Serie TV > Agents of S.H.I.E.L.D.
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Autore: EleNicka_MM    15/03/2015    2 recensioni
Una figura umana uscì dal muro di tempesta. Sprigionava vento e ghiaccio dalle dita. Con un solo movimento della mano mandò Skye a cozzare contro il parabrezza di un'auto, davanti alla quale si accasciò priva di sensi. May premette il grilletto, ma una fortissima folata di vento le fece sbagliare mira. Il proiettile colpì la schiena fasciata dalla giacca nera di fronte a lei. Coulson crollò sull'asfalto, esanime. May urlò
Genere: Azione, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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- Questa storia fa parte della serie 'Start Over: the serie'
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Si sentiva la testa pesante.

Un attimo... si sentiva la testa!
Cercò di verificare se le altre parti del corpo erano al proprio posto, ma una fitta di dolore lo colpì allo stomaco.

Di colpo ritornò nel mondo reale: sentiva il contrasto fra il caldo delle gambe, sotto il lenzuolo e il freddo del petto nudo; un bip sommesso e ritmato gli arrivò alle orecchie.
Poi percepì il leggero tocco di una mano che gli accarezzava la testa. Si sforzò e aprì gli occhi. Un forte fascio di luce lo colpì, facendolo lacrimare. Non appena la luce sfumò, due occhi marroni gli restituirono lo sguardo. Il viso di Skye era di pietra.

« Hey » disse Ward, beandosi di lei.

« Hey » rispose la ragazza, continuando ad accarezzarlo, seppur mantenendo la stessa espressione « Sei stato in coma per tre giorni. E prima che tu me lo chieda, no, non sono arrabbiata per la più grande cazzata che tu abbia mai cercato di fare e, credimi, ne hai fatte tante ».

Ward sorrise: « Da quanto tempo volevi dire tutte queste cose? » Gliele aveva buttate in faccia come un tornado impazzito.

« Parecchio » rispose lei « Come ti senti? »

« Più o meno come dopo il mio ultimo “appuntamento” con May » all'improvviso si fece serio « Siete riusciti a trovare Sisko? »

Skye abbassò gli occhi: « No, nonostante abbia dietro di lui una squadra dei migliori agenti dello S.H.I.E.L.D., tutti i Vendicatori e quell'ex-psicopatico del suo fratellastro »

« Non è meglio che tu vada di sopra a vedere se puoi aiutare? » le chiese Ward.

Skye lo squadrò preoccupata: « Sei sicuro? »

« Starò alla grande! » rispose lui « E riguardo a ciò che ti ho detto nella cella... »

« ...ora riposati, ne parleremo poi. »

Skye chiuse la porta della stanza.
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Sisko si gettò il cappuccio in testa e, arrancando, riusci ad arrivare in un vicolo buio, prima di accasciarsi a terra sfinito.

Era stato uno stupido, a volare per così tanto tempo senza interruzione; la libertà gli aveva dato alla testa e ora doveva pagarne le conseguenza.

Era capitato in una piccola cittadina in un posto sperduto. Ne aveva sentito parlare durante uno dei suoi tanti lavoretti terrestri in una squallida tavola calda di Detroit, dove un cliente aveva raccontato a Nancy, l'avvenente cameriera, di volerla portare, un giorno in quel bellissimo paradiso.

Sisko si accorse che quel cliente o era molto matto o molto ubriaco... Era circondato da palazzi semidistrutti, barboni e degrado.

Non appena si fu ripreso, decise di incamminarsi per trovare un posto per riposare un po'.

La mattina dopo si sarebbe messo alla ricerca di Elizabeth Ross?
Il suo piano? Mettere a KO Banner, recuperare un po' del suo sangue e evitare di sentirsi come se fosse stato appena calpestato da una mandria di bufali ogni volta che si volatilizzava.
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« BECCATO! » urlò vittorioso Fitz, facendo sussultare Coulson, che si era assopito sul tavolo dopo una notte insonne « Stark, mi ricevi? »

« Forte e chiaro! » disse l'uomo dall'altro capo dell'auricolare « Dammi il posto »

« Arriveranno le coordinate direttamente sul tuo visore... »

« Ok » Stark attese un attimo « Arrivate. J.A.R.V.I.S., imposta la rotta per Willowdale, Virginia. »

« Uho, uho, uho, frena, frena! » disse Banner, girandosi « Hai
detto Willowdale? »

« Sì » rispose Fitz.

