Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
Segui la storia  |       
Autore: IleWriters    13/03/2015    1 recensioni
[Storia scritta con Misery007]
Capelli biondi e occhi blu. Capelli neri e occhi viola. Le due gemelle Ilenia e Misery non potrebbero essere più diverse. Nate sotto l'influsso di una cattiva stella, entrambe sono costrette a convivere con un'immenso dolore. Una per via di un dolore che pian piano, segretamente, le sta divorando l'anima. L'altra per la malattia e le sue conseguenze. Una dovrà essere la luce per l'altra. Una le tenebre. I due ragazzi che hanno fatto breccia nei loro cuori dilaniati ce la faranno a salvarle? O le gemelle si autodistruggeranno prima?
Genere: Comico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nathaniel, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Capitolo III - Dreaming home



 

Usciamo dall'aeroporto e ci dirigiamo alla fermata della navetta del terminal 2E. Abbiamo salutato la famiglia dei gemelli dandoci appuntamento al bar dato che loro devono noleggiare un auto almeno per il primo periodo in cui si trovavano qui a Parigi. Ilenia ha spiegato loro la strada in maniera a dir poco impeccabile, chi sa per quale motivo conosce così tanti modi per raggiungere quel bar? Probabilmente vivere tanto a lungo nello stesso luogo aiuta l’orientamento, penso spiegandomi in modo sbrigativo l’eccezionale conoscenza delle strade da parte di mia sorella. Mentre ripenso a quanto accaduto pochi minuti prima vedo fermarsi di fronte a noi un pulmino. Le ante di quel piccolo automezzo si aprono e noi saliamo a bordo seguiti dai nostri due trolley che papà appoggia sul porta bagagli sopra le nostre teste. Il posto in cui siamo seduti è in fondo al pulmino ed essendo in quattro ci stiamo anche relativamente comodi anche se a mio parere quello è un posto troppo stretto e angusto. Vedo mamma estrarre un cellulare dalla borsa e spedire un messaggio, non saprei nemmeno dire a chi poi sento uno strano rumore provenire dalla borsa di Ilenia.

 

«Sorellina credo ti sia arrivato un messaggio.» Le dico sorridendole.

«Davvero?» Chiede aprendo la borsa e notando il display illuminato del suo apparecchio elettronico. «Hai un ottimo udito sorellina.» Dice sorridendo e rispondendo a quel messaggio prima di chiudere la borsa.

 

Il viaggio che ci porta dal terminal al parcheggio dura all'incirca una decina di minuti e una volta usciti dalla navetta ad attenderci c’è un gigantesco SUV nero con vetri oscurati e un uomo con due magnifici occhi verdi smeraldo nei quali si poteva intravedere un animo affidabile e rassicurante, un lieve sorriso dolce sul volto, capelli neri con un taglio molto corto e ordinato. Era alto quanto nostro padre ed indossava un elegante uniforme tipica degli autisti, non era cambiato molto negli anni e sembra lo stesso ventenne che papà aveva assunto l’anno in cui noi eravamo stati costretti a partire.

 

«Signora Amandine.» Aggiunge inchinandosi verso mamma e aprendo la portiera dell’automezzo per poi ripetere l’inchino verso ognuno di noi. «Signorina Ilenia. Bentornato signor Jacques, è un onore riaverla qui e questa meraviglia deve essere la signorina Misery.» Conclude facendomi un galante baciamano.

«L-l-la ringrazio.» Dico imbarazzata mentre papà gli consegna le nostre valige da mettere nel portabagagli.

«Ottimo lavoro Anthony, ora potresti condurci fino al bar Pierrier-Jouët in centro?» Chiede sorridendogli.

«Certamente signore.» Conclude inchinandosi a papà per poi chiudere lo sportello dell’auto dopo che anche lui è entrato nell'abitacolo.

 

Anthony fa il giro dell’auto per poi sedersi al posto di guida, si sistema il cappello e poi parte verso l’autostrada “A1” diretto in centro città verso quel bar dove ci eravamo dati appuntamento con la famiglia dei gemelli.

 

 

Il viaggio non è molto lungo e io lo passo quasi completamente persa ad osservare la scena fuori dal mio finestrino, dopo circa una ventina di minuti siamo in centro di fronte ad un luminosissimo edificio di due piani con ampie finestre ed infissi neri in contrasto alle pareti esterne completamente bianche. Dopo circa una decina di minuti ci raggiungono i gemelli con i loro genitori e tutti insieme entriamo in quel locale. Il bar è luminoso ed arioso per via delle molteplici finestre. Le pareti sono tutte nere con stampato il logo contenete il nome di quel luogo sulla parete situata dietro il candido bancone del bar. Il luogo ha un mobilio di colore prevalentemente bianco, ma con un accenno di viola, di rosa, d’argento e di nero alternati. Ci sediamo in un tavolino vicino al muro con quattro poltroncine di similpelle bianche ognuna delle quali possiede un cuscino di colore diverso dall'altro alternati come nello stile del locale, nella parte attaccata al muro vi è un grande e comodissimo divanetto in similpelle bianco con lo schienale in tessuto viola. Per finire il tavolino è bianco con gambe in ferro battuto verniciato di nero metallizzato raggiante. Armin si siede sul divanetto e Alexy, sedendosi a fianco del fratello, mi trascina al suo fianco, i posti sul divanetto vengono occupati per finire da Ilenia che prende l’ultimo posto mentre i nostri genitori si accomodano sulle poltroncine di fronte a noi. Io, come sempre, mi siedo con le gambe accavallate, i palmi delle mani poggiati sopra le ginocchia e la schiena perfettamente dritta poggiata allo schienale del divano e vedo fare lo stesso anche a mamma. Siamo comunque molto simili pur essendo rimaste distanti così a lungo, penso mentre un lieve sorriso prende posto sul mio volto.

