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Autore: Ska    17/03/2015    2 recensioni
"Tornerò a prenderti Calipso. Lo giuro sullo Stige"
Aveva urlato quelle parole al vento e lei probabilmente non le aveva sentite ma lui non avrebbe mai potuto dimenticare la sua promessa nemmeno se non ci fosse stato di mezzo lo Stige.
Non poteva dimenticare quel giuramento perché non poteva dimenticare lei.
Avrebbe fatto di tutto per mantenere la parola data, per tornare da lei e portarla via da Ogigia.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calipso, I sette della Profezia, Leo Valdez
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3° CAPITOLO

Come ogni mattina negli ultimi tremila anni Calipso si era svegliata di buon ora.
Dopo aver fatto colazione con pane abbrustolito, marmellata di fragole e latte di capra appena munto, si era subito messa al lavoro nel suo orto.
Lavorare le calmava i nervi e la distraeva dal continuo pensiero di Leo.
Il ricordo di quel ragazzo che era piovuto dal cielo distruggendole il tavolo da pranzo non la abbandonava mai.
Le aveva promesso che sarebbe tornato ma come avrebbe mai potuto farlo?
Era stato il primo eroe in tremila anni che le avesse detto una cosa del genere.
Ogni volta i semidei gli parlavano della loro casa, degli amici e familiari che li aspettavano, delle imprese che avrebbero dovuto compiere e del ruolo fondamentale che loro ricoprivano nel disegno divino.
Ogni volta aveva cercato di resistere e ogni volta si era ritrovata ad offrirgli l’immortalità solo per venire respinta.
Nessuno di loro aveva mai pensato di tornare da lei.
Nessuno di loro le aveva mai detto quello che Leo le aveva promesso con tanta facilità.
Come se fosse ovvio che lui sarebbe tornato a prenderla, che non avrebbe mai potuto dimenticarla.

Sei una stupida pensò mentre le lacrime le rigavano il volto. Dopo tutti questi anni ancora ti illudi che qualcosa possa cambiare.
L’unica speranza che aveva era che Leo stesse bene.
Sapeva che Gea era stata sconfitta e rimessa a dormire per sempre.
Ermes gliene aveva portato notizie ma quando lei aveva cercato di chiedergli informazioni su Leo il Dio era diventato nervoso.
Aveva cambiato rapidamente discoro e alla fine era letteralmente scappato.
Dentro di sé Calipso sentiva che Leo stava bene, che era sopravvissuto, ma il comportamento di Ermes l’aveva lasciata perplessa e molto preoccupata per la sorte del semidio.
Cercando di non pensare al figlio di Efesto Calipso finì di piantare i ravanelli per poi concentrarsi sulla potatura degli alberi di pesco.
Indossava ancora gli abiti che aveva cucino su modello di quelli di Leo.
Erano incredibilmente comodi a differenza dei suoi vecchi vestiti e, avendo utilizzato lo stesso tipo di tessuto, non doveva preoccuparsi di sporcarsi.
Il sole splendeva alto in cielo quando Calipso sollevò lo sguardo per controllare che ore fossero.
“Già mezzogiorno” mormorò scrutando la meridiana.
Dubitava fortemente che quell’attrezzo funzionasse veramente su Ogigia ma Leo ci aveva tenuto così tanto a costruirgliela che non aveva avuto cuore di fermarlo.
Riponendo le cesoie nel cesto degli attrezzi si scostò i capelli dalla fronte notando solo in quel momento un puntino minuscolo in mezzo al cielo.
“Visite?” mormorò speranzosa osservando il puntino nero avvicinarsi all’isola e diventare sempre più grande.
Non poteva essere un Dio.
Gli Dei venivano solitamente annunciati da un fulmine, o da un piccolo terremoto, o quanto meno da una folgore.

