Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Ashura_exarch    04/03/2015    2 recensioni
[crossover con Pokémon più orientato verso il mondo martiniano]
Westeros, 386esimo anno dopo la Conquista di Aegon. Al Tridente è stato Rhaegar a vincere e non Robert, e ancora oggi il suo discendente Jaehaerys III è al potere. Ma la morte improvvisa del Primo Cavaliere, il rinnovamento di antichi rancori derivati dalla precedente ribellione, un torneo degenerato e una minaccia sovrannaturale rischiano di annientare per sempre i Sette Regni. Come ulteriore elemento di destabilizzazione vi sono i pokemon, bestie ricercate a Westeros e comuni ad Essos. Ce la faranno i Sette Regni a sopravvivere?
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Rhaegon

Un altro giorno stava trascorrendo tranquillo - si fa per dire almeno - sulla grande Approdo del Re. La città, avvolta dalla sua stessa puzza, dal vociare dei mercanti, dai versi degli animali, dai ruggiti dei pokemon, dal cozzare delle lame, dal tintinnare dei soldi e da tante altre cose, ferveva di vita come la capitale dell'immensa Westeros doveva essere.
Le giornate si stavano facendo man mano sempre più lunghe e calde, segno della fine della primavera e dell'approssimarsi dell'estate, incoraggiando così molti degli abitanti ad uscire per strada per godersi un po' di calda aria aperta, oppure anche di andare ai moli per farsi una nuotata nelle gelide ma piacevoli acque della Baia delle Acque Nere, oppure anche sulle rive del Fiume delle Rapide Nere, la cui acqua in quel periodo scorreva meno impetuosa del solito.
A festeggiare l'arrivo imminente della nuova stagione folle di bagnanti seminudi o completamente svestiti si potevano trovare a piccoli gruppi lungo tutto il bagnasciuga. Nell'aria c'era giubilo ed erano in molti a sembrare divertiti da quell'atmosfera, anche coloro che di norma avrebbero dovuto svolgere il proprio lavoro come i marinai con le gambe nell'acqua mentre stavano seduti sui moli, oppure anche le cappe dorate della Guardia Cittadina le quali spesso disertavano le postazioni per farsi un bagno oppure per pescare nel fiume. Tutti sembravano essere felici. Almeno tutti tranne uno.
Rhaegon Targaryen non dormiva oramai da due notti, e non era più uscito dalle sue stanze nemmeno per andare alla latrina. Non accettava cibo e non si cambiava i vestiti, non lasciando nemmeno entrare nessuno nei suoi appartamenti. Pur avendo più di trent'anni si comportava ancora come un bambino capriccioso. Cosa che in un certo senso ancora era realmente.
Il principe, dopo aver ricevuto quella sconvolgente notizia, aveva deciso di ritirarsi dal mondo intero, isolandosi da tutto e da tutti. Non accettava di vedere nessuno e non rispondeva ai richiami fattigli da dietro la porta della sua camera. Tentava persino di resistere ai suoi bisogni fisiologici, anche se non con molto successo. Piuttosto che mollare tutto e arrendersi alla realtà dei fatti aveva preferito pisciarsi addosso, invece di richiedere almeno un pitale come la buona educazione avrebbe previsto.
Schifato dal suo stesso olezzo, alla fine Rhageon era stato costretto ad aprire la finestra anche perché si moriva dal caldo in quella stanza chiusa. Era come un grande forno, era giunto a questa conclusione, e non voleva certo finire lessato come i cuochi lessavano le carni degli animali giù al Fondo delle Pulci. Il caldo poi aveva acuito la puzza di pipì, costringendo l'uomo a spalancare completamente le imposte per poter respirare.
Camminava avanti e indietro davanti alla finestra, fermandosi ogni volta subito prima di toccare il letto o il suo leggio per voltarsi e riprendere a camminare. Erano due giorni che era intento a fare questo e poco altro, gettando di tanto in tanto qualche sguardo distratto al panorama fuori dalla finestra.
Nemmeno una nuvola solcava il cielo, e essendo gli appartamenti di Rhaegon sulla parte della Fortezza Rossa che dava sul mare, una fresca brezza marina soffiava costantemente su quella facciata, spazzando costantemente le pareti esterne. In basso il mare cristallino era punteggiato da velieri di ogni dimensione, anche se da quell'altezza sembravano tutti minuscoli.