 

«Hey Ile, con quanta gente sei venuta qui oggi?» Dice una voce bassa e rocca, ma comunque con una sonorità dolce avvicinandosi.

«Viiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiik!!!» Urla lei entusiasta saltando al collo del ragazzo che si era avvicinato al nostro tavolo.

 

Quel ragazzo è alto e muscoloso, indossa un paio di jeans che gli fasciavano perfettamente il corpo giovane e allenato, porta una camicia nera sovrastata da una cravatta viola che sembravano evidenziare perfettamente i suoi addominali scolpiti, sul taschino destro vi è una targhetta argentata con scritto Viktor, il suo look è ultimato da un grembiule nero con tre tasche come indossano tutti i camerieri e due piercing argentati sull'orecchio sinistro. Il suo volto è un po’ spigoloso, ma i suoi occhi sono due dorate cascate ricolme di dolcezza, il sorriso è tirato dati i suoi lineamenti freddi, ma comunque molto sincero e per finire ha dei capelli neri con un taglio a caschetto disordinato. Lui si gira verso mia sorella e le schiocca un dolce ed affettuoso bacio sulla guancia scatenando così l’immancabile istinto paterno.

 

«He-hem… Ilenia chi è questo ragazzo? Come mai siete così vicini?» Chiede papà lievemente adirato.

«Papà…» Aggiunge Ilenia con la faccia di chi è consapevole di essere finita in una valanga di guai. «Lui è Viktor, il proprietario, nonché capo cameriere di questo posto.» Aggiunge con un sorriso che sembra urlare ti prego metti via le torce e i forconi.

«Jacques caro, Ilenia lavora qui da quasi due anni ormai, per lei Viktor e come un fratello, non che il suo capo.» Aggiunge mamma cercando di rassicurarlo.

«La ringrazio signora per l’alta stima che hai di me.» Aggiunge il bellissimo cameriere che è ancora affianco ad Ile.

«E tu ti fidi di questo qui Amandine? Quanti anni hai ragazzo?»

«Ne ho ventuno signore, ma non si preoccupi, non oserei mai e poi mai torcere un capello a sua figlia.» Dice Viktor guardando nostro padre con una faccia alla non voglio morire, son troppo giovane.

«Hum… Per sta volta mi fiderò. Non fatemene pentire.» Aggiunge papà guardando accigliato Ilenia che torna a sedersi accanto a me.

«Bello vero?» Mi sussurra a quel punto lei tornata al mio fianco, io sorrido e annuisco a ciò che ha detto. «Comunque Vik lei è mia sorella gemella Misery e lui come avrai già capito è mio padre Jacques, mentre loro sono amici di famiglia.» Conclude sorridendogli.

«Signori è un vero piacere conoscervi e Misery sei più bella di quanto continuasse assillantemente a ripetermi Ilenia.» Aggiunge Viktor sorridendomi.

«G-g-grazie, sei molto gentile.» Rispondo lievemente imbarazzata.

«Allora signori siete pronti per ordinare?» Chiede lui a quel punto riferito all'intero gruppo. «Ilenia per te il solito croissant alla marmellata d’albicocche e un succo all'albicocca giusto?» Chiede lui sorridendole.

«Certo Vik.» Afferma lei sorridendogli.

«Per lei signora Amandine cappuccino e croissant integrale con miele?» Chiede lui riferendosi a mamma.

«Come sempre, vedo che hai una buona memoria.» Gli sorride mamma.

«Grazie signora, voi cosa desiderate?» Chiede riferito a noi.

«Un thè alla pesca e un croissant integrale con miele grazie.» Dico io in risposta.

«Per me invece croissant alla cioccolata e un succo ace.» Aggiunge Armin affamato.

«Anche per me un croissant alla cioccolata con un cappuccino.» Afferma suo padre Max.

«Anche per me un cappuccino con un croissant all'albicocca.» Dice papà.

«Anche a me un cappuccino con un croissant alla crema, grazie infinite.» Aggiunge Emily sorridendo in modo alquanto eccessivo a Vik.

«E per finire io vorrei un croissant alla crema con un succo alla pera grazie.» Conclude Alexy.

