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Autore: Blu_Polaris    11/03/2015    0 recensioni
Aaron è un investigatore dell' occulto, insieme al fratello Max viene chiamato da una famiglia nobile, alla ricerca di una misteriosa dama fantasma che vive nel lago
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~~1- Aaron e Max
Gentilissimo Aaron Smith
Vorrei proporle una visita nella mia villa per investigare su un'entità strana che infesta la mia dimora.
Sarei onorato di offrirle un posto letto e un pasto caldo purché lei liberi la mia famiglia da quest'ultimo malevolo individuo.
L'entità in questione è misteriosa e compare di notte, sono numerose le volte in cui mia figlia vede una dama ectoplasma vagare nel laghetto nel giardino. Mia figlia Sara è distintamente scossa, come del resto mia moglie, la mia famiglia e tutta la mia servitù.
Sarei onorato quindi della vostra presenza.
Lunedì pomeriggio, alle sei, verrà un mio cocchiere presso la vostra dimora, aspetto risposte.
Distinti saluti
Sir. Mortimer Norrington

Aaron, giovane indagatore, ovviamente aveva risposto con un modesto:

Sir. Norrington sono onorato di venire alla vostra dimora. Porterò mio fratello per ausilio alla mia persona.
Distinti saluti.
Aaron Smith

