Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: Biszderdrix    08/03/2015    3 recensioni
Come possiamo sapere se siamo pronti per le sfide del mondo? Come possiamo sapere se saremo all'altezza di ogni nemico? Ma soprattutto... se fossi tu stesso il tuo nemico?
L'intera saga di Dragon Ball e degli eroi che tutti amiamo riscritta dalle origini del suo stesso universo, per intrecciarsi a quella di un giovane guerriero, che porta dentro sé un potere tanto grande quanto terribile, dai suoi esordi fino alle sfide con i più grandi nemici, e la sua continua lotta contro... sé stesso.
Se non vi piace, non fatevi alcun problema a muovere critiche: ogni recensione è gradita, e se avete critiche/consigli mi farebbe piacere leggerli, siate comunque educati nel farlo.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO PRIMO- GENESI

Vi fu un tempo, in cui il tempo ancora non esisteva. Prima dei grandi Kaiohshin, prima di Bills, Bibidy e Majin Bu e di ogni essere vivente che anche solo con un respiro ha scritto la storia dell’universo che ospita la sua esistenza. Una storia che, in un futuro ancora tutto da scrivere, racconterà di battaglie epiche, eroi leggendari e creature mostruose, e che emise i suoi primi vagiti quando i Creatori sorsero dalla scissione dell’Antica Energia, per poter plasmare con il loro potere il palcoscenico per lo spettacolo della vita.
Con loro vennero le galassie, i pianeti e le prime antiche civiltà. Essi ammiravano il proprio creato. Ma poterono subito intuire la loro creazione avrebbe avuto un’esistenza travagliata e purtroppo fu, indirettamente, per causa loro. L’Antica Energia, ciò dal quale tutto deriva, colei che c’era ma non c’era, era ciò che teneva insieme l’incompatibile. I Creatori erano portatori dell’Aura Bianca, quella parte dell’Antica Energia volta alla creazione, allo sviluppo, alla pace, valori dei quali ora erano portatori e protettori.
Protettori, poiché ora non c’era più confinamento per ciò che all’Aura Bianca si opponeva: la Nera Energia ora era libera di scatenarsi attraverso ciò che l’universo ricorderà come i Grandi Demoni, esseri dalla potenza immensa, capaci di disintegrare un intero pianeta con la forza del puro pensiero. Ma sarebbe stato troppo noioso per loro, sadici e malvagi nella forma più pura.

Ognuno di essi differiva dall’altro per come portava per tutto il neonato universo la distruzione, la desolazione, la morte che la Nera Energia brama: Ungrushy era in grado di desertificare un intero pianeta rendendolo arido e sterile; Lap poteva causare glaciazioni permanenti, Nekro portava intere razze alla follia. Ma tra essi uno era forse il più malvagio, il più sadico, il più potente: Doomshiku, il cui nome è rimasto impresso nella memoria di molte razze, al contrario di quello di molti altri Demoni.

Doomshiku era come l’incarnazione della Nera Energia: spietato, crudele con un’irrefrenabile sete di sangue. La sua potenza gli permetteva di distruggere intere galassie in un battito di ciglio, ma preferiva godere dell’angoscia che generava negli animi delle prime, primitive civiltà che avevano la sfortuna di popolare i pianeti sui quali posava lo sguardo. Per Doomshiku ogni uccisione era un momento di gioia: si divertiva nell’uccidere ogni singolo essere vivente, trovando nelle grida e nelle lacrime di disperazione cibo per il suo animo affamato di distruzione. La forza di Doomshiku stava nella sua capacità di manipolare l’energia vitale, propria ed altrui, e nell’affinare questa sua abilità, così da trovare modi sempre più vari per soddisfare la propria brama di devastazione. Quando fu in grado di concentrare l’energia vitale di un intero pianeta in un’onda da scagliare contro il pianeta stesso, in grado di eliminare ogni essere vivente, e perfino le loro stesse anime, il suo dominio poté considerarsi incontrastato. Il rispetto e il timore che gli altri Demoni avevano per lui, nonostante anch’essi fossero portatori di poteri immensi, e il suo estremo sadismo lo portarono ad essere definito come “Il Demone dell’apocalisse”.

I Creatori non potevano rimanere impassibili di fronte a questa situazione: molti Demoni furono uccisi in diversi scontri che avvennero tra essi e i singoli Creatori, che si prodigavano nel fare adeguata guardia sul loro operato. Ma il numero di Demoni restava elevatissimo, così come continua era la loro opera di distruzione: lo scontro era inevitabile. Si arrivò, così alla Grande Guerra delle Entità. Le due fazioni si diedero ferocemente battaglia per mille anni, senza sosta, per tutto l’universo, portandolo sull’orlo del collasso, trascinando involontariamente con loro grande caos e devastazione.

