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Autore: Tix    13/03/2015    5 recensioni
Stiles ha un segreto, un segreto troppo grande da poter portare da solo, e l'unico a cui confidarlo è Derek. Solo lui lo manterrà e non lo giudicherà, Stiles ne è certo.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Forever And A Day.


1.






I due ragazzi erano in macchina da un paio di ore e ancora nessuno dei due era riuscito a dire niente. Dopo la leggera discussione avvenuta nel salotto di casa Hale, Derek era velocemente salito al piano superiore lasciando Stiles in balia di palpitazioni e una scarica di adrenalina che attribuiva alla paura; Derek raggiunse il piano inferiore e il castano notò che si era cambiato, invece della tuta aveva optato per un paio di jeans e una maglietta, nient’altro. Con aria burbera e un gesto secco della testa gli indicò la porta d’ingresso e si avviarono, uno accanto all’altro, verso la jeep di Stiles. Il ragazzo si sedette sul sedile del guidatore, stranamente senza proteste da parte del più grande.
Era iniziato così quel viaggio, che sembrava quasi interminabile. Il giovane tamburellava con i pollici sul volante e ogni tanto si schiariva la voce per poi sistemarsi un po’ meglio sul sedile.

Derek non aveva distolto lo sguardo dal suo finestrino da quando erano partiti, rigido e teso sul sedile come una corda di violino.

“Dove stiamo andando?” chiese severo, cercando di non far trasparire dalla sue parole l’evidente curiosità che provava. Stiles sorrise leggermente, divertito dalla testardaggine di quel ragazzo.
 
“Los Angeles” rispose sintetico il castano. Percepì chiaramente lo sguardo di Derek fisso sul suo viso; lo fissò di rimando e si sorprese di trovarci un’aria leggermente infastidita.
 
“Sono sette ore di macchina Stiles. Sette. Se scopro che ti sto accompagnando a conoscere una con cui hai parlato in chat giuro che ti uccido con le mie stesse mani, e poi le laverò nel tuo sangue.” Bisbigliò mostrando i denti, gli occhi che erano diventati di un rosso acceso. Nel frattempo l’adolescente era tornato a guardare la strada e aveva sorriso di più.
 
“Certo che per conoscermi da anni hai una bassa opinione della mia intelligenza eh sourwolf?!” domandò sollevando un sopracciglio e sorridendo di sbieco, sorriso che divenne una risata quando Derek tornò umano e, sbuffando, voltò la testa verso il finestrino e incrociò le braccia al petto. Improvvisamente Stiles svoltò a destra e accostò in un’area di servizio. Spense la macchina e si stiracchiò leggermente e poggiò la testa sul sedile, voltandosi verso Derek.

“Ti dispiacerebbe andare a prendere qualcosa da mangiare? Ne avremo ancora per un po’, forse è meglio fare scorta ora, io penso a fare rifornimento” mormorò ad occhi chiusi per poi sospirare ed aprirli lentamente. Trovò Derek che lo scrutava attentamente con le sopracciglia aggrottare; l’adolescente sorrise stanco e, stranamente, il moro non fece questioni, scendendo dall’auto e dirigendosi verso il negozio in silenzio.
Stiles scese svogliatamente dall’auto, iniziando a fare il pieno per la jeep: chiuse un attimo gli occhi e si appoggiò alla carrozzeria, un fruscio e sentì che le chiavi erano state sfilate dalla tasca dei suoi jeans. Aprì di scatto gli occhi per vedere Derek intento a fissare la pompa di benzina.

“Guido io, mi annoio a stare fermo sul sedile perciò siediti e sta' zitto.” Borbottò a bassa voce. Stiles sorrise, evidentemente non riusciva a fare nient’altro dall’inizio del viaggio, e si rese conto solo ora che Derek aveva sempre avuto la straordinaria capacità di riuscire a leggere nella sua testa semplicemente guardandolo. Appena chiuse lo sportello del passeggero respirò più profondamente e rilassò i muscoli che erano stati tesi durante tutto il periodo della guida: era peggio di quel che pensasse. I muscoli stavano iniziando ad intorpidirsi, sentiva una strana sensazione di calore, voltò la testa e si sedette meglio, tutto ciò che riuscì a sentire era solo l’accensione del motore della jeep e la sensazione di due grandi occhi verdi addosso.

