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Autore: LadySherry    28/02/2015    0 recensioni
"Il mondo deve conoscere la nostra storia, e io sono pronto a tutto perchè sia così. E non perchè era la ragazza di Tom Kaulitz, ma perchè era la ragazza di un ragazzo che non sapeva amare e poi ha perso il cuore.
Un ragazzo che aveva capito troppo tardi cos'era l'amore.
Un ragazzo che per quell'amore è morto un po'."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.

 

Non avevo il coraggio di amarla come meritava,

ma lei vedeva del buono in me. E io, ogni volta, ci credevo.”

 

 

La vita ti dà, la vita ti toglie.

Non puoi sapere in quale misura, ma sai che andrà a finire così.

Camminavo avanti e indietro per il salotto con l'assoluta convinzione che un giorno avrei rovesciato il mondo in cerca di una cura, di una qualsiasi cosa per tenerla con me.

Non ero degno di lei, non lo ero per lo stile di vita che conducevo, per la gente che frequentavo, per le sofferenze che le avevo causato. Non lo ero per tanti altri motivi, ma avrei fatto qualunque cosa per lei.

«Tom, smettila» mi disse, guardandomi mentre si tirava la coperta un po' più su.

Mi voltai. Aveva sempre freddo, per questo le avevo comprato un paio di coperte in più. Diceva che si trovava bene sul divano, e io la lasciavo fare.

«Sto solo pensato, Cami» risposti, sorridendo.

«Lascerai il solco sul pavimento» ridacchiò, quasi divertita.

La guardai, serio. «Vorrà dire che sceglieremo delle mattonelle nuove».

Non ero molto in vena di battute, e mi sentivo colpevole per questo. Avrei dovuto darle sorrisi, vita, sogni, futuro. E invece non potevo darle niente.

Cercai le chiavi della macchina, avevo bisogno di aria.

«Andiamo a farci un giro? So che sei stanca, hai freddo, ma io ho bisogno di aria, e anche tu. Stare chiusa in casa non cambierà le cose e forse è arrivato il momento di uscire un po'» dissi.

Sarebbe stata la cosa giusta da fare, se solo lei non si fosse raggomitolata su se stessa, impaurita al solo pensiero di apparire al mondo. Cercai di sorridere, poi sospirai per recuperare tempo e trovare le parole giuste. «Avanti, Cami. Usciamo».

Le tesi la mano, sperando l'afferrasse.

Quando sentii il tocco freddo della sua mano afferrare la mia, sorrisi di nuovo. L'aiutai ad alzarsi e per la prima volta dopo tanto tempo notai che era dimagrita ancora, nonostante l'enorme quantità di cibo che miracolosamente riusciva a ingerire.

Ma non era abbastanza.

«Wow» sospirò, incrociando le braccia al petto.

Alzai il sopracciglio, incredulo. Era diventata sempre più strana, sempre più enigmatica. A volte diceva cose apparentemente senza senso, dove sarebbe bastata una semplice spiegazione per capire. E invece no, si teneva tutto per sé, come se temesse che qualcuno potesse entrare nella sua testa.

Cercava di isolarsi, ogni tanto. Vedevo che aveva bisogno di stare sola, e io l'accontentavo. Ma spesso mi risultava difficile, mi sembrava di abbandonarla quando invece si trattava di accontentare una sua tacita richiesta.

E' difficile lasciar andare una persona, soprattutto se questa ha avuto una grande influenza sulla tua vita. E la mia, di sicuro, era cambiata da quando vi era entrata lei. L'aveva resa in qualche modo migliore, in un certo senso degna di essere vissuta. Non potevo cambiare quello che ero, il mio lavoro, i miei amici, la mia musica o le fan troppo invadenti. Erano un pacchetto unico di cui lei, nonostante tutto, aveva deciso di prendersi cura.

Ora toccava a me, era il mio turno per prendermi cura di lei. E non potevo assolutamente fare nulla per farla stare meglio.

