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Autore: deine    27/02/2015    1 recensioni
Dopo la battaglia alla Montagna Solitaria, Legolas parte per cercare Aragorn, seguendo il consiglio di Thranduil. L'Elfo dovrà affrontare un lungo viaggio, seguendo il corso del Grande Fiume, ma non sarà solo in questa avventura...
Dal testo:" La sua mano si strinse attorno all’arco istintivamente, quando sentì il grido disperato che aveva squarciato il silenzio. Si alzò precipitosamente, preparando una freccia con movimenti veloci e ormai automatici, mentre cercava di capire da che direzione provenisse il grido, che non si ripeté. Legolas si mise a correre verso Ovest, da dove pensava fosse arrivata quella disperata richiesta d’aiuto."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Legolas fermò il cavallo appena uscirono dal bosco, sapendo che i ragni non avrebbero osato inseguirli al di fuori del loro territorio. Non poteva nascondere la sua preoccupazione per la ferita della ragazza, che era svenuta. Egli aveva stretto una benda, improvvisata con un lembo della tunica dell’ Elfa, attorno alla ferita, per fermare il flusso del sangue. Aveva un’ultima speranza per riuscire a salvare quella giovane ed effimera vita, ma sapeva di non avere le capacità necessarie per compiere quel gesto. Adagiò la fanciulla sul terreno, avendo cura di muoverla delicatamente, e sussurrò qualche parole per rassicurarla, anche se non era sicura che ella potesse sentirlo
“Tornerò fra poco” disse.
Si addentrò nuovamente nel bosco, tenendo una freccia incoccata, pronto a scattare al minimo movimento. Si mise a correre, angosciato. Era una questione di minuti, e non poteva lasciare che l’ Elfa morisse. Gli aveva salvato la vita, lanciandogli quel coltello e permettendogli di uccidere il ragno. Non ricordava che nessuno avesse mai compiuto un gesto tanto grande di generosità nei suoi confronti, tranne a palazzo, dove tutti sapevano che era il principe e la paura di rappresaglie del re raggelava il loro cuore. Finalmente vide all’ombra di un imponente faggio la pianta che cercava: una piccola, graziosa e in quel caso vitale piantina di Athelas. La strappò dal terreno e ritornò verso il cavallo, dove la ragazza agonizzante era sempre più pallida e il suo respiro sempre più fine e quasi impossibile da identificare, persino per Legolas. L’Elfo le si inginocchiò accanto, e ripeté quel procedimento che aveva visto compiere tante volte, in quasi tremila anni. Seguì ogni passaggio, posando le foglie di Athelas sulla ferita, dopo averle opportunamente inumidite con l’acqua della borraccia. Durante il procedimento si ripeteva continuamente che doveva funzionare, che non l’avrebbe lasciata morire, mentre consumava la sua riserva di acqua e strofinava le foglie della pianta curativa, ormai automaticamente, mentre ormai il giorno volgeva al termine e una fitta nebbia calava inesorabilmente sull’inquietudine di Legolas e sull’anima eterea di quell’Elfa che non conosceva, e che in quel momento era in equilibrio fra la vita e la morte.
 
 
Fu svegliato un paio di ore dopo da una sensazione, un fruscio leggero che lo inquietò. Si sollevò velocemente, guardandosi intorno, analizzando cosa aveva sentito: un tocco leggero lo aveva sfiorato, riempendolo di terrore cieco. Non potevano essere i ragni, perché non si trovavano più nella foresta. Temette che fosse un’altra creatura ad aggirarsi nei paraggi, pronta a colpire. Cercò di alzarsi, ma qualcosa lo trattenne. Così, pieno di meraviglia, abbassò lo sguardo verso la propria mano, appoggiata inerte al suolo, e notò che un’altra mano era stretta alla sua, come se ci si stesse aggrappando per rimanere in vita. Legolas sorrise istantaneamente: la ragazza era viva e la prova era appoggiata alla sua mano.
Si concentrò subito sulla fanciulla: il suo respiro era tornato quasi normale e Legolas appurò anche che il battito del suo cuore era regolare. Controllò la ferita, scoprendo sorpreso che l’Athelas aveva funzionato, sebbene non fosse stato né un re, né un mezzelfo a eseguire la cura. Sorrise ancora, felice come si era raramente sentito. Aveva salvato la vita di quella ragazza, ed era appagante vederla dormire tranquilla, sicura che egli vegliasse su di lei. L’Elfo si distese nuovamente vicino a lei, sereno.
 
