciderai di nuovo, vero?

-Oh. mio. Dio…-

-Samuel!-

Mi avvicino, deglutisco nel vedere i deboli tentativi di Dominik di svincolare la presa della ragazza che tenta di sorreggergli l'anima. Mi guardo intorno. Nessuno disposto ad aiutarci. Non mi sorprende, in questo posto il più lucido sono io. Si salvi chi può.

-Dominik.. andiamo cazzo.. Sandra e se non è solo ubriaco..?-

-Portia.. che cazzo dici.- 

-Va bene, va bene! Ma frequentate tutti la scuola "diventa come Aleksander Lubomirski" ultimamente? E dalle.. allora.. ehm..- 

Alla fine riesco a farmi circondare le spalle da un braccio del ragazzo che mi guarda per un secondo prima di rigettassi nell'assenza. 

-Riesce a camminare.. Samuel non farlo cadere! Io apro la macchina..- e mi precede, arrancando sull'orlo della corsa con me dietro, impegnato a sospingere Dominik a seguirmi.

-Sembri.. più ubriaco tu..ah ..più ubriaco tu che io..-

-Silenzio Dom, tu mi farai passare qualche gua..ah..ah!- sto per cadere dal marciapiede neanche fosse il Gran Canyon, tento disperatamente di non finire con il naso a terra perché trenta centimetri mi hanno fatto perdere l'equilibrio. 

-Sei un.. coglione.- pure.

-Grazie eh.. e io che ti sto praticamente trascinando come una bestia da soma per tre quarti di Varsavia..-

-Varsa..via.. adoro.. Varsavia.. e le stelle..e le luci..-

Lo faccio entrare sul sedile posteriore della mia auto, faccio per piantarmi accanto a lui per evitare che mi vomiti sui sedili in pelle nuovi quando una mano decisa mi afferra con decisione la sciarpa che decisamente mi sta strangolando.

-Sto io dietro.- dice, prima di colarmi fuori dalla mia stessa auto.

-Ma cosa..- ma quando la vedo, capisco ogni cosa: i suoi occhi sono un lago gelato, le mani ferme e tranquille, il viso contratto in una smorfia concentrata. Tasta Dominik, scruta Dominik, cerca di capire se deve rimettere, quanto alcol ha ingerito, le sue capacità riflessive.. mi metto al posto di guida senza obbiettare, metto in moto, il suv ruggisce piano prima di portarci verso casa.

-Sandra sei sicura che non ti serve una mano?- li osservo a momenti alterni nello specchietto retrovisore.

-Accelera, non riesco a capire se ha ingerito solo alcol.-

-Sandra..- inizio ad ansimare. -Se non ha ingerito solo alcol significa che.. potrebbe.. avere..-

-Non dirlo, continua a guidare.. in fretta Sam dai!-

Non me lo lascio ripetere due volte. Infrango ogni limite di velocità, arrivo a numeri che ammalapena sono concessi sull'Autostrada, sono sul punto di fermarmi di botto e di chiedere ad un carabiniere di ritirarmi la patente e quel che resta delle mie facoltà mentali proprio quanto il familiare cordoglio di villette a tre piani mi ricorda di essere giunto sano e salvo a destinazione. 

Sterzo bruscamente, tiro il freno a mano, scendo, apro lo sportello posteriore, Sandra scende, le lancio le chiavi dell'ingresso, la piglio in fronte, mi manda a quel paese, costringo Dominik a scendere, devo praticamente tirarlo, rischio due volte di deviarmi il setto nasale a causa dei pugni che -grazie all'alcol!- non riesce a darmi, lo porto in casa, lo siedo su una sedia in cucina, non sul divano perché è troppo comodo e mi si addormenta prima che possa capire se si sia voluto ammazzarsi, sicuramente vuole ammazzarmi, i miei non ci sono, ringraziamo il Dio delle cene di lavoro, pensandoci non lo capirei comunque se vuole ammazzarsi, ma ammazzarmi è palese dalle occhiate che mi fa, Sandra gli tasta il polso, io poggio la testa sul tavolo.

-Aiuto.-

-Guarda che non sei tu quello imbottito di Cognac.-

-Come sai che ha bevuto Cognac?-

-C'era una bottiglia ai suoi piedi sul marciapiede e.. non so se abbia bevuto di più, probabilmente è così.-

-Dannazione..!-

gli prende il polso. -16 respiri al minuto.- gli lascia il polso.  -Non è svenuto o in stato catatonico..-

-Sandra…-

-Non sembra disidratato..-

-Sandraa..-

-Ha le mani fredde ma non sappiamo per quanto tempo è rimasto fuori.. quindi..-

-Sandra!-

-Non ha labbra blu.. né battito accelerato Samuel non è a rischio coma etilico!- e mi bacia.

Così.

Senza preavviso.

Giusto per festeggiare, passare il tempo, andare in bicicletta.. Mi bacia.

