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Autore: luna_storta    04/03/2015    1 recensioni
Harry Potter dopo due anni dalla morte di Tom Riddle si catapulta nel mondo dei suoi genitori e amici, avendo così piacevoli e spiacevoli rivelazioni su di loro. C'è ancora qualcosa che alla fine non quadra ma sfortunatamente sono tutti morti, quindi nessuno può dargli delle spiegazioni...o quasi.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Dopo la II guerra magica/Pace
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Odio profondamente gli “angoli autrice” e penso che non ne farò uno mai più; ma c’è una cosa che devo assolutamente dirvi.
Dunque, mi dispiace aver utilizzato tutti questi colori e so quanto la cosa possa esser trovata ridicola ma è stato fatto per una semplice questione pratica: volevo distinguere chi stesse parlando e ho trovato che, usando diversi caratteri e saltando spazi non si capisse comunque, perciò ho aggiunto la divisione in colori. Non capiterà più. O almeno, non è in programma.
Probabilmente avrei tenuto solo la divisione in diversi caratteri se solo si fosse capito ugualmente ma purtroppo quelli che EFP mette a disposizione sono tremendamente limitati e simili.
Detto ciò, un abbraccio e buona lettura.


 
Buongiorno!
 
È notte, Sirius.
 
Sara, vuoi che scriva “buonanotte”?
 
Scrivi quello che vuoi.
 
Non sorridermi così, sei inquietante! Dicevo, prima che la formica mi interrompesse…                                                                    
Buongiorno, siamo Felpato, Lunastorta, Ramoso e Sara, la formica.

 
Io a dire il vero non sono Sara, sono Maya.
 
Maya, se è per questo, nemmeno io sono veramente Ramoso!
 
Siamo i Malandrini.
Felpato sono io, Sirius Black.
Lunastorta è Remus Lupin.

 
Ramoso, quel figo di Ramoso, è James Potter.
 
Ci sono io, anche se Sirius si è dimenticato di me. Mi chiamo Maya Rosier.
 
In un buon libro è opportuno scrivere la data!
 
31 maggio.
 
Collocazione?
 
Biblioteca di Hogwarts, vicino al reparto proibito.
 
Maya dannazione scendi dal tavolo! Dobbiamo parlare del libro! Ti aiutiamo noi a cercare “il Quidditch attraverso i secoli”, ma dopo!
 
Ma la partita è domani!
 
È vero Sirius! E James gioca! Non puoi essere così poco patriottico!
 
Ti prego Sirius! È l’ultima partita dell’anno! E James gioca!
 
È vero! Io gioco!
 
E Lily sarà lì a guardarlo! Simili torti non si accettano, Sirius! Non tiferai mica per Serpeverde, vero?
 

Ma avevamo deciso che questa sera avremmo dedicato del tempo al libro! Mi importa del match ma il libro…
 
Maya, parla del libro e fai in fretta, così possiamo pensare alla partita!
 
D’accordo Remus, grazie dell’occasione.
Avete presente come si racconta una storia? Da dove si parte? Noi no. Non sapremmo definirne l’esatto inizio nemmeno volendo. Stiamo finendo il nostro primo anno ad Hogwarts e ne vogliamo scrivere una storia. Inizialmente non volevamo scrivere un bel niente, avevamo imprigionato tutto in delle boccette zuppe di ricordi. Ciò che ne sarebbe rimasto sarebbe stato solamente qualcosa di visto e di udito, totalmente privo delle nostre reali emozioni. Vedendoli, nessuno avrebbe mai saputo ciò che realmente avremmo pensato o provato ed eccoci qui, a scrivere la nostra storia. Siamo Felpato, Lunastorta, Ramoso ed io. Abbiamo incantato il libro affinché lui scriva per noi la storia e riteniamo di averne una veramente bella da raccontarvi.
 

Questo sarebbe stato ciò che avrei dovuto scrivere io, se solo la formica non mi avesse interrotto! Stavo scrivendo quando lei si è intromessa e zum-zum, si sono intromessi anche tutti gli altri! Questa pagina doveva essere chiara come l’acqua, mentre invece è diventata confusa quanto i miei appunti di pozioni!
 
Sirius, smettila di brontolare! Ti trasformo in un calice se non la smetti!
 
Fammi vedere, su! Non ti credo.
 
Sirius, perché devi sempre provocarlo?
 
Jhon, fagli vedere di cosa sei capace!
 
Stupeficium!
 
Qui le cose si mettono male! Buona lettura.
Non schiattate anche se James è uno schianto
.
 
Innerva!
 
◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊
1 settembre 1971, Kings Cross
 
«James, scrivici appena ti sarà possibile per dirci le tue impressioni sulla scuola e ovviamente la casa in cui sarai smistato! Comportati bene e facci essere orgoglioso di te! » disse freneticamente Dorea Black al figlio.
Era una donna di gran classe, sempre ben vestita e ordinata, raramente si scomponeva e quel giorno era una di quelle rare volte. Le lacrime cadevano giù e lei tentava di nasconderle, di catturarle ma erano decisamente troppe.
«Sì mamma…chi sono i lontani parenti Black di cui parlavi? » chiese il giovane.
«James non sono poi parenti così lontani! I tuoi nonni sono i suoi stessi suoi bisnonni! E ora che ci penso anche il padre dovrebbe essere imparentato…dunque…il bis… » James, a cui importava già poco, si perse e non ascoltò più nulla; solo quando la madre lo richiamò tornò alla realtà.
«James, mi stai ascoltando? Ti dicevo…è quel ragazzino là, quello con quella brutta signora di fianco…»
«Dorea! » la richiamò Charlus, il padre di James. Il figlio scoppiò a ridere e ci mancava poco cadesse per terra.
«Dovrebbe chiamarsi Regulus…Regulus Black» affermò decisa sua madre.
«Oh no Dorea, quello è il fratello! Lui dovrebbe essere Tirius…Tirius Black» la corresse il marito.
«Semmai Sirius» disse una voce alle loro spalle. Non appena sua madre vide chi aveva appena parlato sorrise raggiante.
«Bellatrix!» esclamò Dorea dipingendosi subito il viso con un sorriso.
La ragazza in questione era molto bella, aveva dei boccoli neri molto curati, folti e lucenti che le ricadevano dolcemente sulle spalle. Ad un primo impatto al giovane Potter non piacque e nemmeno al secondo. Nel suo sguardo acceso, pronto a sputare fiamme, c’era un’aria perversa che a lui non prometteva nulla di buono nonostante il suo aspetto fisico la tradisse molto. Doveva sicuramente essere una prima (e seconda) impressione sbagliata.
La madre di James spesso gli teneva delle lunghe lezioni in cui gli spiegava tutti i legami di parentela, in cui inseriva l’albero genealogico dei Black tentando vanamente di farglielo imparare a memoria. Lei doveva essere Bellatrix Black, la pronipote di sua madre e quindi, sua cugina di secondo grado. Era l’unica Bellatrix di cui James si ricordasse nell’albero.
«Bella, cara, ti credevo più grande! Non credevo andassi ancora ad Hogwarts! Perdonami, ormai la mia mente è del tutto andata…» la ragazza sorrise.
«Infatti non vado più ad Hogwarts, ho finito due anni fa. Sono qui solamente per accompagnare Narcissa per il suo sesto anno. Andromeda invece ha finito lo scorso anno» e così dicendo indicò due ragazze intente a parlottare in disparte. L’una molto simile a Bellatrix mentre l’altra con dei folti capelli biondi, alta e sottile.
Non era del tutto sicuro che a Bellatrix piacesse sua madre ma non lo diede a vedere perché era buona abitudine, da persone educate quali erano, tenere sani rapporti tra famiglie purosangue. Era un po’ come la nobiltà babbana di una volta, in fin dei conti: si finiva imparentati con tutti, praticamente.
Suo padre lo prese da una parte per parlargli, intanto che le donne erano intente a discutere della frase di Bellatrix “a breve non sarò più una Black ma una Lestrange”.
Kings Cross però non era occupata solo da quella famiglia.

 
1 settembre 1971, Kings Cross
 
La famiglia Black era interessante quanto un pagliaio. O almeno, secondo Sirius Black.
 
Contenta Maya?
Molto.
 
Sirius era sicuro che quello sarebbe stato uno dei giorni migliori della sua vita. Sapeva bene quanto la casata dei Black fosse obbligata ad essere, generazione dopo generazione, Serpeverde.
Lui voleva essere Grifondoro.
Adorava trasgredire ad ogni ordine impostogli o ad ogni singola regola: nella casa di Grimmauld Place non c’era una sola regola che lui rispettasse e dubitava profondamente di iniziare a rispettarne qualcuna ad Hogwarts.
Quel giorno lui si sarebbe liberato della sua famiglia e loro di lui. Quel giorno, la liberazione era per tutti. Sirius attendeva quel giorno da tutta la vita, ma il vero e proprio conto alla rovescia era iniziato il mese precedente quando ogni sera, prima di andare a dormire segnava con una grande croce rossa il giorno appena passato sul calendario.
Tutte le madri erano in lacrime o molto vicine ad esserlo, tutte tranne Walburga Black alla quale faceva solo piacere che suo figlio se ne stesse andando via.
 
