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Autore: Blu_Polaris    01/03/2015    2 recensioni
Tito è un topolino con il sogno di volare e l' incubo di essere braccato dal Gufo. Tutto cambia quando, dopo una disavventura, incontra Diana, una meravigliosa gazza ladra che non sa volare ...
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~~~~Capitolo 10- vola in alto

Il torrente non tornò normale per giorni e giorni e in quel tempo Tito raccontò di come lui, un topolino inerme, avesse preso il volo e di come Diana avesse offerto il suo cuore ai cieli.
Parlando di ciò si rese conto, da solo, di che cosa era realmente accaduto.
Con sorpresa di Ezio, Tito non rimase a cercare Diana dopo che il torrente aveva ripreso a scorrere tranquillo.
«Devo andare …».
«Ma sei appena tornato!» gli disse il fratello ma Tito si era ben preparato a compiere un lungo viaggio. Dall’alto, quando volava con Diana, aveva visto il torrente che attraversava il bosco e poi, a un certo punto, virava e lo costeggiava.
Sapeva che avrebbe dovuto galleggiare fino a metà percorso, poi camminare lungo un sentiero e infine superare la collina. Da lì avrebbe visto la cisterna e il casolare.
«Lo so, ma ti prometto che tornerò. Io devo andare da Ella …»
«Chi è Ella?»
«È una topolina bianca, mi piace molto…» Ezio lo guardò.
«Capisco … e la gazza? Non vuoi cercarla?»
«Diana? Lei è tornata dalla sua famiglia …» e li su, nel cielo azzurro e bianco, le rondini e le gazze volavano alte. Il vento portava aria calda e profumo di fiori. La terra stava rinascendo e le colline ritornavano a essere gremite di piante e insetti colorati.

 Tito sapeva che la vita, come la primavera, ha un inizio e una fine e che tutti, un giorno, si sarebbero rincontrati.
Anche Ella lo credeva e soffrì terribilmente per la scomparsa dell’unica amica a cui avesse mai raccontato il suo passato. Di come avesse perso i genitori quando era poco più piccola di una ghianda. Le avevano promesso che sarebbero tornati, per portarle il cibo, ma non successe.
Odiava l’idea che non avrebbe più volato con Diana. 
Il tempo passò e la vita continuò a scorrere come sempre.
Saltabuche tornò ad essere la solita rana spensierata, con qualche acciacco ma sempre sorridente.
«OI! È belo vederte felice!» disse Pablo che, da quel momento, non parlò più spagnolo.
Ezio, lui e sua madre, rimasero lontani ma con il cuore rivolto sempre a quel piccolo topolino marroncino e combina guai con la voglia di volare.
Tito crebbe e con lui anche il suo cuore e il suo spirito.
 Il topolino si fermava di tanto in tanto alla quercia e altrettanto spesso alla piccola radura.
Rimaneva in silenzio e ascoltava il vento.
Alla sera, ogni giorno, fino alla fine dei suoi giorni, saliva sul tetto del casolare e osservava gli uccelli, soprattutto le gazze.
Più di una volta fu convinto di vedere uno di quei pennuti salutarlo.
La notte, con dei buffi disegni sulla terra, raccontava di come e cosa gli era accaduto ai più piccolini che lo ascoltavano ammaliati.
Il legame con Ella portò Tito a diventare padre, poi nonno e bisnonno.
Il topolino raccontò la sua storia ai suoi figli e nipoti e loro fecero lo stesso con i loro discendenti.
Quando anche per Tito arrivò il momento di andare nel mondo delle nuvole la sua storia non lo seguì. Quella favola, che sembrava un’assurdità, venne raccontata e ascoltata per molto, molto tempo …

 

Diana volava, in alto, in un mare di nuvole bianche. Dritto di fronte a lei c’era una luce, un sole! La gazza non riusciva a capire se fosse l’alba o il tramonto ma si sentiva bene, benissimo!
La ferita sotto l’ala, quella sul fianco destro, non gli doleva e il calore di quella luce le riscaldava l’animo.
Intorno a lei tutto era luce, tutto era calore, tutto era insolitamente bello. Un mondo delle nuvole!
Un bel color arancio pitturava, come in un acquerello, tutte le soffici nubi.
 I raggi irradiavano un mondo tutto luccicante.
Nella mente dell’uccello comparve un collage di ricordi.
La memoria fece riaffiorare i momenti più oscuri della sua vita.