Ora Aaron era eccitatissimo, felice più che mai di andare a caccia di entità dopo tanto tempo.
L'ultima volta era riuscito a parlare con uno spirito oscuro, un'entità maligna che tramava contro il giovane duca Hogart Nelli.
 Era una bellissima dama fantasma che il duca aveva ucciso e lui, Aaron Smith, giovane, talentuoso e affascinante investigatore dell'ignoto l’aveva sbattuto in gattabuia.
Proprio per questo fatto il povero (affascinante, talentuoso e giovane) non trovava più lavoro.
Era ovvio, un nobile in galera era una notizia succulenta e tutti i giornali avevano iniziato a scrivere.
Insomma, il bel Aaron era stato lanciato in un orribile voragine chiamata "disoccupazione", in più da poco sua madre si era risposata e aveva lasciato a lui il giovane fratello Max.
Ma per sua fortuna adesso questo ricchissimo Sir Norrington era perseguitato da un'entità sovrannaturale.
Assaporò quel momento come se fosse un cucchiaio di gelato, tirò un bel respirò di sigaro e poi si alzò.
C'era solo un problema: dirlo a Max.
Attraversò la casa paterna in pochi secondi.
<<  Maximus...   >> e aprì la porta di quella camera, quella di suo fratello.
In quel preciso momento la puzza di chiuso lo invase, le pesanti tende di velluto scolorite coprivano il sole di mezzogiorno.
Aaron s avvicinò e con un lungo movimento secco aprì le finestre. Si pentì.
A terra c'erano vestiti di ogni genere, bottiglie di vino, sedie zeppe di fogli con assurdi scarabocchi.
Il letto era completamente sfatto ma non vi era nessuno all'interno.
Max giaceva a terra, ancora in abito da sera visto che la notte precedente aveva deciso di andar a far baldoria con il suo amico Bartolomeo imbucandosi ad un ballo di alta società. A guardarlo c'era riuscito. Il ragazzo era coperto dal piumone e con il cuscino a coprirgli il capo.
Russava in modo sonoro e pieno.
<<   Maximus! Alzati!  >> gli disse Aaron mentre lo tirava via dal piumone <<  Alzati!  >>.
Maximus, detto Max, era il secondo figlio di Clara e John Smith e dopo la morte di quest'ultimo aveva vissuto con la madre fino a qualche mese prima.
Purtroppo quando compì sedici anni Max era stato mollato davanti l'uscio di casa del fratello maggiore.
Non vedeva Aaron dalla morte del padre, tre anni prima, e quando bussò si trovò d'avanti un bell'uomo di ventisei anni, col viso sofisticato, con una barbetta incolta e grossi occhi neri con occhiaie.
E così suo fratello l'aveva accolto in casa e lui, come un profugo, si era preso la stanza più grande di tutte.
Aaron quindi era stato costretto per più di un anno a tenere un fratello incontrollabile in casa.
Anche se giovane Max aveva iniziato a portar disprezzo verso sua madre che aveva deciso così dal nulla di risposarsi.
In quel momento però il ragazzino era troppo stanco per rispondere a quelle imprecazioni, dopotutto era tornato a casa alle sei del mattino.
<<   MAX! Maledizione alzati!  >> e con i nervi a fior di pelle Aaron gli stampò un calcio nel fianco. I suoi stivali di cuoio affondarono nel corpo rilassato del giovane, questo saltò in piedi e atterrò sul letto.
<> urlò lui massaggiandosi il fianco <<  M i hai fatto male!  >> disse.
Max aveva sul collo e sulle guance impronte di rossetto, il colletto era stropicciato e macchiato di rosso e la cravatta giaceva larga sul collo. Anche la povera giacca era tutta stropicciata, la manica era tutta scucita sulla spalla. Max aveva di certo fatto festa.
<<  Non m'importa! Alzati dobbiamo andare!  >>
<<  Andare? Andare dove??  >> chiese spogliandosi.
<<  Ti fidi di me??  >>Aaron sembrava posseduto da una strana energia.
<<  NO!  >>.
Max, al contrario del fratello, amava far baldoria e far tutto ciò che per lui era comodo. Aaron invece amava il suo lavoro, anche se non era un vero e proprio lavoro, amava dormire e fumare ma rispettava i propri limiti.
Max ricordava in un certo senso sua madre, spirito libero e fannullona mentre, Aaron era d'aspetto e di carattere uguale a suo padre.
<<  Tu fidati. Non morirai se per una volta non poltrirai fino a mezzodì! Si lavora!  >>.
Descrivere la scenata che ne seguì è a dir poco difficile, le urla si sentirono fino alla strada e i passanti attraversavano per timore di qualche oggetto volante che non attese ad arrivare.
I vestiti sporchi e le bottiglie di Max volarono nel giardino incolto seguiti da insulti e minacce.
<<  Non ci penso neanche! Caccia ai fantasmi, io!? Nono! Io voglio vivere!  >>
<<  Max, devo ricordarti che nostra madre ti ha lasciato qui, con i bagagli, dicendoti di rimanere con me?  >>.
Max si osservò i piedi, la verità era troppo per lui, sua madre dopotutto l'aveva fatto per il suo bene ma lui gli portava ancora rimorso.
<<  Andrò da Bartolomeo  >> disse secco lui mentre prendeva una valigia da sotto il letto.
Aaron afferrò il fratello per il polso e lo guardò dritto negl'occhi.
Se quelli del fratello maggiore erano neri come la pece quelli di Max erano turchesi come il mare all’alba.
<<  Andare a vivere da un tuo amico? Sì, vai. Dopotutto qui non ti comporti da abusivo... Tu verrai. Punto e basta!    >>.
Ci vollero altri dieci o quindici minuti di dura lotta verbale e almeno dieci minuti di annegamento nella vasca da bagno per convincere Max a partire.
Quando Aaron spiegò che c'era la figlia di sir. Norrington che vedeva questo spirito Max si interessò.
<<  Una figlia, eh... quanti anni avrà?  >>
<<  Adesso vuoi fare il cavaliere, Max?  >> chiese il fratello.
Max era quello che si definiva un "dongiovanni", più di una volta sua madre si era ritrovata a dover cacciare fuori dai guai il figlio.
Una volta una giovane fanciulla si era presentata alla porta, in lacrime, reclamando l'attenzione di Max che ovviamente se n'era già bello che svignata con un'altra.
<<  Sai com'è, una ragazza in pericolo ha bisogno di un cavaliere ...  >> disse lui già sognando.
Aaron non parlò con il fratello fino alla mattina del lunedì, mentre il giovane si era preparato valigie su valigie e le aveva appoggiate nell'atrio.
Max aveva solo una piccola sacca puzzolente sulla spalla.
<<  Hai intenzione di andare via solo con quello?  >> disse Aaron indicando l'oggetto.
Max alzò gli occhi e fissò il fratello come se avesse detto un'eresia.
Il fratello maggiore la sapeva lunga su quegl'occhi così allegri, sua madre (nelle numerose lettere che arrivavano ogni fine mese) diceva spesso che Max aveva un'espressione particolare quando la sua mente fabbricava idee strane.
<<  Cos'hai in mente, Max?  >> chiese con le mani sotto al mento e un'espressione calma.
<<  Credo che la bella figlia di "sir Norrington" morirà per me!  >>.
<<  Inizio a pensare che finirà male...  >>
<<  Come sei pessimista, fratello  >> e gli occhi di Max fecero un guizzo.