«Perfetto quindi sono quattro cappuccini, due croissant alla crema, due alla cioccolata, due all'albicocca, due integrali più un succo alla pera, un ace, un succo all'albicocca e un thè alla pesca giusto.» Dice Viktor controllando di aver preso nota di tutto.

«Sì.» Rispondiamo in gruppo.

«Ve li porto subito allora.» Aggiunge lui prima di tornare al bancone del bar.

 

Mentre attendiamo le nostre ordinazioni Ilenia mi spiega che il locale ha anche un altro piano interrato le cui sale vengono prevalentemente utilizzate per le feste serali e fungono come disco pub. Il luogo e il lavoro di mia sorella sembrano stupendi e dicono molto della sua personalità energica ed espansiva, sono contenta di avere una sorella come lei. Mentre penso Viktor comincia a servire i cappuccini e le bevande tornando poco dopo con i croissant caldi. Io ormai comincio a sentire il peso del jet lag, ma non lo do a vedere contrariamente ad Armin che sta praticamente dormendo in piedi mentre mastica pigramente il suo croissant alla cioccolata. Io comincio a masticare il mio croissant integrale, è caldo e delizioso ed il suo sapore è ricco e gustoso in più il miele al suo interno lo rende estremamente dolce. Restiamo lì per almeno una ventina di minuti a mangiare e a chiacchierare tranquillamente fino a che papà non chiede alla famiglia dei gemelli.

 

 

«Emily, Max, ragazzi che ne dite di venire a cena da noi domani sera?» Chiede papà che ancora non è tornato a casa e già comanda. Tipico.

«Certo ne saremo onorati.» Risponde energicamente Emily, ma come fa ad essere sempre così attiva?

 

Continuiamo a chiacchierare ancora un po’, poi mamma scrive l’indirizzo di casa nostra su un foglietto con una penna estratti entrambi dalla borsa che porta con se. Ci alziamo, salutiamo Viktor e poi ci dividiamo tornano ognuno alla propria casa. Anthony ci attende fuori e, dopo averci aperto lo sportello, ci fa salire in macchina e poi ci porta verso casa, non vedo l’ora di rivederla ma sono molto stanca e poco dopo essere partiti appoggio delicatamente la testa sulla spalla della mia dolce sorella, sono serena e calma perché finalmente siamo diretti a casa. Questo è il primo momento in cui finalmente sono tranquilla e posso finalmente sognare senza preoccuparmi di qualche visita o di qualche impegno che potrebbe rovinare il mio meritato riposo. Sto tornando, sono nel luogo in cui per tredici lunghi anni ho sperato di tornare, sono a casa.

 

 

-<>-*-<>-

 

 

Lasciato il bar la strada per arrivare fino a casa è breve, ma Misery si addormenta poco dopo la nostra partenza. È così bello vederla dormire e sorride, mi chiedo a cosa starà pensando, poggio la testa su quella di lei, che è delicatamente adagiata sulla mia spalla, guardo fuori la città e i vari negozi che se fosse sveglia gli indicherei uno per uno. Passiamo di fronte alla scuola e al parco, ma dopo circa dieci minuti di strada ecco aprirsi di fronte a noi l'enorme cancello in ferro battuto elegantemente lavorato e tinto di nero. Entrando davanti a noi troviamo una gigantesca piazzola tondeggiante circondata dall'immenso giardino che circonda la casa, nel certo vi è una meravigliosa fontana in marmo candido scolpito a mano a forma di chiave di sol. In estate è a dir poco stupenda con l'acqua limpida che scorre senza sosta e le ninfee che la riempiono, attorno ad essa ci sono quattro panchine a loro volta circondate da una siepe perfettamente curata. Sullo sfondo di questa poetica visione si erge maestosa la nostra villa, sopraelevata di circa tre metri dal suolo della piazzola ed unita ad essa da un ampia scalinata quasi fiabesca. La villa è di circa tre piani, senza contare la soffitta e l'enorme taverna, nella parte anteriore centrale precedente all'ingresso ci sono quattro colonne altissime, due per parte, bianche quanto la neve che collegano il tetto al suolo, ma che stanno lì più che altro per far scena. La villa è grande e piena di luminose finestre ed ampie terrazze. Ha una tinta chiara tendente al beige che è richiamata anche dall'ampio garage e dalla dependance che si trovano ai lati della villa. Insomma noi viviamo in una villa in stile moderno che conclude il viale aristocratico in cui ci troviamo.

Scuoto dolcemente mia sorella, che alza lentamente la testa.

 

«Sveglia dormigliona, siamo a casa» le dico sorridendo. Il fuso orario deve averla fusa del tutto.

«D-Davvero? Non sto sognando?» chiede lei stropicciandosi un occhio con voce bassa e roca da appena sveglia.

 

Io le annuisco e le indico la casa sorridendo, lei si appiccica con il naso al finestrino e guarda con gli occhi lucidi la casa e un sorriso a trentadue denti sul volto. Anthony parcheggia davanti la fontana e scende per venire ad aprire gli sportelli e permetterci di scendere.