Comunque, non dissi niente, sperando iniziasse lei a parlare.

«Sai, Tom... Tu pensi che io sia una specie di angelo miracoloso sceso dal cielo per salvarti la vita, ma non è così. Pensi di essere in debito con me, ma non è così. Hai questa assurda convinzione di potermi cambiare, di farmi stare meglio, ma non è così. Non posso annullare quello che ho dentro, che mi divora e mi consuma e sono consapevole del dolore che mi lascerò dietro quando non ci sarò più». Fece una pausa, strizzò gli occhi.

Avrei voluto dirle quanto per me significasse averla accanto, quanto avesse fatto per me e quanto stesse facendo in quel momento. Ma dalla mia bocca non uscì niente.

«...Avrei solo voluto più tempo» continuò, concludendo con un sorriso.

Mi chiedevo come riusciva a sostenere un tale peso se nemmeno io, che vivevo la cosa da fuori, ne ero in grado.

«Tempo per cosa?» domandai.

«Per tutto, Tom. Per realizzare i miei sogni, per concludere i miei studi, per vedere mamma felice. Per vedere mia sorella prendere la patente, per insegnarle a guidare come promesso. Per vedere te finalmente in pace con te stesso».

«Io sono in pace con me stesso» replicai.

«No, non lo sei. Hai un incredibile senso di colpa che ti ostini a nascondere e che ferisce me. Tutto ciò, Tom, tutto questo» gridò, alzando la maglietta fin sotto al seno, scoprendo quello che forse nemmeno io ero stato in grado di accettare, «non è colpa tua. Non puoi assumerti responsabilità che non hai. Mi hanno aperto la pancia non per colpa tua. Non ho fatto, inutilmente, due cicli di chemio a vuoto per colpa tua. Devi smetterla e capire che il male, perchè questo è il male, non è responsabilità di nessuna. Vorrei che iniziassi ad accettare la cosa, perchè prima o poi arriverà il momento».

Lo disse mantenendo lo sguardo serio, quasi autoritario. La sua convinzione mi faceva arrabbiare, o forse semplicemente, come diceva lei, non ero in grado di accettarlo. E non volevo farlo.

Avevo spesso sentito parlare di un passaggio dall'altra parte, qualcosa che divide questo modo dall'altro ma in qualche modo comunicano, in qualche modo convivono.

Non volevo ritrovarla di là, volevo che restasse qui.

Avrei voluto rassicurarla, dirle che mi dispiaceva nel vederla sofferente per colpa mia. Non volevo che pensasse di lasciarmi qui con il tormento nell'anima.

«Cami, ascolta. Non chiedermi di arrendermi, perchè io non lo farò mai. Lotterò per te, combatterò questo male con te. Fino alla fine. Di qua o di là, insieme. Capito?».

La strinsi tra le mie braccia, accarezzandole i capelli. Mi piacevano, anche se corti. Stavano iniziando pian piano a ricrescere e spesso la sentivo esultare allo specchio nello scoprire due centimetri in più. Avevo il sospetto che tentasse di misurarli col righello, ma non le rivelai mai il mio dubbio.

Annuì, staccandosi da me. Mi guardò, tornando finalmente a sorridere.

«Allora, dove mi porti di bello?».

 

Tornammo a casa con quattro borse della spesa. Borse che, per essere preciso, trascinai da solo fino alla porta. In salotto trovai mio fratello intento a leggere una delle sue strane riviste.

«Pensi di aiutarmi?» domandai, sarcastico.

«Mhm... No! Come mai tutta quella roba?» chiese, alzando appena gli occhi dall'articolo che stava leggendo.

Lo guardai, alzando il sopracciglio. La sua pigrizia era qualcosa in grado di indisporre le persone, a volte. Come qualcosa che prenderesti a calci per il semplice fatto che esiste.

