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Autore: Doctor Smith    16/03/2015    1 recensioni
"Quella mattina (come tutte le mattine), per prima cosa i suoi occhi si erano posati sulla fotografia che teneva sul comodino di fianco al letto. Impresse nella carta fotografica, due persone si guardano negli occhi nel giorno più felice della loro vita, cercando di trasmettere all'altro la valanga di emozioni che stanno provando. Gioia. Spensieratezza. Allegria. Amore.
Il cuore di Sherlock si spezzò ancora una volta al solo pensiero."
Tratto dal capitolo 1
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John, Watson, Lestrade, Sherlock, Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 9 – IL MIGLIOR REGALO DEL MONDO



Il resto della settimana passò molto in fretta tra preparativi per la festa ed impegni vari.
Hamish si svegliò venerdì mattina con un grosso sorriso stampato sul volto: era il suo compleanno e avrebbe rivisto il suo papà!
Non appena scese in cucina, si catapultò tra le braccia di Sherlock, che lo abbracciò e gli diede un bacio tra i capelli.
“Buon compleanno, campione! Cosa vuoi per colazione?”
“Pancake! Pancake! Pancake!” rispose il bimbo, saltellando per la stanza.
Il detective rise di cuore. Non capitava spesso che chiedesse a suo figlio cosa volesse per colazione: di solito si limitava a fargli trovare una fetta di pane tostato con la marmellata, oppure ci pensava Mrs. Hudson. E tutte le volte Hamish gli chiedeva i pancake!
“Va bene, va bene… dammi il tempo di prepararli… Intanto vai a vestirti. Devi andare a scuola.”
“Devo proprio?! Posso stare a casa? E’ il mio compleanno!”
“Non esiste. Vedrai che il tempo passerà in fretta e oggi pomeriggio arriverà in un attimo.”
Il bimbo sembrava pensieroso.
“Papà verrà, vero?”
Sherlock gli scompigliò i capelli.
“Ha detto che verrà. Vedrai che ci sarà. Lui mantiene sempre la parola”
Il piccolo annuì e corse in camera sua a prepararsi.
 
Come Sherlock aveva previsto, la giornata passò velocemente.
Mrs. Hudson andò a prendere Hamish, cosicché Sherlock riuscisse a definire gli ultimi dettagli e cominciasse ad accogliere gli ospiti.
Dire che Sherlock fosse nervoso tanto quanto Hamish sarebbe un eufemismo. Da una parte non vedeva l’ora di rivedere John. Dio, gli era mancato così tanto! Ma dall’altra non poteva fare a meno di chiedersi cosa sarebbe successo ora.  John avrebbe mai recuperato la memoria? Lui gli sarebbe ancora piaciuto come un tempo? In fondo per suo marito lui era solo un estraneo, ora… E come si sarebbe comportato con Hamish? Sarebbe riuscito ad essere il padre di cui il bimbo aveva bisogno? Il marito di cui lui aveva bisogno?
Mentre rifletteva si continuò a preparare. Si fece una doccia e asciugò i capelli con particolare cura, cercando di domare i ricci scuri. Si mise la camicia viola, quella che John adorava. Se ne sarebbe ricordato?
 
Mycroft fu il primo ad arrivare, seguito a breve distanza da Lestrade.
Non appena entrato in casa, il bambino corse ad abbracciare lo zio.
“Zio Myc!”
“Buon compleanno, Hamish” rispose l’uomo, scompigliando leggermente i ricci del bimbo.
Nonostante sembrasse freddo e distante, il Governo Inglese voleva bene al nipote.
“Come è andata a scuola oggi?”
“Noioso, come al solito. Non vedevo l’ora di tornare a casa!”
Greg ridacchiò. Il bambino era proprio come suo padre…
“Papà?” chiese il bimbo, rivolto al padre “Dov’è? Papà non è ancora arrivato?”
“No, tesoro. Ma vedrai che arriverà presto”.
Il bimbo annuì e rivolse tutta la sua attenzione a Greg.
Sherlock estrasse il telefono e compose un messaggio.