 
 
 
 
Era accoccolata accanto ai resti di un fuoco, probabilmente acceso dall’Elfo la sera prima. Giocava con un bastoncino, cercando di accenderne l’estremità utilizzando le braci che si trovavano sotto la cenere. Quando sul legno compariva un guizzo di rosso, ci soffiava sopra e ricominciava. Inspirò: aveva vagato per giorni dentro Bosco Atro, dove le fitte chiome degli alberi lasciavano passare solo una piccola quantità di aria, ed essa non era certo piacevole da respirare. Sentì una fitta di dolore acuto al fianco, e restò senza fiato. Sul momento non aveva sentito molto male, al massimo un forte bruciore, ma non si fidava neanche dei suoi ricordi: l’ultimo risaliva a quando quell’Elfo misterioso le aveva salvato la vita, trascinandola lontano da Bosco Atro. Lei gli era passata accanto quando si era alzata, cogliendo l’occasione per dargli un’occhiata mentre era addormentato. Sebbene il suo viso fosse solcato da rughe di preoccupazione e di angoscia, la ragazza l’aveva trovato molto bello, era rimasta incantata dai suoi lineamenti precisi e alteri, che gli conferivano un aspetto nobile anche mentre riposava. Le sue dite avevano indugiato qualche secondo sui suoi capelli biondi, e avevano timidamente sfiorato gli zigomi pronunciati e la fronte alta, ritraendosi rapidamente a ogni suo movimento. Gli era grata. Si rendeva conto di essere salva contro ogni previsione, date le sue scarse capacità combattive: sapeva a malapena brandire un pugnale. Da bambina avrebbe voluto imparare a tirare con l’arco, ma nel suo villaggio non approvavano che un’ Elfo femmina  maneggiasse le armi. Ricordava le occhiate altezzose e grondanti disapprovazione che le rivolgevano gli altri Elfi, quando si mostrava incapace di imparare i canti a memoria, o la compassione nel loro sguardo quando la sua scarsa manualità suscitava le risate di tutti. Ricordava l’umiliazione, perché non era come gli altri, perché voleva che le fossero raccontate le guerre e le grandi imprese, e non le paci.
Ricordava soprattutto quell’episodio…
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“Ridammeli, non ti appartengono!” Le sue braccia di bambina si protendevano per arrivare alla mano del padre, il cui bel viso era deformato sia dalla rabbia sia dallo scherno, a scapito di quella bambina florida, sui dieci anni, che lo implorava di restituirle ciò che era suo.
“È forse questo il tuo destino, figlia mia? È forse ciò che io ho deciso per te, quando eri ancora in fasce? Secondo la tua opinione avrei voluto che tu trascurassi la cultura del tuo popolo, il più nobile della Terra di Mezzo, per dedicarti a scrivere storie che parlano di Nani e Uomini?”
“Sono i miei lavori, la mia fantasia mi suggerisce queste storie ed io le trascrivo sulla carta. Qual è il male che vedi nella mia passione per la scrittura?”
“Non è il tuo destino!” aveva urlato suo padre e, in preda alla furia, aveva gettato la manciata di fogli nel camino, dove le fiammelle avevano catturato, smembrato e infine divorato tutti i sogni della bambina.
“Non deciderai tu il mio destino!” gridò, terminando la discussione e correndo a rifugiarsi fra i rami robusti del noce nel giardino, lo stesso che aveva piantato sua madre molti secoli prima. Pianse, finché non arrivò sua madre, a calmarla e a coccolarla, soddisfando quel desiderio di affetto che ha ogni bambina. In realtà la piccola avrebbe solo voluto che sua madre l’avesse difesa davanti a suo padre, invece di rimanere seduta con la disperazione nel cuore e negli occhi; ma ella non presentava più la forza d’animo di qualche secolo prima, e sua figlia l’amava così.
 