Per quanto inferiori di numero, i Creatori riuscirono faticosamente a sconfiggere i Demoni e con essi la Nera Energia, che priva di emissari si disperse nel vuoto dello spazio, iniziando la sua continua missione di ricerca di nuovi agenti. Solo uno di loro riuscì a perdurare: Doomshiku, con il suo potere immenso, riuscì da solo a tenere testa ai Creatori, che tentarono di ucciderlo in ogni modo, invano.

Una decisione drastica dovette esser presa: intrappolato il demone in un angolo remoto e vuoto dello spazio, i Creatori si unirono e sfruttarono tutto il loro potere per isolare Doomshiku, costruendo attorno a lui un intero pianeta, il quale avrebbe sfruttato l’immenso potere sviluppato dal demone per svilupparsi, convertendolo in energia vitale portatrice di Aura Bianca: pianeta che verrà ricordato con il nome di Hamon. Il Demone dell’Apocalisse era furibondo, ma non vi era modo di liberarsi da quella prigione. Per i Creatori il prezzo da pagare per questo successo fu comunque elevatissimo: lo sforzo compiuto per isolare Doomshiku li portò a consumare tutta la loro energia, e ciò pose fine alla loro esistenza fisica. Come la Nera Energia, anche l’Aura Bianca che fuoriuscì dai loro corpi si diffuse in tutto l’universo.

Intrappolato in Hamon, Doomshiku all’inizio fece di tutto per impedire al pianeta di sfruttare la sua energia. Ma i suoi sforzi erano vani, il legame con cui i Creatori li avevano uniti era un imprescindibile mutualismo: Hamon traeva l’energia necessaria a renderlo un pianeta fertile e ospitale dal demone, che permettendogli di farlo evitava che il pianeta finisse per morire, trascinandolo di conseguenza assieme a lui nell’oblio. Alla fine il demone si rassegnò, e Hamon cominciò a prosperare: la vita poté finalmente iniziare il suo corso.

Sorsero le prime montagne, e con esse i ghiacciai che generarono lunghi fiumi e grandi laghi, finché non giunsero i primi esseri viventi: l’acqua permise alle prime piante di crescere e alle prime minuscole forme di vita animale di svilupparsi. Le piante crebbero e si trasformarono in rigogliose foreste, e quelle microscopiche forme di vita si svilupparono generando una ricchissima varietà di specie animali, tra le quali una sola riuscì ad elevarsi al dì sopra delle altre, sviluppando un intelletto e una capacità di adattamento superiore: gli Hatwa, umanoidi dotati di grandi doti fisiche e intellettuali, che li portò presto alla formazione di una società avanzata e complessa.

Gli Hatwa erano molto legati alla natura e alla terra: ogni loro tecnologia era sviluppata in armonia con l’ecosistema che li ospitava e in funzione di esso. Non erano un popolo guerriero, in pochi potevano definirsi guerrieri, ma la loro grande armonia con il pianeta li aveva resi maestri nelle arti meditative: erano in grado di connettersi all’ambiente circostante in un battito di ciglio e da esso trarne l’energia necessaria ad affrontare qualunque tipo di scontro. Gli Hatwa divennero in poco tempo una delle razze più avanzate dell’universo. E nonostante fossero un popolo pacifico, al centro del pianeta, lo spirito di Doomshiku, il cui animo era comunque rimasto corrotto e malvagio, era compiaciuto di ciò che si era sviluppato su Hamon, del quale ora non si sentiva più prigioniero, ma ingranaggio fondamentale per il suo perdurare.

ͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻ

ANNO 575- Pianeta Hamon

Un piccolo convoglio di navi si avvicina speditamente ad Hamon.

«Signore, le navi della delegazione da Plant sono appena entrate nella nostra atmosfera» si apprestò a riferire al suo superiore uno dei tecnici relegati all’interno della torre di controllo, non appena il radar gli inviò la nuova segnalazione.

«Trasmetti l’ordine di illuminare la piattaforma di atterraggio, dopodiché allerta il comitato di benvenuto.»

Nel buio quasi totale della notte di Hamon, quattro veicoli militari si misero in moto, e si avviarono lungo un’interminabile strada asfaltata, ai cui lati si estendeva una folta vegetazione. Tra essi un veicolo più imponente, e dall’aspetto decisamente meno bellicoso, con un’elegante verniciatura nera. Dopo qualche minuto raggiunsero la salita che li avrebbe condotti nella vasta area illuminata, sopraelevata rispetto alla foresta, dove le navi stavano completando la procedura di atterraggio.

 Le macchine si arrestarono, e i soldati si schierarono in fretta attorno al veicolo nero. Da esso scese un uomo dall’aspetto autorevole, una folta barba nera che compensava l’assenza di capelli, vestito con un abito completamente nero che gli arrivava fino agli stinchi, con spalline molto pronunciate, e cucito sul petto lo stemma reale di Hamon.

