Cap. 2 – 23
(Nota
dell’Autrice: grazie di cuore a tutti coloro che hanno letto il primo capitolo
di questa, che definirei, “impresa titanica”. E’ la prima volta che mi cimento in
questo genere di storie e spero di non deludervi.)
“E piantala di dirmi quello che devo o non
devo fare Hugo, sono io il tuo capo non tu il mio, ricordatelo! Voglio birra e
sigarette, e le voglio adesso, muoviti ad andare a prendermele!”
Sasuke era andato a fare spesa nel
discount del paese più vicino e, prima di tornare alla villa, aveva deciso di
fermarsi a fare benzina nel distributore adiacente, quando ad un tratto la sua
attenzione venne attirata dal vociferare piuttosto rumoroso di un giovane pieno
di se ed alquanto presuntuoso, il suo aspetto non tradiva certo l’aria del
classico bullo di quartiere pieno di grana e viziato fino al midollo.
Al suo fianco la gigantesca guardia del
corpo aveva un bel daffare a tenerlo a bada e Sasuke non potè che provare pena
per quel poveraccio, costretto ad ubbidire ai capricci di quella testa calda.
Decise di ignorarli e spostò il suo
interesse ai giri del carburante che giravano vorticosamente, facendo lievitare
il prezzo totale, che sarebbe stato scalato dalla carta di credito; il suo hobby
era decisamente costoso e lo sapeva bene, ma non avrebbe rinunciato per nulla
al mondo alla sua adorata macchina, nemmeno per una bella donna… eccetto per
una forse.
Si scoprì a sorride con se stesso,
stupendosi di quanto rapidamente i suoi pensieri correvano velocemente a lei ed
iniziò a riflettere su come farsi perdonare il bidone che a malincuore le aveva
rifilato.
Ad un tratto, si accorse che il
bulletto si era avvicinato alla sua macchina e che la stava osservando
attentamente in ogni centimetro, come se fosse una qualunque fighetta da
abbordare in un bar; scorgendo il volto coperto dal cappuccio della felpa vide
un ragazzo non tanto più grande di lui con gli occhiali e la classica faccia da
schiaffi, una faccia che aveva già visto ma che in quel momento non gli veniva
in mente chi fosse.
“Questa sì che è una gran macchina. Una
Mustang serie Sharingan, vero?”
“1970.”
“Cribbio è una rarità. Quanto vuoi per questo
gioiello?”
“Spiacente, non è in vendita!”
Quella sottospecie di sfigato lo stava
prendendo in giro o cosa? Come si permetteva di offrirgli denaro per la sua
adorata. Fortunatamente il distributore scattò, il serbatoio era pieno e si
affrettò a richiudere la bocchetta, se non se ne andava alla svelta avrebbe
fatto ingoiare la pompa a quell’ impertinente fino allo stomaco.
“Oh andiamo, possiamo metterci d’accordo. Non
sai chi sono io, ti pagherò bene!”
Gli stava seriamente facendo perdere la
pazienza, ma chi si credeva di essere? Gli rifilò un’occhiata assassina che
avrebbe fatto fare retromarcia anche ad un cane, ma più lo guardava e più quel
tipo gli era familiare.
“Ho detto di no! Torna a farti sbattere nel
bagno della discoteca, fighetta!”
“Cosa hai detto? Ma come osi…”
“Ok adesso basta, torna alla macchina. Mi
scusi signore, non le darà più alcun fastidio!”
L’omone aveva afferrato per le maniche
il ragazzo e si profuse in scuse verso Sasuke che avviò il motore a partì
sgommando, senza però distogliere lo sguardo dallo specchietto retrovisore in
cui intravide per l’ultima volta gli occhi pieno d’odio del bulletto, ma
ovviamente Sasuke non si fece impressionare, e fu allora che una lampadina si
accese nei meandri della sua memoria: il ragazzo lo conosceva eccome e si mise
a sogghignare ripensando a come aveva appena insultato il figlio del più infimo
e pericoloso criminale di tutta al capitale.
Il mondo era bello perché vario, e questa era decisamente la parte in cui si
divertiva di più; suo padre non sarebbe stato contento, ma almeno aveva avuto
la sua soddisfazione personale. Nessuno osava rivolgersi a lui con quel tono,
in particolare se c’era di mezzo la sua macchina.
Quando arrivò alla villa era già sera,
entrò in casa e trovò Itachi seduto sul divano del salone a guardare le notizie
in tv che lo salutò con un cenno del capo.
Sasuke si mise a riordinare la spesa in
frigo dopodiché si sedette accanto al fratello con un birra e ne allungò una
anche ad Itachi.