All'inizio aveva osservato per un po' il panorama, ma si era presto stancato di quel paesaggio in lento mutamento. Come il bambino che era aveva preso a fare i capricci, barricandosi nella sua stanzetta e impedendo a qualsivoglia persona di penetrare nel suo piccolo rifugio segreto. Doveva ancora riprendersi dalla notizia, e aveva deciso di elaborare il lutto da solo, senza l'ausilio di nessuno.
L'ennesimo bussare alla porta di legno all'inizio sembrò non destare alcun effetto nel principe. I colpi erano leggeri e delicati, e forse Rhaegon nemmeno se ne accorse nella foga del suo camminare. Alla successiva mandata si fecero più forti, pur mantenendo una certa leggerezza e un ritmo gradevole. Era sicuramente una donna.
Rhaegon si riscosse all'improvviso, spaventato, segno che era stato colto di sorpresa. Pur avendo sbarrato la porta lui stesso aveva ancora paura che qualcuno la potesse sfondare, forse un membro della Guardia Reale, o magari uno dei suoi stessi fratelli, infuriato per il suo comportamento. Ma la voce che udì non apparteneva a nessuno di questi.
- Figlio mio, fa il bravo e apri.
Era sua madre, la riconobbe dal tono rauco e dalla voce traballante seppur autoritaria. Ma per quanto le volesse bene aveva fatto un giuramento a sé stesso e decise di ignorarla, tornando a camminare avanti e indietro facendo finta di niente.
La donna bussò un'altra volta, ma non ottenendo risposta decise apparentemente di lasciar perdere. Rhaegon esultò mentalmente pur continuando nella sua futile attività. Si lasciò scappare per sbaglio una risatina, quasi subito repressa per paura che la madre potesse essere ancora lì fuori. Cosa in effetti vera.
- Rhaegon, aprimi.
Detta con voce più bassa anche se molto più inquietante, l'uomo la udì lo stesso. Si immobilizzò e smise immediatamente di respirare. Restò a fissare la porta ad occhi sgranati, terrorizzato, come se un gigantesco Tyranitar la dovesse sfondare da un momento all'altro. Non fece il minimo movimento mentre una goccia di sudore freddo gli scendeva dai capelli per penetrare nel farsetto, strisciandogli lungo la schiena. Poi trovò il coraggio sufficiente per una debole risposta.
- N-no...
- Rhaegon.
Probabilmente aveva parlato in tono talmente basso che la lady sua madre non l'aveva nemmeno udito. Il principe rimase di nuovo spaventato da quelle parole impersonali eppure così autoritarie, e non poté fare a meno di provare ad indietreggiare. Tentativo fatto fallire dal suo stesso terrore, la cui morsa gli attanagliava il corpo facendolo diventare quasi un pezzo di marmo.
- Aprimi.
Rhaegon, sospinto da una strana forza molto più potente di lui, alla fine fu quasi costretto ad andare ad aprire. Avanzò a scatti, come cercando di rifiutarsi, ma qualcosa dentro di lui gli diceva che se non l'avesse fatto l'intera faccenda sarebbe finita molto male.
Si avvicinò cautamente alle assi di legno, togliendo quella che bloccava l'entrata. Dopodiché procedette ad aprire la porta, azione che richiese molto più tempo di quanto Rhaegon avrebbe mai potuto immaginare. La porta si aprì con un lento cigolio, rivelando gradualmente la figura leggermente in carne della lady sua madre.
Ella lo guardò non appena la visuale glielo consentì. Si guardarono negli occhi, lei con i suoi azzurri e lui con quelli violetti. Lei con i lunghi capelli castani e lui con i lunghi capelli argentei. Lei col suo fisico robusto e lui col suo smilzo. Difficilmente qualcuno avrebbe detto che erano madre e figlio, anche se così era.
A Rhaegon prese voglia di vomitare. Non ce l'avrebbe mai fatta a sostenere uno sguardo come quello della madre troppo a lungo. La regina madre Bethany poteva anche sembrare una qualsiasi nobile grassa e arrogante, ma era la sua forza d'animo e la sua fermezza che aveva evitato al reame molte grane nel corso degli anni.
Fortunatamente per lui fu la madre a prendere l'iniziativa. Ella, senza distogliere lo sguardo, avanzò verso di lui e lo abbracciò, apparentemente ignorando la puzza di piscio e la viscidità dei suoi vestiti sporchi. Non era però un abbraccio vero, quasi una cosa di circostanza, come per ribadire il loro rapporto all'interno della famiglia.