Un soldato gli si accostò: «Mio sire, se vuole seguirci, le navi stanno per spegnere i motori, possiamo avvicinarci» Il sovrano fece un cenno con la testa e con passo spedito il comitato si avvicinò alla nave. Con il re era scesa anche un’altra figura, che ora camminava al suo fianco: un uomo dai folti capelli rossi, che pareva ancora nel fiore degli anni, vestito con un abito simile a quello del sovrano, ma di colore bianco e che a malapena gli raggiungeva le ginocchia.

Il gruppo si avvicinò alla nave più grande delle tre che, quella sera, erano atterrate su Hamon nel momento esatto in cui il portellone si aprì, e da esso, accompagnato da alcuni soldati, uscì un'altra figura, piccola di statura ma dall’aspetto autorevole, la cui espressione faceva comunque intendere una grande astuzia, il cui vestito dall’aria comune era accompagnato da un imponente mantello che avrebbe potuto ricoprirlo completamente.

«Salute a voi Uhn, re di tutti gli Hatwa, signore di Hamon. Siete venuto ad accogliermi di persona, è per me un onore» disse, inchinandosi al sovrano.

«È la vostra visita che ci onora, Lord Bleeko.» rispose re Uhn «Mi permetta di presentarle il prof. Rayhun, il responsabile per lo sviluppo tecnologico del regno.»

«Sono onorato di poter fare la sua conoscenza, Lord Bleeko»

«Il piacere è tutto mio, professore. Ora, credo sia il caso di trovare un luogo più consono per continuare la nostra conversazione, non credete anche voi, vostra maestà?» disse Lord Bleeko, rivolgendosi nuovamente al sovrano. «Concordo. Mi segua, là c’è la macchina che ci porterà a palazzo, dove finalmente potremo approfondire i motivi di questa sua visita», e gli fece cenno di seguirlo.

Accompagnati dalle rispettive scorte, il convoglio che trasportava le tre importanti personalità percorse a ritroso la strada che li aveva condotti alla pista, proseguendo dopo la lunga strada asfaltata fino a raggiungere una larga strada che si ergeva sopra la foresta, dalla quale si poteva perfettamente ammirare lo spettacolo della capitale di Hamon.

Grattacieli altissimi illuminati a giorno che sembravano in armonia perfetta con gli altissimi alberi che crescevano anche all’interno della città stessa. Entrato nel centro urbano, il convoglio si districò tra strade asfaltate e lunghe gallerie, scavate all’interno della corteccia degli alberi più robusti che permettevano l’accesso a più livelli della città, fino a raggiungere un enorme albero secolare, circondato da una recinzione, nel quale era stato costruito il palazzo reale.

Nella corteccia era stato intagliata una labirintica serie di stanze, che avrebbe creato diversi problemi di orientamento a molti, ma non al re, che in poco tempo riuscì ad accompagnare il suo ospite ed il prof Rayhun nella sala adibita alle riunioni, dove era già stato tutto predisposto: su un enorme tappeto rosso si trovava un piccolo tavolo sul quale erano posati alcune cartelle, e attorno ad esso tre poltrone ben imbottite.

«Prenda posto Lord Bleeko» lo invitò il sovrano, invitò che fu immediatamente accettato. Dopo essersi messo comodo, Bleeko cominciò: «Vostra maestà re Uhn, signore di Hamon, come già sa vengo per conto del nostro re e dell’intera razza degli Tsufuru. Entrambe le nostre razze hanno raggiunto un grande livello di sviluppo tecnologico, senza mai attuare azioni bellicose nei confronti di nessun’altro popolo. Sono qui, quest’oggi, perché dalla nostra parte riteniamo controproducente che tra i nostri popoli non si sviluppi una reciproca collaborazione.»

Il sovrano rimase in silenzio per un attimo, poi chiese, semplicemente: «Perché?»

«Le ragioni sono quelle che le ho appena illustrato, mio signore.»

«Non mi prenda per stupido, Lord Bleeko. Non credo che il sovrano di Plant si sarebbe mai mosso di persona, ma nemmeno che si sarebbe giocato il suo diplomatico migliore per una mera trattazione commerciale» disse con fermezza re Uhn.

Bleeko era rimasto impietrito.

«Allora credo sia il caso di uscire dalle nuvole della retorica: le risorse di Plant vanno verso l’esaurimento, e il timore del nostro sovrano e di tutta la nostra comunità scientifica non è solo di quella di un’interruzione del progresso tecnologico, ma di una regressione inevitabile. I Saiyan, poi, sono un peso che non pensiamo di poter sostenere a lungo. Per questo sono qua, mio signore Uhn: dovete concederci di accedere alle vostre risorse naturali. Il vostro pianeta ne è ricchissimo, credo che entrambe le nostre razze possano trarne giovamento».

«Questo non è possibile», rispose seccamente il re, lasciando impietrito lo tsufuru. «Lascerò che questa volta sia il professor Rayhun a spiegarle il perché.»