E io rimango come un cretino, immobile, aspettando di capire cosa diamine stia succedendo.

-massì.. fate con calma..- Dominik ci regala una perfetta visione della sua faccia disgustata e credo ci abbia appena mandato a quel paese con la mano. Sono troppo intontito per pensare di rispondere al bacio, quindi mi rivolgo all'ubriaco: -vuoi vedere che ti butto un secchio di acqua fredda addosso?-

La ragazza accanto a me riversa la sua pragmatica professionalità in un timido sorriso. -Stavo giusto per fare delle prove come.. chiamarlo o chiedergli di aprire gli occhi ma.. vedo che non c'è ne bisogno.-

Ma il ragazzo non sta bene. E' ricettivo, riconosce le presenze intorno a sé, la sua vista sarà sfocata ma realistica, la mente lenta ma veritiera, eppure non sta bene. Le spalle incurvate, le labbra secche, gli occhi socchiusi, la voce flebile. 

-Nik hai preso qualcosa con l'alcol? Tipo delle.. delle.. sì ehm, delle..- ma non riesco a dirlo, neanche non pensandoci, neanche se spengo il cervello e attivo i testicoli. Non riesco neanche a pensare che il diciottenne che si sta stravaccando sulla sedia della mia cucina, quello stesso diciottenne che ha avuto il coraggio di prendere a pugni Asher Brown e ammaliare Aleksander Lubomirski.. possa essersi ucciso. Aver voluto mettere fine a.. tutto questo. Perché, diavolo, la vita fa schifo, ma la morte fa più schifo. 

E poi.. non vale la pena continuare a tirare avanti per questo? Per un bacio dato a fior di labbra dalla ragazza che ti piace..o per sperare nella bufera di neve che ti permetterà di saltare la scuola, o per il sole, e le stelle, e la notte, sotto le coperte di paile, a fantasticare su cosa sarai, su cosa diventerai, quanto migliore, quanto cambierai questo mondo.. Se Dominik non è riuscito a trovare neanche un misero motivo per resistere, uno solo per frenare la discesa verso la fine.. è triste. 

Ma è più triste sapere che nessuno era lì per fermarlo.

Per farlo ricredere. Per fargli capire che sì, la vita fa schifo, ma ci sono cose che ancora si possono salvare.

-Nik hai preso delle pillole? … Droga?-

-Qualcosa che potrebbe farti schiattare?- Sandra mi fulmina con gli occhi, la mia scalata verso il successo termina qui.

-Ah Samuel.. se non esi..stessi.. dovre..bbero.. inventarti..-

Si alza e si dirige in bagno senza degnarci di un ulteriore sguardo, come se solo l'osservare la stanza gli provocasse capogiro.

E il silenzio divenne alquanto in imbarazzante.

-Così..- inizio, incapace di lasciare che quelle note mute si protraggano ancora per molto. Vorrei dire qualcosa di eroico, di strabiliante, le cose che confessano di solito gli uomini virili sulla loro possente virilità. Ma sento che sto per dire una grande calza.. -Il bacio era troppo umido?-

Vedo Sandra schiaffarsi una mano in fronte e i miei neuroni ammassarsi sui letti a castello del mio cervellino, esausti dello sforzo -inutile- di rendersi utili.

Ma alla fine sorride, in qualche modo, con qualche coraggio, e ringraziando il Cielo che non mi abbia slogato il collo con qualche schiaffo.

-Penso che stia bene.- dico in fine. 

-Bene.. in che senso? Perché io penso che non stia affatto bene.-

-Beh..sì, per quanto riguarda la sbronza dico, sta bene. Per il resto..-

-Non posso crederci che abbia tentato di uccidersi.-

Mormora lei, sparando le parole a zero, tono incolore di chi parla mantenendo i nervi saldi e i muscoli contratti. Sandra è così, potrebbe scoppiarle davanti agli occhi una bomba e lei andrebbe immediatamente a soccorrere i feriti. 

Non c'è tempo per le lacrime e le emozioni, per lei. 

E mentre lei soccorre i feriti, io sarei ancora lì, ad osservare le macerie di quella bomba con il cuore palpitante e le lacrime agli occhi. 

Troppo codardo, o troppo sentimentale. 

-Ho sempre pensato che fosse un tipo emotivo..- sussurro.

-Ma non sarei mai arrivata a pensare che fosse quel tipo.-

-Quale tipo?-

-Il tipo.. suicida.-

-Sandra..-

-Sì?-

-Lui.. il tipo suicida..-

-..sì?-

-E' solo.. in bagno.-

Basta troppo poco per renderci conto che abbiamo sbagliato alla grande. Aleksander non me lo perdonerà, se succede, non me lo perdonerà mai.

Scollo il culo dalla sedia con una velocità che neanche i Power Rangers e attraverso il corridoio nero con un solo pensiero in testa: ti prego, ti prego, ti prego.. fa che non si stia uccidendo.

