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Autore: rainicornsan    01/03/2015    2 recensioni
"Igrushka.".
"Igrushka.".
"Igrushka.".
Il nome con cui quella cosa la chiamava nei suoi sogni le metteva i brividi.
E significava 'giocattolo', in russo.
Giocattolo.
April era il giocattolo del suo mostro.
Oh, sì.
Sì, sì, sì.
Pazza pazza pazzapazzapazza.
April rise.
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Genere: Dark, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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~l’incubo rosso~

parte uno

 

A nessuno piace morire, sceriffo, ma chi ha paura muore un po’ tante volte, mentre chi non ha paura, muore una volta sola.

 

 

April ormai non correva più.

Si limitava a vagare rassegnata per le stanze, sentendosi comunque diventare sempre più folle per la paura.

I soffitti erano bassi.

Ovunque ristagnava odore di fogna e di chiuso, la sporcizia invadeva gli angoli delle camere.

Quel posto era enorme, non sapeva come ambientarsi e come ci fosse arrivata.

Il senso dell’orientamento lo aveva perso già da un pezzo.

Aveva rinunciato a ricordarsi di quella brandina arrugginita o di quella finestrella che lasciava intravedere il grande disco pallido e inespressivo della luna.

Tutto si replicava.

April iniziò a pensare di essere in un bunker.

Magari della Seconda Guerra Mondiale, sì.

Probabilmente nell’area dell’ospedale.

In alcuni corridoi trovava sui muri ampi schizzi rosati; ormai il sangue dei pazienti operati doveva essere scomparso.

Di tanto in tanto sentiva il lento strascichio del suo corpo, oppure il suo respiro roco dai condotti dell’aria.

April rabbrividiva.

Sentiva tutti i peli presenti sul proprio corpo drizzarsi per la paura.

Correva, correva.

A volte inciampava.

Si rialzava, e continuava a correre, senza fiato.

April non sapeva da quanto era lì.

Erano giorni, ore o minuti che era lì?

Pazza, pazza, pazza!
April ridacchiò internamente, sentendo i propri nervi collassare.

Era troppo.

Sapeva che la seguiva, l’aveva sempre saputo.

La luna si rifletteva sull’acqua che sgocciolava con piccoli pigri ticchettii sul pavimento di cemento,

e lui continuava ad aspettare April negli angoli, sorridendo nella sua camicia di forza.

Erano giorni, ore o minuti che era lì?

April non sentiva più il tempo scorrere né prendeva come riferimento la luna, che non si era mai spostata.

Sentiva solo lui che la chiamava: “Igrushka...

Igrushka…

Igrushka…”.

Centinaia e centinaia di volte.

April non capiva come mai non la chiamasse con il suo nome.

Ma ormai, non le importava più di niente.

Si sentiva rassegnata, rassegnata nella sua pazzia.

A volte le veniva voglia di correre.

E, per Dio, April correva.

Ma, di tanto in tanto, inciampava.

Rimaneva lì, stesa a terra, per un bel po’ di tempo, avvertendo una mano muschiata accarezzarle la caviglia scoperta.

E, quando si rialzava, continuava a camminare.

La sua gola era così arida…

April provò a cercare un lavandino che funzionasse, ma l’acqua che ne usciva era talmente ferrosa da essere rossa.

“Igrushka…”.

Lui era lì, rannicchiato sotto al lavandino, che le mostrava i denti piccoli e grigi, brillanti come scarafaggi.

April provò a cercare un tubo che perdesse.

Ne aveva visti tanti, ma adesso non li trovava più.

Lui la guardava, dondolando i piedi seduto sui bordi stretti delle grate.

Canticchiava qualcosa, ma April sentiva solo ‘Igrushka’.

 

 

Dopo forse due giorni, April si sentiva delirare.

Lo stomaco le si era gonfiato.

La sua mente era diventata come una pagina bianca.

Tutta da riscrivere.

E la sua gola… Faceva così male.

 

 

April si avvicinò ad un muro.

Lo sfiorò con il palmo della mano, sorridendo piano.

Era così ruvido.

Appoggiò tutte le dita.

E iniziò a grattare.

Le unghie si consumavano piano.

April grattò.

Le unghie si spezzavano.

Ormai non ne rimanevano.

Lui era lì.

Lo sentiva, accucciato ai suoi piedi.

April ignorò la sensazione nera e turbinosa che la faceva prendere dal panico.

Grattò, grattò e grattò.

La prima pelle veniva via.

Un lieve pizzicore iniziò a prenderle la prima pelle.

April grattò.

Sentiva che lui approvava.

Si appoggiava al muro, sotto alle sue mani in movimento, e rideva sbavando, contento.
April piangeva.

La pelle stava venendo via.

Quel muro era come una grattugia.

Una grattugia, sì.

Una grattugia per April!

April rise, divertita.

Rise tanto che si dovette fermare.

Infine guardò il muro.

Il sangue sgocciolava, le sue dita erano a pezzi.

Finalmente, avrebbe avuto qualcosa da bere.

Con un lieve singhiozzo, accostò la bocca alla parete, e

 

 

 

April si svegliò con un grido.

Si sentiva fredda, freddissima.

E ricoperta di sudore. Ansimò per alcuni minuti, cercando di calmarsi.

“Santo cielo, santo cielo!”.

Cercò, con colpi secchi e febbrili delle mani, l’interruttore.

La luce si accese.

April guardò il soffitto, respirando più piano.

Fantastica, normalissima luce neon.

Non c’era il riverbero della luna ovunque.

Non c’erano macchie d’ombra nella sua stanza.

Aprì la finestra, quasi dimenticandosi del sogno.

Il sole illuminava tutto.

Le strade, la sua stanza.

Tutto era luminosissimo.

Sospirò contenta, girandosi per prendere il suo telefono.

Lo trovò sul comodino, e sbloccò lo schermo.

Cancellò le notifiche di Twitter e di Facebook (sul serio, ma tutta quella gente non faceva altro che scrivere status e tweet per tutto il giorno?), ma una parola le venne in mente.

I... Igrushka?
Poteva darsi. Cos’era?

Un brivido freddo le attraversò la schiena come se fosse stata una scarica di corrente.

Tutto l’incubo le tornò alla mente.

Non sentiva più tanto la voglia di cercare cosa fosse ‘igrushka’, ma lo cercò su Google lo stesso.

Mentre lo scriveva, iniziarono ad apparire dei risultati: ‘igrushka film’, ‘igrushka pierre richard’.

Dubitava che quella cosa l’avesse ossessionata solo con il nome di un film.

Quando vide comparire ‘igrushka significato’, cliccò.

Dal russo, ‘giocattolo’, ‘giocattolino’.

April spalancò la bocca.

Accidenti, era davvero inquietante.

Grazie a Dio, era solo un incubo.

 

 

 

 

 

 

 

 

L’angelo dell’autrice

Oh, la la.

Salve!

Inizio con il dire che è la prima storia che scrivo nella sezione ‘horror’, quindi abbiate pietà, ma se c’è qualcosa che non va, ditelo pure.

Ho messo la storia nelle arancioni, ma se c’è qualcuno che pensa che il fatto delle mani e del sangue sia troppo cruento, me lo dica pure.

Beh, io non so che dire oltre a ‘spero che vi piaccia’.

Well, me ne vado.

Un saluto <3

   
 
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