Misery si fionda fuori dalla macchina e corre verso la fontana sorridendo e poggiando le mani sul marmo candido, sorrido e la seguo, sistemandomi la borsa sulla spalla, però non mi fermo alla fontana, la supero e salgo gli scalini di marmo che conducono alla nostra enorme porta a quattro ante, in legno scuro e finemente intagliato e con il vetro smerigliato creando l'effetto vedo non vedo. Prendo le chiavi dalla mia borsa e sento il profumo vanigliato di Misery dietro di me, sorrido e apro la porta entrando nella nostra magnifica casa. Questa casa che era stata del nostro nonno paterno, dei suoi genitori prima di lui e così via. Ovviamente negli anni era stata restaurata, ma da quando io e Misery eravamo nate avevamo solo aggiunto una piscina coperta e una esterna.

 

 

Appena entriamo allungo una mano verso destra e clicco sull'interruttore della luce. Sei faretti si accendono nel semicerchio sopra di noi, altre due luci si accendono ai lati della porta, mentre al centro della stanza regna un lampadario con tanti dischetti di madreperla che scendono come una pioggia verso il basso.

Sorrido davanti l'espressione entusiasta di Missy e mi pulisco le scarpe nel tappeto a semicerchio davanti la porta e vedo Missy fare lo stesso, per fortuna, così mamma non darà di matto perché potremmo averle sporcato il pavimento di marmo. Scendo i due piccoli gradini a semicerchio in granito color crema scuro, mentre le pareti sono un crema chiaro. Le due rampe di scale che portano al piano di sopra sono collegate al semicerchio sopra la porta principale e sono fatte con il piano di legno scuro lucido e la parte in verticale con dei piccoli mattoncini delle varie tonalità di crema messi a mosaico. La ringhiera è in ferro nero battuto, mentre il corrimano in legno è finemente intagliato ai lati e alla fine. Misery continua a guardarsi intorno estasiata.

 

«Vieni, andiamo di sopra» le dico sorridendo e salendo sulla rampa di scale sulla destra.

«Nelle nostre stanze?» sorride mentre mi segue su per le scale.

 

Io le annuisco e arrivo sul ripiano dove c'è il balconcino che da sull'ingresso e salgo altri quattro scalini che si trovano sulla destra. Al muro ci sono appese tantissime foto. Alcune di quando io e Misery eravamo neonate, altre di quando eravamo bambine e le altre ritraggono solo me e mamma e altre solo papà e Misery a Seattle. Le ho sempre odiate quelle foto. Era la prova ufficiale che eravamo una famiglia divisa, dilaniata dalla malattia bastarda di mia sorella. Sorrido pensando che adesso è tutto finito, loro sono tornati, Missy sta bene. E' tutto passato.

Cammino per il piccolo corridoio che da sempre sull'atrio principale poi svolto nel corridoio. Ci sono tre porte sulla destra e due sulla sinistra, altre foto appese lungo le pareti, alcuni sono dipinti di paesaggi di mare al tramonto, mi trasmettono sempre una tranquillità interiore, sorrido e mi giro a vedere Misery, che da come fissa il quadro di un faro solitario su uno scoglio sul mare con le sfumature arancioni, gialle e rosate del tramonto, mi fa capire che anche a lei quella visione le dona tranquillità.

 

«E' il mio preferito» le dico sorridendo.

«Piace tanto anche a me» mi dice sorridendo con gli occhi ametista estasiati. «Non ho visto il mare molte volte» mi guarda e scrolla le esili spalle sconsolata.

 

La cosa mi rattrista. Io ho avuto così tanto e lei no. Mi tiro giù la manica destra e la trattengo tra le dita e procedo verso le scale che salgono al piano superiore, quello dove stanno tutte le camere, persino quella di Anthony.

 

 

Il corridoio delle scale è tra il muro dell'ufficio di papà e una serie di finestre che danno luce alla rampa di scale. Arrivo al piano di sopra e mi tolgo i tacchi. Il freddo del marmo mi fa sussultare, ma dopo poco i miei piedi si adeguano e procedo verso la mia stanza. La prima porta sulla destra è quella della stanza dei nostri genitori, la porta accanto è quella di Anthony e l'ultima sulla destra è quella della stanza degli ospiti, mentre la prima a sinistra è la stanza di Misery, così gliela indico.

 

«E' la tua» le dico sorridendo e mi fermo alla porta accanto alla sua. «Se mi cerchi sono qua dentro» le indico la porta con la testa e sorrido.

 

Lei annuisce e scompare dietro la porta. Sorrido e apro la porta della mia stanza. Le pareti sono di un color crema chiarissimo, mentre la parete dove si trova la testata del letto è di un rosa confetto. Mi dirigo verso una porta bianca, dietro la quale si trova la mia cabina armadio, e la spalanco buttandoci in modo poco ordinato le scarpe, poi la richiudo.