Come risvegliato improvvisamente da un sonno profondo, il giovane scienziato scattò sulla sua poltrona, allungandosi verso il tavolo e afferrando le cartelle che vi erano state posate sopra, e cominciò, un po’ titubante: «Certamente, mio signore. Vede, Lord Bleeko, dalle cartelle che lei ci ha richiesto di mostrarle, relative all’utilizzo delle risorse del nostro pianeta per lo sviluppo della nostra tecnologia, quelle relative alla loro quantità e i dati relativi al nostro grande ecosistema le possono chiaramente mostrare, senza alcuna ombra di dubbio, che ciò che noi Hatwa abbiamo sviluppato su Hamon si fonda sul mantenimento di un determinato equilibrio.»

«Anche solo un vostro minimo intervento», continuò lo scienziato con maggiore sicurezza, «potrebbe portare l’intero sistema al collasso. Non c’è molto altro da dire» concluse con un tono quasi scherzoso, per rimarcare quella che per lui era un’ovvietà.

«Questa è solo mera filosofia!» sbraitò lo tsufuru «Interrompere il progresso per qualche albero o pezzo di terra è pura follia!»

«Non è nella posizione per giudicare, Lord Bleeko», lo interruppe molto freddamente il sovrano, «è lei quello che, secondo la sua logica, sta chiedendo aiuto a dei folli. Aiuto che non possiamo darvi. La nostra razza è nata e si è sviluppata su Hamon e siamo sempre stati in grado di garantirci un continuo sviluppo senza compromettere il nostro pianeta. E di certo non lo faremo adesso, nonostante ci dispiaccia per la vostra situazione: non vogliamo rischiare di comprometterci anche noi», concluse il re, che si mostrò comunque maggiormente ben disposto nei confronti del suo ospite.

Comprendeva perfettamente la richiesta dello tsufuru, e non per egoismo si vide costretto a deluderlo profondamente, come si poté evincere dall’espressione che il diplomatico aveva assunto.

«Vedo che siamo riusciti a fare in fretta», esordì Bleeko dopo qualche istante di silenzio, «se riparto adesso potrò essere su Plant per domani mattina».

«È sicuro di non volersi fermare per la notte? Abbiamo predisposto una stanza per il suo arrivo», propose il sovrano di Hamon.

«No, è il caso che io riparta immediatamente, mio signore, non si preoccupi. Le faccio ancora i miei più sentiti omaggi, mio signore, e le auguro una serena notte. Anche a lei, professore, buonanotte», e si congedò con molta fretta, tradendo un’evidente frustrazione.

Ripercorrendo gli intricati corridoi del palazzo tornò all’ingresso, e assieme alla sua scorta ripartì alla volta della pista di atterraggio. Una volta sulla nave, mentre cominciavano le procedure di decollo, Lord Bleeko si sedette nella sua cabina, fece un profondo respiro, dopodiché premette un pulsante e ordinò: «Mettetemi immediatamente in comunicazione con il palazzo reale».

Quasi simultaneamente sul muro della cabina si formò un monitor, e dopo qualche secondo, su di esso apparve la torva figura del re degli tsufuru.

«Mio signore» esordì Bleeko «la via della diplomazia non è percorribile.»

ͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻ

UNA SETTIMANA DOPO

Un giovane soldato Hatwa, delegato alla lettura del radar, sedeva di fronte ad un monitor, cercando di eliminare quel terribile senso di noia, al quale il suo lavoro lo sottoponeva ogni istante nella sua continua monotonia e la quasi totale assenza di azione. Al che saltò letteralmente sulla poltrona quando il radar cominciò ad emettere, con forza e in continuazione, fortissimi segnali acustici, che poco avevano di rassicurante.

Ripresosi dallo shock iniziale, dovette confrontarsi con un’inquietante realizzazione: una flotta immensa era schierata alla soglie dell’atmosfera di Hamon. Si affrettò a correre nell’ufficio del suo capitano, entrando improvvisamente e cogliendolo visibilmente di sorpresa: «Signore! SIGNORE!» Il capitano lo afferrò per le spalle: «Calmati, soldato! Cosa è successo?»

«Una… una…» disse ora il soldato balbettando, nel quale ora la paura aveva preso il sopravvento.

«Cosa? “Una” cosa? PARLA SOLDATO!>>

“Una… Una flotta d’invasione è schierata ai margini della nostra atmosfera” disse, scosso, il  giovane soldato. Il capitano si rabbuiò improvvisamente. «Sei riuscito a capire che bandiera battono?»

«Le trasmissioni sono inequivocabili, signore.» disse il soldato, ora più spaventato che mai: «Sono navi Tsufuru.»

Il risveglio fu quasi traumatico. Non era più abituato a nessun tipo di sensazione fisica, si era quasi dimenticato di avere un corpo. Ora una scossa proveniente dal pianeta lo aveva risvegliato dall’apatia. Doomshiku si accorse che qualcosa non andava: per anni aveva potuto osservare come gli Hatwa avevano sviluppato una società avanzata, senza mai compiere alcuna azione bellicosa. Ora, dalla superficie arrivavano sensazioni che non provava da moltissimo tempo, ma che non poteva dimenticare: tristezza, angoscia, disperazione.