Lady Bethany si staccò quasi subito dal figlio, il quale restò confuso. La regina continuò a guardarlo negli occhi, rimproverandolo silenziosamente per i suoi capricci. Rhaegon non poté fare altro che chinare umilmente la testa, esattamente come un bravo pargolo quando finalmente capisce di avere sbagliato.
Senza dire una parola la regina lo prese per mano e lo portò di fianco al letto. Dopo che si fu sistemata lo guardò di nuovo, come ad invitarlo a fare altrettanto. Rhaegon seguì l'ordine (perché alla fine di questo si trattava) con leggera riluttanza, distogliendo lo sguardo dalla parente mentre sentiva la soffice superficie del materasso premere contro il suo fondoschiena. Cercò di ignorarla, facendo finta di guardare lo specchio dall'altro lato dell'ambiente.
Quando però la madre gli prese il mento non poté fare a meno di seguire i movimenti delle sue mani. La sua non era una presa ferrea, ma stretta abbastanza da imporre la sua autorità materna su quel figliolo particolare. Lui, pur mantenendo un visibile broncio, girò la sua testa verso quella di lady Bethany.
- Rhaegon. - esordì lei - Adesso basta. Hai fatto abbastanza capricci. Non hai risposto a nessuno, né a servi, né a ser Jared e nemmeno a Bhaela che pure è stata tanto gentile con te.
Rhaegon non rispose.
- Sei stato cattivo, sappilo. Devi imparare a superare il lutto, esattamente come ho fatto anch'io quando sono morti tuo padre e tuo fratello. Non sei più un bambino, almeno lo spero, impara ad essere uomo.
Sentir nominare suo padre e suo fratello turbò ancor di più il povero Rhaegon Targaryen. Re Jaehaemond e il principe Laerion erano gli unici ad averlo probabilmente mai capito, e se n'erano andati sin troppo presto da questo mondo. Ma Rhaegon era l'ultimogenito nato dall'unione tra Jaehaemond Targaryen e Bethany Bracken, doveva saperlo che i più vecchi - come Laerion appunto, che era il primogenito - muoiono prima. Ma se era vero che i vecchi morivano, perché sua madre, che era decisamente più anziana di suo fratello, non era morta prima di lui?
Rhaegon continuò comunque a rimanere in silenzio, non esternando nulla di quel ragionamento finale. Sapeva che sua madre era una donna rancorosa e non voleva di certo provocarla. Era anche abbastanza intelligente da aver capito che magari sarebbe potuto risultare in qualche modo offensivo.
- Capisco che fossi molto attaccato a tua zia Jaella, ma cerca di capire. Tutti prima o poi dobbiamo morire, e lei era vissuta anche fin troppo.
Rhaegon rimase scosso da queste parole. Era vero che la zia Jaella era vecchia, molto più di suo padre, di sua madre, di Laerion e degli altri della famiglia, ma non avrebbe mai immaginato - e nemmeno voluto - che morisse. Era forse la persona a cui voleva più bene al mondo, e non poteva accettare che se ne fosse andata. Al massimo sua madre se ne poteva andare, come avevano fatto tutti gli altri. Lei era cattiva, non le era mai piaciuta.
Prese ad accarezzarsi la corta barbetta argentata nervosamente, come se stesse facendo fatica a nascondere quei pensieri nefandi. Era pur sempre la propria madre contro cui stava mentalmente ingiuriando, e rinnegare i propri genitori non era decisamente una cosa bella. Ma Rhaegon questo non lo sapeva, e anche se l'avesse saputo non l'avrebbe capito.
- E' il cerchio della vita. Lo Sconosciuto arriva prima o poi per prendere la tua vita, e non ci si può opporre. Alla fine è toccato anche a Jaella, esattamente come è toccato a Laerion, a tuo padre e ai suoi fratelli. Un giorno sarà anche il nostro turno. E' inevitabile, prima o poi quel momento arriva per tutti.
Il ragionamento della regina Bethany non faceva una piega, anzi, era abbastanza ovvio per tutti che la vita dovesse andare così. Ma non per Rhaegon. Lui non era così acuto, non capiva le meccaniche della vita, e mai lo avrebbe fatto. A suo tempo il Gran Maestro Quenkal aveva detto che la mente di Rhaegon si sviluppava tre volte più lentamente del normale, e probabilmente era vero, visto che a trent'anni il principe si comportava come se ne avesse dieci.