L'uomo si mise le mani nei capelli: « Cazzo, cazzo, cazzo....»
Nessuno di loro aveva mai sentito il dottore imprecare. Tutti si guardarono, molto allarmati, ma il dottore lo tranquillizzò con un gesto della mano e cercò di mantenere il controllo. Inspirò a fondo e, con una mano appoggiata sul polso sinistro, aspettò che il suo battito si
regolarizzasse, stupendosi di come era subito schizzato nella pre-"zona verde".

« Willowdale, Virginia. Pacifica cittadina di pochi abitanti, ospita la Culver University...»

«QUELLA Culver University? » chiese Fitz, girandosi stupefatto verso il dottore.

« Sì, quella che quasi sette anni fa ho quasi raso al suolo e quella che qualche anno prima ha ospitato i miei esperimenti»

Il gelo avvolse la stanza.

« Betty... » biascicò Banner

« La signorina Ross è al sicuro, con una scorta silenziosa di quattro uomini, così come la signorina Foster e la signorina Potts » disse Simmons, rassicurandolo.

L'uomo si alzò e andò fuori dalla stanza. Poi chiamò Stark: « Tony? Non me ne fotte un cazzo di chi ci sia a Willowdale: devi trovare il modo per starle il più vicino possibile, intesi? »

« Intesi, intesi... » il suo tono era preoccupato « Tu come ti senti? »

Banner smise di camminare a passo deciso su e giù per la cabina e guardò nel vuoto stupefatta: « Che cosa intendi? »

Tony sbuffò: « Intendo che sei il mio migliore amico e sei più rintracciabile di un dodicenne »

« Mi hai pedinato? »

« No, ho solo dato una sbirciatina fra le tue cartelle cliniche dopo che hai fatto visita per tre volte consecutive al centro analisi dello S.H.I.E.L.D. » rispose Stark.

Banner franò sul letto. Doveva essere un segreto.

« Senti, io ho un po' di tempo e tu hai bisogno di parlarne perché nonostante qualcuno dica in giro che sono uno stronzo senza cuore, un po' di cuore per uno certo scienziato che nel tempo libero si diverte a distruggere i vestiti che ha addosso ce l'ho » Tony cercava di sdrammatizzare.

Bruce sospirò: « Qualche mese fa, stavo facendo i controlli periodici che ogni mese faccio sul mio sangue, per vedere la percentuale di radioattività e ho riscontrato una brusca diminuzione dei globuli rossi sani. Credevo fosse solo dovuto allo stress e alle più frequenti perdite di controllo, ma andando più a fondo con le analisi, ho scoperto che le cellule del mio sangue si rigenerano a un quarto della velocità di prima. E pare che il signor Verde stia notevolmente aiutando il progredire della malattia »

Si sentì un forte rumore d'aria. Tony, dall'altro capo del telefono, arrestò bruscamente la corsa e si rifugiò di fronte all'uscita secondaria di un palazzo. Sapeva dove Banner stava cercando di andare a parare: « Non ci sono altre possibilità? »

« Lo vorrei. Ma sembra di no... ora vai. Ricordati! Rapporti regolari »

Banner chiuse la comunicazione. Tony controllò di avere l'area libera e poi risalì in una scia azzurrina e rossa. L'idea che il suo secondo migliore amico dovesse smettere di combattere al suo fianco gli dava il voltastomaco. Ormai erano riusciti a rendere Hulk più “umano” se così si poteva definire e Bruce riusciva più spesso a rimanere entro una certa soglia, a controllare la trasformazione e il ritorno alla normalità. Dopo tanto tempo, pensare a New York non gli procurava più attacchi di panico e se era così doveva ringraziare lui.

« Signore » J.A.R.V.I.S. Interruppe il filo dei suoi pensieri « Fra 10 minuti saremo a Willowdale. Devo localizzare la signorina Elizabeth Ross? »

« Sì, J.A.R.V.I.S. » rispose lui.

« La signorina Ross si trova al 123 di Candace Street, in compagnia di... Sisko. Ingaggio protocollo “Alfa-12”? » disse con fare diligente il computer.

« No, cerchiamo di fare meno scena possibile. Avverti la scorta silenziosa con un codice giallo e chiamami Coulson » rispose lui. Attivò i pannelli retro-riflettenti e si diresse all'indirizzo indicato.
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« Ciao » Grant si girò verso Skye, che entrò nella stanza con il suo laptop e si sistemò ai piedi del letto « Novità? »

« Abbiamo localizzato il bastardo in Virginia, indovina dove: proprio a casuccia del dottor Banner » rispose Skye con tono amaro.

« Vuole colpire dall'interno... »

« Tu ne sai qualcosa, vero? »

Il gelo avvolse la stanza. Ward cercò di raggiungere il ginocchio di Skye con la mano, ma lei gliela prese e la strinse.