Per quanto fossero per lui ancora fonte di piacere fisico, non appena si accorse che provenivano dagli Hatwa poté percepire una nuova sensazione: qualcosa che poté identificare come rabbia.

Vide come gli Hatwa stessero perendo per mano di questa razza, a lui ancora sconosciuta. Poté leggere nella memoria del pianeta che si chiamavano “tsufuru”. Vide come stavano saccheggiando senza pietà tutto ciò che era nato dalla sua energia e che lentamente si era sviluppato: ora a crescere era la rabbia nel suo animo.

Ma non poteva fare nulla: percepiva la sofferenza del pianeta, devastato dalla brama di risorse degli tsufuru, e la sua rabbia cresceva sempre di più. Era il momento di compiere una decisione drastica, come lo fu quella di chi lo aveva unito a questo pianeta, al quale lui ora era legato da qualcosa di più forte del loro legame simbiotico.

Raccogliendo le sue energie residue, interruppe il flusso verso il pianeta. L’interruzione fu così netta che i suoi effetti si poterono vedere immediatamente: la terra si inaridì, diversi alberi seccarono, i fiumi si asciugarono, i minerali si deperirono. Sapeva che ciò avrebbe portato alla distruzione del pianeta stesso, ma preferiva fosse così, piuttosto che vedersi sfruttato da un parassita invasore.

Non appena resosi conto di essere vicino alla fine, percepì una piccola nave con alcuni sopravvissuti Hatwa che lasciava il pianeta, verso destinazione ignota.

Decise allora di fare una promessa: in nome del legame che li univa, il suo spirito sarebbe ritornato nel corpo di un meritevole discendente di quei sopravvissuti, in grado di poter controllare il suo immenso potere, il cui destino sarebbe stato quello di vendicare la razza Hatwa e di riportarla alla sua gloria.

Il Demone dell’apocalisse sarebbe tornato, per poter guidare la razza che dal suo potere era nata, riportando la distruzione a chiunque si sarebbe messo sulla sua strada. Quando la prima fuoriuscita di energia, accolse la sua fine con piacere. Sapeva che la sua storia non sarebbe terminata così.

ͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻͻ

ANNO 750- PIANETA TERRA

«Grazie mille Sara! Sarei potuto morire congelato là fuori! E grazie mille anche a lei signora!» disse un ragazzino dall’aria vispa, con folti capelli neri che si dividevano in tante ciocche appuntite, mentre si liberava di un pesante plaid che lo avvolgeva.

«Ma figurati, caro… Goku, giusto? Comunque, per me e mia figlia è un piacere darti una mano, ma non posso farti partire subito… perché non fai un bel bagno caldo? Intanto mia figlia ti procurerà degli indumenti adatti per affrontare il freddo!» Goku non obbiettò.

Intanto, la piccola Sara, con l’aiuto della madre, riuscì a radunare qualche indumento che sicuramente avrebbe aiutato il piccolo guerriero a raggiungere la Muscle Tower senza congelare dopo pochi passi. Ma non fece in tempo a raggiungere il bagno dove il loro ospite si stava rilassando nell’acqua bollente, che qualcuno bussò violentemente alla porta della loro casa. Poi si sentì urlare: «Esercito del Fiocco Rosso! Aprite immediatamente o buttiamo giù la porta!»

Sara era come paralizzata. Si girò verso la madre che le disse di rimanere in silenzio, poi si rivolse verso la porta: «Posso sapere cosa vi porta qui?»

«Siamo sulle tracce di…» THUD! Un colpo che si poté sentire anche all’interno della piccola abitazione, evidentemente giunto sulla testa di chi stava parlando.

 «Zitto idiota! Rischi di compromettere la missione!» disse una nuova voce con un tono più moderato, che poi urlò a sua volta: «Signora, o ci apre adesso o sfondiamo la porta!»

A quel punto la madre fece segno a Sara di trovarsi immediatamente un nascondiglio, che la piccola trovò all’istante in una baule.

«Ok signora, lo ha voluto lei!»

E con un colpo secco, quelli che si confermarono essere due soldati del Fiocco Rosso abbatterono la porta ed entrarono in casa.

«Le tracce conducevano qua, dobbiamo ispezionare questo posto per bene. Io tengo d’occhio la signora,» disse uno, puntando il suo fucile verso la madre di Sara «tu ispeziona a fondo questa topaia”. Il secondo soldato annuì, ma non fece in tempo ad uscire dalla stanza che davanti a lui si palesò una visone assai bizzarra.

«Hey bruttoni, state cercando me?» davanti al soldato c’era un bambino nudo e completamente bagnato, in una posa da combattimento.

La cosa avrebbe potuto farlo divertire molto se non si fosse reso conto che quello era il ragazzino che gli era stato ordinato di cercare. «Ti consiglio di venire con noi senza opporre resistenza» disse il primo soldato, avvicinando il mitra al corpo del suo ostaggio «o la vecchia muore.»