«Mamma! Ho fame!» disse Diana agitando le piccole alucce, nel nido c’erano anche i suoi fratelli: Chicco, Leo e Tommy. Li amava, erano tre grandi rompiscatole ma li amava.
La bella figura della Mamma, lunga e longilinea si contrapponeva a quella del Papà, alto ma robusto come un rapace.
«Lo so, tesoro … ma devi essere paziente, dobbiamo aspettare che il vento cambi. Non possiamo volare con il vento così forte». Disse la Mamma mentre anche lei, come il Papà, si era girata ad osservare il villaggio umano. Da qualche giorno le enormi colonne grigie che gli uomini avevano costruito si erano risvegliate e adesso emettevano del fumo denso e scuro.
I quattro piccoli non mangiavano da giorni e entrambi i genitori si stavano preoccupando.
«Ma Mamma, anche io ho fame!» specificò Chicco.
«Anch’io» disse Leo, seguito a ruota da Tommy e Diana. I due genitori si osservarono nuovamente. I loro cuccioli rischiavano molto.
«Va bene, vostro padre andrà a cercare qualche bel grosso bruco, ok?» chiese e i piccoli cinguettarono per la felicità.
«Mamma, possiamo andare con Papà?» chiesero tutt’insieme i pulcini, ad eccezione di Diana.
«Cosa? NO!»
«Cara, ormai sono grandi, devono iniziare a cavarsela da soli…».
La Mamma non sembrava molto propensa all’ idea ma dopotutto i suoi cuccioli stavano crescendo e dovevano pur capire cosa li aspettasse oltre il piccolo muro che li separava dal bosco.
Il loro albero era sul ciglio di una piccola stradina acciottolata, a ridosso di un muretto alto solo un paio di metri ma pericolosamente sormontato da un bel po’ di filo spinato e poco distante da un boschetto fitto fitto. Era un posticino ben messo per cacciare e mangiare ma comunque la Mamma si preoccupava per un non nulla.
«Va bene, ma verrò anch’ io … voglio che rimaniate vicino a me … volate sempre in linea retta e niente acrobazie, chiaro?».
«Sì!» pigolarono i pulcini e ad uno ad uno iniziarono ad uscire dal nido e lanciarsi giù dall’albero.
Prima si buttò Leo, il più temerario dei tre, poi Chicco e infine Tommy. Il Papà volteggiava in aria e li controllava durante le piccole manovre ancora un po’ rozze.
«Diana, tocca a te!» la piccola gazza, con la codina ancora non del tutto formata, guardò in basso. Le vennero le vertigini ma non lo disse. Cercò di aprire le ali ma tremava troppo. Le richiuse e si lanciò di nuovo nel suo piccolo nido. «TESORO? Tutto bene?» chiese la madre.
«NO, Mamma io non so volare, andate voi! Io vi aspetto qui!»
«Oh, Diana! È normale, io e te resteremo qui mentre papà e i ragazzi vanno a prendere un po’ di cibo» la Mamma la coccolò pulendola con il becco.
«Mamma vai anche tu con loro! Io aspetterò qui. Promesso!».
«Sei sicura, Diana?» e la piccola annuì, incurante di quello che le sarebbe accaduto di lì a pochi giorni.
I suoi genitori non tornarono più, tantomeno i suoi fratelli. Attese per giorni e dormì sola per molte notti. Le gazze che vivevano sui rami sopra di lei parlavano del fumo nero come un assassino silenzioso che aveva ucciso molti animali.
Diana, all’ alba del terzo giorno sentì la gazza più grande farfugliare agl’altri suoi simili.
«Argo è morto, con la sua compagna e tutti i suoi cuccioli …» Diana trasalì, Argo era il nome del suo Papà.
Era così che era rimasta sola, così tanto che un giorno, ormai sull’ orlo della pazzia per la fame, scese dall’albero. Mangiava ciò che trovava, cercava di volare, con una vaga speranza che, proprio volando, avrebbe rivisto i suoi genitori.
Tommy e Leo le avevano raccontato che nel bosco c’erano tanti animali e tanti amici da conoscere e che, un giorno, sarebbero andati lì. Chicco invece era incuriosito dalla città ed era stato tradito proprio da lei.
Per ricordare i fratelli, quando ormai la sua coda era diventata lunga e bella, Diana provò a saltare il muro e il vento la incastonò nel filo spinato. Il temporale di quella notte infine la trascinò nel bosco, come una pianta di erba mobile nel deserto. Il resto, lo sapevano tutti.