“Quanto è piccolo il mondo fratello, non puoi
immaginare chi ti ho incontrato al distributore di benzina. Kabuto, il figlio
di Orochimaru! Voleva comprarmi la macchina, quell’idiota.”
Itachi appena sentì il nome di Kabuto
si fece serio e si irrigidì come una pietra. Era proprio a causa degli
scagnozzi di Kabuto che era stato messo fuorigioco.
“Dimmi che non hai fatto niente di stupido!”
“Naaa, l’ho solo “invitato” ad andare a quel
paese…”
“Cosa hai fatto? Ma cosa ti dice il cervello!
Quando si tratta della tua dannata macchina perdi completamente il lume della
ragione!”
Itachi si alzò di scatto rovesciando la
sua birra, inveendo furiosamente contro Sasuke che si alzò anche lui a
fronteggiarlo; adorava Itachi, ma questo non significava che dovesse trattarlo
come un infante… e soprattutto non gli avrebbe permesso di insultare la sua
Mustang Sharingan.
“Ma perché ti incazzi, è solo un bamboccione
senza palle che ancora si scaccola il naso. Solo perché è il figlio di
Orochimaru te la fai addosso? Credevo di conoscerti Itachi.”
“Tu non vuoi proprio capire, allora? Il
bamboccione di cui parli non è nemmeno la metà di suo padre, è peggio!”
“Che si fotta, entrambi sappiamo che non può
trovarci né farci nulla. Siamo i migliori sul campo, per una volta che ti sei beccato una
pallottola hai già perso il tuo sangue freddo. Hai seriamente bisogno di una
vacanza!”
“Sei tu che hai bisogno di una vacanza
Sasuke. Non posso dirti tutto lo sai, ma devi fidarti di me. Sì è vero, mi sono
preso una pallottola e solo una volta è sufficiente a farti vedere le cose da
un’altra prospettiva ed è giunto il momento che te ne renda conto anche tu!”
Sasuke continuava a non capire e l’ansia
adesso prese il sopravvento sulla rabbia; cosa mai era successo per fare
preoccupare così tanto Itachi; un uomo tutto d’un pezzo, freddo come il
ghiaccio, il sicario numero uno dell’Organizzazione.
Capì in quell’istante di aver commesso
il più irreparabile degli errori, ma c’era ancora tempo, forse poteva ancora
rimediare.
“Non ti hanno seguito vero?”
“No, ho girato per vicoli diversi per più di
venti minuti ed ho percorso una strada sterrata sulla scogliera per raggiungere
la villa”
“Controlla la macchina. La prudenza non è mai
troppa!”
Sasuke mise sul tavolo la sua birra
ancora piena e sbuffando si diresse verso il garage; accese la luce e prese
anche una torcia per esaminare la sua beniamina in ogni angolo, dal motore,
alle ruote e persino sotto, notando che sotto la marmitta c’era uno strano
bullone luminoso, ma non era un bullone. Lo staccò facilmente scoprendo che era
una micro GPS con un lato adesivo a presa rapida, facile da attaccarla ad un
mezzo in movimento semplicemente lanciandolo.
“Itachi! Credo che tu avessi ragione, c’era
qualcosa sotto la mia macchina e penso
si tratti proprio di…”
Sasuke non fece in tempo a rientrare in
cucina che una mazza metallica lo colpì da dietro l’angolo in piena faccia;
crollò a terra tramortito e prima che il buio lo avvolse, scorse una figura vestita di
nero e con gli occhiali che, sorridendo, lo colpì in testa spedendolo dritto nel
mondo dei sogni.
***
Quando squillò il cellulare, Sakura era
invasa da una pila di carte che avevano invaso la sua scrivania, ma quel giorno
non aveva molta voglia di occuparsi di scartoffie; erano da poco passate le 20
ma di cenare non se ne parlava, tanta era la mole di lavoro arretrato, sperava
che tenendosi occupata le sarebbe passata l’incazzatura per essere stata
piantata in asso davanti al Cafè. Era la prima volta in un mese che accadeva,
non aveva mai mancato un appuntamento e quel giorno, di punto in bianco, ecco
che veniva scaricata come una qualunque senza nemmeno una spiegazione.
Nessuno dei due conosceva il lavoro
dell’altro, era un tacito accordo che si erano fatti fin dal primo giorno,
appena potevano era sufficiente un messaggio e si incontravano a qualunque ora
del giorno o della notte trascorrendo del tempo piacevole insieme.
Era la prima volta che provava
interesse per qualcuno, e soprattutto era la prima volta che qualcuno provava
interesse per lei; il suo lavoro non le consentiva relazioni interpersonali ed
anche se aveva già ricevuto avance dagli uomini in passato, non erano mai stati
di suo gradimento.
Questa volta però era diverso e non le
andava giù l’idea di aver preso una cantonata stratosferica.