Goku rimase impietrito, per un attimo non seppe cosa fare. Sara, nascosta nel baule, osservava con grande angoscia la scena da un piccolo buco nel legno, sperando in qualche miracolo.

«Lo sapevo che non eri poi così inarrestabile! Ah! Lo dicevo che quelle voci erano esag-AHG!» il soldato sì interruppe improvvisamente, rimanendo completamente immobile, come paralizzato. Sulla sua spalla comparve una mano che, esercitando una leggera pressione, lo fece cadere in preda a spasmi.

«Nessuno vi ha mai insegnato l’educazione? Mai entrare in casa d’altri senza permesso» disse sarcasticamente la figura che si trovava alle spalle del soldato, che si rivelò essere un uomo sulla trentina, con dei lunghi capelli neri raccolti in una coda e sul volto un folto pizzetto, vestito con una pesante tuta bianca con piccoli dettagli in blu scuro, e con addosso una giubbotto imbottito di colore viola.

Il suo compagno non fece in tempo ad imbracciare il fucile che si vide scaraventato contro un muro da un calcio rotante ben indirizzato al mento. «Sarà un caso, ma più ne affronto e più mi sembrano stupidi.»

«Sig. Ryder!» urlò Sara uscendo dal suo nascondiglio.

«Ehilà piccola! Tutto bene?» disse allegramente l’uomo chinandosi per accogliere in un abbraccio la bambina.

«Per fortuna che sei arrivato tu Damon, non credevo ne saremmo usciti facilemente!» disse con un profondo sospiro la madre di Sara, ancora visibilmente scossa. «Dovere, Mary. Ma dimmi, chi è questo ragazzino per cui questi due scimmioni, con tutto il Fiocco Rosso, si stanno dando così tanta pena?» disse l’uomo, volgendo lo sguardo verso Goku, che ne approfittò per presentarsi: «Io sono Goku, sono arrivato qui alla ricerca della seconda sfera del drago, ma mi sono schiantato sulla montagna, eh eh…» disse con un po’ di imbarazzo, grattandosi il retro della testa.

«Loro mi hanno dato una mano a rimettermi in sesto per poter riprendere il mio viaggio, devo raggiungere la Muscle Tower.» concluse Goku.

«La Muscle Tower?! E pensavi di affrontare questa impresa da solo?!»

«Si, suona così strano?» rispose Goku. Damon Ryder era allibito. Aveva conosciuto molti uomini coraggiosi, e per ciascuno di essi ciò che Goku voleva fare sarebbe parso impossibile. Eppure, non riuscì a sopprimere la percezione di qualcosa di particolare, di speciale in lui e che quel “qualcosa” gli avrebbe permesso di farcela. Forse avrebbe potuto dare una mano anche a lui. «Senti, Goku, perché adesso non ti asciughi e ti vesti? Poi continueremo la nostra conversazione.»

Dopo qualche minuto Goku tornò, indossando la sua tipica tuta arancione, e non poté non stupirsi quando Damon reagì con grande sorpresa di fronte al simbolo della Tartaruga: anche lui, tempo fa, si era allenato con il maestro Muten.

«Poi decisi di rinunciare ai combattimenti per un po’, per iniziare una carriera nel mondo scientifico. Iniziai a lavorare per un brillante scienziato, un grande esperto di robotica e biologia: il suo nome non è importante, non mi aspetto che tu lo conosca. Sta di fatto che, scavando tra i suoi appunti, ne trovai alcuni riguardanti la modificazione in cyborg di soggetti viventi: in pratica, voleva applicare la potenza di un androide ad un corpo umano, creando la macchina da guerra perfetta. E non fu l’unica cosa orribile che trovai nel suo laboratorio: una sera, avendo dimenticato delle cose sulla mia scrivania, lo vidi liberarsi di un cadavere orrendamente mutilato, così che potei realizzare che quegli appunti non erano solo semplici ipotesi di una mente deviata.»

«Riuscì a screditare quel folle davanti a tutta la comunità scientifica,» continuò «e decisi di chiuderla con la scienza, mi sono trovato un lavoro onesto nel mio piccolo paese e mi sono fatto una famiglia: ho una moglie e una splendida bambina, e stiamo aspettando la nascita del mio secondogenito.»

«Mi trovo qui, comunque, perché ho scoperto che quel folle, per qualche oscuro motivo, è stato assoldato dal Fiocco Rosso e che il suo laboratorio si trova all’interno della Muscle Tower. Giunto qui, ho fatto mie anche le ragioni di questa gente, che ora vede il suo villaggio normalmente tranquillo occupato da militari violenti e rozzi, e il cui sindaco si trova ora alla mercé di quel verme del generale White. È da ormai sei mesi che sono qua, e nonostante le mia grande abilità nelle arti marziali, non sono ancora riuscito ad avvicinarmi a quella maledetta torre. Quel luogo è supersorvegliato.» concluse, mestamente, Damon.