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“Non dovresti stancarti troppo. Sei ancora molto debole.”
Una voce vellutata e gentile la riportò all’odierno. Si voltò, constatando che l’Elfo si era svegliato.
“Avevo solo bisogno di pensare.” rispose. Egli si avvicinò e le chiese se voleva che riattizzasse il fuoco. Lei si strinse nelle spalle e rispose che la luce del sole l’avrebbe presto riscaldata. Poi aggiunse: “Ti devo ringraziare. Non sarei certamente qui se non fosse per te.”
Egli si sedette accanto a lei.
“Sapere il tuo nome e il motivo per cui ti trovavi a Bosco Atro sarebbe un buon inizio. Ad ogni modo, il mio nome è Legolas.”
“Il mio nome posso svelartelo. Mi chiamo Vis, e il mio villaggio è poco lontano dalla Montagna Solitaria. Per quanto concerne i miei motivi, non vedo perché dovrei riferirteli. Posso solo dirti che sono diretta nel Dunland.” Egli sorrise: non sembrò offeso o indispettito.
“Mi scuso. Però tu ti trovavi nelle terre che per molto tempo ho sorvegliato e amato. Perciò ritengo la mia curiosità legittima.”
“Per conto di tuo padre?” Vis si morse un labbro: non avrebbe dovuto parlare. Era ovvio che egli non volesse svelare la sua identità.
“Vedo che viaggiare in incognito non è cosi facile quando sei il principe del Reame Boscoso.” disse con un sorriso amaro.
“Mi dispiace per ciò che ho detto. Avrei dovuto essere più cauta: forse stai fuggendo dal passato?” gli chiese lei, cercando di essere cortese, perché alla nomina del padre, lo sguardo luminoso di Legolas si era rabbuiato.
“Tutti fuggiamo da qualcosa. Anche tu molto probabilmente. Da cosa non saprei dire, però ti aiuterò. Sono diretto a Sud, verso i regni degli uomini. Se accetterai, ti accompagnerò fino alla tua meta.”
“Ne sarei lieta.” Sorrise e si alzò, ricadendo però subito dopo, poiché era ancora molto debole.
“Partiremo domani. Le tue forze sono ancora insufficienti.”
Ella lo ringraziò nuovamente e gli sorrise.
A Legolas parve che mai sorriso più bello fosse apparso nella Terra di Mezzo.
 
 
 
 
 
Ciao! Uff, che fatica questi capitoli con tanti dialoghi, tendo sempre a essere troppo prolissa. Per questo motivo invito tutti coloro che arrivano qui a commentare, così potrò tentare di modificare il mio stile, se risulta troppo noioso/sbrigativo/dispersivo (offro a tutti quelli che commentano biglietti del treno per la Terra di Mezzo gratis!).
Scherzi a parte, spero che anche questo capitolo più riflessivo e lento sia stato piacevole. Come vedete ho presentato il personaggio di Vis, di cui farò una descrizione fisica e morale più approfondita nel prossimo capitolo. Spero che la storia stia piacendo a tante persone e sia comprensibile per tutti (se così non fosse sappiate che metterò a posto qualche cosa nel prossimo capitolo).
Qualche nota è però indispensabile temo:
  • Per quanto riguarda il personaggio di Vis, scordatevi Tauriel. Non ho nulla contro di lei, ma ho preferito procedere in questo verso seguendo le indicazioni Tolkeniane, che spiegano che gli Elfi femmina non combattono in modo vero e proprio. (come riferimento al massimo prenderò Arwen)
  • Per i nomi spesso mi ispiro al latino, come nel caso di Vis, quindi se c’è qualche classicista che legge questa storia probabilmente tradurrà in automatico. Mi dispiace di riportarvi a scuola di nuovo, ma che ce devo fa io?
  • L’Athelas. So che la capacità di guarire i feriti è una peculiarità di re e mezzelfi, come nel caso di Aragorn e Elrond, ma tutto ha una spiegazione, e arriverò anche a dare questa.
  • Penultima cosa: lo so che nel film Legolas ha detto che a Bosco Atro non ci va più e bla bla bla, ma la Montagna Solitaria è per tre quarti circondata da Bosco Atro! Per questo motivo Legolas attraversa ancora un pezzetto del Reame Boscoso e poi basta, lo giuro!
  • Infine, se per caso avessi fatto la saputella per niente e poi avessi sbagliato qualcosa riguardo gli aspetti della cultura della Terra di Mezzo di cui ho parlato sopra, mi scuso tantissimo, ma ho fatto nottata sulle appendici del Signore degli Anelli e spero di avere azzeccato tutto.
 
Detto ciò vi saluto. Un bacio, Mela.
 
 
   
 
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