Una botta fece svegliare Stiles di soprassalto; scattò sull’attenti talmente velocemente che per un attimo la vista si offuscò. Girò la testa a destra e sinistra, confuso, fino ad abbracciare con lo sguardo l’imponente figura che stava sul sedile del guidatore, il profilo spigoloso, il naso dritto, le labbra stirate in una linea rigida e severa.
Il giovane si schiarì leggermente la gola e bevve un sorso d’acqua; come colto di sprovvista il moro voltò la testa nella sua direzione, probabilmente era perso nei suoi pensieri e non aveva notato che Stiles si fosse finalmente svegliato.

“Mi dispiace, piombo in casa tua la mattina presto senza preavviso chiedendoti un favore del quale neanche immagini l’entità e poi mi addormento non essendo neanche di compagnia durante il viaggio, sono davvero pessimo. Ho dormito per molto tempo?” Mormorò imbarazzato passandosi entrambe la mani sul viso.

“Solo qualche ora; nessun problema, vuol dire che me la pagherai ancora di più quando arriveremo.” Borbottò Derek concentrandosi di nuovo sulla strada. Derek prese l’uscita per Los Angeles e si voltò verso Stiles.
“Da qui in poi devi darmi indicazioni tu” gli disse sistemandosi meglio sul sedile; se erano quasi arrivati vuol dire che Derek aveva guidato almeno quattro ore, si sentì un po’ in colpa.

“Andiamo verso West LA.” Sussurrò abbassando lo sguardo. Improvvisamente l’enormità di tutto quello che stava per accadergli lo investì, mozzandogli il respiro, il cuore che aumentava vistosamente i battiti. Derek non disse nulla neanche stavolta.
“Accosta, fai una pausa, lascia guidare me” sussurrò ad un tratto. Non aveva idea del perché avesse chiesto a Derek di andare con lui, era sicuro di non volere Scott e neanche suo padre, sperò solo che non si trattasse di un grande errore.

“Non fare l’idiota Stiles, sei pallido, stai iniziando a sudare e tremi leggermente, non lascerò che tu ci faccia schiantare contro un muro, non sei nelle condizioni per guidare.” Lo guardò severo l’alpha. L’adolescente deglutì a fatica e provò a guardarlo negli occhi.

“Ne ho bisogno Derek. Non permetterò ad entrambi di arrivare neanche lontanamente vicino ad un muro; sei un dannato lupo maledizione, nel caso in cui dovesse succedere sono sicuro che troveresti il modo di farci uscire miracolosamente vivi entrambi.”  Rispose Stiles con il suo solito sarcasmo pungente. Non ricevette risposta dal più grande, semplicemente accostò.
“Grazie.” Mormorò sfiorando per un istante la mano di Derek con la punta delle dita. Fu un contatto appena accennato, delicato come il tocco di un battito d’ali di una farfalla ma che riscosse Derek e creò una piacevole contrazione all'altezza dello stomaco. Ancora leggermente scosso scese con movimenti meccanici e prese il posto che prima occupava il più giovane.
Quando rallentarono fino a fermarsi del tutto notò che avevano accostato di fronte un imponente edificio con un sacco di finestre e qualche balconcino. Stiles Scese dalla macchina e si diresse verso il cofano dal quale uscì il suo zaino di scuola, scrisse velocemente qualcosa sul telefono e richiuse il bagagliaio; Derek lo seguì immediatamente e gli si mise accanto aspettando. Chiusero la macchina e iniziarono ad incamminarsi. Girato l’angolo un’enorme insegna gli si parò davanti.

“The Angeles Clinic and Research Institute?” Chiese Derek leggendo ad alta voce e voltandosi verso il castano. Stiles si guardava la punta delle scarpe incredibilmente assorto e dava le spalle a Derek; il moro riusciva a vedere le spalle alzarsi e abbassarsi, segno che Stiles stesse respirando pesantemente.