Adesso però, tutto quel dolore che le avvolgeva il cuore, il cuore di una gazza, non la corrodeva più. Volava in un paradiso fatto di sola luce e pace.
Dal piccolo sole all’orizzonte emersero strane figure, prima ombre, poi meravigliosi corpi longilinei, eleganti sotto quella luce così calda.
Diana distinse i becchi grigi, le piume nere che risplendevano di sfumature di blu e verde. Non ci credeva… fu allora che capì.
Vide la Mamma, la sua Mamma. Così bella, così luminosa in quel momento. Le nuvole adesso risplendevano di un color rosa pallido, intorno a lei però c’era un aura bellissima. Anche lei era felice.
Vide suo padre, anche lui luminoso, con la lunga coda e le ali ad accogliere un vento leggiadro.
Entrambi i genitori le volavano intorno, come a volerla cingere e poi arrivarono i suoi fratelli.
Tommy, Leo e Chicco le volarono incontro e, una volta vicino, la coccolarono sfregandosi vicino a lei, toccandosi testa contro testa e sfiorandosi le piume delle ali.
«TU VOLI!» esclamò Tommy.
«Sì! Voi, voi …oh! Che bello vedervi!» la Mamma e il Papà la guardavano con orgoglio.
«Sei diventata così bella …» disse suo padre.
« E sei diventata veramente una brava gazza, sei stata un ‘ottima amica per quel topolino …» sua madre aveva gli occhi lucidi.
«Come sapete di Tito?»
«Noi da qui vediamo tutto!» esclamò Tommy.
«Sentiamo tutto!» aggiunse Leo.
«E sappiamo tutto ciò che provi!» specificò Chicco.
Diana non aveva più dubbi, quella sensazione, quel bel calore che sentiva intorno al cuore e quella pace, quel silenzio, quella meravigliosa sensazione di pura e vera felicità … era qualcosa di molto brutto eppure così stranamente pacifico.
«Sono morta, vero?».
Tutti si guardarono l’ uno negl’occhi degl’altri.
«Diana, ti ricordi quella canzoncina che cantavamo?»
«Sì, certo!».
Non ci vollero parole, Diana vide la sua famiglia volare verso il sole, che non era un sole, ma una splendente luce eterna. Lì seguì. Era pace, pura e semplice.

Vola in alto,
oltre le cime delle montagne,
lungo la strada e oltre la vita.
Ti sto aspettando anch’io!
Chiudi gli occhi
Dimmi cosa vedi.
O giovane cuore …
Corri e vola
E io vivrò oltre le ere
e vedrò con te il mondo.
Anche se non sai volare
Chiudi gli occhi e sognalo per me,
o giovane cuore tu puoi vivere di speranze.
Il tuo sogno sarà volare,
il tuo incubo sarà atterrare.
Segui il sole,
segui l’amore,
segui solo ciò che ti indica il cuore.

E da giù, oltre le nuvole, Diana poté vedere un topolino, piccolo, marrone, con un gran sorriso. In quel momento la gazza capì che lei avrebbe vissuto con lui, grazie al suo amore e ai suoi racconti.







 


Bene, il capitolo è finito e con esso anche la mia storia.
Adesso che avete un quadro completo spero che possiate trarne le conclusioni. Ho amato tanto scrivere quest’idea, l’ho vista crescere!
Grazie a Lezel, che recensisce in modo perfetto! E scrive benissimo!
Grazie anche a Disorder_Alice, lei mi ha seguito sempre, dall’ inizio di questo racconto.
Grazie a Alessandroago_94 che ha letto ogni capitolo, proprio quando usciva!
Grazie ad Honey e Lua, le mie tartarughe, maledettamente utili nei momenti di stress.
Grazie!
Qui sopra ho voluto chiudere con una copertina semplice semplice. Spero che la storia vi sia piaciuta!

   
 
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