«Sirius, ti chiederei di renderci fieri di te ma non ne saresti in grado. Tu prova a venir smistato in Grifondoro e vedi cosa ti faccio! Sarai, in qualunque modo, una enorme delusione per noi. Non saprai mai darci soddisfazioni. Confido che Regulus sappia riempire le tue mancanze » fu tutto ciò che sua madre gli disse.
In lontananza poteva vedere sua cugina Bellatrix parlare con qualcuno (non ne pareva molto entusiasta) e, non troppo distanti, Andromeda e Narcissa intente a parlottare. Li odiava tutti, dal primo all’ultimo, fattasi eccezione per Andromeda.
Sua madre e suo padre parlarono fra di loro tutto il tempo, ignorandolo completamente. Noncurante del fatto che stesse parlando con Cissy, Sirius si avvicinò ad Andromeda, la prese per il polso e la portò da un’altra parte.  
«Ehi, quando hai intenzione di dirglielo? L’hai già fatto? Era questo quello di cui stavate parlando?» la bombardò lui e la ragazza sorrise. Sirius le voleva davvero bene e lei era forse l’unica parente che gli volesse bene. Era un ragazzo difficile e poco obbediente ma sapeva anche essere delizioso se lo si sapeva prendere bene. Lei, a differenza di tutti gli altri, mai lo aveva odiato e lui era l’unico a cui lei aveva confidato il suo grande segreto: la sua relazione con un nato Babbano.
«Sirius, ho paura a farlo, devi capirmi… potrebbero diseredarmi tranquillamente. Non importa che io sia stata una Serpeverde e non importa nemmeno che io sia stata una figlia più o meno perfetta perché sono pur sempre fidanzata con…» e per dire quest’ultima cosa abbassò la voce «un nato Babbano! Per di più mi ha chiesto di sposarlo! Capisci? Ho deciso che Natale potrebbe essere il momento perfetto. Vorrei che ci fossi anche tu…ma non voglio obbligarti ad essere dove non vuoi» a quelle parole al ragazzo brillarono gli occhi.
«Ti ha chiesto di sposarlo? Magnifico! Hai accettato, vero?»
«A dire il vero, non gli ho dato ancora una risposta» affermò sconsolata.
«Tranquilla futura signora Tonks, almeno le tue sorelle non smetteranno mai di volerti bene!» disse facendole l’occhiolino e lei lo fulminò con lo sguardo.
I suoi bagagli erano già sul treno e lui era convinto di farsi strada tra le famiglie per potervi salire, stava già muovendo qualche passo quando si sentì prendere la mano e istintivamente si girò. Andromeda aveva le lacrime agli occhi e restarono tutte lì, non ne cadde nessuna. Lo guardò proprio come una madre avrebbe dovuto guardare suo figlio: con amore. Lo abbracciò e gli lasciò un leggero bacio in fronte.
Prima che lui si girasse riuscì a dire «Se non scrivi a tua madre, almeno fallo a me. Sirius, sai che mi mancherai e sapere di te mi farà stare bene» al che lui rispose con un «Lo so, fallo anche tu, Andromeda».
 
1 settembre 1971, Kings Cross
 
Alcune persone ritengono la puntualità molto importante, come un particolare molto incisivo del carattere. Alcune persone sanno essere sempre puntuali, anche a costo di mettere da parte qualcosa di importante per arrivare in orario. Alcune persone ritengono la puntualità sopravvalutata e la ignorano completamente. Alcune persone alternano l’essere in orario perfetto con l’essere in un esorbitante ritardo. Alcuni invece,  come nel caso di Remus John Lupin, sono sempre spudoratamente in anticipo tranne quel giorno, in cui pareva che tutti avessero progettato il suo ritardo.
Remus in quel giorno era molte cose messe insieme, tra cui trepidazione e felicità. Si sentiva esattamente come un ossimoro.
Sua madre era preoccupata quanto o forse più di lui, ben sapendo che mancavano solamente cinque giorni. Non aveva mai abbandonato suo figlio durante la luna piena e doverlo fare le costava molto.
Erano caduti in disgrazia quando avevano saputo che il loro caro figlio, era stato morso da Fenrir Greyback, un lupo mannaro. Inizialmente temevano che non gli sarebbe stato più permesso  frequentare Hogwarts ma, vedendoli così triste, il professor Albus Silente era riuscito a trovare delle soluzioni ottime per la salvaguardia del ragazzo e degli altri studenti. Tanto per cominciare, aveva deciso di impiantare una particolare pianta: il Platano Picchiatore per consentirgli di arrivare sino alla Stamberga Strillante dove avrebbe trascorso poi le terribili notti di luna piena. Sarebbero riusciti però a piantarlo solamente dall’anno seguente, mentre in quell’anno sarebbe dovuto andare nella Foresta Proibita. “se la caverà”, aveva detto il preside. Tutti riponevano una grande fiducia nel lupo: sapevano che sarebbe stato responsabile, tuttavia lui non ne era poi così sicuro.
Quando arrivarono alla stazione di Kings Cross riuscirono a passare nel muro tra il binario nove e dieci per puro miracolo. Sua madre riuscì a strappargli un bacio prima che il ragazzo salisse.
Aveva aspettato quel momento dalla sua nascita. Se l’era immaginato pieno di chiacchiere, baci e abbracci; ma non era stato così. Sarebbe stato così se il mondo non si fosse messo di mezzo tra loro e quella stazione. Una lacrima di orgoglio scese a sua madre quando il treno iniziò a muoversi.

