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Autore: Yasha 26    04/03/2015    2 recensioni
Mi volto verso la foto sul comodino e la prendo tra le mani. Ritrae me e la mamma sedute al parco, sotto una distesa immensa di ciliegi in fiore.
“La Via dei Ciliegi” l’ha soprannominato lei quel posto. E' qui che mi rifugio quando voglio pensarla, restando ore ed ore seduta sulla stessa panchina su cui era solita sedersi lei.
***
Resto immobile a terra, rannicchiata su me stessa.
Piango e prego che la sua furia si plachi in fretta, non potendo far altro.
Vedi, Hiro Watanabe? Sono queste le uniche lacrime che mi concedo ogni maledetto giorno della mia vita e che non dedicherò mai a te!
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Non la sopporto! Dannata stupida ragazzina! Per una volta che sono gentile, lei s’incazza pure!
E’ la ragazza più antipatica dell’intero liceo. Sempre sulle sue, non da mai confidenza a nessuno. Ha sempre quell’aria da “io sono superiore a voi feccia, quindi statemi alla larga”. Mi fa una rabbia! Chi si crede di essere?
E pensare che quando l’ho conosciuta, il primo giorno di scuola, mi era pure piaciuta, ma tutte le volte che ho provato a parlarle mi ha sempre snobbato, con una scusa o con l’altra.
Sciocca boriosa, presuntuosa e pure stronza! Odio essere ignorato, soprattutto quando ci faccio una figura di merda, quindi a mali estremi, estremi rimedi. Perseguitarla è il modo migliore per vendicarmi dell’indifferenza che rivolge sempre a tutti. Non l’ho mai vista fare amicizia con nessuna ragazza. È sempre da sola. Dobbiamo farle proprio schifo. Beh la cosa è reciproca! Non la sopporta nessuno, sta sui coglioni all’intero istituto. Poi, come cavolo si concia? Sembra uscita da un circo. Forse nemmeno una bagascia si concia così come lei per andare a battere. E sì che quando non si truccava era pure carina.
 
-Mi spieghi perché continui a maltrattare quella ragazza? Essere ignorato ti brucia così tanto? Che le hai combinato stavolta?- sono quasi assalito dal solito rompicoglioni, non appena rientro in classe.
Gli altri due devono aver raccontato quello che è accaduto in terrazza. Inutili cagasotto! Prima mi seguono come ombre e poi se la fanno addosso.
-Chiudi la bocca Shinji, o ti ci ficco un pugno dentro!- replico infastidito.
-Devi prima riuscirci, sono più forte di te!- sghignazza lui.
-Non sarò cintura nera come te, ma i pugni so darli, quindi taci!- gli intimo, guardandolo minaccioso.
Fare karate non lo rende certo imbattibile, come crede lui. Soprattutto quando sono di pessimo umore, quindi meglio non provocarmi.
-Non hai comunque risposto alla domanda. Perché ti diverti così tanto a maltrattarla? Le tue “vallette” mi hanno raccontato cos’hai combinato in terrazzo. Ti sembrano modi di comportarsi, stupido imbecille?!- ripete, dandomi uno scappellotto dietro al collo.
-Juro e Kenji non sono le mie “vallette”, mi rispettano solamente, idiota! Comunque non vedo cosa importi a te di quel faccio e a chi lo faccio!-
-In quanto tuo fratello maggiore m’importa eccome! Devi finirla di perseguitare quella Tanaka, prima o poi ti finirà male! Pensa se in questo momento fosse andata dal preside a raccontare che trattamento le hai riservato. Potrebbero espellerti, stupido!-
-Dannazione… non ci ho pensato.-
-Perché, sei in grado di pensare?-
-Piantala! Il fatto di avere due anni più di me non ti da il diritto di offendermi. Soprattutto considerando che sei stato bocciato già due volte!- gli ricordo, nel caso lo avesse scordato.
-Può darsi faccia schifo nello studio, ma almeno non faccio disperare mamma, come te! Se prima di parlare collegassi il cervello alla lingua, forse non faresti tanti casini. Vai a cercarla e chiedile scusa, prima che ti sbattano fuori una volta per tutte!-
-Non ci penso proprio! E poi, dove dovrei cercarla?-
-In direzione, no?! Vai e sbrigati, o preparati a non vedere più la luce del giorno e una linea Wi-Fi per anni, se ti espellono.-
In effetti, la prospettiva di essere messo in punizione, soprattutto ora che non sono più un bambino, non mi piace per niente.
-E che palle!- sbuffo, andando a cercarla, chiedendo prima il permesso al professore appena entrato.
La cerco in direzione, ma non la vedo. L’ufficio del preside è chiuso però, che sia già dentro?
-Ehi Kaede, sa se nell’ufficio del preside c’è una ragazza vestita e truccata strana?- chiedo alla segretaria, amica di mia mamma da una vita.
-Una certa Keiko, per caso?-
-Sì proprio lei.- affermo preoccupato. Quindi è davvero venuta qui. Mi sa che sono nei guai!
-E’ passata cinque minuti fa per dire che tornava a casa, non stava molto bene. Per caso la conosci? E’ una tua amica?-
-Diciamo. Ha solo chiesto il permesso per andar via?- chiedo più sollevato.
-Sì, perché? E’ successo qualcosa?-
-No no, ero solo curioso. Senta Kaede, non è che potrebbe farmi un grandissimo favore?-
-Sentiamo prima quale…-
 