Rhaegon lo aveva sentito dire una volta, mentre origliava una conversazione tra sua madre e il Gran Maestro. Non sapeva bene cosa volessero dire, ma percepiva non essere qualcosa di bello. Non poté fare a meno di pensare che adesso anche il Gran Maestro Quenkal era morto da alcuni anni. Se lo ricordava ancora, i lunghi capelli bianchi e la catena che portava al collo molto più grande di lui.
- Rhaegon, devi mostrare la stessa forza dei tuoi fratelli come farebbe un vero Targaryen. Non puoi ridurti così.
"Io sono un vero Targaryen!" pensò rabbiosamente. Ma in cuor suo sapeva che la madre aveva ragione, non era nulla in confronto ai fratelli. Laerion non se lo ricordava ed era tanto tempo che non vedeva Naelys, ma pensare agli altri lo faceva sentire insignificante. Bhaela era così forte e tenace, sembrava un vero guerriero nonostante fosse una donna. Jaehaerys, suo fratello il re, era forte anche lui seppur in modo diverso; quella sua postura sempre eretta e lo sguardo pronunciato gli davano un'aria solenne. Baelor invece gli faceva paura, era malvagio. Ricordava quando da piccolo lo spaventava con delle maschere bruttissime; lo odiava, e sapeva che faceva così solo perché era più forte di lui.
Gli altri invece... gli volevano bene. Jaehaemion gli ricordava tanto il loro padre e sapeva che lo amava, nonostante lo desse mai a vedere. Maera invece era sempre stata lì dopo la morte di Jaehaemond, a fargli da mamma, quasi come che la loro fosse morta. Era così dolce, Maera. L'avrebbe sposata se solo non lo fosse già stata a Baelor. "Quel bastardo" pensò con rabbia Rhaegon "Quel bastardo mi ruba sempre tutto. Lo odio!".
- Sei o non sei un drago?
Questa domanda lasciò Rhaegon interdetto per un attimo. Ci stava pensando proprio in quel momento, mentre decideva quali dei suoi fratelli meritassero il suo affetto. Era un drago come loro? O più probabilmente solo solo una lucertola?
- Io sono un drago.
Quest'affermazione stupì persino il principe stesso. Si accorse di averlo detto solamente quando vide la madre fare uno sguardo compiaciuto, anche se non troppo. Ma Rhaegon era conscio di aver mentito, non credendo nemmeno nelle sue stesse parole. Lui non sarebbe mai stato un drago, e nemmeno un pokemon. Non sarebbe mai stato nemmeno una lucertola. Che cos'era lui davvero?
- Un drago, esatto. - ripeté la regina - E i draghi non piangono. L'acqua gli fa male, è per questo che nessun drago piange, come anche fa ogni pokemon di fuoco. Nessuno di loro versa mai una lacrima, esattamente come noi Targaryen. Perché noi siamo draghi. Anche tu lo sei.
"Io piango. Io sono debole. Io non sono un drago.". Se era vero che nessuna di quelle creature piangeva, pensò Rhaegon, allora tutte le loro emozioni non facevano altro che restare imprigionate al loro interno. E ciò non andava affatto bene, rischiavano di esplodere come una casa attaccata da uno stuolo di pokemon infuriati. Rhaegon si sentiva proprio così in verità, sul punto di esplodere.
- Tuo padre e tuo fratello Laerion erano draghi, e per questo non hanno mai pianto. Anche Jaehaerys, Jaehaemion e Baelor sono draghi e non piangono. Persino Bhaela e Maera non piangono, perché anche loro sono draghi. Vuoi essere da meno?
Il principe, nonostante la sua mente semplice, non poté fare a meno di notare che la madre non aveva citato sua sorella Naelys. E lei allora che faceva? Piangeva? Non era un drago come loro? Queste domande rimasero nella testa di Rhaegon, anche se aveva una voglia matta di enunciarle ad alta voce.
- No, madre. - si limitò ad annuire.
- Molto bene. Spero che tu abbia compreso quello che volevo dirti.
- Certo, madre.
Aveva compreso che tutti, nella sua famiglia, anche i figli dei suoi fratelli, erano draghi. Tutti tranne lui. Lui non era un drago. Nemmeno un pokemon. Neanche una lucertola. Lui non era niente. Si costrinse comunque a smettere rapidamente di lacrimare per far contenta la parente, la quale annuì leggermente quando con la manica della veste si asciugò la faccia appiccicosa per le lacrime e il sudore vecchi di giorni.
