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Autore: Ciloculo    19/02/2015    1 recensioni
Frank e Gerard vivono a New york e stanno insieme fino a quando Gerard non tradisce Frank con Bert.
Il ragazzo non riesce a sopportarlo e quindi decide di tornare nella sua città natale, Belleville, per dimenticarsi di Gerard.
Ma sarà davvero così facile o il passato continuerà a perseguitarlo?
E se, per esempio, Gerard decidesse di andarsi a riprendere Frank? Cosa succederebbe?
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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05. We all have our secrets.




Quel giorno aprì gli occhi e provò una strana sensazione.
Si, era il suo compleanno, il cellulare che squillava incessantemente da una ventina di minuti ne era la prova. Aveva cercato di ignorarlo e rimanere nel tepore mattutino in silenzio. A riflettere.
Ripensava a quelle maledette carte del divorzio che aveva trovato per caso. In quei giorni i suoi genitori avevano fatto finta di nulla, ma Frank si rendeva conto di quanto le cose non andassero. Tanto per cominciare, i suoi genitori non si toccavano più, mentre in passato, per suo padre ogni scusa era buona anche solo per sfiorare il braccio di sua madre. Erano dei gesti all’apparenza casuali, ma che celavano un amore, a detta di Frank, incrollabile. E poi, non si guardavano più, e si parlavano a malapena.
Comunque, tornò a pensare, se suo padre aveva intenzione di presentare le carte dopo il suo compleanno, voleva dire solo una cosa: doveva prepararsi ad ore e ore di estenuanti trattative con lui. Perché Frank non se ne sarebbe andato da Belleville, e non ci sarebbe stato nulla capace di farlo desistere dal suo intento.
Riemerse dal suo stato quando si rese conto che il telefono aveva smesso di squillare per giusto due minuti, per poi riprendere con nuovo vigore. Conosceva un’unica persona che ci tenesse tanto a fargli gli auguri per il suo diciottesimo compleanno, quindi prese il telefono e con un sorriso si accorse di avere ragione. Non appena rispose, l’interlocutore scagliò una serie di improperi irripetibili contro di lui, che lo ascoltava in religioso silenzio.
<< Frank Iero, volevi forse farmi venire un colpo?! >>, tuonò alla fine Mikey.
<< Scusa Miks, mi sono appena svegliato >>, si giustificò Frank.
<< Scusa un cazzo, mi sono davvero preoccupato! Cioè, prova a metterti nei miei panni; chiamo il mio migliore amico il giorno del suo compleanno, che passerà per la prima volta a chilometri di distanza da me, anche se si presuppone che lo passi col suo ragazzo, e lui non mi risponde. Ho pensato di tutto, ti prego Frank, non mettertici anche tu! >>, esplose bloccandosi bruscamente alla fine.
Frank si tirò su puntellando i gomiti sul materasso, il suo amico aveva un tono di voce abbastanza allarmato e, lo conosceva, iniziava a straparlare solo quando era davvero preoccupato e poi.. “ non mettertici anche tu ”. Anche? Con quale altro essere problematico Mikey stava avendo a che fare in quel periodo? Il suo pensiero corse a Gerard. Poteva essere.
Del resto, conosceva i picchi di depressione che raggiungeva in certi periodi della sua vita. Erano delle fasi assolutamente normali per lui, per quanto possa essere considerato normale limitarsi a vegetare in una stanza chiusa e buia. E allora fu inutile fingere di non essere emotivamente coinvolto da quella possibilità, e la sua bocca si mosse prima che la potesse fermare.
<< Chi altro ti sta creando dei problemi, Miks? >>, chiese simulando noncuranza, cosa che certamente non sfuggì al suo interlocutore, che infatti sospirò.
<< Dei tizi a scuola, Frank. Solo dei tizi a scuola, nulla di cui tu debba preoccuparti, e ora dimmi: come hai intenzione di passare il tuo super compleanno? >>, chiese, cercando di assumere un tono quantomeno gioviale.
Era stato stupido a pensare che Mikey si stesse riferendo a suo fratello. E come avrebbe potuto? Da quando avevano rotto l’argomento Gerard era stato evitato come la peste, Mikey evitava di parlarne, o anche solo nominarlo per caso. Se solo avesse saputo che in quel modo la situazione era peggiorata probabilmente avrebbe cambiato strategia.