Alle sei del pomeriggio una carrozza di legno pregiato, con il tetto elaborato e numerosi ghirigori dorati sulle fiancate, si fermò davanti casa Smith.
Aaron notò che il cocchiere, un uomo di mezza età e con un naso aquilino, sembrava incredibilmente rigido.
I due meravigliosi frisoni neri, con redini brune e ciuffi cadenti, erano notevolmente calmi.
<<  Salve, sono Aaron Smith e lui è mio fratello Maximus ...  >> si presentò con garbo il primo dei due fratelli.
<<  Mi chiami Max, amico!  >> rispose a suo modo Max che venne freddato dal fratello.
Aaron, di pessimo umore, caricò le valige. Purtroppo erano talmente tante che il povero ragazzo dovette mettere i bagagli all'interno della carrozza.
Fu così che solo Max si sistemò nell'abitacolo e Aaron si accomodò di fianco allo strano cocchiere.
I meravigliosi cavalli, eleganti e massicci facevano intuire che i proprietari erano persone nobili e rispettabili.
Il cocchiere, con un gesto delle redini, partì con uno scossone e, con il naso all'insù e gli occhi socchiusi non proferì parola.
In poco più di dieci minuti la carrozza aveva attraversato le strade più larghe della città.
La piazza, gremita di persone al mercato, proiettava sguardi sul lussuoso mezzo, e Aaron sentì Max salutare il suo amico borghese Bartolomeo.
Il rumore degli zoccoli dei frisoni divenne più ritmato quando, dopo poco, la carrozza salì un lieve pendio; a quel punto Aaron decise di iniziare a far domande, dopotutto era il suo lavoro.
<<  Allora, lei è?  >> chiese, in modo più che garbato al cocchiere.
Questo, quasi controvoglia aprì gl'occhi e osservò il suo interlocutore.
Il suo enorme naso e gli occhi vitrei ricordavano a Aaron uno di quei vecchi cani emaciati e malati che aveva da bambino.
<<  Sono Willbur, il servitore più fidato della famiglia Norrington, ma avrei veramente piacere a sapere se lei non è l'ennesima fregatura  >> l'uomo parlava con una voce nasale e fastidiosa, di chi ha il raffreddore tutto l'anno. Aaron, comunque, non rimase sorpreso di quel modo di fare.
Esistevano, nel suo lavoro e in tanti altri, uomini di pochi scrupoli che inventavano di tutto per un po' di oro.
Ma lui, Aaron, gli spiriti lì vedeva (tutti potevano vederli in realtà), lì sentiva e a volte riusciva anche a parlarci. Adesso però la sua paura si fondava sulla collaborazione del fantasma, tutto il suo lavoro dipendeva da quanto quella strana entità avesse collaborato.
<<  Non si preoccupi, io vedo e sento, posso provarglielo se vuole...  >> disse lui, mentre proprio vicino ai due grossi frisoni neri comparve un puledro bianco.
La strada era cambiata, adesso non vi era più verde ma grossi alberi dai tronchi neri e spogli, la neve iniziava a riempire i lati della strada e non c'era nessuno in giro. Proprio per quello Aaron aveva deciso di richiamare (bastava chiedere, diceva lui, se uno spirito uno spirito è buono e puro, uscirà da se) un’entità benigna.
Tutti gli animali fantasma, sia lupo che agnello, hanno le anime pulite e buone. La loro vita è finita come la natura vuole, secondo il cerchio della vita e il volere della terra.
Il cocchiere però non sembrava sapere ciò e nel più completo terrore lanciò i cavalli al galoppo.
Il puledro bianco, dai contorni sfocati e l'immagine evanescente, galoppo quasi felice vicino ai due cavalli vivi che, di certo, non sembravano disturbati dalla sua presenza.
<<  Si fermi!  >> ordinò Aaron.
<<  Ma che succede?  >> chiese invece Max con la testa fuori dall'abitacolo mentre si reggeva una bombetta nero lucido sul capo.
<<  Niente, Max! Levati quel cappello dalla testa!  >> urlò il fratello maggiore mentre prendeva le redini e fermava i cavalli. Il puledro fantasma trottò intorno alla carrozza e con un balzo nel vuoto, proprio davanti al cocchiere, sparì in una nuvola di vapore bianco.