- Sono contenta di vedere che mi hai capito.
Si alzò, si sistemò appena i vestiti e fece per uscire dalla stanza.
- Tra poco arriveranno dei servi per rifare la stanza, cambiarti e pulirti. Mi raccomando, non fare storie e lascia che facciano il loro lavoro. Non ti vogliono fare del male, sono stata io a farli chiamare.
Quando la regina fu uscita Rhaegon quasi riprese a frignare. Gli occhi gli divennero di nuovo lucidi e fece per buttarsi sul materasso, ma in qualche modo riuscì a trattenersi sino all'arrivo dei servi. Se davvero non era un drago almeno doveva far finta di esserlo. Glielo aveva spiegato una volta Maera, la vita è solamente apparenza. E le parole della madre gli avevano tolto qualsiasi dubbio, la sorella gli aveva detto il vero. Quindi avrebbe mantenuto la facciata di un drago, e quando loro se ne sarebbero andati... sarebbe tornato il bambino di prima.
I servi non ci misero molto a bussare alla porta. Non ottenendo risposta entrarono di loro spontanea volontà, e trovarono Rhaegon ancora seduto sul letto, intento a fissare il vuoto. Non si mosse e non scappò come di solito faceva alla vista degli estranei, rimase semplicemente seduto sul materasso, estraniato da tutto e da tutti.
Un servo provò a chiamarlo, ma il principe parve non udirlo. Al che, dovendo eseguire gli ordini impostigli dalla regina, lo prese delicatamente e lo fece alzare per portarlo a lavare, mentre gli altri rifacevano il letto e pulivano la stanza per togliere quell'orribile puzzo.
Lo lavarono lui e alcuni altri in una stanza poco lontana, la quale dava non sul mare ma sulla città sottostante. Mentre lo strofinavano Rhaegon osservò Approdo del Re in tutta la sua vastità. Immaginò quanta gente, quanti pokemon e quanti abitanti vi dovessero abitare, numeri talmente alti che la sua mente semplice non avrebbe mai avuto la forza di realizzare.
Il suo sguardo spaziò per luoghi molto diversi, dal Grande Tempio di Baelor sulla Collina di Visenya ai resti della Fossa del Drago su quella di Rhaenys. Guardò anche verso luoghi più bassi, come il Porto oppure il Fondo delle Pulci. Si ritrovò più volte a pensare come facesse il suo malvagio fratello a portare senza provar vergogna lo stesso nome del pio monarca vissuto più di due secoli prima.

Pianse solo quando i servi se ne andarono dopo averlo rivestito e riportato nella sua camera, che nel frattempo era stata pulita, rifatta ed aveva anche assunto un odore gradevole, merito di qualche unguento. Prima di abbandonarsi di nuovo alle lacrime Rhaegon arrivò quasi a complimentarsi con sé stesso per aver resistito per così all'impulso di scoppiare a piangere.
Si buttò quasi subito a peso morto sul letto, senza quasi guardare il nuovo ambiente che lo circondava. Quasi sfondò il baldacchino, ma non glie ne sarebbe importato comunque nulla. Affondò la testa tra i cuscini mentre ne afferrava un altro e se lo stringeva al petto. Non si curò nemmeno di chiudere di nuovo la porta con l'asse. Che lo vedessero piangere per il bambino che era, questa la crudele sentenza non detta, stabilita se da lui stesso o da sua madre nemmeno Rhaegon lo sapeva. Lasciò infine che le lacrime cominciassero a scorrere da sole, abbandonandosi nuovamente alla disperazione e lasciando che le proprie deboli forze venissero totalmente impiegate nello sforzo di versare le lacrime.
Mentre provvedeva a sfare nuovamente il letto scalciando di tanto in tanto e agitandosi, si mise di nuovo a ripensare a sua zia Jaella. Cioè, non era propriamente sua zia, era già la zia di suo padre, questo lo aveva imparato guardando gli arazzi quand'era più piccolo assieme alla stessa Jaella. Lei gli aveva insegnato a leggere il proprio nome ed il suo, come anche gli tutti gli altri della sua famiglia. Aveva anche provato ad insegnargli a scriverli, ma la mano di Rhaegon si era rivelata troppo tremolante per riuscire a vergare come si deve anche solo una lettera.
