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Autore: gothika85    22/02/2015    1 recensioni
Il manto stellato, puro velluto trapuntato di diamanti scintillanti, accompagnò la lenta ascesa dell’astro notturno.
La foresta, fino ad un attimo prima ronzante di vita, si acquietò di colpo.
Urla agonizzanti si levarono nel buio della notte.
Impazzite, le foglie della fitta vegetazione iniziarono a frusciare tra loro.
Movimenti impercettibili, ombre illusorie, saettarono tra i bassi rami arrampicandosi fluidamente su per i tronchi secolari, scomparendo alla vista.
Diversi lampi rifulgenti, occhi predatori…
Inquietanti brillii nell’oscurità…
Figure in sincrono depositarono qualcosa a terra, fuggendo di nuovo confondendosi nella boscaglia.
Come fari nella notte, i loro occhi si spensero all’improvviso, riportando i suoni dapprima strappati via.
Riversi a terra, presso i margini del boschetto, furono ritrovati alcuni ragazzi privi di sensi.
Nessun segno di violenza.
Genere: Dark, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Emmett Cullen, Jasper Hale, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight, Contesto generale/vago
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Ringrazio chi ha letto e chi leggerà! :3
Spero sia di vostro gradimento :D
Buona Lettura!



Cap. 2 - Pioggia



Quella mattina lasciai la macchina nel parcheggio riservato agli ospiti del Forks Motel, in pratica davanti al marciapiede.
Forks non era poi chissà cosa! Una semplicissima cittadina posta a nord della penisola di Olympia, quasi sempre coperta di nuvole e fredda.
Immaginai di passare l’inverno lì, mi vennero i brividi al solo pensiero.
Dovetti recuperare un ombrello dal fondo della valigia più grande. Fuori s’era scatenato il diluvio universale.
Eppure quando avevo visitato Londra, anni prima, appena arrivata, già gironzolavo in pinocchietti e T-Shirt. Strano a dirsi, non piovve mai: alla faccia dei meteo!
L’appuntamento era stato fissato nell’aula magna di un liceo qui vicino, guarda caso proprio dietro l’angolo, almeno così aveva indicato la receptionist.
Prima di uscire, ringraziai nuovamente il cielo per la possibilità di portare la mia dolce gattina. L’albergo infatti consentiva di alloggiar anche i piccoli animali
Così, sotto la pioggia battente ed il freddo pungente, che in una normale stagione primaverile sarebbe stata bandita e che qui nella West Coast al contrario pareva normale, mi strinsi un po’ di più nel piumino, affondando nella sciarpa, giungendo alla Forks High School.
Fuori non c’era traccia degli studenti, sicuramente a lezione, e aspettai l’arrivo del dottor Luscher sotto il portico.
Ero arrivata con largo anticipo.
Estrassi le cuffiette del mio mp3 e rimasi a fissare i dintorni, appoggiata alla parete.

Dopo un tempo che mi parve infinito, tant’è che l’intera discografia dei Linkin Park era agli sgoccioli, vidi una macchina lussuosa sostare brevemente, per lasciar uscire un paio di persone vestite “a modo”.
Un fascinoso ragazzo sulla trentina aprì un ombrello enorme facendo scendere elegantemente una ragazza. Le porse gentilmente il braccio per un appiglio sicuro, accettato con un sorriso di riconoscimento e si avviarono verso l’edificio.
Si stavano dirigendo noncuranti verso di me. Spensi il lettore riponendolo in tasca.
Così presi dal loro discorso, mi passarono affianco senza degnarmi di un solo misero sguardo.
Nelle grandi città, la gente tende ad abituarsi a certi stili fuori dal comune, anche se l’occhiata di divertimento non manca mai, poi dipende... Differentemente, nelle città più piccole, l’occhio critico ti squadra da capo a piedi facendoti sentire fuori luogo.
Scettica diedi un’arruffata nervosa ai miei capelli medio-lunghi sparati quasi in ogni direzione, di un bel rosso magenta con ciuffi sparsi azzurri tendente al viola acceso nonostante la poca luce cittadina e la frangia scalata strana del mio nature color. Avevo messo un po’ di matita nera intorno agli occhi, evidenziata dall’ombretto sfumato verde acqua verso l’interno e porpora verso l’esterno, infine un leggerissimo strato di gloss alla ciliegia. Non avevo esagerato essendo solita preferire passare inosservata sul posto di lavoro. Però qui, dopo le facce stranite ricevute il giorno prima...
Sembrò ci fossero abituati. Poi capii! Non erano del posto, ma stranieri in terra straniera, proprio come me!
Questo voleva dire solo una cosa: il misterioso motivo per cui mi trovavo agli inizi d’aprile in una sperduta cittadina di poco più di 3120 abitanti, sotto un portico a gelarmi le ossa (non che a Salem fosse meglio, ma era casa mia!) e dove tutta la cittadina mi fissava come un’aliena, il motivo della mia presenza a Forks erano costoro?? Non era possibile!