Si, insomma, se avesse saputo che Gerard stava ancora con Bert e che erano felici.. bè, c’avrebbe messo un po’, ma alla fine l’avrebbe accettato, e forse sarebbe anche stato contento che il suo ex avesse trovato la persona giusta con cui stare. La persona che evidentemente non era stato lui.
Ma così, senza mai nemmeno accennare di lui, Frank stava male. Si sentiva male a non sapere dove fosse, se stesse bene. E come poteva stare tranquillo, cristo santo?! Frank conosceva le plateali tendenze autodistruttive di Gerard, era una bomba pronta a scoppiare in qualsiasi momento e se.. se non ci fosse stato nessuno pronto a disinnescarla.. Dio, non voleva neanche pensarci.
<< Michael ti prego, ti prego, dimmi che Gerard sta bene >>, disse ad un tratto, con voce tremante.
<< Frank, non dovresti preoccuparti di lui >>, lo ammonì l’amico con tono incerto. Frank chiuse gli occhi.
<< Lo so, ma non posso farci nulla. Oggi mi sono svegliato con una strana sensazione, non so spiegarla ma.. non era bella. E quando tu hai detto in quel modo io.. ho pensato a lui. Io lo so com’è, ok? Lo conosco più di quanto conosca me stesso, e se tu non mi dici come sta adesso, io muoio. Perché lo capisco che per i primi mesi hai rispettato la mia volontà di non parlare di lui ma ora, in questo preciso istante, le mie volontà sono cambiate. Fidati Miks, non rimarrò fregato un’altra volta, e poi adesso ho Bob ma.. ti prego. Io gli voglio ancora un gran bene >>, concluse con le lacrime che, prepotenti, rischiavano di uscire.
<< Mio fratello sta bene, Frank >>, gli disse quello alla fine, con un sospiro.
<< Non ho bisogno di sapere altro >>, disse allora.
<< Bene, fantastico. E dunque, cosa farai oggi? >>, ritornò a chiedere di nuovo. Mikey era così, non si arrendeva mai. Frank alzò gli occhi al cielo, come diamine faceva a conversare del più e del meno, facendo finta che nulla fosse successo? Eppure il suo migliore amico adorava Gerard, non si erano mai separati- o, per meglio dire, Mikey era sempre stato attaccato a suo fratello come una cozza allo scoglio sin da quando era bambino -, non avevano mai litigato sul serio per qualcosa.. tranne che per lui.
Decise di non pensarci, ché tanto non era davvero importante e non c’avrebbe comunque cavato un ragno dal buco. S’impose di credere alle parole di Mikey, che diceva la verità, al di la di ogni ragionevole dubbio.
<< Non lo so >>, si costrinse a rispondere, << Bob dovrebbe passare tra poco. Ho lasciato a lui la programmazione della serata, lo sai che non m’interessa >>.
<< Proprio come facevi con me! >>, commentò Mikey in tono ilare e, Frank poteva giurarlo, aveva messo su quel sorrisetto beffardo alla non-cambi-mai-amico.
<< Mi manchi un sacco Frank >>, gli disse tuttavia ad un certo punto, riacquistando un tono serio.
<< Ci conosciamo da sempre, cazzo, questi anni alle superiori sarebbero stati terribili senza di te e sei il mio migliore amico. Tu mi conosci, lo sai che ho sempre buone intenzioni, e non sono capace di fare del male, vero? >>, gli chiese.
Frank ebbe paura perché per un attimo ebbe l’impressione di parlare con un pazzo psicopatico in preda ad una crisi di nervi, e non con il suo migliore amico. Ed ebbe paura di quello che stava cercando di dirgli.
<< Certo Miks, ma che domande fai! Lo sappiamo tutti che sei troppo buono tu, e che solo il tuo tostapane rischia lo stupro >>, cercò di rispondere con molta calma, anche se in quel momento non era calmo per niente. Gli sudavano le mani e il letto era scosso dal leggero tremolio della sua gamba.
<< Promettimi che qualsiasi cosa succeda, tu continuerai a credere nella mia bontà >>, continuò quello, come se non avesse ascoltato una singola parola di ciò che aveva detto Frank.
<< Ma cosa stai dicendo, io.. >>, stava per dire il moro, ma l’altro lo interruppe.