«Possiamo andarci insieme! Alle guardie ci penserò io, non credo sarà un grande problema!» rispose Goku con un largo sorriso «Sarà divertente!» e ancora una volta gli occhi di Damon uscirono dalle loro orbite.

«A-Allora quando vuoi m-metterti in cammino?» chiese il guerriero più anziano, la voce tremolante dallo shock causato dalla sicurezza con cui quel ragazzino fronteggiava la prospettiva di un pericolo estremo. «Domattina!» rispose eccitato Goku.

Damon avrebbe avuto da ridire sull’avventatezza ostentata dal giovane, ma di fronte a questo suo entusiasmo non poté che acconsentire: «Vada per domattina.» rispose, alla fine contagiato dall’entusiasmo di Goku, soffocando quel pensiero martellante che gli intimava di agire con molta prudenza.

La mattina seguente, liberatisi dei due soldati ancora privi di sensi, si diressero nella direzione della Muscle Tower. Damon raccomandò discrezione, almeno finchè la torre non fosse stata visibile.

Entrambi riuscirono a passare completamente inosservati per il villaggio Jingle, eliminando ogni tipo di sorveglianza. Arrivati nei pressi della torre notarono la massiccia sorveglianza attorno alla torre: c’era perfino un carro armato.

«E ora? Come pensi di eliminarle tutte?» disse, volgendo lo sguardo al piccolo guerriero.

«Così!» disse Goku, e si lanciò in una corsa sfrenata verso la torre. Damon lo vide sfidare spudoratamente le guardie, lo vide dimostrare una forza fuori dal comune, lo vide sconfiggerle tutte nel giro di un minuto. Dopo un momento di giustificato shock, resosi conto che la via era libera, corse in fretta e furia verso la torre.

«Ragazzino, sei fenomenale! Ma credo che ora le nostre strade si separino: dalle mie informazioni il laboratorio che sto cercando si trova nei sotterranei della torre, mentre per arrivare da White devi salire ai piani superiori. Buona fortuna.»

«Anche a te Damon, se alla fine di tutto questo non dovessimo ritrovarci, spero comunque di rivederti, un giorno.» Si scambiarono una stretta d’intesa, poi il bastone di Goku si allungò, e il piccolo guerriero si portò subito al primo piano.

«Porta i miei saluti al tuo maestro!» urlò Damon, sperando lo avesse sentito. Lo osservò ancora per qualche secondo: dentro di sé sentiva che, in qualche modo, quel ragazzino avrebbe completamente cambiato la sua vita. Poi gli tornò in mente dove si trovava, e che non c’era tempo da perdere. Non appena vide il portone principale constatò che per sfondarlo sarebbe servita una forza sovrumana, e non riuscì ad elaborare una soluzione.

“Iniziamo bene, Damon” si disse. Poi, come un flash, anche a causa del recente incontro con Goku, gli tornarono alla mente gli insegnamenti di Muten, e da quanto tempo non li mettesse in pratica. Sperando di non essere troppo fuori allenamento, fece un paio di salti all’indietro, assunse una posa di combattimento, unì i polsi e li portò dietro a sé, cercando di concentrare nei palmi delle mani più energia possibile.

«Ka-me…»

Sentì l’energia concentrarsi in un piccolo globo tra le sue mani.

«Ha-me…»

L’energia del globo era pronta per essere liberata. Damon si sentì soddisfatto: nonostante fossero passati anni dall’ultima volta, la sua padronanza della tecnica più nota dell’eremita della tartaruga era ancora ottima.

«HA!»

Distese allora le braccia, aprendo i palmi delle mani, scatenando l’energia del piccolo globo in un’onda violentissima che sfondò il portone in un batter di ciglio. Damon Ryder sogghignò: in quel momento si sentì potentissimo.

Entrando nella torre, si accorse che la sua onda aveva tramortito anche quei soldati che si trovavano dietro ad essa, colpiti dall’onda d’urto o dalla stessa onda di energia. Non se ne curò particolarmente. Vide le indicazioni per i livelli inferiori, quelli sotterranei, della Muscle Tower.

Le scale che discese lo condussero in una labirintica serie di corridoi dove le indicazioni erano rare. Perse quasi la pazienza tra tutte quelle porte, delle quali nessuna era quella che stava cercando. Dovette stendere qualche guardia e qualche scienziato dall’aria spaventata e disorientata, rischiando più volte di essere trovato dalle squadre di sorveglianza allertate dal loro arrivo. Alla fine, dopo quella che parve un’eternità, trovò la porta che cercava. La targhetta portava, in lettere finemente incise, la scritta che fece crescere in lui una furia inaudita:

LABORATORIO DEL DR. GELO- ROBOTICA

“Folle, bastardo, criminale. Solo dei vermi come il Fiocco Rosso ti avrebbero potuto assumere. Cane.” pensò Damon in preda all’ira. Non si curò di niente, neppure di quella voce nella sua mente che gli suggeriva di agire sempre con prudenza, né di ciò che avrebbe trovato al di là della soglia. Spalancò con violenza la porta.