“Non sei costretto a venire Derek, potresti rimanere in macchina se ti va” sussurrò il più giovane, talmente piano che sarebbe stato un mormorio impercettibile per qualsiasi orecchio umano.

“Neanche per sogno, non mi sono fatto 8 ore di macchina per niente, andiamo” disse velocemente precedendo Stiles. Delle porte a vetri automatiche si aprirono e Derek venne immerso in quella che gli sembrava una reception a tutti gli effetti. Al centro della stanza vi era un grande bancone rotondo, di legno chiaro, dietro il quale stava seduta una donna con i capelli legati all’indietro, dall’aria cordiale e gentile. Dietro il bancone, in fondo alla stanza c’era una grande parete in vetro dove scorreva dell’acqua, l’unico rumore che si riusciva a percepire nella stanza; le pareti color tortora facevano risaltare il mobilio che si alternava tra diverse sfumature di marrone e bianco. Qua e là erano disseminate delle piante e c’era qualche fiore sistemato sui vari tavolini sparsi per la grande stanza. Da entrambi i lati della parete di vetro c’erano due scale che portavano al piano superiore. Derek non si era neanche reso conto di essersi bloccato; ci fece caso solo quando Stiles lo superò per avvicinarsi a quella che immaginava fosse la reception; ancora imbambolato lo segui, pur rimanendo in disparte.

“Salve, sono Genim Stilinski, è possibile vedere il dottor Brown per favore?” Chiese il castano sporgendosi leggermente verso la donna. Quest’ultima smise di battere furiosamente i tasti del computer e alzò lo sguardo verso l’interlocutore.

“Ha un appuntamento signor Stilinski?” chiese con voce materna e addolcendo d’un tratto lo sguardo.

“N-no,ma sono sicuro che se riuscisse a mettersi in contatto con lui potrebbe ricevermi.” Balbettò arrossendo impercettibilmente. Derek stette in disparte e rimase lì a distanza come spettatore silenzioso.

“Va bene vedo cosa posso fare, non ti prometto niente!” esclamò la donna puntandogli un dito contro e afferrando con l’altra mano la cornetta del telefono lì vicino e digitò velocemente una sequenza di numeri.

“Dottor Brown? Sono Rebecca, chiamo dalla reception. So che non dovrei disturbarla, ma qui c’è un ragazzo, dice di chiamarsi Genim Stilinski, vorrebbe parlare con lei, non ha un…” la donna strabuzzò gli occhi un momento lasciando la frase a metà, chiudendo poi di scatto la bocca.
“Sì, sì è ancora qui. Certo, sì, come desidera.” Disse concludendo la chiamata.
“Devi essere davvero un ragazzo speciale eh Genim?”gli sorrise apertamente la donna.
“Siediti pure su una di quelle poltroncine, il dottor Brown ha una visita, ma mi ha detto di dirti che ti raggiungerà non appena avrà finito.” Gli sorrise ancora una volta, Stiles ringraziò e si voltò verso Derek, ancora ammutolito dalla bizzarra scena alla quale aveva appena assistito. Seguendo uno Stiles barcollante, Derek sprofondò nella poltroncina color beige, seduto accanto a Stiles.

“Stiles, davvero, che ci facciamo qui?” chiese ansioso guardandolo. L’espressione di Stiles era fredda; il ragazzo si voltò verso di lui e la sua espressione si riscaldò leggermente.

“Hai paura delle cliniche e dei dottori lupo da strapazzo? Non ne avevo idea, potrei usare questa nuova informazione contro di te la prossima volta..” mormorò alzando gli occhi al cielo e scoppiando a ridere vedendo l’espressione allibita e truce di Derek.

“Suvvia, stavo solo scherzando, come siamo suscettibili oggi”  ribadì il castano dando una gomitata scherzosa nel fianco di Derek.
Con fare stizzito quest’ultimo strappò lo zaino dalle mani di Stiles e prese un panino che avevano preso alla stazione di servizio; sgarbatamente lo mise tra le mani di uno Stiles meravigliato.