 
Dove sei? Verrai vero? Hamish ci tiene. SWH
E non solo lui… SWH
 
Sono fermo sul marciapiede da quasi dieci minuti. Non riesco ad entrare. JWH
 
Sherlock si avvicinò alla finestra e scrutò la strada sottostante. John era lì, come pietrificato, davanti alla porta. Lo vide mentre alzò la mano, come per suonare il campanello, ma si fermò un attimo prima di farlo.
Nell’altra mano teneva un pacchettino colorato: un regalo per Hamish.
Il detective si precipitò giù dalle scale ed aprì la porta d’ingresso.
John sobbalzò.
“Ciao” disse il detective, per rompere il ghiaccio.
“Ciao Sherlock”
“Stai bene?” chiese il moro.
L’altro annuì. Poi negò.
“Ho provato a suonare quel campanello decine di volte. Non ce la faccio, non so perché.”
“Sei spaventato.”
John strabuzzò gli occhi, sorpreso.
Sherlock gli sorrise comprensivo. “E’ normale. Sei un medico e sai quanto i cambiamenti possano sconvolgere le persone. Una volta passata questa porta la tua vita cambierà. Delle persone che non conosci entreranno a far parte della tua esistenza, delle responsabilità ti piomberanno improvvisamente sulle spalle. So che è dura, John,  e senza bisogno di dedurlo. Ma non sei solo. Insieme ce la faremo, un passo alla volta”.
Sherlock gli tese una mano. “Sei pronto?”
John la fissò per qualche istante prima di prenderla e stringerla forte mentre lentamente superava la soglia.
“Andiamo, sono tutti di sopra. Ma l’unico che sta davvero aspettando sei tu”.
 
Insieme salirono i diciassette gradini che li separavano dall’appartamento, ancora mano nella mano.
Sherlock poteva sentire il battito accelerato dell’altro e gli strinse la mano un po’ più forte, in segno di conforto. Si separarono solo un attimo prima di entrare.
Non appena lo fecero, la stanza si congelò: lo sguardo di tutti era rivolto al nuovo arrivato, alcuni con sguardi sbalorditi, alcuni confusi. I presenti erano a conoscenza della situazione, ma ciò non rendeva la cosa meno sorprendente.
Hamish spalancò gli occhi: solo ora che lo aveva davanti credeva davvero a quello che gli aveva detto il padre.
“PAPA’!” urlò prima di correre verso John e stringergli le braccia in vita, nascondendo il volto nel suo maglione.
John rimase come bloccato per un attimo. Quel bambino era davvero suo figlio? Gli sembrava tutto così strano.
Lentamente avvolse un braccio intorno alle spalle del bimbo, l’altra mano immersa nei ricci scuri.
Sherlock rimase a fissarli, commosso. Solo ora si rendeva pienamente conto che John era vivo, che era tornato. Solo adesso consapevolizzava appieno che avrebbe potuto riavere indietro la sua famiglia ed Hamish suo padre.
Senza nemmeno accorgersene, si avvicinò ai suoi due uomini e passò un braccio intorno alla vita di John che si girò a guardarlo, sorpreso,  ma non si scostò. Il moro aveva agito d’istinto, senza riflettere. Per una volta il cuore aveva prevalso sulla mente.
Rimasero così a lungo e Mrs. Hudson non poté fare a meno di scattare una foto.
 
Mycroft si schiarì la voce, attirando l’attenzione di tutti. “Ora che la famiglia è riunita, che ne dite di una fetta di torta?”
“Che ne è della tua dieta, fratello?” osservò con tono ironico il detective.
Il maggiore degli Holmes scrollò le spalle. “Oggi farò un’eccezione”
Sherlock ridacchiò, avviandosi verso la cucina.
Hamish intanto aveva preso per mano il padre e gli stava mostrando il suo microscopio (identico a quello di Sherlock), i suoi disegni (per la gran parte treni) e la sua collezione di monete, che per la maggior parte gli aveva regalato lo zio Myc.
“Ti piacciono? Vengono da ogni parte del mondo!”
“Sono stupende! Ma non posso fare a meno di notare che te ne manca una…”
Detto ciò, John estrasse il proprio portafoglio e prese una moneta. Si inginocchiò in modo di essere all’altezza del figlio e gliela porse. 
“E’ un Afghani” spiegò al bimbo “l’avevo con me quando mi hanno trovato. Tieni, ora è tua”
Per l’ex soldato, quella moneta rappresentava la nazione in cui aveva perso tutto ciò che aveva, tutto ciò che era… Forse ora, nelle mani di Hamish, poteva rappresentare qualcosa di positivo, un nuovo inizio.
Il bambino prese la moneta e la ispezionò, prima di gettare le braccia al collo del padre.
“Grazie, è bellissima!”
John rise e ricambiò l’abbraccio.
Quando era arrivato, era spaventato a morte. Ora gli sembrava tutto così naturale: sentiva di voler già bene al bambino. Come era possibile? Che stesse cominciando a ricordare?
 