<< Promettimelo e basta >>, lo incalzò ancora e alla fine cedette. E gli promise una cosa ovvia; sapeva quanto Mikey fosse buono, da bambini non riusciva neanche a calpestare le formiche senza rischiare una crisi di pianto.
<< Ok, ora mi spieghi cosa sta succedendo? >>, gli domandò finalmente, aspettandosi come minimo una risposta sincera.
<< Oh, niente, è che ormai abitiamo lontani e potrebbero arrivare giorni in cui credermi sarà difficile >>, rispose Mikey.
E Frank seppe di averne abbastanza di quel discorso delirante da cui non aveva tratto nulla se non dubbi, e così chiuse la chiamata.

Si sentì uno schifo per quasi tutta la giornata.
Bob passò a prenderlo per l’ora di pranzo e lo portò in un ristorante particolarmente carino che, per un puro caso chiaramente, era anche il suo preferito. Mangiò il suo cibo preferito, bevve la birra casereccia più buona di tutta Belleville, e dopo, Bob lo portò a fare una passeggiata al mare.
Adorava il mare, al contrario del suo accompagnatore che non aveva fatto altro che lamentarsi per tutto il tempo della troppa sabbia tra i piedi.
<< Non vorrei dirtelo, ma siamo in spiaggia. Esattamente cosa ti aspettavi di trovare? >>, gli chiese con un tono leggermente stizzito. Leggermente è chiaramente un eufemismo.
<< Ok tesoro, per tutto il pranzo non hai spiccicato parola, e ora questo. Io ci tengo a te, e ho cercato di renderti felice il giorno del tuo compleanno e avrei voluto fare qualcosa di carino anche stasera ma.. tu non ci sei. Fisicamente sei qui con me ma mentalmente sei via, e il solo pensare a dove tu possa essere e soprattutto con chi avresti voluto essere, mi mette l’angoscia >>, sbottò Bob.
E Frank sorrise, dopo vari minuti di sbigottimento. Sapeva che l’avrebbe fatto, tutti prima o poi avrebbero reagito esattamente come Bob, quindi perché impedirglielo? Forse doveva solo tornare a casa e mettersi sotto le coperte e addormentarsi e non svegliarsi prima di un milione di anni. E doveva lasciarlo andare quel ragazzone, ché forse, anzi sicuramente, meritava di meglio, che tanto lui non era in grado di dare nulla a nessuno e ormai avrebbe dovuto capirlo.
Pensava questo quando Bob si girò e cominciò ad andare nella direzione opposta alla sua. Si chiese se non fosse colpa sua, altrimenti perché sia Gerard che Bob erano andati via?
Bob non è ancora andato via. E’ lì, puoi vederlo, e puoi ancora raggiungerlo, gli suggerì la sua coscienza.
Ma perché siamo arrivati a questo punto? Io mi ero ripromesso di non fargli del male. Non a lui!, rispose a quella coscienza maledetta, che sceglieva i momenti sbagliati per fare le sue apparizioni.
Sei tu Frank che lo stai lasciando andare. Esattamente come hai fatto con Gerard! Ma se Gerard è perso per sempre ormai, Bob è ancora lì, e puoi ancora chiedere scusa, puoi ancora dimostrarti all’altezza della situazione, e costruire qualcosa con lui.
Ma non mi vorrà più ormai, si oppose timidamente Frank.
Ma lui ne vale la pena.
E in quel momento aveva deciso. Prese a correre come un forsennato, e Bob dovette sentirlo perché quando stava per raggiungerlo si fermò, e si voltò a guardarlo.
<< E’ successa una cosa oggi. Mikey mi ha chiamato perché, bè, è il mio compleanno e ha iniziato a dire cose strane. Non era lui in quel momento, non l’avevo mai sentito così, Bob, mai. E mi ha fatto promettere che gli avrei creduto in qualsiasi situazione, che avrei creduto nella sua bontà e.. e io ho avuto paura e ho attaccato. Capisci? Ho chiuso il telefono in faccia al mio migliore amico. Non te l’ho detto perché non volevo sobbarcarti di un altro peso, o almeno, questo è quello che ho detto a me stesso, ma non è così. Non te l’ho detto, perché è così che faccio, credo di avere qualche problema con la felicità, perché la rifiuto. Sempre. Quando la raggiungo faccio qualcosa per perderla e me la lascio scivolare tra le dita, come se non ci fosse mai stata. Gerard, Mikey, mio padre che sicuramente vorrà andare via, e ora tu. C’ho provato a dirmi che forse è meglio lasciarti andare, che sono un’egoista, un ragno che ti tiene intrappolato nella mia tela che non conosce il tempo e le definizioni, ma le mie argomentazioni non sono risultate abbastanza forti. Perché se si tratta di te, ne vale la pena. E se devo cambiare, lo farò, perché tu ne vali la pena. E ora puoi anche andare via, sei ancora in tempo per liberarti di me, ma sappi che se resti non succederà più così facilmente >>, concluse.