“Non hai toccato cibo da quando siamo partiti, mangia, non sarò certo io a trascinarti in giro per questo posto nel caso tu abbia un mancamento.” Stiles sorrise intenerito e iniziò a mangiare il suo panino senza protestare; riuscì a mangiarne solo metà, appena in tempo, perché dalle scale che c’erano infondo notò una chioma castana leggermente brizzolata che scendeva speditamente. Stiles gi alzò e nervosamente si lisciò le pieghe dei pantaloni. Derek che fino a quel momento era rimasto in silenzio e con le braccia conserte alzò lo sguardo verso il giovane ragazzo, incuriosito. Un uomo con il camice, sulla cinquantina con i capelli e la barba brizzolati si stava avvicinando velocemente verso i due ragazzi.

“Stiles!” urlò l’uomo correndo verso il ragazzo e abbracciandolo stretto. Stiles rise, dando qualche pacca sulla spalla a quella che, Derek ipotizzò, era la persona che stavano aspettando.

“Hey dottor Brown, non sei cambiato per niente in questi ultimi anni che non ci siamo visti eh? Cecilia e le bambine come stanno?” chiese curioso il più giovane. Derek notò che le sue gambe tremavano appena, era impercettibile ad occhio umano, come se non riuscissero a reggere il peso del corpo di Stiles.

“Bene grazie, ma non sono più delle bambine sai? Sono cresciute anche loro, come te. Ma guardati, sembri lo stesso bambino di qualche anno fa” rispose il dottore allontanandosi appena ma tenendo una mano poggiata sulla spalla di Stiles. Derek decise che quello fosse il momento di intervenire, si alzò e passò, con non poco imbarazzo, una braccio attorno alla vita di Stiles; lo capiva dal suo viso più pallido del solito e da un leggero velo di sudore che imperlava la fronte del giovane che era stato visibilmente provato dal viaggio. Stiles arrossì in risposta e con gesti convulsi della mano presentò i due.

“Dottore, lui è Derek Hale è uhm, un amico che ho su a Bacon Hills, Derek lui è il dottor Andrew Brown.” Entrambi si strinsero la mano velocemente e l’adulto gli rivolse un sorriso caloroso; la veloce presentazione non chiarì i dubbi di Derek, pensieri che gli ronzavano in testa da questa mattina quando aveva visto il ragazzo davanti la sua porta.

“Beh ragazzo, cosa posso fare per te?” chiese il dottore sorridente. Stiles smise di sorridere d’un tratto, riacquistando quell’aria fredda e distaccata che aveva assunto per la maggior parte del tragitto in auto.

“Che ne dice di andare nel suo studio a parlare un po’?” rispose cercando di tornare quello di sempre. Anche il medico cambiò completamente espressione, annuendo velocemente e precedendoli lungo le scale: Stiles era ancora stretto nella morsa di Derek e dopo i primi scalini pose le sue mani, ossute e ghiacciate, attorno al braccio di Derek, come per sorreggersi. L’andatura era terribilmente lenta, anche per un pigrone come Stiles, il dottore voltandosi indietro rallentò l’andatura e fissò con gli occhi diventati tristi e consapevoli il viso di uno Stiles che gli sorrideva a disagio, come per chiedere scusa e comprensione per qualcosa che Derek non capiva. All’improvviso Derek si rese conto di essere l’unico ad essere all’oscuro della faccenda. Arrivati nell’ufficio del medico Stiles si sedette scompostamente sulla poltroncina davanti la scrivania e tirò la maglietta di Derek intimandolo di fare lo stesso. Il dottore li raggiunse poco tempo dopo con una cartella in mano e chiuse la porta. Lentamente fece il giro del tavolo, si sedette sulla poltrona e si schiarì la voce in attesa.