Sherlock porse una fetta di torta a ciascuno, poi, una volta finito il dolce, Hamish chiese se potesse aprire i regali.
“Certo, tesoro. Ecco, comincia con questo”.
Gli porse un grosso pacco.
“Questo è da parte mia”.
Hamish non si fece pregare e strappò la carta a tutta velocità. Dalla scatola estrasse un violino per bambini, con tanto di custodia. Il bimbo si voltò verso il padre, la bocca spalancata per lo stupore.
“Era mio. Me lo ha regalato tua nonna quando avevo la tua età. Ho pensato che fosse arrivato il momento che lo avessi tu”.
Sherlock vide il figlio riporre il violino nella custodia, con la massima cura, prima di abbracciarlo forte e stampargli un bacio sulla guancia.
“Grazie papà! Mi insegnerai a suonarlo?”
“Ovvio! Non te l’ho dato per usarlo come soprammobile!” rispose l’uomo, facendo l’occhiolino al piccolo.
Mentre Hamish riportava l’attenzione al violino, John si avvicinò a Sherlock e gli sfiorò il braccio con la mano.
“Sai suonare il violino?” gli chiese sottovoce.
Il detective sorrise. “Perfettamente” rispose, sfoderando un sorrisetto compiaciuto.
“Ora tocca a me” interruppe Greg, allungando un pacchettino al festeggiato.
 
Una lente d’ingrandimento tascabile, un set di provette e il modellino di un treno si unirono alla pila dei regali.
 
John, rimasto un po’ in disparte, porse ad Hamish il pacchetto che aveva portato con sé.
“Buon compleanno, Hamish”.
Il bimbo scartò il regalo e ne estrasse un libro.
“Wow! Lo Hobbit! Grazie papà! Questo è il miglior regalo del mondo!” esclamò, esaltato.
Sherlock trattenne il respiro per un attimo, fissando John. Questi se ne accorse e si avvicinò a lui, imbarazzato.
“Ho sbagliato?” chiese sottovoce.
Il moro si riscosse.
“No, no, affatto. E’ che… Quando Hamish era piccolo mi confidasti che un giorno gli avresti regalato quel libro e gli avresti letto un capitolo ogni sera, prima di dormire, proprio come tuo padre faceva con te”.
“Oh…”
“Perché hai scelto proprio quel libro?”
“Mi sembrava…. Giusto…”
Sherlock annuì leggermente.
Si chiese, speranzoso, se i ricordi di John stessero cominciando ad affiorare.
 
Gli invitati se ne andarono non molto tempo dopo, lasciando Sherlock, Hamish e John da soli.
“Forza giovanotto”, disse il moro, “ a lavarsi i denti e mettersi il pigiama. E’ tempo di andare a dormire…”
Il bimbo, che ancora teneva l’ultimo regalo ricevuto tra le braccia, si girò verso John e glielo porse.
“Mi leggi qualcosa, papà?”
L’ex soldato non sapeva cosa fare. Guardò Sherlock che annuì leggermente, un sorriso sulle labbra. Riportò allora lo sguardo sul bimbo adorante davanti a lui ed annuì.
Hamish si catapultò in bagno e, nel giro di cinque minuti, era pronto per andare a letto.
John si sedette sul bordo del letto, aprì il libro e cominciò a leggere.


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Salve a tutti! Eccoci con il nuovo capitolo, finalmente di una lunghezza decente :) E' arrivato il momento per John di incontrare Hamish... è andata bene non trovate?! ;)
Come sempre ringrazio chi legge/ recensisce/ segue...
E devo ringraziare anche la mia beta nuova di zecca :D Che sopporta le mie infinite domande e corregge le miriadi di errori :*
Fatemi sapere cosa ne pensate!!
Alla prossima settimana!!


PS: come ho già accennato, sto rivedendo un paio di capitoli già postati.. a breve modificherò il 7 e poi toccherà al 6.. fateci un salto :) 
  
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