Aaron, con il fiato corto, si sistemò i capelli scompigliati e osservò il cocchiere.
<<  Io non sono un truffatore, quello è un puledro del vostro maniero, vero?  >> chiese il giovane.
 Il signor Willbur lo guardò con tanto d'occhi e fece di sì con il capo.
<<  Sì, quello era una bestiola delicata … ma è morto ...  >>
<<  Durante l'inverno, troppo freddo per una povera bestia piccola come quella ...  >> spiegò Aaron.
Gli occhi del cocchiere si spalancarono per lo stupore, lasciò intravedere il suo terrore e poi, con estrema calma, ripartì.
<<  Ma cos'è successo?  >> chiese da dietro Max, con ancora la bombetta sul capo.
<<  Levati quel cappello, Max!  >> latrò il fratello.
<<  Mi sto facendo bello per la mia Sara!  >>.
Solo in quel momento il cocchiere fece una fragorosa risata, di quelle veramente subdole.
<<  Arrenditi ragazzo. Suo padre le cerca marito da quando ha quindici anni, non sarai tu il suo boccone  >>.
<<   Donna difficile, vero?  >>
<<   No, donna giovane e insicura.. . >> rispose il cocchiere Willbur curvando leggermente a sinistra, in un meraviglioso viale alberato composto da platani secolari che filtravano una luce tenue.
Aaron rimase con tanto d'occhi nel vedere, in fondo alla strada, un'enorme villa quadrangolare con una meravigliosa terrazza e pompose gargolle. Le pareti erano tutte di pietra bianca e nascondevano due piani enormi.
Max, con il naso all'insù ammirava lo splendido e suggestivo paesaggio.
Infatti il giardino, o meglio, il maniero. Era invaso da un prato verde e rigoglioso, pieno di grossi alberi pronti e pacati a far ombra, il viale acciottolato era abbellito da vasi e anfore di tempi andati.
Davanti all'entrata c'era un'enorme fontana con un guizzo d'acqua alto un paio di metri e decisamente pomposo. 
All'interno vi nuotavano meravigliosi pesci colorati e bellissime tartarughe.
Da lontano, molto lontano, si intravedeva un bellissimo laghetto con un grosso ponte e un salice sulla sponda. Aaron pensò che quel meraviglioso luogo era troppo irreale per essere vero.
I grossi cavalli si fermarono con un gesto secco.
<<  Siamo arrivati ...  >> disse Willbur, ancora un po' scosso.
Max era già sceso dalla carrozza e si era affacciato a vedere i pesci all'interno della fontana, per piacere di Aaron una delle tartarughe più grosse gli morse il dito.
<<  Maledetta bestiaccia! Staccati!  >> urlò Max, senza pudore, lanciò un paio di imprecazioni.
Si fermò solo quando la tartaruga mollò la presa e sparì nel fondo della fontana.
<<   Spero che non le abbiate fatto male ...   >> disse una voce molto pacata e profonda dalla porta della villa.
L'uomo che parlava era il signor Mortimer Norrington, un uomo molto alto e massiccio, con capelli biondi e baffi a manubrio del medesimo colore, aveva due occhi verdi che sembravano fari.
Indossava, come ogni uomo aristocratico, un vestito sontuoso e nero.
<<  Mio fratello non recherà più danno alle vostre belle creature, sir.  >> disse Aaron afferrando il fratello minore e costringendolo a stare a capo chino.
<<   Quelle? Quelle bestie sono di mia moglie e mia figlia. Se farete un giro nella mia dimora noterete che vi sono anche pavoni e meravigliosi cavalli di razza   >> spiegò il nobile <<   Chi di voi due è il "cacciatore di fantasmi"?   >> chiese.
Aaron fece un passo avanti e, con molta fermezza disse: <<   Io, ma non mi definisco "cacciatore", bensì un semplice intermezzo...   >>
<<  Beh, siete voi che avete fatto arrestare il duca Nelli, giusto?  >>
Il povero Aaron già sentiva il suo denaro volar via da lui quando, con un cenno, disse di sì.
<<    Bene, quell'uomo era un vero barbaro, non più nobile di una capra... l'unica cosa che mi è dispiaciuta è che quella povera fanciulla sia morta... impiccata giusto?  >>
<<   E buttata in un fossato...   >>.
<<  Povera donna. Un peccato, veramente un peccato.   >>