Non so perché, ma ho deciso di cercarla ugualmente, anche se non mi ha denunciato al preside. Kaede mi ha firmato un permesso per uscire un’ora. Non dovrebbe essere molto lontana, quindi dovrebbe bastare. La cerco nei dintorni della scuola, finché la vedo. Noto che si è cambiata la divisa che le ho tagliato. La teneva nell’armadietto? Tipa strana!
Sta prendendo una strada diversa da quella che le vedo fare solitamente quando torna a casa. Da quello che so, vive non lontano da qui in un vecchio tempio, e non si trova certo nella direzione che sta prendendo. Dove starà andando?
La seguo, cercando di non farmi vedere. Prende strade e stradine secondarie, per arrivare infine al parco Ueno. Che accidenti c’è venuta a fare qui? Non stava male?
Si addentra per i viali alberati, dove la seguo, poi si siede su una delle panchine. Mi avvicino cauto, nascosto tra i cespugli. Resta immobile a guardare il nulla, davanti a sé, poi alza la testa per guardare interessata fra gli alberi. Che ha visto? Vi guardo anch’ io, ma vedo solo degli alberi spelacchiati che perdono foglie a causa dell’autunno.
-Mamma...- le sento pronunciare, così mi volto verso di lei, rimanendo sorpreso nel vederle gli occhi pieni di lacrime.
In questi anni ho provato in ogni modo a farla piangere, a farla cedere e ad implorarmi di lasciarla stare, ma non l’ha mai fatto. Se stamattina ha pianto è stato per un dolore non causato da me, ma dall’ustione. E questo mi fa ancora più rabbia!
-…mamma ti prego, aiutami tu, o non arriverò viva ai vent’anni anni. Ti prego, proteggimi da quel mostro ancora per un po’. Dammi la forza di resistere.- prega, in un fiume di lacrime, che mai avrei creduto di vedere.
Che significa? Non crede arriverà viva alla maggiore età? Perché? E poi a chi si riferisce con “mostro”? A me forse? Crede voglia ucciderla? No, mi sembra improbabile. Se fosse spaventata da me reagirebbe diversamente quando la maltratto, invece, quelle volte, sembra del tutto assente, come se le scivolasse tutto addosso. Non è mai sembrata intimorita da me, anzi, direi il contrario.
A chi può riferirsi allora? E poi quella scottatura? È un posto insolito su cui gettarsi maldestramente brodo bollente. Dalla spalla in giù. Teneva per caso la ciotola in bilico sulla testa? Se versi un liquido caldo ti scotti le mani, o le gambe, se ti casca la pentola, ma tutto il braccio…e poi con un’ ustione del genere perché non è andata in ospedale? Ha perfino rifiutato d’essere visitata in infermeria.
Quella Tanaka nasconde qualcosa, ed io voglio scoprire cosa! Magari trovo il modo di poterla ferire sul serio, perché le semplici offese non funzionano. Ci vuole qualcosa di maggior impatto emotivo.
Preparati Tanaka…presto sarai lo zimbello di tutto l’istituto! Così la pianterai con quell’atteggiamento di superiorità del cazzo!
Hiro…sei un genio!
 
 
Il giorno dopo, fingo non sia accaduto nulla e le dedico sempre quei tre o quattro insulti, così per non dare nell’occhio. Quando esce da scuola la seguo passo passo, spiando ogni suo movimento. Lo stesso faccio la mattina presto quando esce da casa, e così via per altri giorni.
Finora non ho scoperto nulla. Ha una vita molto noiosa. Porta il fratellino all’asilo e poi viene a scuola, quando esce va a riprenderlo e ritorna a casa. Da quello che ho capito non ha una vita sociale nemmeno fuori dal liceo, ed è strano per una ragazza della sua età. Le uniche uscite che fa sono per andare al supermercato ed in farmacia. Che ci andrà a fare così spesso nell’ultima, poi? Ogni volta esce con un sacchetto pieno di roba, ma la cosa strana che ho notato, è che cambia sempre farmacia, non va mai nella stessa. Non è che si droga di farmaci? Ciò spiegherebbe molte cose.
Ho scoperto che la madre è venuta a mancare quattro anni fa, quindi in casa ci sono lei, il fratello ed il padre, che non ho mai visto. Non l’ho mai notato entrare o uscire in nessuno degli orari in cui seguo Tanaka. Forse lavora di notte. Vuol dire mi apposterò anche la notte, magari al venerdì e al sabato visto che non c’è scuola il giorno dopo.
Devo scoprire che combinano in quella casa, perché di sicuro qualcosa succede. Me lo sento!
Forse quella pazza tiene il padre segregato in cantina, legato da qualche parte e lo picchia anche, e tutti quei farmaci serviranno per curargli le varie ferite. Oppure, cosa più credibile, è malato e lei lo cura, ma ciò non spiegherebbe il suo comportamento assurdo. La mia prima ipotesi che fosse una emo è sfumata subito, quindi perché conciarsi in quel modo ridicolo? Mi farà diventare pazzo!
 