“Andiamo dottor Brown, ti trovi a disagio anche con me? So già quello che mi dirai voglio semplicemente capire quanto è degenerata la cosa.” Disse schietto Stiles abbandonandosi contro lo schienale della poltrona e riacquistando quella che era la sua caratteristica determinazione.
“Sudorazione notturna, perdita di peso, dolore diffuso e diminuzione della forza muscolare improvvisa. Provo uno strano senso di familiarità con tutto questo, lo sapeva che sarebbe arrivato il momento vero?” Chiese Stiles sorridendo. Derek alternava lo sguardo tra i due; il dottore era evidentemente mortificato, teneva lo sguardo basso sulla cartella che aveva portato con se sfogliandola nervosamente, Stiles era determinato, rassegnato? Non riusciva a capire cosa passasse per la sua testa, tanto era vasta la gamma di emozioni che passava sul suo viso.

“Dobbiamo fare prima dei test Stiles, per esserne sicuri. Possiamo farli anche immediatamente.” Mormorò il medico con un po’ di sicurezza in più.

Quello che successe dopo è un accozzaglia di cose confuse nella testa di Derek. Il dottore e Stiles andarono via per gli esami di cui parlavano lasciandolo solo. Rimase lì per un tempo indeterminato, quando Stiles tornò non sembrava avere una bella cera, trovò comunque la forza di sorridergli incoraggiante e di tirargli una gomitata scherzosa.

Il dottor Brown entrò poco tempo dopo con in mano un mucchio di scartoffie.
 
“Voglio sentirmelo dire esattamente come lo dice agli altri.” Sussurrò Stiles guardando il medico direttamente negli occhi. Aveva il corpo totalmente abbandonato contro lo schienale della sedia, arrendevole.

“Stiles sei affetto dal linfoma di Hodgking. È un tumore maligno che colpisce gli organi del sistema linfatico. È tremendamente raro che capiti ad una persona della tua età, probabilmente ha influito il fattore genetico. Hai delle ghiandole sotto il collo ingrossate, il diaframma è compromesso e anche la milza sembra presentare delle masse tumorali. Possiamo definirlo al terzo stadio, anche i sintomi lo confermano. Tra un po’ arriverà la febbre continua, probabilmente anche il prurito. Hai diverse opzioni per quanto riguarda la terapia. La chemio, ovviamente, e le cellule staminali che sono ancora in sperimentazione però nel caso in cui la chemioterapia non dovesse funzionare. Con la radioterapia abbiamo ottenuto dei risultati ottimali tramite l’irradiazione agli organi compromessi.” Stiles non aveva staccato per un momento gli occhi da quelli del dottore, che cercò di essere il più distaccato possibile. Stiles aveva improvvisamente stretto la mano di Derek, tanto più grande e calda della sua. Ci fu un momento di silenzio. Il moro era sconvolto, tutto si sarebbe aspettato tranne che questo; strinse un po’ di più la mano di Stiles e questo sembrò riscuoterlo dallo stato si semi-incoscienza nel quale si trovava.

“Parlando di sopravvivenza, quante possibilità ci sono che la terapia possa funzionare davvero? Se è arrivato alla milza sto per entrare nel quarto stadio dottore, non pensi di fare il furbo con me, ci ho convissuto per anni” ghignò Stiles.
“Arrivati a questo punto so con certezza le che possibilità di sopravvivenza sono scarse, ci sono, ma sono praticamente inesistenti per un caso come il mio. Ho una dignità che voglio conservare perciò no, non mi sottoporrò a nessun tipo di trattamento, potreste iniziare a prescrivermi qualche antidolorifico però; sappiamo che in realtà sono quello di cui avrò veramente bisogno tra un po'. Dottor Brown è stato incredibilmente prezioso, la ringrazio con tutto il cuore." Asserì Stiles snocciolando le parole una dietro l'altra. Con passo malfermo si alzò dalla poltrona e zoppicò verso la porta; sia Derek che in medico rimasero allibiti. Derek iniziò a correre dietro Stiles, lo raggiunse appena prima che iniziasse a fare le scale: lo prese in braccio e lo aiutò a scendere.







Eccomi qui! Sono decisamente in anticipo ma la settimana prossima proverò a dare un esame e non sono sicura di riuscire ad aggiornare in tempo, quindi meglio prima che dopo.
Spero che questo imprevisto vi faccia piacere, chiedo venia per eventuali errori ma lo studio mi sta uccidendo.

Un bacio.

 
  
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