La ragazza ritornò al lavoro sul portatile, poi lo appoggiò sul comodino lì vicino e portò una sedia al fianco destro dell'uomo.

« Allora: piccolo resoconto degli ultimi giorni... mi sono ritrovata chiusa in una bunker con il più grande soldato di tutti i tempi, i due migliori agenti dello S.H.I.E.L.D., un superscienziato che ha seri problemi nel contenere la rabbia e Coulson e May, che non vogliono farmi muovere un muscolo, mi escludono dalle indagini sul campo perché sono “mentalmente compromessa”. Il punto è, ho avuto tempo per pensare e... »

« E? »

La ragazza sospirò: « … e mi sono accorta di avere bisogno di te tanto quanto ti ho odiato dopo che ho scoperto ciò che avevi fatto. E con questo non ti sto dando il mio perdono, perché le cose che hai fatto sono imperdonabili, ma ti amo, ti amavo e ho continuato ad amarti nonostante una parte di me fosse arrabbiata alla follia »

Ward non parlò. Voleva stare lì a guardarla per ore e ore fino ad avere gli occhi incandescenti, perché era rimasto troppo tempo solo a osservare la parete bianca di una cella rinforzata. Non avrebbe mai potuto immaginare che dalla bocca di Skye potessero uscire quelle parole. Si sarebbe aspettato un rifiuto, un invito a scomparire dalla faccia della Terra, invece lei era lì, per lui.

Mentre la guardava, inaspettatamente, iniziò a piangere come mai aveva fatto, per la prima volta con l'amara consapevolezza di ciò che aveva fatto, di coloro che aveva ucciso. Una volta capito chi era veramente l'uomo che lo aveva istruito, avrebbe dovuto mollare tutto, e capire da che parte stare. Il peso di tutto ciò lo stava soffocando.

Skye si accorse che per tutto il tempo non gli aveva lasciato la mano. Se la portò alla bocca e a baciò, poi si avvicinò alla sua testa e cercò di farlo smettere di piangere.

« Che cosa ho fatto, Skye? » chiese lui tra le lacrime.

Lei scoppiò a piangere a sua volta, poi si accoccolò nel letto di fianco a lui, stando attenta a non fargli male, lo cinse con un braccio e gli appostò tanti piccoli baci sugli occhi, sul naso, sul collo, assaporando le lacrime salate di tristezza, vergogna e colpa. Se le avessero detto qualche giorno prima che avrebbe fatto una cosa del genere, si sarebbe fatta due risate.

Lo squillo del cerca-persone la svegliò. Non si era neanche accorta di essersi addormentata. Guardò l'ora: erano solo stati venti minuti. Diede un baco a un dormiente Ward, prima di essersi accorta della presenza di May sulla porta.

« Come hai fatto? » le chiese quando furono uscite dalla stanza « Come hai fatto a perdonarlo? »

« Non l'ho fatto » rispose lei.
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Stark trovò a sorvolare una piccola casetta a due piani, con giardinetto.

Sisko all'interno, osservava con fare fintamente interessato il contenuto della dispensa e la quantità degli asciugamani nell'armadietto. Una parte del suo piano era andata a buon fine, aveva trovato un'anonima cittadina, un'anonima casetta con anonimi vicini, per riuscire a confondersi nel mucchio. La seconda parte di piano, beh: la signorina Elizabeth Ross era una bellissima giovane donna e non sapeva che “Marcus Frederick” aveva una certa perversione per le bellissime giovani donne.

« Allora che ne dici, Marcus? » disse Elizabeth, guardando l'uomo e sorridendo.

Sisko ricambiò il sorriso: « Penso sia perfetta! Ora vorrei vedere il giardino sul retro, se è possibile »

« Certamente! » rispose Elizabeth.

Aprì la porta e, mentre stava uscendo, si sentì tirare indietro: una mano le premette un fazzoletto bagnato sulla bocca e una nebbia biancastra la avvolse, prima di perdere i sensi.


Stark dall'altra parte della strada osservò tutta la scena. Chiamò Coulson: « L'ha presa, l'ha presa! » urlò « Al diavolo le coglionate del protocollo, io entro ». Chiuse la comunicazione sulla protesta del direttore.

Si tolse l'armatura, che si chiuse nella valigetta e prese la pistola, che infilò nella cintura dei pantaloni.
Salì le scale, seguendo la ripugnante voce di Sisko che mormorava qualcosa a Elizabeth.