La lussuosa tenuta Norrington era a dir poco infinita.
Max si era bello che dileguato a cercare la figlia di Mortimer e Aaron era rimasto solo con il nobile.
L'uomo, in completo silenzio, aveva guidato il giovane dietro alla villetta.
Aaron Smith, bello, intelligente e affascinante ebbe un brivido lugubre nel vedere un enorme gargoyle di pietra a circa due metri da terra. L'orribile creatura aveva le ali da pipistrello semi aperte e dalla bocca zannuta fuoriusciva dell'acqua che, placida, si riversava dentro un grosso abbeveratoio per cavalli.
Ci vollero un paio di minuti per capire che, gli ultimi trenta metri percorsi erano stati impiegati solo per girare l'angolo della grossa casa. Il nobile Norrington si avvicinò al recinto più vicino e chiamò, con un fil di voce, il nome di uno dei suoi stallieri: Achille.
Egli era un giovane muscoloso e di bell'aspetto ma che dava l'impressione di essere una persona semplice e pacata.
<<  Porta a me e al mio ospite i migliori stalloni  >> disse il sir senza degnarlo di uno sguardo, come se fosse cieco. Achille, con incredibile calma rientrò nella stalla e ne uscì poco dopo con due meravigliosi purosangue arabi dal manto sauro. Avevano le zampe lunghe e la muscolatura di animali tenuti bene in allenamento.
<<  Mio giovane amico, per vedere le mie terre non c'è niente di meglio di un buon cavallo   >> e diede due pacche sulla spalla dell'equino. Salì in sella e, con un colpo secco, partì direttamente al trotto. Aaron osservò per qualche secondo Achille che distolse lo sguardo in un lampo.
Il giovane Smith partì a passo veloce, il trotto non era il suo forte.
Mortimer Norrington era il classico uomo bramoso di ricchezza, le sue terre erano ricche di piante esotiche e di animali altrettanto altezzosi.
L'uomo possedeva un numero di cavalli di razza fuori dal comune, tanto che aveva creato un vero e proprio business; una ventina di fenicotteri , cigni, anatre, meravigliosi falchi, poiane, cani da caccia, da guardia e da compagnia.
Aaron rimase a bocca aperta nel vedere il meraviglioso laghetto che, poco prima, aveva visto da lontano.
La parola "laghetto", a sua detta, non era di certo il termine perfetto. Era enorme, il ponte era largo almeno un metro e lungo sei.
Al di sotto vi erano ninfee rosa e bianche, un numero infinito di calle e piantine e, con sorpresa di Aaron, almeno dieci grosse carpe.
Per un attimo fu convinto di vederne una bianca come il latte e con gli occhi azzurri.
<<   Ma...  >>
<<   Bello vero?   >> disse orgoglioso il nobile <<  Questo laghetto l'ha voluto la prima dei miei cinque figli. Aveva gusto la mia Angie   >>.
Che sir Norrington avesse cinque figli ne era sicuro, aveva letto qualche articolo di giornale su quanto quest'individuo fosse generoso.  In più, con sorpresa, aveva scoperto che il ricavato di molti dei suoi affari con i cavalli era rivolto a un orfanatrofio della periferia della sua città natale.
<<  Sua figlia Angie?  >>
<<   Sì, era molto bella, mia figlia. Intelligente come pochi. Tutti i nobili le andavano dietro e lei, come una vera diva, li rifiutava tutti  >> sembrava fiero di quello che diceva ma i suoi occhi erano lucidi.
<<  Perché parla al passato, signore?  >> chiese Aaron, l'aveva notato solo in quel momento.
<<  Mia figlia è scomparsa sei anni fa  >>.