Era fiero di se stesso, era finalmente riuscito ad esternare quello che provava e Bob doveva esserne rimasto colpito vista la sua faccia da ebete.
Alla fine, il biondo gli si avvicinò e lo baciò, con foga e con urgenza, come se volesse dirgli “ Non m’importa di quello che fai, io sono qui ”, e quel bacio valse più di mille parole.
<< Non capisco perché, ma ti credo >>, disse Bob, e tutto si concluse lì.
Decisero di proseguire la giornata a parlare di cose di cui non avevano mai parlato, perché se Frank sapeva quasi tutto di Bob, per l’altro non era lo stesso.
Cominciò da cose semplici, come il gusto preferito del gelato, o il colore preferito, e passò al rapporto con sua madre, alla sua incapacità di confessare la propria omosessualità per paura di incrinare maggiormente i rapporti con il padre e rovinare tutto. Gli parlò di quante false amicizie era riuscito a scovare in quei pochi mesi di lontananza da New York. Non c’era voluto molto, in effetti, perché la maggior parte di coloro che si definivano suoi grandi amici, non lo avevano più chiamato, dimenticandosi di lui.
<< E in tutto questo mare di merda, io ho trovato Mikey. Lo conosco da quando ne ho memoria in realtà, le nostre mamme erano compagne di scuola al liceo, erano entrambe di Belleville, ci crederesti mai? E così, quando ci siamo trasferiti, loro c’hanno aiutati a trovare casa. All’inizio non volevo frequentare Mikey, mi ricordo che mi metteva una paura matta, e quindi lo evitavo spesso, ma poi si è avvicinato a me e abbiamo cominciato a giocare, e dopo a leggere fumetti. Gerard non giocava con noi, nonostante avesse solo due anni in più di noi, si riteneva troppo grande per certe cose, e poi, spesso era Mikey a venire da me e non il contrario. A lui piaceva disegnare, già da bambino, e lo faceva tutto il giorno chiuso nella sua stanza. Quando capì che non poteva solo disegnare e che forse era arrivato il momento di vedere com’era il mondo fuori, aveva sedici anni, io quattordici. L’ultima volta che l’avevo visto, ne avevo undici, e Gerard era un ragazzino di tredici anni un po’ in carne e molto insicuro, con le guance sempre sporche di acrilico. E, bè, quando uscì dalla sua stanza, non era più il Gerard che avevo visto qualche volta a casa di Mikey. Era dimagrito e aveva acquistato fiducia in se stesso e io ne rimasi affascinato. Sapevo di essere gay già allora e comunque non mi facevo illusioni su una possibile storia tra me e Gerard, quindi rimasi molto sorpreso quando iniziò a ricambiare i miei sguardi, e a cercare le mie attenzioni. Ma io avevo solo quattordici anni, Bob, e così, quando Austin mi chiese di uscire, gli dissi di si. Lascia l’incerto per il certo e Gerard s’infuriò. La sua scenata fu colossale e tremendamente e drammaticamente teatrale, come tutta la sua vita temo, stava persino per spiattellare la mia omosessualità in giro pur di vendicarsi del mio torto. Per mesi non mi parlò, e mi apostrofò con i peggiori epiteti, e un giorno io sbottai. Lo insultai, lo picchiai anche, e decisi di ignorarlo. Fino a quando il primo giorno di scuola alle superiori non gli andai a sbattere contro nei corridoi. Lui non mi guardò male, e il giorno dopo mi si presentò come se non ci conoscessimo. Quando gli chiese cosa diamine stesse facendo, mi disse che non era più il ragazzo che mi aveva fatto soffrire in passato, e che dunque erano necessarie nuove presentazioni. Ci cascai dopo mille esitazioni e, bè, il resto della storia lo conosci. Queste cose non te le sto raccontando perché voglio vederti fuggire, voglio solo che tu sappia la verità >>, concluse il suo racconto Frank.