E’ pomeriggio, quando prendo le chiavi della moto per andare a vedere cosa fa quella stramboide, quando mia madre mi chiama.
-Tesoro, stasera viene papà a cena, non uscire.- mi avverte lei.
-Col cazzo! Proprio perché quello stronzo viene, io scappo via!- dico, facendo per uscire di corsa,
-Ancora questa storia? Non essere così offensivo quando parli di lui! E’ tuo padre, e merita rispetto!- mi rimprovera lei.
-Rispetto? Parli di rispetto, mamma??? Ti ha forse “rispettata” quando ti tradiva? Ti ha per caso “rispettata” quando ti ha confessato che la sua amante era incinta? Ha “rispettato” te ed i suoi figli quando se n’è andato a vivere con quella sgualdrina? Non mi pare proprio! Quindi perché io dovrei rispettare lui? Eh?- esclamo furioso, sottolineando più volte quella maledetta parola…rispetto!
-Ciò che è accaduto tra me e lui non deve riguardarti. Non ti ha mai fatto mancare nulla anche se è andato via. Ha sempre mantenuto il suo ruolo di padre, sia fisicamente che economicamente. Capisco tu sia ferito, ma questo non giustifica il tuo odio nei suoi confronti.-
-Come puoi difenderlo? Che donna sei? Accetti il tradimento senza batter ciglio? Lo inviti anche a cena come se nulla fosse. La bella famigliola allargata. Già che ci sei, invita a cena la sua amante, magari le cose a tre vi piacciono!- sputo velenoso, beccandomi subito dopo un suo schiaffo.
-Come ti permetti? Adesso stai esagerando ragazzino! Finora ho avuto pazienza perché comprendevo il tuo dolore, ma adesso hai superato ogni limite! Da oggi le cose in questa casa cambiano. Hai finito di fare i tuoi comodi. Per cominciare stasera non esci, anzi non uscirai per un bel po’, tranne che per andare a scuola. Quando verrà tuo padre ti comporterai come si deve, sedendoti a cena con noi e conversando civilmente, o insieme le uscite dimenticati cellulare, computer, Xbox e paghetta. Sono stata chiara?- sbraita furente. Allora qualche emozione ce l’ha?! La credevo peggio del granito, data la sua impassibilità a tutto!
-Più che capirmi mi hai psicanalizzato grazie al tuo lavoro del cazzo! Se avessi svolto il tuo ruolo di madre, invece di quello di psicologa e assistente sociale, forse non saremmo a questo punto! Odio la tua passività, odio il tuo lasciarti trattare da zerbino senza obiettare mai, odio la tua indifferenza quando ne parli! Sei mia madre, accidenti! Non credi sia normale che come figlio detesti il modo in cui ti ha trattata? Non dico tu debba lanciargli i coltelli quando lo vedi, però mi è inaccettabile vederti seduta allo stesso tavolo con lui a conversare amabilmente come se nulla fosse, quando sai che finito qui tornerà tra le braccia della sua amante e della nuova famiglia che ha creato con lei. Ok la civiltà, ma tu esageri! Vuoi togliermi tutto? Fallo, ma io continuerò a detestare l’uomo che mentre ci sorrideva come se fosse felice di stare con noi, si scopava una ragazzina con la metà dei suoi anni, mettendola pure incita. Fingi pure che tutto questo sia normale mamma, ma non chiedere a me di fare altrettanto!- replico, ignorando le sue urla ed uscendo ugualmente.
Fanculo anche lei!
Come fa a sopportare una situazione del genere? La bella famiglia del cazzo! Apparenze che sono più importanti da mostrare, rispetto ai propri sentimenti!
La odio! Esattamente come odio mio padre! Ha rovinato la nostra famiglia, se n’è andato di punto in bianco, dicendo che aveva una nuova famiglia a cui pensare. Già… e quella vecchia? Non serviva più ovviamente.
Mamma dice che non ha mai fatto mancare la sua presenza come padre. Certo, venire a cena al fine settimana vuol dire fare il padre?! Dov’è quando Shinji ha i tornei regionali di karate? Dov’è quando organizzo delle serate per suonare la chitarra elettrica, che LUI ha insistito per comprarmi? Dov’è quando la scuola organizza feste in cui si porta la famiglia? Dov’è per le festività? Dove cazzo è quando ho bisogno di un suo consiglio come uomo? Semplice, con la sua nuova famigliola felice e le sue due nuove figliolette. Noi non contiamo più, tranne che per una cena.
Sfreccio veloce con la mia inseparabile moto, attraversando la città ed ignorando anche i semafori. Almeno questo mi rilassa un po’.
È già buio da un pezzo, vediamo che fa la sfigata. Pensare a come maltrattare quest’altra invertebrata è l’unica soddisfazione che ho. Pure questa Tanaka, come può sopportare tutto quello che le faccio senza batter ciglio? Le donne stanno diventando tutte prive di carattere? Troverò il modo di farla piangere davanti a tutti, questo sfizio non me lo toglierà nessuno. Devo solo trovare il suo punto debole e sarà fatta!
 
Che palle! Ho passato diverse ore a spiare la casa di Tanaka, ma non ho notato alcun movimento strano, tranne quando lei è uscita a gettare l’immondizia. Così, con le scatole piene, me ne ritorno a casa.
È tutto buio e silenzioso. Temevo avrei trovato mia madre alzata ad aspettarmi per farmi la ramanzina.
-Dove sei stato finora?- chiede Shinji sbucando dalla sua stanza.
-In giro.- rispondo vago.
-Hiro, sono le tre di notte! Cosa combini a quest’ora?-
Ok, ho sbagliato persona, non è mamma a farmi la predica, ma mio fratello.
-Né bevo né mi drogo se è questo che pensi, credo si noti dalla mia lucidità, no?- gli faccio notare scocciato.
-Vero. Allora mi spieghi che fai?-
-Te l’ho detto, solo un giro per schiarirmi le idee.-
-Va bene, ho capito. Vedi di non combinare guai, intesi?- raccomanda perplesso.
-Sì sì, ho capito!- sbuffo spazientito.
-Papà c’è rimasto male quando non ti ha trovato.- mi informa, senza che nessuno gli abbia chiesto nulla.
-Sapessi quanto me ne importa!- alzo gli occhi al cielo, infastidito dalla notizia non gradita.
-E neppure di nostra madre t’importa? Quando sei andato via è scoppiata in lacrime per le cattiverie che le hai detto. Non avresti dovuto.- mi rimprovera severo.
-Lei ha ciò che ha voluto. Si trova in questa situazione perché lo vuole lei.-
-Non è giusto farglielo pesare così!-
-Così come non è giusto che mi costringa a fingere di volere papà nella mia vita. Lui non vuole me, ed io non voglio lui. Semplice no?- ribatto irritato.
-Ti sbagli Hiro! Non è affatto così!- insiste, provando a convincermi.
-Senti, ho sonno, vado a dormire. Notte!- lo saluto defilandomi subito, così da non dovermi subire ancora la paternale da lui.
Non m’importa se mancavo al mio caro paparino. Anzi, forse capisce che si prova quando aspetti qualcuno che sai non verrà!
Mi butto a letto, distraendomi e pensando ad una strategia per avvicinarmi a Tanaka in altri modi diversi dal pedinamento, o non arriverò mai a nulla.
Penso e penso, ma non mi viene in mente nulla, oltre al sonno. Continuerò a pensare domani mi sa.
 