«Perchè devi mangiare anche tu, se non sbaglio» replicai.

Mi domandai dove fosse Camille, e quasi preoccupato guardai fuori dalla finestra. Era intenta a lanciare una palla al cane, che questi riportava fedelmente ogni volta. Avevano legato sin da subito e mi domandai se un giorno avrebbe sofferto anche lui della sua mancanza. Ovvio che sì, mi risposi.

«Che c'è?». Bill si affiancò a me e guardò fuori dalla finestra.

«Pensi mai a come sarà?» chiesi. «...A come sarà senza di lei?».

«Non è ancora morta, Tom. Non è neanche detto che lo farà presto!» rispose, quasi alterato.

«Potrebbe farlo».

«Tutti muoiono, prima o poi».

«Lei prima di me».

«Va' a quel paese, Tom».

Uscì dalla cucina e lo vidi sparire al piano di sopra. Era sempre stato quello più emotivo, e sapevo che dietro il suo essere alterato per l'argomento non si nascondeva più di un profondo affetto quasi fraterno verso di lei. Probabilmente avrebbe sofferto anche più di me, ma di quello dubitavo.

Iniziai a sistemare la spesa, cercando di non pensare troppo alla discussione con Bill. Sapevo che per sera sarebbe tornato a parlarmi, ma l'idea di vederlo alterato per colpa mia anche solo per cinque minuti non mi faceva stare bene.

Sentii chiudere la porta e Camille entrò in cucina, più felice che mai. «Pumba è adorabile, dovrebbe stare in casa più spesso! Strano che Bill non l'abbia portato dentro» disse, sedendosi sulla sedia.

«Devi chiedere a lui, sai com'è» risposi, facendole l'occhiolino. «Ad ogni modo, almeno tu pensi di aiutarmi a sistemare?» chiesi, speranzoso.

Mi guardò, sempre sorridendo. «Dovrei...».

Scoppiai a ridere, divertito. «Va bene, va bene! Ho capito, mi arrangio!».

Si alzò per darmi un bacio sulla guancia e si dileguò anche lei al piano di sopra. A volte sembrava di avere a che fare con una di quelle sirene che avevano tentato di ammaliare Ulisse. Era in grado di farmi fare cose che non avrei mai fatto, tipo sistemare la spesa in stile casalingo. Avevamo una donna delle pulizie che, per quanto fosse sulla quarantina, a Camille non andava a genio. Quindi dovevamo arrangiarci, o meglio, dovevo arrangiarmi.

Ma lo facevo volentieri, perchè sapevo che per lei, vedermi indaffarato, era come un gioco. Si divertiva a prendermi in giro con Bill, e a me stava bene. Vederla sorridere rappresentava in un certo senso una soddisfazione, e a costo di umiliarmi avrei continuato a farla ridere.

Avrei fatto qualunque cosa per lei, su questo non avevo il minimo dubbio.

 

Il tempo che passavo con lei, ogni ora, minuto o secondo, rappresentava un ricordo che avrei conservato con me per sempre. Come qualcosa che puoi ripescare ogni volta che ti senti solo, come qualcosa di inafferrabile al mondo e soltanto tuo. Lei era mia, e presto l'avrei presa. Per sempre.

Non era giusto, ma era la vita.

 

 

 

Nota: vorrei scusarmi con quanti hanno letto e commentato il prologo per non aver postato subito questo capitolo. Sono stata fino a qualche giorno fa alle prese con la sessione d'esami che mi ha portato via più tempo del previsto. Spero comunque che possiate godervi il capitolo :) Vorrei spiegarvelo un po': questo e il prossimo saranno capitoli “introduttivi”. Dal terzo inizierà a svilupparsi la storia come avete potuto immaginarla dal prologo :)

Ps: le parti in corsivo a inizio e fine capitolo dovete immaginarle come il commento diretto di Tom :)

Baci, LadyS 

  
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