Ma Dominik faceva di peggio, perché ha paura, conosce cosa c'è dopo, sa cosa troverà dietro al nero, e lo sceglie lo stesso. 

Ne è simbolo la porta chiusa del bagno, la porta che spingo con disperazione nel tentativo di rubare quell'attimo di elettricità fatale che rischia di mozzargli l'aria nei polmoni. Una spallata e non è troppo tardi, nonostante il riflesso d'argento che saetta nelle sue mani, la piccola forbice serrata fra le sue dita tremanti e determinate a spalmarsele nel collo, so che posso farcela, a fermarlo. Lo devo alla sua vita, a quella di Aleksander e alla mia, che lui disintegrerà quando saprà che Nik era in casa mia quando si è sventrato la carotide. 

Mi lancio alle sue spalle, se ne accorge, gli circondo la schiena, mi spinge ferocemente, sbatto al bordo duro del lavandino, si taglia un polso, lo sbatto al muro, ma non c'è la faccio, mi ringhia contro, gli afferro i polsi da dietro, si dimena come un animale selvaggio e..

-Dominik TI PREGO!-

La sua corsa si arresta. 

Il mio respiro è scomparso, trattenuto troppo a lungo nello stomaco. Il suo non esiste, sussurrato in fretta, sussurrato a tratti, come scalpiccii di zoccoli sull'asfalto. 

Si accascia, senza lasciare la forbice, ma scioglie i muscoli e la rabbia, lasciando lo spazio giusto al dolore. Quel dolore. Il dolore scaturito dall'amore. L'unico che possa farti arrivare a questo. Si arrende a questo dolore, al viverlo, a sentirlo sbraitare dentro di lui, al provare la folle andata del sangue nelle sue vene che non può lasciar sgorgare. 

-Lo odio.. lo odio Sam.. Lo odio così tanto..- singhiozza contro il mio collo, la voce tremante di lacrime, quelle che bagnano il suo viso. Continuo a tenerlo in una stretta che fa male perché temo che se solo allento la pressione mi sfugga dalle mani. Continuo a tenerlo e lui continua a riversare dolore in acqua e sale dai suoi occhi, più azzurri del mare .

-Credimi Nik.. lo odio di più io in questo momento.-


 

*


 

"Sto bene, grazie."

E' la quarta volta che lo dico, è la quarta volta che mento. 

Come se si fossero accorti di qualcosa, come se fossi meno presente a me stesso degli altri giorni. 

Lo psichiatra è la quarta persona che entro oggi mi fa questa domanda, io seguo la medesima prassi che ho adopero con tutti. 

Alzo gli occhi, non ho idea di cosa possano vederci dentro, quale vuoto gli spiattellerò davanti. Ma non mi interessa. Arriccio le labbra, compongo le stesse parole che andranno a comporre la stessa frase. Vorrei urlare?

Sì, vorrei farlo.

Ma non lo faccio. 

Abbasso gli occhi, abbasso il vuoto, torno a guardare il grigio, continuo a guardare quel grigio che è l'unica cosa che mi concedo di vedere oggi. 

E' palese che non mi crede. 

Non so se mia madre lo abbia fatto, se mio padre ci abbia creduto, se Marje, la donna delle pulizie, non abbia solo fatto finta di credermi. Non lo so, ma non mi interessa.

-Dominik, hai dormito stanotte?-

Mi chiede se ho dormito. 

Non lo guardo questa volta. 15 minuti non è dormire. 15 minuti in cui ho chiuso gli occhi e ho desiderato di morire. 

Non è dormire. 

Ma non glielo dico. A che servirebbe? Sapere che nessuna medicina, nessuna pillola, nessun ciclo di sedute infinite, nessuna auto-motivazione, nessun sedativo potrà mai fermare il cuore dal volere quello che vuole.

-Dominik.. sei qui da trenta minuti e hai detto tre parole. Vuoi parlarne con me?-

No.

Strappatemelo dal petto. 

Potrei avere una crisi di nervi. 

Probabilmente l'avrò.

Ma non qui.

-Posso andarmene? Per favore..-

Congiunge le mani sulla scrivania.. forse. Non lo so. Non mi interessa.

-Da psichiatra.. dovrei tenermi qui e farti il terzo e quarto grado se necessario.. poiché è palese che sei visibilmente sconvolto.. ma..-

-Sconvolto?- sbatto le palpebre, sorrido, congiungo le mani sulla sua scrivania, lo fisso nelle palle degli occhi. -Io non sono sconvolto. Tutt'altro.-

Sospira. -Ma.. da persona umana.. ti farò andare via da qui in un evidente, instabile stato emotivo insano.. se rispondi ad una domanda. Ma voglio una risposta secca, precisa e soprattutto.. onesta.-








\\Capitolo senza grandi svolte, ma ci avviciniamo alla fine. X
  Pachiderma Anarchico

 

  
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