-Che peccato, oggi Tanaka non è venuta. Strano da parte sua che non salta mai un giorno. Avevo voglia di divertirmi un po’.- sbuffa Juro al mio fianco, mentre osserviamo le ragazze giocare a palla a volo.
Passatempo decisamente migliore che correre con gli altri e stancarmi inutilmente.
Comunque è vero, quella tipa non ha mai saltato un giorno di scuola. Che avrà avuto da fare per non venire? Ho tutta l’intenzione di scoprirlo!
-Ehi capo, dove vai?- chiede l’altro imbecille, Kenji, quando vede alzarmi.
-Vi ho detto e ripetuto che non sono il capo di nessuno, idioti!- sbotto irritato, andandomene senza dare spiegazioni. Non vedo perché dovrei.
Passo da Kaede fingendo un forte dolore allo stomaco e chiedendo di potermene andare. Ottenuto il permesso mi precipito a casa della stramba. Mi apposto dietro un grosso albero del suo giardino quando la vedo uscire da casa. Fa qualche passo, per poi arrivare ad una panchina, su cui si siede. Sta parlando con qualcuno al telefono e tiene una busta di piselli congelati sulla testa. Avrà sbattuto? È per questo che non è venuta a scuola oggi? Per una leggera botta alla testa?
-Yoko, tranquilla. Non ho bisogno di nessun dottore. Ti ho detto che sto bene.- dice, togliendo dalla fronte la busta e rivelando una grossa chiazza violacea.
Deve aver preso una bella botta mi sa.
-Sì, lo so anch’ io, ma non posso, lo sai…- sospira, come rassegnata.
Ora che la guardo meglio, vedo che non ha un filo di trucco. I capelli sono raccolti in un’alta coda che le lascia libero il viso, sempre coperto da essi. Ha un viso che sembra di porcellana. Gli occhi, senza tutta quella matitaccia nera, mostrano delle splendenti iridi azzurro/grigio, che non avevo mai notato. Sembra un’altra.
E’…è…davvero bella!
Ma siamo sicuri che sia la stessa Tanaka che sta ogni giorno in classe con me?
Non ho più seguito la sua conversazione tanto ero preso dal guardarla. Accidenti! Chiude la chiamata e poggia il telefono sulla panchina in legno.
-Sorellina! L’acqua bolle!- la chiama quello che riconosco essere suo fratello.
-Eccomi!- risponde alzandosi e rientrando in casa. Noto che ha scordato il cellulare sulla panchina. Mmmh…come non approfittarne?
Lo prendo e scorro sulla rubrica per vedere che numeri ha, ma la trovo quasi vuota. Ha solo il numero della scuola, dell’asilo, del fisso di casa e di quella Yoko con cui parlava. E quello del padre? Dei nonni? Della famiglia in generale? Amici, anche solo conoscenti? Non parla con nessuno quella ragazza? E’ ancora più stramba di quello che credessi. Asociale fino al midollo!
Dal suo cellulare digito il mio numero e mi chiamo, così che mi rimanga memorizzato. Poi, non so perché e cosa mi spinga a farlo, memorizzo il mio numero nella sua rubrica. Potrei chiamarla in modo anonimo per romperle le scatole, però, preferisco veda il mio numero, non voglio certo nascondermi.
Stando attento che non corra a riprendersi il cellulare, entro nella gallerie delle foto, ma quella che vedo sullo schermo non sembra neanche lei. C’è una ragazza sorridente, con in braccio un bambino che l’abbraccia felice. Non l’ho mai vista sorridere da quando la conosco. Sono quasi tutte foto con lei ed il fratellino. In alcune è truccata, in altre no. Ci sono foto anche di una ragazza, suppongo sia Yoko. Scorrendo ancora le foto ci sono immagini di una donna molto bella, dall’aria dolce e amorevole, la madre immagino, ma ancora nessuna del padre. Non è che è morto anche lui e la sfigata non ne denuncia la morte per non finire in un istituto? Magari lo tiene dentro al congelatore, come nei film. Questo è da scoprire assolutamente!
All’improvviso il cellulare inizia a suonare tra le mie mani, mostrando la scritta “casa”. Forse sta cercando il cellulare chiamandosi col numero di casa per sentirlo squillare. Lo riposo sulla panchina e mi nascondo nuovamente, finché non la vedo correre in giardino.
-Ecco dove l’avevo lasciato. Potevo anche mettere sottosopra casa, non lo avrei trovato di certo.- dice, mettendoselo in tasca e rientrando.
Guardo il suo numero sul mio cellulare. Sarà molto divertente da adesso in poi!
 