Se c'era qualcun'altro che voleva bene e capiva Rhaegon ancor più di suo padre e di Laerion, quella era sicuramente Jaella Targaryen. Figlia di Rhaegar il Saggio e sorella di Jacaerys il Temerario, sorellastra di Aegon il Buono e di Rhaenys la Tenace. Zia di tre re e prozia di un altro, Jaella Targaryen aveva vissuto per più di otto decadi prima di spegnersi due giorni prima nella Fortezza Rossa, all'età di ottantasei anni. Rhaegon non si ricordava mai di aver pianto così tanto.
Non gli era mai stato permesso di vedere il corpo. All'inizio si era persino rifiutato di credere che la zia fosse morta quando Maera era venuta per dirglielo. Aveva iniziato a piangere allora, con la sorella che tentava di consolarlo. Vedendo i suoi sforzi vani, Maera se n'era andata, lasciandolo sfogare. Sfogo che ancora non era terminato dopo quasi tre giorni.
L'avevano bruciata nel cortile della fortezza la sera precedente. Dovevano aver esposto il corpo da qualche parte, altrimenti non avrebbero aspettato così tanto. Rhaegon non aveva visto il rogo, solo un fumo più scuro del cielo notturno quando aveva aperto la finestra. Il vento l'aveva raccolto e l'aveva trasportato chissà dove, sul Mare Stretto.
Se c'era una cosa che il principe non riusciva a concepire era che la sua amata zia fosse finita in fumo. Le membra che un tempo si erano strette a lui, nel letto della principessa, mentre ella gli narrava le leggende e le gesta degli antichi Targaryen, come Aegon il Conquistatore, Daeron il Giovane e Aemon il Cavaliere di Drago, adesso erano semplicemente svanite nell'aria, consumate dalle fiamme, le ossa ridotte in polvere. Era pur sempre una Targaryen, e i Targaryen morti mai avrebbero conosciuto il freddo abbraccio della terra, solo le fiamme li attendevano oltre la morte.
Ma così Rhaegon non avrebbe mai potuto depositare un fiore sulla sua tomba. Non avrebbe mai avuto un posto dove ricordarla adeguatamente. Aveva persino sentito dire da uno dei servi che la sua camera da letto sarebbe presto stata occupata da qualcun altro. Rhaegon voleva morire, morire solamente per potersi ricongiungere con l'unica persona che gli avesse veramente voluto bene. Nessuno adesso gli voleva bene, nemmeno Maera. Sentiva che per lui non provava affetto, ma solo compassione.
Rhaegon voleva morire, e provò a soffocarsi sia trattenendo il respiro più a lungo che poteva che tuffando la testa contro i cuscini, premendoseli spasmodicamente contro la faccia. Ma lo Sconosciuto non arrivò.

Perse la cognizione del tempo mentre piangeva. Potevano essere passati giorni interi come benissimo pochi minuti, ma la faccia rigata dalle lacrime del principe oramai conosceva solo la superficie morbida e umidiccia dell'ormai zuppo materasso. Non avrebbe mai smesso di piangere se non avesse sentito i battiti alla porta.
Dapprima non se ne accorse, preso com'era a frignare, ma quando essi si fecero insistenti si girò senza tuttavia alzarsi. Aspettò alcuni momenti per capire se non se li era immaginati, non smettendo comunque di singhiozzare. Quando li sentì, bofonchiò qualcosa di incomprensibile che poteva suonare come un "vattene via" e si rituffò nel suo giaciglio.
Ma non smisero di bussare. Adesso Rhaegon si era veramente infuriato. Chi era che lo stava disturbando? Voleva solo piangere in pace! Se sua madre voleva che superasse il lutto almeno che glielo lasciasse fare a modo suo, facendogli finire le lacrime, e non voleva essere disturbato mentre lo faceva.
Pensando che fosse sua madre si alzò definitivamente dal letto e corse verso la porta spalancandola. Voleva urlargli tutto il suo disprezzo per lei, gridandogli in faccia di andarsene, che non la voleva, che voleva essere lasciato in pace.
Ma quando aprì la porta la persona che si ritrovò davanti non era sua madre.

Note dell'autore
Esatto, mi piacciono i protagonisti particolari. E dopo Neville di I am legend vi beccate anche Rhaegon Targaryen (personaggio inventato da me, chiariamoci, come la stragrande maggioranza di quelli che compariranno).
Chiedo scusa se ancora i pokemon non sono apparsi, ma essendo il protagonista del prologo un condannato a morte e quello del primo capitolo uno con problemi non sono esattamente il genere di persone a cui vengono fatti usare.
A presto,
A_e



  
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