L'enorme porta finestra che dà sull'ampio balcone illumina la stanza, grazie al sole mattutino, sorrido e apro la porta per far cambiare aria, poi salgo sul piano sopraelevato dove si trova il mio letto di forma rotonda e vado a staccare la spina della fila di lucine gialle a stella che occupa la parete destra accanto al mio letto, ogni tre lucine ci ho fermato con dello scotch dietro delle polaroid che ho scattato. Ci sono delle foto con me e Misery da neonate, al nostro primo giorno di asilo, poi la foto del mio primo giorno di elementari, sorridevo solo con le labbra,ma non con gli occhi, non ero molto felice, solo l'anno prima Misery era dovuta partire con papà, e io ero molto triste a dover iniziare le elementari sola senza di loro. In quella foto avevo i capelli legati in una coda alta che mi arrivava alla fine del collo, non portavo ancora la frangia all'epoca, quella è arrivata ai tempi della seconda media. Avevo un grembiulino nero e sulla destra del petto avevo una stampa di Flora delle Winx, zaino delle Winx sulle spalle, jeans e converse nere. Nella foto salutavo mamma mentre entravo nell'edificio giallo canarino. Le foto dopo invece era il primo giorno di seconda elementare, stesso grembiulino nero ma i capelli sono raccolti in una treccia e accanto a me c'è un bambino dai capelli corti e neri, con una cresta sulla testa e due occhi grigi fumo. Ha un grembiulino più corto del mio, e ha stampato sul petto Goku al posto di Flora. Tiene le braccia incrociate e trattiene a stento un sorriso sulle labbra, fingendosi scocciato dal mio abbraccio. Sorrido e accarezzo il volto di Castiel da bambino. Nella terza foto abbiamo entrambi due sorrisi sdentati, a me manca l'incisivo superiore destro e quello inferiore sinistro, mentre a Castiel entrambi gli incisivi inferiori e l'incisivo superiore sinistro. Facciamo il segno della pace e portiamo i grembiulini allacciati intorno alla vita, gli zaini su una sola spalla e ci teniamo le braccia sulle spalle. Sembriamo pronti a conquistare il mondo. Le foto successive sono degli ultimi due anni di elementari, poi si susseguono i tre delle medie, dove al nostro duo si sono aggiunti Rosalya e Lysandre, che avevamo conosciuto quell'estate al mare. Rosalya, che al tempo aveva un caschetto candido che le contornava il viso e la frangetta centrale che le faceva spiccare gli occhi dorati, mi tiene un braccio intorno alla vita e l'altro intorno a Lysandre, anche al tempo vestito in modo vittoriano, che sorride educato verso l'obbiettivo della polaroid. Mentre dietro di me si trova Castiel, con il mento appoggiato sulla mia testa e le braccia intorno alla mia vita, sorridiamo tutti e quattro verso la mamma che scatta la foto. Sorrido, al tempo Castiel era ancora moro, e tutti eravamo ancora spensierati, ma troppe cose sono cambiate negli anni. Nella prima foto di superiori c'è un solo nuovo aggiunto. Nathaniel, che sta tra me e Rosalya, mi tiene un braccio fasciato dalla camicia bianca intorno alle spalle esili, la mano che mi circonda la spalla nuda, mentre l'altra è coperta dalla mia maglietta nera con stampata al centro Christina Aguilera, mentre alla mia destra c'è Castiel, che mi tiene la mano sul fianco sinistro, tutti e cinque sorridiamo davanti al cancello bianco del liceo “Dolce Amoris”. Guardo gli occhi ambrati di Nathaniel, che alla luce del sole sembrano d'oro, come i suoi capelli biondi miele. E' incredibile pensare che in seconda superiore, ai miei quindici anni, io e lui eravamo fidanzati. E' durata un anno e mezzo, poi in comune accordo ci siamo lasciati, e siamo rimasti ottimi amici. Guardo la foto dell'inizio della terza superiore. Ora è Nathaniel a starmi dietro e cingermi i fianchi con le braccia, il mento sulla mia testa e tutti e due con un sorriso felice. Si felice, ma non innamorato perso, nella foto manca Castiel, al tempo stava con Debrah e ci aveva abbandonati, o meglio con Lysandre ci parlava, con me no. La foto successiva è l'inizio della quarta superiore, Castiel è di nuovo tra noi, ma ora ha i capelli rossi e un sorriso a malapena accennato, mentre io gli tengo le mani incrociate sulla spalla destra, sopra le quali tengo la guancia destra e sono sulla punta destra con la gamba sinistra alzata e la punta del piede chiuso nella converse rosa tirata, lui mi tiene la mano sul fianco e accanto a lui si trova Lysandre che gli tiene una mano sulla spalla e l'altra sulle spalle di Rosa che a sua volta tiene una mano sul braccio di Nathaniel. Il mio sorriso si espande sapendo che in questo scatto ci sarà Misery. Questo mi fa ricordare che devo farmi una foto con lei. Così mentre prendo la polaroid dalla scrivania in legno chiaro, piena di libri, quaderni, astucci e fogli, sopra ci sono due mensole rosa, piene di libri e foto incorniciate, in una siamo io e Misery da neonate che dormiamo, in un'altra io e Rosalya davanti una discoteca, la sera dei miei diciotto anni. Io ho un vestito nero rivestito di paiette grandi, le maniche sono lunghe sino ai polsi, mentre la schiena è completamente nuda con la scollatura dell'abito che finisce morbida prima del mio sedere ed è corto sino a metà cosce e sta attillato su di esse, ai piedi piedi ci sono delle decollete nere scamosciate con i tacchi pieni di piccole borchie dorate, al collo ho una collana dorata e lunga, il ciondolo è un gufo con due pietre viola al posto degli occhi, i capelli sono raccolti in una lunga treccia che porto sulla spalla destra, e agli orecchi due orecchini a cerchio dorati enormi. Rosalya invece ha un semplice abitino in ecopelle nero, con una spalla coperta, e porta degli stivali dorati morbidi che le arrivano si sotto il ginocchio.