 
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Oggi sono costretta a restare a casa. Ho un mal di testa atroce.
Anche ieri sera, per cambiare, papà se l’è presa per qualche sciocchezza. Pur non avendomi propriamente picchiata, mi ha dato uno spintone che mi ha fatto perdere l’equilibrio, finendo col battere la testa contro il bracciolo della poltrona. Fortuna che non sono finita addosso al tavolino di vetro poco più avanti e che non fosse qualcosa di spigoloso, o non sarei più tra i vivi. Però la botta ha fatto male ugualmente, accidenti! Non ho chiuso occhio e sono mezza morta di sonno.
Ho fatto restare in casa anche Daiki. Non me la sento proprio di uscire. Però, già che sono a casa di mattina, potrei chiamare Yoko. Mi manca. A causa del fuso orario non ho mai tempo di sentirla se non la domenica.
Quando mi ha detto che i suoi genitori dovevano trasferirsi a Los Angeles, mi sono sentita smarrita. Allontanarmi dalla mia migliore amica è stato il secondo dolore più grande dopo la morte di mamma. Solo i Kami sanno quanta solitudine provo da quando se n’è andata. Era come mia sorella. Era un gran conforto averla vicina.
Comunque basta pensieri tristi su! Che ore saranno in California adesso? Qui sono le undici del mattino, meno diciassette ore di fuso orario… da le sono le sei di sera. Perfetto! Inoltro la chiamata.
-“Keiko! Che succede? Tutto bene? Dove sei???”- risponde ansiosa al secondo squillo. Che velocità, ma sta col telefono dietro???
-Ehi, ciao anche a te amica mia. Sono felice anch’ io di sentirti.- ironizzo divertita, mentre le sento tirare un sospiro di sollievo alla mia battuta.
-“Non è divertente! È insolito sentirti durante la settimana! Ci sentiamo solo la domenica. È normale mi preoccupi sentirti di mercoledì. Non sei a scuola?”-
-Lo so hai ragione scusa, non volevo prenderti in giro. Comunque no, sono a casa oggi. Ho un po’ di mal di testa, così ne ho approfittato per sentirti.- le spiego, mettendo su l’acqua per preparare il pranzo.
-“Mal di testa? Causato da cosa stavolta?”- chiede con voce nuovamente preoccupata.
-Bracciolo della poltrona. Mi è andata bene tutto sommato, ho solo un livido sulla fronte. Sono atterrata sul morbido!- scherzo per sdrammatizzare, mentre prendo un pacco di piselli surgelati per darmi un po’ di sollievo dal dolore. Il ghiaccio l’ho finito tutto ieri sera.
-“Hai battuto la testa? Keiko, devi correre in ospedale! Potrebbe essere pericoloso.”- esclama allarmata.
-Macché…è solo un bernoccolo. Sparirà in due o tre giorni, non preoccuparti.- la rassicuro guardando il giardino assolato, dalla finestra della cucina.
Ho voglia di prendere una boccata d’aria. Tanto al tempio non viene mai nessuno. I cento gradini da fare per salire qui su pesano troppo ai fedeli. Buon per me che non ho bisogno di agghindarmi come al solito.
-“Invece insisto che è meglio se vai in ospedale! E se il mal di testa fosse dovuto da una commozione? Devi farti visitare!”-
-Yoko, tranquilla. Non ho bisogno di nessun dottore. Ti ho detto che sto bene.- le ripeto sedendomi su una panchina del giardino.
-“Ma se sei rimasta a casa per il mal di testa vuol dire che è forte. Ci sei andata anche con mezzo braccio ustionato senza fare una piega! Anche se era qualcosa di relativamente morbido potresti esserti fatta più male di quello che pensi. La testa è delicata Keiko.”- insiste preoccupata.
-Sì, lo so anch’io, ma non posso, lo sai.-
-“So solamente che quella bestia finirà con l’ucciderti…ed io non sono lì ad aiutarti!”- dice con voce incrinata.
-Mi aiuti eccome Yoko. Anche se non sei qui, mi aiuta sentirti e sapere che mi vuoi bene. Per quanto riguarda lui…tranquilla, so difendermi.- mento per tranquillizzarla.
Sì, posso difendermi, ma fino ad un certo punto. La sua forza non è nemmeno paragonabile alla mia che sfiora lo zero spaccato.
-“Come vorrei venire a prendere te e Daiki e liberarvi da quell’essere!”-
-Mi basta sapere che i tuoi saranno disposti ad ospitarci quando sarò maggiorenne. Tranquilla che me la cavo amica mia. Presto mi avrai tra i piedi a chiederti di farmi visitare la famosissima città degli angeli.-
-“Ed io sarò felicissima di farti da cicerone!”-
-Ora ti saluto Yoko. Vado a preparare il pranzo. Speriamo che quel folle rientri più tardi possibile.-
-“Ok Keiko. Ci sentiamo domenica?”-
-Non devi nemmeno chiederlo, ovvio che sì. A domenica.- chiudo dopo gli ultimi saluti.
Devo tenere duro e aspettare. Poi la mia vita cambierà, lontano da qui, lontano da lui, lontano da Watanabe e da tutti quelli che mi danno il tormento.
“Pazienza…prova ad avere solo un po’ di pazienza, abbi solo un po’ di pazienza” cantano i Take That. Ed io devo farmi forte di questa…la pazienza!
-Sorellina! L’acqua bolle!- mi chiama Daiki.
-Eccomi!- rispondo rientrando per cuocere le verdure per il pranzo.
Poco dopo cerco il cellulare per vedere che ore sono, ma non lo trovo. Dove l’ho lasciato? Mi arrendo dopo dieci minuti di ricerche, così decido di farlo squillare, chiamandomi col telefono di casa. In giro non lo sento suonare, com’è possibile se l’avevo tra le mani fino a poco fa? Poi finalmente un’illuminazione.
-Ecco dove l’avevo lasciato. Potevo anche mettere sottosopra casa, non lo avrei trovato di certo.- dico a me stessa, prendendo il cellulare dimenticato sulla panchina e rientrando.
 
Per fortuna papà non si è fatto vedere tutto il giorno. Sono le nove di sera e decido di farmi un bagno per rilassarmi. Il mal di testa c'è ancora, ma domani andrò comunque a scuola. Non mi piace assentarmi.
Nemmeno il tempo di infilare un piede in acqua e il cellulare squilla. E chi sarà mai a quest’ora? Yoko non di certo. Corro a leggere sul display e quasi mi viene un colpo per il nome che vi leggo.
-TUUUUU! Come accidenti fai ad avere il mio numero? Ma soprattutto…perché accidenti il tuo numero è memorizzato sul mio cellulare????- sbraito furiosa.
Quando ha messo le mani sul mio telefono? E perché non me ne sono accorta prima? Lo avrei visto in rubrica stamane, quando ho chiamato Yoko.
-“Ehi, ciao cozza! Non dovresti lasciare il cellulare incustodito. sai?! Il mondo è pieno di maniaci.”- sghignazza divertito, lo stronzo.
-Watanabe, cancella subito il mio numero!- gli urlo incazzata nera.
Adesso inizia a scocciarmi seriamente! Più lo ignoro e non gli do corda, peggio sembra essere! Adesso mi tormenta pure per telefono! La cosa peggiore è che se ha messo mano sul mio cellulare…è stato qui! Mi avrà vista senza trucco?
-“Perché dovrei cancellarlo? L’ho preso proprio per romperti le scatole.”- dice tutto soddisfatto.
-Peccato per te che io possa semplicemente spegnere il telefono e mandarti al diavolo! Smettila di tormentarmi, accidenti!-
-“Oh oh…ma come mai così intraprendenti stasera? Sei sempre un agnellino quando mi stai davanti, e per telefono mi diventi aggressiva? ”-
-Ti faccio notare che a scuola stai sempre accompagnato dai tuoi leccapiedi. Io da sola cosa potrei fare?-
-“Piantala Tanaka! Tu non reagisci perché non vuoi, non perché ci sono gli altri. Anzi, a volte mi viene da pensare che ti piaccia essere maltrattata, magari sei masochista.”- se la ride nuovamente il babbeo.
-Certo! La mattina mi alzo con la voglia delle tue vessazioni, Watanabe! Visto che è così che la metti, domani ci facciamo quattro chiacchiere. Non permetterti mai più di venire a casa mia. Oltre che teppista sei diventato anche stalker vedo, ma fintanto che si tratta di me ok, ma a gironzolare a casa mia non ti ci voglio!- sbraito fuori di me.
Qui non deve venirci! Questo bastardo sarebbe capace di spiattellare tutto quello che succede, mettendomi in guai seri per il puro piacere di farmi del male. E’ la guerra che vuole? L’avrà!
-“Nascondi forse qualcosa, Tanaka? O non capisco il perché di tanta rabbia così tutto di botto.”- sostiene furbo.
Maledizione a me e al mio caratteraccio!
-Non nascondo nulla! Semplicemente non voglio averti tra i piedi anche a casa, mi basta ed avanza a scuola.- provo a spiegare.
-“Non me la dai a bere. Tu nascondi qualcosa, sfigata, ed io ho tutta l’intenzione di scoprire cosa.”- afferma serio, abbandonando l’aria da buffone avuta finora.
Non so più che rispondere. Mi ha presa alla sprovvista. Senza pensarci due volte gli chiudo il telefono in faccia. Mi ha scoperta! Sa che nascondo qualcosa e non mi darà pace finchè non scoprirà cos’è.
Come faccio adesso? Che faccio???
 