 
  1 settembre 1971, Kings Cross
 
Maya Rosier si era alzata all’alba e da allora non si era fermata nemmeno un secondo. All’ora prefissata con la sua famiglia era uscita di casa, correndo, dimenticandosi addirittura del suo baule.
Ora era in stazione a Kings Cross e ancora non si capacitava di quanti maghi ci fossero.
Parlava fitto fitto con suo fratello Evan il quale, gentilissimo, l’aveva aiutata a caricare i suoi bagagli sul treno e i suoi genitori parlavano con tutte le famiglie che incontravano.
«Poi potrai far volare gli oggetti e prendere i libri senza alzarti!» disse suo fratello.
«Evan finché sarò ad Hogwarts però, a casa non potrò fino ai diciassette anni…»
«E allora? Sarà divertentissimo comunque! Per tutti i mesi in cui tu sarai a scuola io potrò solo sognarli certi incantesimi!»
«Hai ragione Evan»
«Allora, ne sai già fare qualcuno?» domandò curioso il fratello.
«Sì…» la ragazza sorrise eccitata «e non vedo l’ora di arrivare a scuola per sperimentarne qualcuno»
«Dimmene uno, ti prego!» la ragazza sorrise nuovamente.
«C’è l’incantesimo di Disarmo, è abbastanza potente ma altrettanto facile da produrre. È una delle prime cose che vengono insegnate agli studenti. Ti separa violentemente da ciò che hai in mano. Mamma ha detto che solitamente nei duelli è utilizzato per togliere la bacchetta all’avversario e che lei mai l’ha visto essere utilizzato per altro. La sua formula è Expelliarmus. Chiaramente ce ne sono molti altri di elementari ma non sono sicura della loro riuscita quanto di questo»
«Oh ti prego, mandami una lettera il primo o il secondo giorno e dimmi se ti è venuto! Cate ti prego!» la ragazza scoppiò a ridere. Sorrise poi a suo fratello e gli disse «Tutto per il mio carissimo Evanino!» e a quel punto gli occhi del ragazzo si infiammarono.
«Non chiamarmi così!» sibilò.
«Ma Evanino, perché no?» lo stuzzicò nuovamente.
Si guardarono negli occhi per qualche secondo e dopo scoppiarono entrambi a ridere attirando l’attenzione di qualche studente più grande.
Si volevano molto bene e i loro genitori ne erano fieri; sapevano di molti altri fratelli, in famiglie purosangue, che non andavano minimamente d’accordo, che si sarebbero volentieri scagliati fatture continuamente. Evan e Maya non erano affatto così e mai lo sarebbero stati.
Maya buttò improvvisamente l’occhio sul suo polso e parve preoccupata. Sua madre, che aveva finito di parlare con le altre famiglie la guardò e se ne accorse.
«Maya, tutto bene?» domandò.
«Mamma…» incominciò «in Storia di Hogwarts  ho letto che gli oggetti babbani non funzionano all’interno della scuola»
«E allora?» le domandò il padre, ancora non capendo.
«L’orologio…» disse, come se fosse una cosa ovvia.
«Oh, tesoro! Vieni con me» esclamò la madre. La portò dietro una colonna, le prese il polso, tirò fuori la bacchetta e la puntò contro l’orologio; chiuse occhi e si concentrò. Li riaprì dopo un po’ ma non sembrava fosse cambiato nulla.
«Mamma?» sua madre sorrise.
«Maya, imparerai presto non tutti gli incantesimi si possono vedere. Molti tipi di magie sono invisibili agli occhi, molti sono qui» ed indicò la sua testa «ma molti altri rimangono qui» e le indicò il cuore «ad ogni modo, ora il tuo orologio potrà funzionare anche dentro i confini della scuola»
«Grazie» e fu l’ultima cosa che le disse dietro quella colonna.
Salutò tutti e poi partì verso la felicità. Le sarebbero mancati tanto.
  
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