Qualche tempo prima non si sarebbe nemmeno sognato di fare una cosa del genere, di togliersi l'armatura e agire come un agente S.H.I.E.L.D a tutti gli effetti, ma aveva imparato parecchie cose, da Nat e Barton e era quello il momento di metterle all'opera.
Doveva colpire Sisko alle spalle senza farsi sentire; non poteva mettere a rischio la vita di Elizabeth né tanto meno quella degli agenti della scorta, che sembravano usciti freschi freschi dall'accademia.

Sisko era in una camera da letto. Accarezzava il viso di Elizabeth con un rivolo di fumo che sprigionava dal dito; lei piangeva.

« Allora » introdusse con tono suadente « Il tuo fidanzatino non ti ha insegnato che non bisogna mai fidarsi di nessuno? Mi sembra che lui e la diffidenza vadano a spasso a braccetto »

« Come fai a sapere chi è? » disse la ragazza singhiozzando.

« Sai, io so tutto di tutti, mia cara Elizabeth... » Sisko si alzò e cercò di togliere la camicetta alla ragazza, che si divincolò e morsicò Sisko sul polso, proprio nel punto in cui l'uomo aveva uno dei due tatuaggi verdi.

Sisko ritirò il polso velocemente e accadde qualcosa di strano: per un millesimo di secondo i contorni del suo corpo si fecero meno definiti e lui tremò, quasi come avesse preso una scossa elettrica.

Tony sentì dei passi dietro di se e sussultò (fortunatamente in modo silenzioso) quando Coulson, furente, si manifestò alle sue spalle.
Tony gli chiese con il solo movimento delle labbra dove fosse Bruce, Coulson mimò una macchina e gli fece segno di uscire. Lui obbedì e si premette la pistola sul polso destro, indicando Sisko con la testa. Coulson afferrò al volo il consiglio di Stark; l'uomo uscì silenziosamente dalla casa, poi si mise ad ascoltare la conversazione per capire qual'era il momento giusto per attaccare.

Il piano era: fare uscire Sisko in strada e catturarlo con un marchingegno elaborato da Fitz. Era una sorta di aspirapolvere, che veniva usato dallo S.H.I.E.L.D per ripulire un ambiente da eventuali gas presenti nell'aria; lo scienziato lo aveva modificato, per impedire a Sisko di uscire attraverso il condotto e scappare.

« Vedi » stava dicendo Sisko « Io so fare molte cose. Per esempio questo » fece scaturire un getto d'acqua dalla mano e lo rivolse verso il viso della donna, che annaspò alla ricerca di aria.

Poi Sisko si avvicinò e, con un dito incandescente, procurò una lunga scottatura sul braccio di Elizabeth.

La ragazza urlò. Attraverso la porta socchiusa, però, gli sembrò di vedere un uomo. Impercettibilmente la porta si aprì, quel tanto che le bastava per scorgere altre persone. Una donna dai lineamenti asiatici le sorrise, premendosi un dito sulla bocca e facendole segno di prendere tempo con Sisko. Allora lei raccolse tutto il coraggio che aveva: « Hai detto che sai tutto di tutti... cosa sai di me? »

« Beh, so che sei una scienziata, so che tuo padre è quel fallito del generale Ross e so che sei fidanzata con il patetico Glenn Talbot* , per il quale nutri meno affetto che per un cagnolino randagio perché, diciamo, ti piacciono gli uomini più forti e grossi » Sisko rise alla propria battuta.

Betty rise a sua volta: « Se fossi ben informato sapresti che la mia storia con Glenn è finita da un pezzo, lurido bastardo disturbato. »

Sisko cambiò di umore all'insulto della donna; scagliò la sua sedia lontano e iniziò a picchiarla.

In quel momento si sentì un rumore fortissimo. Hulk sradicò tutta la facciata della casa e saltò nella stanza, seguito a ruota da Iron Man che portò al sicuro Betty.

Sisko, preso alla sprovvista, non si trasformò e venne scaraventato in strada. Ancora tramortito vide Hulk saltare accanto a lui ma riuscì a volatilizzarsi prima che la stretta del gigante si fosse chiusa attorno alla sua testa. Comparve pochi istanti dopo sulla cima di un albero: il suo piano era riuscito. Ora bisognava solo abbattere il mostro.

Si appellò al fuoco: come una torcia incandescente saltò sulla schiena di Hulk. Il gigante ruggì e per buona misura lo afferrò di nuovo e lo buttò di nuovo a terra, lanciandolo a duecento metri di distanza.

Sisko però non atterrò di schiena e, per evitare di rompersi la faccia, raschiò con le mani sull'asfalto, fino a sanguinare.