 
-Watanabe!- lo chiamo minacciosa appena entro in classe, dirigendomi spedita verso il suo banco.
-Cozza, vuoi un anticipo di quello che ti darò alla pausa pranzo per aver osato sbattermi il telefono in faccia?-
-Non mi fai paura, pallone gonfiato! Finora ti ho sopportato, ma adesso mi hai scocciato. Cancella il mio numero di cellulare e soprattutto non avvicinarti mai più a casa mia!-
-Sennò? Mi picchi? Che paura!!!- mi sbeffeggia, facendo ridere tutti i presenti.
-Non uso la violenza come invece fai tu, ma la gente potrebbe pensare che lo fai perché ti sei innamorato di me…non credi?- sostengo furba, colpendolo sul vivo.
Ferire il suo orgoglio vale più di ogni violenza fisica. Questo è ciò che ho capito di questo ragazzino viziato che non vuole altro che attirare attenzioni su di sé. E come avevo supposto, i suoi occhi diventano furiosi, fulminandomi con collera.
-Maledetta puttana!- esclama alzandosi di scatto e facendo cadere la sedia, afferrandomi velocemente per il collo. Ok, forse mi sono lasciata andare troppo, presa dalla rabbia di saperlo troppo vicino a me.
Con una forza che non credevo avesse, mi stende di schiena sul banco, stringendo il mio collo con una mano sola. Ha la mano decisamente più pesante di papà.
-Osa mancarmi un’altra volta di rispetto, come oggi, e non vedrai l’alba di domani.- ringhia minaccioso ad un soffio dal mio viso -Mi schifa anche solo l’idea di averti accanto, figuriamoci pensarti come innamorata. Non devi nemmeno scherzarci su, capito, brutto scorfano?!-
La sua mano non stringe molto, non vuole soffocarmi, solo spaventarmi, ma ci sta riuscendo benissimo, così non mi resta che annuire solamente, sconfitta ancora una volta da qualcuno più forte di me. Alla mia resa molla la presa, lasciandomi finire seduta per terra a riprendere quel po’ di fiato di cui mi aveva privata. All’arrivo del professore sono già seduta al mio banco, a testa bassa e a massaggiarmi il collo. Almeno questi segni al collo non dovrò coprirli avendoli visti tutti.
La giornata sembra essere più lunga del solito. Quando le lezioni finalmente finiscono, mi fiondo per strada per riprendere mio fratello dall’asilo, ma per tutto il tragitto i miei occhi non fanno che piangere. Non tanto per Watanabe, ma perché non sono affatto in grado di difendermi, né da lui né da mio padre, e questo mi fa rabbia!
Vorrei tanto avere la forza che ha quel dannato e picchiarci papà, sbatterlo fuori casa e dirgli di non farsi mai più vedere. Solo allora potrei ritornare ad essere “normale”, senza trucco, vestiti strani e carattere asociale, e forse gli altri proverebbero un po’ più di rispetto per me, lasciandomi quantomeno in pace, ma non ne sono in grado, non ne ho la forza. Sono una stupidissima e debole femmina incapace anche solo di dare uno spintone.
 
I giorni passano sopportando le angherie di Watanabe a scuola e le batoste di mio padre a casa. Non ho più un attimo di tregua. Mi sembra mi manchi il respiro. Le mie forze iniziano a vacillare. Se prima, con Watanabe, erano casi sporadici, adesso i suoi soprusi sono diventati giornalieri.
Sono sfinita, mentalmente e fisicamente. Spesso me lo ritrovo dietro, a spiarmi per capire cosa nascondo. Non so più che fare. Sono esasperata! Morirò di infarto così!
-Ehi sfigata! A fare spesa?- sento provenire alle mie spalle, proprio dalla sua fastidiosissima voce.
Parli del diavolo…
Non gli rispondo nemmeno e mi avvio fuori dal supermercato dopo aver pagato.
-Cos’hai comprato di bello? Fammi vedere!- dice, togliendomi il sacchetto dalle mani.
Ormai è una persecuzione. E non posso nemmeno protestare.
-Ma che schifo! E’ solo verdura!- si lamenta, rimettendomelo bruscamente tra le mani.
Già, solo verdura, solo questo posso permettermi.
-La verdura fa bene Watanabe. Soprattutto al cervello. È un male che non ti piaccia.-
-Stai insinuando che sono un idiota?- dice bloccandomi per un braccio. Però, la battuta l’hai capita imbecille. Così scemo non sei allora.
-La mia era solo un’osservazione. Se hai la coda di paglia non è colpa mia. Lasciami, devo andare a casa.- dico provando a liberarmi.
-Non fare la saputella con me, mocciosa. Non sono stupido come credi. Quindi stai buona e non provocarmi se non vuoi farmi arrabbiare.- minaccia nuovamente, lasciando la presa del mio braccio e continuando a seguirmi.
-Hai intenzione di seguirmi fino a casa mia?- chiedo esasperata.
-Può darsi…- risponde vago.
Quanto lo odio!
Ci fermiamo ad un semaforo, rosso per i pedoni, aspettando scatti il verde, ma ogni volta ci vuole un’eternità in questo tratto di strada.
Sbuffo, guardandomi in giro, poi il mio sguardo si ferma sulla lucetta rossa del semaforo, che guardo come ipnotizzata. Mi ricorda tante cose, prima tra tutte la luce delle sirene delle ambulanze che osservavo ogni giorno dalla finestra della camera d’ospedale di mia mamma. Purtroppo la sua camera era vicina l’entrata del pronto soccorso.  Ricordo che mi diceva che di notte non riusciva a dormire, oltre che per il suono assordate delle sirene, era la luce che entrava ad infastidirla maggiormente. Come avrei voluto portarla via da li. Nella mia fantasia da ragazzina, immaginavo di portarla nel suo posto preferito, e di lasciarla spegnersi sotto i suoi amati ciliegi, ma papà me lo ha impedito. Era lui a comandare, esattamente come ora.
-Tanaka!- mi sento chiamare, abbandonando i miei pensieri, mentre il clacson di un’auto mi si avvicina rapidamente.
Mi volto appena, ritrovandomi non so come per strada, con una macchina che avanza verso di me a folle velocità. Neanche il tempo di realizzare il tutto che mi ritrovo stesa per terra, sul petto di Watanabe, ma che accidenti…
-Sei impazzita? Che diavolo ti è saltato in mente, razza di stupida! Non hai visto che era ancora rosso?- mi sbraita contro, mettendosi seduto. Lo guardo confusa, ma che è successo? Perché ero per strada?
Mi osservo stesa sul marciapiede, con la gente intorno a noi che guarda e mormora, finchè non scatta il verde ed ognuno va per la sua strada.
-Ehi, mi hai sentito? Parlo con te, imbecille!- continua ad urlare, strattonandomi per un braccio.
-Perché…ero per strada?- chiedo ancora confusa.
-E lo chiedi a me?! Ad un tratto ti sei messa ad attraversare col rosso. Se non ti avessi afferrato appena in tempo, quell’auto ti avrebbe investita. Controlla che sia verde prima di passare, dannata! Mi hai fatto prendere un colpo!- spiega terribilmente arrabbiato.
Assimilando quello che ha detto, cioè che stavo passando tranquillamente credendo fosse verde, un dubbio mi assale…
-Io…sapevo che c’era ancora il rosso…- mi dico ad alta voce, realizzando così la gravità del mio gesto.
-Tu…cosa???- esclama ancora più furioso, ma poco mi importa.
Il cuore inizia a galopparmi veloce nel petto. La gola sembra stringersi improvvisamente. Che stavo facendo? Che cosa stavo per fare?
Fiumi di lacrime mi appannano la vista. Watanabe parla ma io non lo sento. Non mi interessano le sue imprecazioni. Voglio solo fuggire. Fuggire via da qui. Ed è ciò che faccio. Mi alzo e scappo via, correndo ad una velocità che non sapevo mi appartenesse.
Stavo per lasciare Daiki da solo. Mia madre non mi perdonerà mai…e nemmeno io!
 