Max era sgattaiolato silenzioso e cauto nelle cucine.
Il suo primo intento era stato quello di trovare la figlia di Sir. Norrington ma un languore l'aveva deviato mentalmente.
Con un olfatto fine come il suo, guidato dai morsi della fame, era scivolato dentro un enorme atrio con il pavimento di marmo bianco e nero. Davanti a se aveva una gigantesca scala che si biforcava, una rampa andava a destra e l'altra a sinistra. Era ovvio che alla servitù che lavorava nelle cucine era scomodo stare ai piani superiori perciò Max deviò il suo sguardo sulle varie porte presenti.
Ce n'erano tre per parete, una più pomposa dell'altra, tutte bianche e oro, con maniglie lucide e elaborate.
Max, vissuto in una casa modesta (ma non troppo), non era abituato a tutto quel lusso sfrenato; perciò andò a naso. Sentì un profumino delicato di pollo arrosto, di quegl'aromi che trascina il vento per errore. Seconda porta a sinistra, ne era sicurissimo: L'aprì.
Il suo naso l'aveva sicuramente preso in giro, davanti a se non c'era un bel pollo succulento ma il vecchio e nasuto Willbur.
<<  Mi dica, signorino...   >> disse con voce nasale e anonima.
<<  Le cucine? Ho una gran fame, Will!  >> esclamò lui, dando una sonora pacca sulle spalle all'uomo.
Con la sua aria assente e scontrosa, senza degnarlo di uno sguardo, Willbur disse:
<<  Mi chiamo Willbur, signorino Maximus Smith. E la informo, con cordialità, che il pranzo, in realtà la cena, sarà pronta a momenti  >>.
Max si sentì offeso, stava per fare una brutta battuta sull'enorme naso dell'uomo quando un ragazzino, molto più piccolo di Max (esagerando aveva tredici anni), comparve.
Era un bel ragazzino, ma dal viso bambinesco, molto simile al padre (biondo e occhi verdi).
<<   Oh su! Will, dai uno stuzzichino al nostro ospite...   >> disse, anche la voce era molto acuta, ancora da fanciullo.
<<  Sì, signore   >>.
<<  Tu devi essere Aaron Smith! Sei venuto a levarci di dosso quel fantasma psicopatico?  >> chiese il ragazzino, ma Max non rispose.
I suoi occhi di ghiaccio si erano soffermati a ciò che c'era dietro al ragazzino: una bellissima ragazza dagl'occhi verdi e i capelli castani.
<<  Signor Aaron?  >> chiese di nuovo il ragazzino, solo allora Max riprese a guardare il piccolo.
<<  Non sono Aaron...sono suo fratello Maximus, ma puoi chiamarmi Max ...   >> disse rivolto a lui, poi alzò il collo e con un tono di voce bello alto disse:  <<  Anche lei può chiamarmi Max, signorina!  >>.
Lei rise, anche gli occhi brillavano felici per le attenzioni date, ma subito un altro ragazzo, molto più basso del ragazzino, comparve dal nulla.
I due erano molto diversi, se il primo era biondo, l'altro era bruno e se l'altro aveva gli occhi verdi l’altro li aveva neri.
<<  Oh, mi scusi Maximus. Io sono il quinto figlio della famiglia. Sono Leonard, quello laggiù invece è Andrea; al suo fianco la mia sorella maggiore Sara  >>.
Ma l'unica cosa che Max percepì fu il nome della ragazza.