Sorrido e faccio per uscire quando mi ritrovo davanti mia sorella che si sta guardando intorno sorridendo, poi il suo sguardo si pianta sulla parete tra la porta del mio bagno personale e la porta finestra. Tutta quella porzione di parete è occupata da una sorta di libreria, e al centro incassato in dentro nella parete c'è un divano bianco con tanti cuscini bianchi, rosa e viola, sotto il divano ci sono tre cassetti, un rosa, uno bianco e uno viola. La parete lì è rosa con un motivo a fiori viola.

Sorrido e la prendo, prima che con la bava mi faccia un lago sul pavimento in marmo bianco e ci posiziono davanti alla porta finestra.

 

«Sorridi!» esclamo tirando su la polaroid con un braccio e posizionandola davanti a noi.

«No aspetta! Ho un aspetto osceno!» ribatte lei ridendo

 

Io non aspetto e scatto la foto ridendo. Quella viene fuori poco dopo, così io la prendo e inizio a scuoterla mentre rimetto la polaroid sulla scrivania.

 

«Infatti, ma anche io, stamattina mamma mi ha svegliata alle sei per essere pronta» le dico sorridendo.

«In effetti non volevo dirtelo, ma hai due occhiaie da paura» mi informa lei ridacchiando.

«Perché tu invece sei fresca come una rosa vero?» rido e appunto la foto accanto a quella di me al tavolo della discoteca con davanti la torta rosa a forma di numero 18 e accanto tutti i miei amici di scuola, Ambra inclusa.

 

Guardo la foto di me e Misery, i bordi sono leggermente sfocati, dato che ridevamo, ma siamo bellissime, gli occhi chiusi due sorrisi mozzafiato, occhiaie a parte, non saremo bellissime di aspetto, eppure quella foto è bellissima, contiene tredici anni di lontananza e di voglia di passare tutti i restanti insieme, la felicità di riessere a casa insieme. Mi siedo sul materasso ad acqua e mi stiracchio, invitando Misery accanto a me. Lei si siede e la vedo sussultare quando il materasso ondeggia sotto il suo sedere.

 

«Ma non ti viene il mal di mare?» mi chiede stendendosi sul letto.

«Naaah, anzi mi piace il movimento acquoso che fa» dico mentre la guardo.

 

La sua pelle candida spicca sul piumone con la stampa a fiori, sorrido e abbraccio un cuscino pail rosa shocking e ci mettiamo a parlare del più e del meno. Ci raccontiamo degli episodi divertenti che ci sono successi in questi tredici anni.

 

 

Quando la mamma ci viene a chiamare per il pranzo io le sto descrivendo il liceo. Missy sembra estasiata al pensiero degli armadietti per gli studenti blu, la cosa mi fa ridere e la mamma ci guarda sorridendo.

 

«Davvero ogni studente ha un suo armadietto?» mi chiede estasiata, per la terza volta.

«Ti dico di sì, e ognuno ha la sua combinazione» le dico ancora, ridendo.

«Oddio ma è fantastico!» esclama lei balzando in piedi, e per poco non cade a terra dato che non si ricorda del soppalco tondo su cui è posato il mio letto.

«Poi conoscerai i prof e ti passerà tutto l'entusiasmo» le dico mentre rido e mi alzo.

 

Prima di uscire chiudo la porta finestra, poi seguo la mamma e Misery giù in sala da pranzo.

 

 

La sala da pranzo è alla sinistra dell'atrio, è grande, con un tavolo che se viene allungato può tranquillamente ospitare dodici persone, mentre da chiuso sei, per questo spesso occupiamo solo la parte iniziale, ma oggi che papà e mia sorella sono tornati, mamma ha tirato fuori la sua preziosa tovaglia bianca di lino, l'argenteria, il servizio di piatti in porcellana e i bicchieri in vetro di Murano.