 
                                                                    *********************
 
 
Sono ancora immobile, fermo come uno stoccafisso a guardare il punto in cui è fuggita. Che accidenti è successo?
Era ferma accanto a me ad aspettare il verde, quando l’ho vista scendere il marciapiede e camminare con tranquillità verso la strada. Mi è balzato il cuore in gola quando ho visto quell’auto arrivarle quasi addosso, ed è stato istintivo afferrarla per un braccio e tirarla via il più velocemente possibile, finendo insieme per terra.
Perché tanta premura per salvarle la vita? Che importa a me? Senza contare che potevo restarci secco anch’io se non fossi riuscito a tirarci via in tempo, ma vederla lì, mi ha attanagliato lo stomaco. Ciò che è peggio, è quello che ha detto: lei sapeva che c’era ancora il rosso. Ciò vuol dire che lo ha fatto volontariamente? Voleva uccidersi? No, non posso crederlo. Per quale motivo dovrebbe farlo?
Tutto questo non fa altro che incuriosirmi sempre di più!
Guardo a terra e vedo la busta della spesa. Per fuggire non l’ha neppure presa.
Mi è appena venuta una bella idea!
 
 
-Sì? Chi è…tu, Watanabe???- esclama dopo aver aperto la porta.
-Hai dimenticato questa.- le mostro subito la borsa della spesa.
-Ah…ti ringrazio. Sei stato…gentile.- dice prendendola perplessa.
-Chi è sorellona?-
-Nessuno Daiki. Sto venendo, aspettami.- dice al fratello.
-Non credi che meriti almeno un ringraziamento per averti salvata?- affermo, facendomi largo ed entrando a forza in casa, mentre lei è distratta dal fratello.
-Ehi! Chi ti ha dato il permesso di entrare in casa mia? Esci subito!- strilla furiosa, ma la ignoro e gironzolo per il soggiorno.
-Mi hai sentito Watanabe? Fuori!- insiste ancora.
-Sorellona perché gridi?- chiede suo fratello sbucando dalle scale.
-Ciao piccoletto!- lo saluto.
-Ciao! Sei un amico della mia sorellona?- chiede interessato, correndomi incontro.
-Ehm…diciamo. Tu sei Daiki, non è così?- gli chiedo abbassandomi alla sua altezza.
-Sì sì. E tu come ti chiami?-
-Hiro.- rispondo sorridendogli.
Mi sarebbe piaciuto avere un fratello più piccolo, peccato mio padre abbia fatto delle inutili femmine, e con un’altra donna per giunta!
-Bene, ora che le presentazioni sono finite vai via!- ritorna alla carica la sfigata.
-Sai Tanaka, mi è venuta fame. E visto che ti ho riportato la spesa, ed affermi che le verdure fanno bene al cervello, potresti anche sdebitarti invitandomi a cena, non credi?- la provoco, autoinvitandomi.
-Che cosa? Ma come ti…-
-Sì sì che bello! Fai restare il tuo amico sorellona! Almeno non siamo soli per mangiare.- la interrompe il fratello.
-Se  torna papà però…-
-Lui non c’è…dai…- insiste ancora il fratello.
-Non dirmi che non sai cucinare Tanaka, e hai paura di farci una figuraccia.- la punzecchio ancora e beccandomi un’occhiataccia.
-Sorellona ti prego!-
-Ti odio Watanabe!- mima con le labbra prima di allontanarsi in cucina con la spesa.
Chi tace acconsente, no?
 