Fortunatamente il lavoro era l’unica
cosa che non l’avrebbe tradita né ora, né mai; rispose al telefono, il capo la
richiamava a rapporto nel suo ufficio. Priorità alta.
Ecco finalmente giunta la parte più
interessante del suo lavoro; si alzò dalla sedia prima ancora di dire pronto,
ed era già sulla soglia dell’ufficio del Capo prima ancora di chiudere la
conversazione.
Un ufficio elegante e moderno, con
varie targhe alle pareti e riconoscimenti onorari e di servizio, che avevano
reso il Capo la persona più importante ed influente di tutto il dipartimento;
oltre a lei era presente anche Naruto, chiamato a rapporto anche lui in quanto
suo partner e collega in tutte le loro missioni.
“Ciao Sakura, di nuovo insieme eh? Kakashi ha
una missione importante per noi!”
“Perché non fai parlare me Naruto, ti ricordo
che in questo ufficio e in tutto l’edificio, il capo sono io”
Naruto a volte sapeva essere
insopportabile e dato che la serata sarebbe stata ancora più insopportabile, Sakura
decise che era meglio tagliare corto.
“Di cosa
si tratta?”
“Una telefonata autorevole mi ha segnalato di
alcuni traffici illeciti nella zona del porto; si tratta di una piccola banda,
probabilmente legata alla rete criminale di Orochimaru. Ho raccolto un po’ di
informazioni per voi, voglio che vi infiltrate e che vi accertiate che siano
entrambe collegate. Il vostro contatto esterno è Jiraya, riferirete
direttamente a lui. Una volta che avrete le informazioni, vi invierò una
squadra di supporto per smantellarla.”
“Accidenti capo, ma ci deve affiancare
proprio quel tossico?”
“Il tossico, come lo chiami tu è uno dei
migliori informatori della Konoha Crime Investigation. E che ti piaccia o no,
seguirai i miei ordini!”
“Kakashi, mi perdoni, ma se fosse veramente
una delle bande affiliate ad Orochimaru, non c’è il rischio che vi siano delle
spie al suo interno? Non è una delle solite indagini, il rischio è veramente
alto.”
“Comprendo i tuoi timori Sakura, ma non devi
preoccuparti. Jiraya si occuperà della vostra copertura, siete i miei migliori
agenti e su di voi posso contare. Ve la sbrigherete in un paio d’ore. Adesso
andate!”
Sakura e Naruto uscirono dall’ufficio,
direzione parcheggio sotterraneo. Kakashi gli aveva consegnato un file con una
dettagliata descrizione del porto, della banda e dell’equipaggiamento
alternativo che gli sarebbe stato fornito di rettamente da Jiraya. Non dovevano
avere niente dell’equipaggiamento ufficiale con loro, era una semplice indagine
da infiltrati.
Naruto non la smetteva di sbuffare;
aveva un appuntamento a cui non voleva rinunciare, ma il lavoro, come sempre,
veniva prima di tutto.
“L’avevamo programmata da mesi. Sicuramente
Hinata non vorrà più saperne di me”
“Hinata? Quell’Hinata? L’agente della
scientifica addetta alla balistica?”
“Eh eh… ehm… sì. Abbiamo iniziato a
frequentarci e questo doveva essere il nostro primo appuntamento ufficiale.
Pensavo di portarla a cena da Ichiraku Ramen.”
Sakura non poteva credere alle sue
orecchie; quel baka voleva portare fuori a cena una ragazza in una locanda di
Ramen?
Quella testa quadra aveva bisogno di
andare a lezione su come si corteggiano le ragazze, ma lei era le meno indicata
a dare suggerimenti al riguardo; i suoi incontri galanti si erano limitati ad
una tazza di mokaccino in un elegante Cafè del centro, ma le venne in mente una
persona che avrebbe fatto al caso di Naruto.
“Fermiamoci un momento al Loto Night Club,
prima di andare ad incontrare Jiraya. E’ lungo la strada, ci vorranno solo
pochi minuti.”
“Perché Sakura vuoi andare lì? Non abbiamo
una missione?”
“E’ per te zucca vuota. Magari potresti avere
un’illuminazione migliore che portare la tua ragazza a mangiare ramen!”
Sakura prese le chiavi della macchina
dalla tasca di Naruto e si mise alla guida, come autista era sicuramente meglio
lei di quell’imbranato, che non finiva più di blaterare a vanvera su quanto, il
ramen di Ichiraku, in realtà, fosse il migliore al mondo.
Per lo meno, anche se era un casinista,
era indubbiamente tra i migliori agenti della KCI e gli voleva un gran bene;
grazie alla sua compagnia avrebbe dimenticato per un po’ il suo corteggiatore
disperso.