Lui, molto carino, decisamente alto, carnagione tendente al bronzeo, a quel che potevo notare dall’abbigliamento formale, era dotato di fisico asciutto ma ben modellato. I capelli castano scuro erano giusto un po’ ribelli e gli occhi verdi da panico. Sorrideva sciolto guardando l’accompagnatrice.
Lei gesticolava presa dalla conversazione. Sembrava trasmettere serenità tutt’intorno e da come sfuggiva gli sguardi, era probabile fosse anche molto timida.
Le linee morbide del corpo erano morbide accentuate dai capelli scuri mossi che le incorniciavano il visetto da ninfa. La figura snella faceva un certo effetto. Avrà avuto sì e no, la mia età.
Decisi di schiarirmi la voce:
«Chiedo scusa, siete qui per l’appuntamento con il dottor Luscher?» Chiesi timorosa di aver fatto una delle mie solite gaffe. “Loro”, presi alla sprovvista, tornarono indietro e mi osservarono brevemente.
«A dire il vero sì» rispose dolcemente la ragazza «Stiamo arrivando proprio ora dall’aeroporto, i nostri voli hanno fatto ritardo.»
«Non sapevo se aspettare fuori o entrare... Vi spiace se mi unisco a voi?» continuai rivolgendomi a lei. A quanto pare il tipo proprio non se lo aspettava, forse che sapessi parlare, o chissà...
Ad un cenno dei due, presi a seguirli mentre entravano nel labirinto scolastico alla ricerca dell’aula magna. Seguendo le indicazioni presenti nei corridoi e chiedendo un paio di volte ai collaboratori scolastici incontrati, trovammo la nostra meta. E... Non c’era nessuno!

Li guardai rassegnata, “E adesso? Tutte a me!!” pensai alzando gli occhi al cielo, lasciandomi cadere senza grazia su una delle sedie vicine e sbuffando sonoramente.
Detestavo le persone che pretendevano puntualità dai clienti e dove poi arrivavano in ritardo. E se avessi fatto il viaggio a vuoto? Se Luscher non si fosse presentato affatto?
Avrei perso inutilmente giorni di lavoro e Violet mi avrebbe rifilato una paternale mastodontica sui sabotatori del sistema, sul fatto che l'ingaggio non era serio e non avrebbe mai dovuto lasciar partire la sua migliore graphic
In fondo era grazie a Violet e la Rainbow Society che mi trovavo negli States. Lavoravo per loro da un paio di anni facendo del mio meglio. Le Case Editrici chiedevano espressamente dei miei lavori per le nuove uscite o anche ristampe, e di questo i miei superiori ne erano entusiasta.
Venni riscossa dai miei pensieri quando il belloccio si rivolse a me con fare saccente. Non potei negare il nervoso che salì di una tacca aggiungendosi alla desolazione di quel luogo sperduto.
«Ho sentito molto parlare di voi, signorina Laghi. Mi risulta siate una delle grafiche italiane più in gamba acquisite di recente dalla Rainbow Society. La sua fama si espande a macchia d’olio su internet da anni. Le chiedo scusa di non averla riconosciuta subito, poco fa. Non credevo fosse così eccentrica anche nella vita reale!» Era stato il ragazzo a parlare, con un’espressione indecifrabile sul volto a rispecchiare le parole.
Non me l’aspettavo, in più, un brivido di fastidio aveva percorso la schiena nel momento dell’accenno al mio modo di essere. Ma cosa credeva?
«E voi chi sareste?» Lo sfidai anche se poteva riperquotersi a mio netto svantaggio. Avevo già detto che odiavo essere giudicata dalle apparenze? Ecco lo affermo ora, era una cosa che proprio non sopportavo.
Colsi l’occhiata sfuggente della ragazza rimasta in disparte. Era imbarazzata. Poi sollevò il viso e con espressione improvvisamente decisa accennò con un gesto a sé stessa ed esordì:
«Sono qui per il tuo stesso motivo. Mi chiamo Sophie Pattz vengo da Londra, mi occupo di ricerche su leggende popolari, mitologia, e leggende metropolitane. Dicono...» mimando il gesto delle virgolette «sia una delle più esperte in campo, anche se non mi ritengo affatto tale. Ci sono ancora tante cose che non so.
E lui...» disse stavolta indicando col capo il ragazzo «è il signor Lusher, l’uomo che ha permesso il nostro incontro qui a Forks.»

“Ommiodio”

  
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