 
-Però, sai che cucinate così, le verdure non sono affatto male? Quasi quasi direi che mi piacciono.- ammetto  sincero, mangiandole senza la solita nausea. Evidentemente è mia madre che le cucina da schifo.
-Davvero? Che bello…mi sento realizzata adesso!- ironizza guardandomi con sguardo truce.
-La mia sorellona è bravissima a cucinare. Solo che possiamo mangiare solo verdure perché non ci sono i soldi per la carne o per il pesce.- rivela il fratello, lasciandomi sorpreso.
Non hanno soldi? Il padre non lavora forse?
-Daiki! Non si dicono queste cose agli estranei!- lo rimprovera con tono aspro la sorella. Il bambino la guarda dispiaciuto, per poi abbassare lo sguardo alla sua ciotola. Era necessario urlargli contro così?
-Scusami sorellona. Non lo faccio più.- dice quasi in lacrime.
-Ehi piccoletto, non piangere. Non fare caso a tua sorella, le gira sempre male. Tieni questa, quando si è giù non c’è niente di meglio della cioccolata.- gli dico passandogli una barretta di cioccolato che avevo in tasca.
-Davvero? Posso prenderla?- chiede prima guardando me, poi sua sorella.
-Sì, puoi prenderla.- acconsente lei, sospirando.
-Grazie Hiro-chan! Ti voglio tanto bene!- esulta, correndo ad abbracciarmi. È felice per così poco? E poi come diavolo mi ha chiamato??? Lo vedo correre a sedersi in salotto per godersi la sua cioccolata, come se fosse qualcosa di raro che merita tutta la sua attenzione, mah.
-Grazie…- dice gentile la sorella, per poi alzarsi a sparecchiare.
-Per cosa? Per averti salvato la vita, la cena o per la cioccolata?- chiedo curioso ed ironico.
-Per tutti e tre!- sbuffa, alzando gli occhi al cielo.
-Mi dici da quant’è che non mangia un pezzo di cioccolata tuo fratello?- mi viene istintivo chiederle.
Perché poi? Che diamine mi interessa? Sono venuto qui per scoprire cosa nasconde, non perché al moccioso brillano gli occhi per una scemenza che mangio ogni giorno!
La vedo pensarci su, ma fa sul serio? Sta davvero pensando alla domanda idiota che le ho fatto?
-Era il giorno del suo compleanno, un anno fa.- ammette con rammarico.
-Dici sul serio? Mi prendi in giro?-
-Non vedo perché dovrei Watanabe.-
Non credo alle mie orecchie! Io alla sua età avevo le tasche piene di caramelle e cioccolatini!
-Perché?- chiedo solamente.
-Mi pare che mio fratello sia stato abbastanza esaustivo poco fa, no?- risponde guardandomi con ovvietà.
Non hanno soldi. Non hanno davvero i soldi per comprare una caramella ad un bambino?
Ho come l’impressione che il segreto di questa ragazza sia molto più serio di quello che credessi.
Resto ancora qualche ora a casa sua, giocando col fratello ad uno di quei stupidi giochi presenti nel mio cellulare. In tutto questo tempo la sorella mi ha guardato con sguardo omicida. Ha paura se provo a toccarla, ma non abbassa mai lo sguardo intimidita. È l’essere più assurdo che abbia mai conosciuto! Del padre invece nemmeno l’ombra, e sono già le nove di sera.
-Il vostro papà non viene a casa per mangiare?- chiedo al bambino mentre Tanaka non c’è.
-Dipende. A volte sì, a volte no, ma la sorellona è più felice quando non c’è.- risponde lui, continuando a giocare .
-Perché?- provo ad insistere, premendo sulla sua ingenuità.
-Perché lui è cattivo con lei e le fa sempre…-
-Daiki! È ora di andare a letto! Saluta Hiro e fila a dormire.- lo interrompe la sorella, con lo stesso tono usato per rimproverarlo a tavola.
Accidenti non poteva aspettare un altro minuto? Avrei potuto scoprire tantissime cose!
-Va bene. Ciao Hiro-chan! Spero che mi vieni a trovare presto presto!- mi saluta con un abbraccio ed un sorriso, che ricambio.
-Scommettici nanerottolo. Mi devi la rivincita per avermi battuto!-
Quando il fratello va a dormire lei mi si para davanti furiosa.
-Che stavi cercando di fare prima?-
-Quando?-
-Mentre non c’ero!- precisa ancora più arrabbiata.
-Non so a che ti riferisci.- dico facendo il finto tonto.
-Lo sai eccome! Lo hai detto tu stesso oggi che “non sei uno stupido”. Smetti di curiosare nella mia vita, smetti di fare domande inopportune e personali a mio fratello, smetti di seguirmi. Hai una tua vita, vivila!-
-A proposito di oggi, mi dici che accidenti avevi intenzione di fare?- le chiedo, ignorando le sue parole.
-I…io…nulla. Ero solo distratta. Tutto qui…- balbetta, perdendo la sicurezza di prima.
-Certo, sei molto convincente Tanaka. Comunque per stasera ti accontento e vado via. Ho un po’ di cose da fare, ma non credere smetterò di darti il tormento. Ormai è il mio miglior passatempo.- le rivelo divertito.
-Perché? Che ti ho fatto per meritare questo trattamento? Perché non puoi lasciarmi in pace?- chiede rattristandosi.
Una delle poche volte in cui abbassa lo sguardo di fronte a me. Ottimo!
Mi avvicino e le sollevo il mento, in modo da guardarla dritta negli occhi, quasi lucidi.
-Perché ho deciso così dal primo giorno che ti ho vista, Tanaka. Sei il mio giocattolino contro la noia.-
Con queste semplici parole vado via, senza aspettare possibili imprecazioni.
 
Certo che questa ragazza è ancora più enigmatica di quello che pensassi. Si mostra forte, ma non lo è. Ha paura, ma non capisco di cosa. Mi sfida con lo sguardo, ma poi si ritira. Però, invece di starsene una volta per tutte al suo posto mi risfida nuovamente. Non riesco proprio a comprendere cosa le passi per la testa. Ha paura di me, ma allo stesso tempo non ne ha.
Una cosa che ho capito è c’entra suo padre.
Questo gioco sta diventando molto interessante!
 
 








Salve gente ^_^ rieccomi col secondo capitolo. Siete felici eh ? ^_^   ( Cricricricricri....le cicali in sottofondo mi dicono che non siete poi tanto felici XD )
Sicuramente qualcuno avrà pensato “esagerata, contro il bracciolo della poltrona che vuoi farti?” Eh…lo so per esperienza. Se lo becchi in caduta con la tempia fa male T^T tantissimo male. 
Ambulanze con luce rossa? Eh sì, in Giappone le ambulanze hanno la luce rossa e non blu come da noi ^^ 
Ultima cosa…serve dirvi che Daiki usa frasi infantili e grammaticalmente scorrette avendo solo quattro anni? No vero? ^^’
Ok non ho altro da dirvi quindi vò...
Baci baci Faby <3 <3 <3 

 
   
 
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