 

<<  Come può notare, signor Smith, questa è ormai la mia casa… mi ero scocciato di vivere in città e di dover avere a che fare con la "plebe". Così, da un giorno all'altro, ho raccolto me, mia moglie e i miei figli e mi sono trasferito qui. La mia Angie è scomparsa circa un anno dopo. Il minore dei miei figli, Leonard, aveva a mala pena sette anni  >>.
Aaron aveva capito quindi che tutta la famiglia amava follemente la nuova casa e che Angie era invece molto amante di quel laghetto.
<<  Mia figlia Angie...  >> continuò il nobile <> e indicò, sulla sponda destra del lago, un grosso salice dai rami pigri. <<  E leggere, o disegnare... A volte faceva entrambi. Poi un giorno, come se nulla fosse, sparì nel nulla  >>.
<<  Non sa il perché?  >> chiese Aaron, aveva detto quella frase in modo più che pacato ma lo sguardo che gli venne rivolto fu decisamente peggiore.
<<  No. Non lo so  >>.


<<  Maximus, Maximus Smith  >> disse il ragazzo dalla faccia tosta ma dai bei lineamenti mentre baciava la mano della giovane Sara.
La ragazza, della stessa età di Max, indossava un bel vestito celeste con una gonna a balze, un corsetto stretto e maniche a palloncino bianche. Max pensò che anche se era molto pomposo non risultava però così esagerato.
<<  Io sono Sara Norrington, mio simpatico ospite  >> disse lei cordialmente, gli occhi della ragazza sembravano quelli di una gatta.
<<  Onorato di esserlo...Sar... Signorina Norrington  >>.
Andrea, leggermente a disagio, spezzò gli sguardi dei due e strinse, un po' troppo forte, la mano di Max.
<<  Andrea.... Andrea Norrington ...  >>.
<<  Piacere  >>. Max sembrava un po' troppo allegro per i gusti del nobile.

 

Rieccomi!
Allora, spiego in breve la mia idea: questo racconto è nato nel 2011, quando ero in terzo superiore ed è uscita semplicemente pensando alla mia compagna di classe, molto amante dei fantasmi e del “dark”. Quindi abbiate pietà!!
Il racconto si divide in 5 capitoli belli lunghi per il semplice fatto che ho solo riletto e corretto i capitoli senza toccarne le forme e le scene… in sintesi ho solo tolto i suicidi grammaticali ecce cc.
Grazie per aver letto questo prima capitolo!
Scusate se avete letto il capitolo senza dialoghi, ho avuto un paio di problemini!

   
 
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