Del buon dottore non c’era traccia: evidentemente era stato fatto evacuare insieme alla maggioranza del personale.

Ma Damon trovò comunque ragioni per infuriarsi. E per sentirsi male. Lungo le pareti della stanza erano appesi svariati cadaveri, mutilati nei modi più diversi, il cui sangue aveva formato svariate pozze sul pavimento. Al centro della stanza, due ampi tavoli muniti di tutto il materiale necessario per le operazioni chirurgiche; in una piccola frazione di parete, dove non era appeso alcun corpo sfigurato, una scrivania sommersa dai fogli di carta: gli appunti dello scienziato.

Damon gli diede una rapida occhiata, che gli bastò per capire che il folle stava facendo progressi, ma molto lentamente. Poi il suo sguardo cadde sul fondo della stanza, dove dietro due grossi contenitori, che ricordavano delle incubatrici, erano ammassate diverse carcasse robotiche, più o meno incomplete, a dimostrazione che non aveva abbandonato la progettazione di androidi veri e propri.

Evidentemente lo scienziato aveva abbandonato tutto all’interno del laboratorio, forse per la fretta o per la convinzione che nessuno avrebbe potuto conquistare la Muscle Tower. “Povero illuso” pensò Damon. 

Tornato verso la soglia del laboratorio, alimentato dalla furia e dalla rinata consapevolezza delle sue potenzialità , concentrò la propria energia nella mano destra e con pochi, mirati ki-blasts distrusse quello scenario orripilante che era il laboratorio del dottor Gelo. Sentì una potente scossa, che fece tremare tutto attorno a lui: pensò, un po’ ingenuamente, che derivasse dalla distruzione che aveva appena causato. Per evitare di essere scoperto decise di tornare indietro: aveva raggiunto il suo obbiettivo, e non voleva  correre il rischio di essere catturato.

“Dovrai cavartela da solo, ragazzo, sempre che tu possa aver avuto bisogno di me” pensò, ricordandosi di Goku che probabilmente se la stava vedendo con il peggio del peggio del Fiocco Rosso.

Con la stessa discrezione di prima, ripercorse il tortuoso labirinto che erano i sotterranei della torre, e ritornò all’ingresso, per ritrovarsi in mezzo ad un cumulo di macerie. La torre era stata abbattuta e, a parte l’enorme numero di macerie alla sua sinistra, attornò a sé vedeva solo un’immensa distesa di neve, ed in lontananza  si potevano distinguere i tetti di qualche casupola: il villaggio Jingle. Attorno a lui non c’era anima viva.

“Ben fatto, ragazzino. Però sarebbe stato gentile aspettarmi”.

Lasciò che quest’ultimo, acido pensiero svanisse all’istante. Ora si sentiva in pace: non solo l’opera indegna di Gelo era stata fermata, forse per sempre, ma con lui tutto il Fiocco rosso aveva abbandonato quelle terre, e la gente di Jingle poteva, finalmente, tornare a vivere in pace. Con questi pensieri gli parve di volare mentre correva sulla neve, felice di poter tornare ai climi decisamente più temperati dell’ovest, pronto a riabbracciare sua moglie e sua figlia, e di potersi preparare con loro ad accogliere nel mondo il suo secondogenito.


NOTE DELL'AUTORE

Salve a tutti popolo di Efp! Ne approfitto per presentarmi senza fronzoli: sono uno studente universitario, aspirante giornalista, che ha finalemente deciso di scrivere i suoi deliri. Scherzi a parte, quello che avete letto è solo il primo capitolo di una storia che ho deciso di scrivere solamente ora, ma che mi ha accompagnato tanto tempo, da quando, anni fa, ho visto Dragon Ball per la prima volta.

A molti sarà capitato di immaginarsi a fianco dei nostri eroi a combattere i malvagi: ecco come ho deciso di scrivere una storia proprio con un protagonista che rifletta quelli che erano i miei sogni di ragazzino, mettendoli su un piano più maturo. In questo capitolo avete assistito alla genesi dell'universo: guardando diverse timeline in giro per la rete ho notato che la datazione di manga e anime si ferma a "qualche milione di anni fa". Mi sono chiesto cosa ci fosse stato prima. Il titolo è comunque anche una metafora, che vi invito a cogliere senza darvi ulteriori info (sono portatore sano di spoiler!). Ribadisco che ogni recensione è ben gradita, soprattutto se vedete qualcosa che non va, sono alle prime armi e ogni consiglio/critica è ben accetto/a, purchè siate educati (è pur sempre la mia prima storia!).

Dragon Ball e tutto ciò che è ad esso legato è proprietà di Akira Toriyama.

P.S. si, gli Tsufuru mi stanno altamente sul cazzo. E si, proprio per colpa di Baby.




   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Biszderdrix