Sorrido, sperando che mamma non abbia cucinato per un esercito e mi siedo al mio solito posto, alla destra del capotavola, già occupato da papà, e alla mia destra Misery, che guarda verso la mamma che arriva con una pentola coperta.

 

«Mamma?» la chiama mentre mamma prende il piatto di papà e lo riempe con le penne alla panna e al ragù.

«Dimmi cara» mamma prende il piatto di Misery e lo riempe.

«Volevo chiedere se potevo avere una stanza, oltre a quella in cui dormo, in cui posso mettermi a cucire e disegnare i vestiti» le domanda lei.

«Ma certo» mamma le sorride mentre riempe il mio piatto.

«Potremmo darle la mansarda» dico alla mamma mentre gratto il parmigiano sulla mia pasta calda.

«Giusto, tanto non si usa mai» mamma si riempe il piatto e sorride.

 

Ci auguriamo tutti buon appetito e iniziamo a mangiare di gusto, raccontandoci episodi divertenti di questi tredici anni, ma il momento peggiore del pranzo è durante il secondo, quando mamma dice.

 

«Poi Ilenia alle superiori conosce questo Nathaniel, e dopo un anno che si conoscono si fidanzano» dice sorridendo.

 

Io a breve sputo l'acqua che stavo bevendo, mentre papà per fortuna non si strozza con la carne della braciola di vitello che stava mangiando. Prima guarda me poi la mamma.

 

«Fidanzata?» la voce è più alta di un tono. Brutto segno.

«Certo!» mamma è tutta felice, mentre io Missy ci guardiamo consapevoli che io sono nella merda sino alla testa. «Lo sono stati per un anno e mezzo, poi si sono lasciati, che peccato, dovevi vederli, erano tanto carini insieme» mamma sembra realmente dispiaciuta.

 

Guardo mamma con le saette che mi escono dagli occhi, se avesse saputo che ho fatto sesso con Nathaniel sono sicura che glielo avrebbe spifferato. Papà invece guarda me con le saette che escono dagli occhi.

 

«E così eri fidanzata» dice sorridendo, un sorriso finto. Meglio dileguarsi subito.

«Eeeeh sì» con molta calma guardo l'ora sull'orologio che porto al polso. «Tho ma guarda che ore sono, a breve verrà il professore, meglio sgomberare» dico alzandomi e iniziando a togliere la mia roba dal tavolo.

«Ne riparleremo, ora vado a farmi una doccia e vado a letto, sono stanco morto» dice alzandosi e dirigendosi verso le scale.

«Vado pure io, dopo aver lavato» dice Missy.

«Vai pure, oggi è il mio turno» le dico sorridendo.

 

Lei mi guarda dubbiosa, io mi limito ad annuirle e così lei si alza e segue papà, mentre io sparecchio e porto tutto in cucina.

 

 

La cucina è in stile moderno, tutti i mobili sono bianchi e lucidi, tranne il frigorifero a due ante che è grigio, la cappa della cucina, e la colonna in cui sono inseriti il forno e il microonde, che è nera lucida, mentre il marmo che la ricopre è di un fantastico nero con delle venature argentate, come le maniglie di ogni cassetto e sportello. Apro il rubinetto sull'acqua calda e metto le cose da lavare accanto al lavandino. Mentre aspetto l'acqua calda, mi dirigo verso l'isola e apro un cassetto, tirando fuori il mio quaderno di italiano e l'astuccio, li ripongo sopra l'isola e torno al lavandino.

 

 

Quando finisco di lavare i piatti sento il campanello suonare, così corro verso l'atrio e vedo dalla telecamera che è incorporata nel citofono il viso del mio professore di italiano dentro la sua cinquecento nera, così clicco il bottone e gli faccio aprire il cancello, mentre gli apro la porta di casa e lo saluto con la mano.

Lui parcheggia davanti la fontana e scende, sorridendomi e salutandomi di rimando, quando mi arriva davanti, io mi scosto e lo faccio entrare, così lui si toglie il capotto e lo appende all'appendiabiti sopra l'interruttore della luce.

 

«Ciao» mi saluta lui in italiano.

«Ciao Emanuele» rispondo io, sempre in italiano, sorridendogli.

 

Emanuele Marchesi è un uomo ancora affascinante, per avere cinquant'anni. I capelli sono castani scuro, mentre gli occhi sono grigi chiaro, come l'argento. E' alto e ancora ben messo di fisico, sorride mentre ci dirigiamo in cucina.

 

«Allora, riprendiamo dalla lezione dell'altra volta?» mi chiede sorridendo.

«Decisamente sì» sorrido e mi siedo sullo sgabello da bar nero che abbiamo intorno all'isola.

«Senti se vuoi oggi posso restare anche tre ore» mi informa, e io annuisco con entusiasmo.

 

Lui fa lo stesso e riprendiamo da dove abbiamo interrotto l'altra volta, ovvero la storia dell'arte italiana, ovviamente tutta la lezione è fatta in italiano.