<< Sei stato coraggioso, piccolo ometto, ma non fuggirò da te >>, gli disse Bob con un sorrisone, dandogli un buffetto sulla guancia.
<< E ora avrei fame. Andiamo a mangiare e poi vorrei portarti in un posto >>.
Si rese conto che era già sera e, dopo una cena in pizzeria, Bob lo portò in un punto panoramico della città. Non c’era ancora stato, perché quel genere di cose le faceva con Gerard, ma creare nuovi ricordi su quelli vecchi, si disse, non avrebbe fatto male a nessuno.
<< Devo darti il tuo regalo adesso >>, disse Bob all’improvviso, estraendo una collanina dalla tasca. Era a forma di sole ed era stata palesemente disegnata da un bambino.
<< L’ho fatta io da bambino. Avevo intenzione di dartela un giorno, ma poi sei partito e non ne ho avuto l’occasione. E’ a forma di sole perché era così che ti vedevo già da allora e non è impacchettata perché sono negato, mi dispiace se effettivamente è poco, m ci tenevo che tu l’avessi >>, gli disse grattandosi la testa imbarazzato e arrossendo lievemente.
A Frank parve di sentire il suo stesso cuore perdere un battito, era così contento. Contento da farsi quasi schifo! Abbracciò Bob, e lo baciò con dolcezza e lo ringraziò mille volte, mentre indossava la collanina e si rintanava nel suo abbraccio.
Stavano guardando il panorama sotto di loro e Frank si sentiva felice, ma evidentemente la felicità non era fatta per gente come lui.
All’improvviso il suo telefono suonò, e Frank prendendolo vide che era Mikey. All’iniziò era titubante, aveva paura, non sapeva cosa dirgli, come giustificarsi, ma poi Bob gli strinse una mano e gli disse di provarci a rimettere tutto a posto, e così lui rispose.
<< F-Frank.. devi, tu devi.. io sono.. >>, continuava a dire il suo amico dall’altro capo del telefono con voce rotta. Sembrava che da un momento all’altro potesse anche smettere di parlare, e Frank ne rimase terrorizzato.
<< Mikey >>, iniziò ad urlare, << Mikey sono qui, stai bene? >>, chiese concitato, pregando in una risposta.
<< Frankie… Gerard è.. io non ce la faccio s-senza di te e lui è.. >>, ma non riuscì a finire perché scoppiò a piangere. Non appena sentì nominare Gerard, Frank si agitò ancora di più.
<< Cos’è successo a Gerard? Mikey dove sei? Dove siete? >>, urlò ancora, non sentiva più il suo cuore.
<< Io ti giuro che c’ho provato Frankie, c’ho provato e non ci sono riuscito. Ma lui non mi voleva parlare e non voleva che dicessi nulla a nessuno, e non volevo farti preoccupare, ma adesso.. io non ce la faccio da solo. Qui è bianco e dicono che non sanno cosa gli succederà. Lui potrebbe.. >>, e pianse ancora.
Frank era nel panico, ma cercò di rimanere concentrato e rimandare il terrore ad un secondo momento, ci provò con tutto se stesso, e nel frattempo stritolava la mano di Bob.
<< Mikey, ti prego, devi dirmi dove sei >>, lo supplicò.
<< Al Lenox Hill, siamo al Lenox Hill >>, riuscì a sussurrare l’altro.
<< Bravo Mikey. Adesso, dimmi cos’è successo, per favore >>.
<< Gerard.. lui ha.. tentato di uccidersi >>, biascicò disperato con un ultimo fiato.
<< Arrivo subito >>, disse Frank.
Chiuse la conversazione con il gelo nel cuore. Bob lo guardava ma lui non rispose a nessuna delle sue domande.
<< Devo tornare a New York per un po’ >>, gli disse solo, e si diresse correndo verso casa, deciso a partire.
Ti prego, non morire, fu il suo unico pensiero per tutto il tempo.


Cilo’s corner
Eh insomma… chi non muore si rivede!
Ciao a tutti, sono finalmente tornata. Mi sento un po’ meglio di prima, quindi spero di riuscire ad aggiornare con maggiore frequenza, anche se non vi prometto nulla.
Del capitolo non ho nulla da dire, se non che mi ha spossata. Fatemi sapere la vostra!
A presto,
Cilo
   
 
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