Un dolore atroce gli perforò le tempie. Cercò di sollevare le braccia per controllare i tatuaggi, ma si accorse di avere il polso sinistro rotto. Al posto del solito colore verde, il simbolo era scuro come una marchiatura a fuoco. Il destro era ancora perfettamente colorato. Tentò una, due, tre volte di scomparire; alla quarta ci riuscì ma rimase fumo solo per qualche secondo.

Un'abilità era fuori uso

Iron Man, approfittando del momento di distrazione dell'uomo, lo colpì allo stomaco, pur sapendo che non avrebbe funzionato. E infatti fu così, ma quando Sisko alzò la mano funzionante per rispondere al fuoco si sentirono degli spari e non uno, ma ben quattro proiettili sparati da quattro pistole diverse si conficcarono nel braccio dell'uomo, che cadde a terra immobile. In frettagli agenti della scorta della signorina Ross lo immobilizzarono e lo caricarono, ancora privo di sensi, nel furgone blindato.

Sembrava tutto finito, quando però si accorsero che, per quanto cercasse di calmarsi, Banner non riusciva a ritornare normale. I suoi occhi diventavano prima marroni per poi tornare verde acceso. Tony provò ad avvicinarsi a lui, a volto scoperto e lo rassicurò dicendogli che Elizabeth stava bene. Ma dopo il secondo tentativo il mostro ritornò e Stark venne sbattuto violentemente contro un albero.

La situazione era ancora più critica del previsto: Hulk si mise a correre verso il entro della città, distruggendo macchine e strade, seguito da auto dello S.H.I.E.L.D che gli sparavano addosso.

Quando arrivò all'università, però, si fermò. Le macchine blindate lo accerchiarono. Elizabeth scese da una di esse: « Bruce! » chiamò, con le lacrime agli occhi.

Il mostro si girò... la ragazza stava cercando di appellarsi alla parte appartenente al suo amato che era nascosta in quella montagna di rabbia verde.

« Bruce » continuò con la voce tremante « Stai tranquillo, io sto bene »

Elizabeth si avvicinò a lui, nonostante molti agenti le intimarono di stare indietro. Hulk non si mosse, la sua espressione cambiò. Elizabeth allungò una mano: « Ritorna con noi, ti prego Bruce. »

Hulk scattò e prese Betty. Gli agenti della scorta iniziarono a sparare, forse perché giovani e spaventati dalla ferocia del mostro. Ma Coulson sapeva che nulla sarebbe servito.

Hulk corse, fino ad arrivare, con Betty sulle spalle alla caverna dove tempo prima erano andati a rifugiarsi dopo l'attacco alla Culver da parte del generale Ross e di Blonsky.

Coricò Betty sul pavimento e lui si sedette di fronte a lei.

La ragazza si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla sua, gigantesca. Poi lo guardò negli occhi e iniziò a cantare una canzone, la loro canzone, quella che li aveva accompagnati durante tutti i momenti della loro storia:

Hey Jude don't make it bad, 
Take a sad song and make it better, 
Remeber, to let her into your heart, 
Then you can start to make it better. 
Hey Jude don't be afraid, 
You were made to go out and get her, 
The minute you let her under your skin, 
Then you begin to make it better. 
And anytime you feel the pain, 
Hey Jude refrain, 
Don't carry the world upon your shoulders. 
For well you know that it's a fool, 
Who plays it cool, 
By making his world a little colder. 
Hey Jude don't let me down, 
You have found her now go and get her, 
Remember to let her into your heart, 
Then you can start to make it better. “


Lentamente il suo corpo iniziò a rimpicciolirsi e la sua pelle a tornare de colore consueto. Bruce si accasciò fra le braccia di Betty, piangendo e tremando, per il dolore e per il freddo ma soprattutto perché era di nuovo lì con lui.

« Non lasciarmi, ti prego » le disse, stringendo la sua mano.

« Non ti lascio più » gli rispose lei.

Rimasero lì per un tempo che sembrava infinito. Di nuovo insieme, di nuovo vicini. Bruce però non riusciva a riprendersi, era debole e per quanto cercasse di alzarsi in piedi, le gambe non lo reggevano.

La ragazza prese il cellulare e, sotto dettatura compose il numero di Tony, l'unico che l'uomo si ricordava a memoria.

Tony stava cercando di rintracciarli tramite il segnale GPS del cellulare, ma all'improvviso Banner ebbe un attacco di convulsioni e crollò sul pavimento, privo di sensi.


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*nei fumetti della Marvel, prima di essere sposata con Banner, Betty Ross ha una relazione con Glenn Talbot

  
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