Dopo tre ore abbiamo finito sia con Giotto che con Leonardo Da Vinci, e abbiamo iniziato con Michelangelo. Mentre lo accompagno alla porta lui mi guarda.

 

«Sono tornati tuo padre e Misery?» mi chiede.

«Oh sì sì, ma sai il fuso orario deve averli distrutti, quindi avrai il piacere di conoscerli domani» gli dico aprendogli la porta.

«Bene, allora a domani Ilenia» mi dice sorridendo e uscendo nello stesso istante in cui un corriere parcheggia davanti casa, così mi infilo le ciabatte che mamma tiene al lato della porta e corro fuori.

 

 

Apro il cancello e mi ritrovo davanti un ragazzo di venticinque anni, la maglia è blu con il colletto arancione, il capellino è blu come la maglia e la visiera arancione con sopra il logo della ditta di spedizione. Mi guarda con i suoi occhi nocciola e mi sorride.

 

«Dorian Ilenia?» mi chiede.

«Sono io» gli dico facendomi di lato, per far uscire il mio professore con la macchina, che mi saluta mentre si allontana con la cinquecento.

«Stava aspettando un MacBook air 13?» chiede ancora il ragazzo con voce gentile e melodiosa.

«Oh sì sì» gli dico sorridendo mentre mi allunga il foglio da firmare per la consegna.

 

Io prendo la penna che mi tende con l'altra mano e firmo il foglio e gli dico di aspettare mentre corro dentro a prendere la mia carta di credito, che tengo nella borsa che per fortuna è appesa dove appendiamo i cappotti, così la prendo e torno fuori e la striscio nel bancomat che mi porge il ragazzo, così inserisco la carta di credito e digito il PIN. Certo sono tanti soldi, ma cavolo me li sono guadagnati e non li sto togliendo dal conto dei miei, e la cosa mi rende fiera. Il ragazzo mette via il bancomat e apre il retro del furgone e mi passa la scatola bianca del mio nuovo computer, io la prendo e gli sorrido, augurandogli buona giornata e tornando dentro casa. Salgo le scale della rampa destra di corsa, stringendo bene il computer, apro la prima porta a destra e poggio il computer vicino al muro a destra, con la promessa che domani lo avrei sistemato sulla scrivania della stanza, poi richiudo la porta e salgo le scale e mi dirigo verso la mia camera.

 

 

Appena entro mi cambio e mi metto i pantaloni bianchi larghi di una tuta e sopra una maglia blu larga a maniche corte, questo è il mio pigiama, poi mi vado a struccare usando una salvietta struccante che tengo sulla scrivania, accanto alla polaroid e dopo di ciò mi butto nel letto. Ora che porto una maglia a maniche corte noto chiaramente le tre sottili linee bianche sul mio polso destro, la cosa mi fa sospirare e mi fa prendere il polsino che tengo nel comodino vicino al letto, nessuno deve vederle, non a caso porto sempre bracciali quando ho delle maglie a maniche corte, oppure al mare porto sempre degli elastici per i capelli sopra.

Chiudo gli occhi e i miei incubi tornano, così reali che sembra che un'ombra nera e fredda abbia risucchiato tutto, la luce e il calore del sole, la felicità dovuta al ritorno di papà e Missy. Tutto scomparso, l'unica cosa che regna adesso è la tenebra, eppure non ho paura. Ormai le tenebre fanno parte di me.

 

 

Mamma viene a scuotermi dolcemente verso le sette di sera, io le borbotto di non avere fame e mi giro dall'altra parte nel letto e lei si lamenta del fatto che ho fatto nottata al telefono con Rosalya e che il mio organismo oggi è stato sballato, io la ignoro e scivolo di nuovo nelle mie tenebre di sofferenza e solitudine. Ora sono più opprimenti di prima, i ricordi riaffiorano vividi e dolorosi. Io strizzo gli occhi per scacciarli e mi metto le mani tra le gambe per non aprire il cassetto del comodino e prendere la lametta che tengo nascosta la dentro. Come se aprire la mia carne facesse scivolare via le tenebre, ma forse le fa entrare, così mi addormento nuovamente, mentre i ricordi si trasformano in incubi.


Angoletto delle autrici:

Salve! E buon venerdì 13! Attenti ad andare nei campeggi, specie se vedete strani soggetti girarci dentro con una maschera bianca in faccia e un coltellone :3
Detto ciò, eccoci qua con il terzo capitolo! Lo sappiamo, lo sappiamo, è lunghissimamente lungo! Ma speriamo vi piaccia lo stesso :3
Alcune descrizioni sono state veramente un parto non singolo, ma quatrigemellare!! Quindi speriamo che vi siate immerse nel luogo da noi descritto :3
Alla fine, come possiamo vedere, Ilenia nasconde qualcosa, qualcosa di terribile e doloroso.
Bene questo è tutto :) ci leggiamo il prossimo venerdì :D
Baci e abbracci :D
IleWriters Misery007


 

Pubblicato il: 13 marzo 2015

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Dolce Flirt / Vai alla pagina dell'autore: IleWriters