Stupida si ripeté quando il suo pensiero corse subito a Leo. Lui non tornerà mai. Non può tornare gemette realizzando che non poteva essere altro che un nuovo semidio.
“Beh, vorrà dire che rimarrà qui per sempre. Io non posso più innamorarmi” mormorò mentre il cuore le si stringeva nel petto per il dolore. “Avete fatto male i vostri conti Parche. Il mio cuore non mi appartiene più. Lo ha preso l’eroe più smilzo e ossuto che si sia mai visto” sorrise Calipso chiudendo gli occhi per un momento mentre l’immagine del sorriso di Leo le inondava la mente.
Avrebbe voluto rimanere lì ed ignorare il nuovo arrivato che si stava avvicinando sempre di più ma qualcosa le suggeriva che non doveva perdersi il momento in cui sarebbe arrivato.
Senza la minima intenzione di rendersi presentabile Calipso si incamminò verso la spiaggia.
Qualsiasi cosa fosse si stava avvicinando a velocità sostenuta, quasi ondeggiando nel cielo.
In breve riuscì a distinguere la forma di un drago e, per un breve momento, ebbe paura che alla fine gli Dei avessero deciso di porre fine alla sua prigionia nel modo più violento.
Quando il drago raggiunse la distanza di una ventina di metri dalla costa qualcosa di indistinto cadde dalla sua schiena, seguito subito dopo da un altro oggetto.
“Ma cosa…” mormorò quando le sembrò di distingue due uomini precipitare a tutta velocità verso il mare.
Stringendo le mani a pugno per la preoccupazione non poté fare altro che restare ad osservare e aspettare mentre il Drago planava dolcemente verso la spiaggia per poi atterrare sulla battigia.
Incerta, se avvicinarsi o meno, rimase immobile ad osservare un ragazzo dai capelli biondi smontare dalla schiena del drago mentre quest’ultimo lanciava occhiate preoccupare verso il punto in cui si erano inabissati i due uomini.
“Ciao” esordì Jason alzando una mano in segno di saluto.
“E tu chi sei?” chiese Calipso seccata dell’arrivo di un nuovo semidio.
Lui rientrava decisamente nello standard degli eroi preferiti dalle Parche, ma quell’aria da comandante di legioni, tutto lavoro e niente piacere, non la attirava per niente. Non più.
“Mi chiamo Jason” si presentò il figlio di Giove rimanendo accanto a Festus. “Tu sei Calipso?”
“Come conosci il mio nome?” domandò la ragazza cercando di capire se il semidio di fronte a sé fosse una minaccia oppure no. “Perché il tuo Drago mi guarda in quel modo?”
“Credo sia felice di vederti” rispose Jason guardando per un momento Festus, puntando poi lo sguardo sul mare alle sue spalle.
Percy e Leo ancora non si vedevano, ma Jason aveva visto distintamente il figlio di Poseidone afferrare Leo un attimo prima di toccare l’acqua. Se c’era qualcuno in grado di sopravvivere ad un tuffo da quell’altezza era lui.
“Se vuoi che la zattera arrivi devi dire che vuoi lasciare Ogigia” disse Calipso attirando nuovamente l’attenzione di Jason. “Anche se non credo che il tuo drago possa salire sulla zattera”
“Non credo nemmeno che la zattera possa arrivare per me, non credi?” chiese Jason non potendo evitare uno sguardo malizioso.
“Non so di cosa stai parlando” mentì evitando lo sguardo del semidio. “Ma cosa…” mormorò quando alle spalle del ragazzo, in lontananza, vide due figure emergere dall’acqua.
“Loro sono con me” rispose Jason prima di entrare in acqua per aiutare Percy a portare Leo a riva.
“Percy? Ma come… oh Di Immortales” gemette quando il suo sguardo cadde sul volto di Leo ancora svenuto.
“Ciao Calipso” la salutò Percy sdraiando a terra l’amico con l’aiuto di Jason.
“Cosa gli è successo?” chiese inginocchiandosi accanto al figlio di Efesto, sfiorandogli i capelli zuppi d’acqua. “Dei del cielo respira ancora” sussurrò sollevata.
“Credo sia solo svenuto” disse Percy frugando nella cintura degli attrezzi di Leo. “Come funziona questa roba?” imprecò continuando a togliere attrezzi di ogni genere dalla cintura.
“Dammela” disse Calipso togliendogli la cintura dalle mani. “Ambrosia” evocò la ragazza estraendo un pacchetto di Ambrosia, mettendone un quadratino sotto la lingua del semidio, in modo che si sciogliesse con calma senza il pericolo che si strozzasse. “Bisogna portarlo alla grotta”
“Facci strada” disse Jason aiutando Percy a rimettere in piedi il ragazzo, seguendo Calipso all’interno dell’isola.

L’adrenalina le scorreva all’impazzata nelle vene, le orecchie le fischiavano ed era certa che il suo cuore non avrebbe retto oltre.
Lui era lì.
Era tornato e aveva fatto un volo di trenta metri d’altezza davanti ai suoi occhi.
Lo avrebbe preso a schiaffi se non fosse stato già così malconcio.
Aveva la febbre alta e per qualche strano motivo l’Ambrosia non sembrava funzionare al meglio.
Avrebbe voluto dargliene ancora, ma non voleva rischiare di fargli prendere fuoco.
Non sarebbe mai potuto sopravvivere a quel tipo di fuoco.
Dopo averlo fatto sdraiare sul suo letto, aveva cacciato i due semidei consigliandogli di farsi una lunga passeggiata nel bosco.
Aveva da fare ed era più che convinta che gli uomini non fossero in grado di gestire bene quel tipo di emergenze.
Ci voleva calma, e tranquillità, e quei due sembravano tutto tranne che calmi e tranquilli.
Cercando di rimanere lucida e concentrata, lo aveva spogliato dei vestiti bagnati per poi sciacquargli il corpo in modo da eliminare l’acqua salmastra.
Lo aveva asciugato e infine rivestito con dei vestiti puliti.
Non lo vedeva da molto tempo e, a dirla tutta, non lo aveva mai visto nudo nemmeno la prima volta che era stato sull’isola, ma non poteva non notare un notevole cambiamento nel suo corpo.
Si era alzato di qualche centimetro e aveva anche messo su peso.
Rimaneva sempre magro, ma non avrebbe più potuto definirlo mingherlino.
Il lavoro gli aveva definito i muscoli e lei non poteva fare a meno di passarsi la lingua sulle labbra quando ne sfiorava il corpo con lo sguardo.

Rimani concentrata. Ha bisogno di te. Ha bisogno di cure adeguate, non di una sciocca che non fa altro che fissarlo sbavando si rimproverò mentre prendeva una ciotola d’acqua e iniziava a tamponargli il viso.
Per il resto della giornata rimase al suo fianco, assicurandosi di farlo bere a sufficienza e somministrandogli di tanto in tanto dei decotti curativi.
Quando alla fine il sole tramontò e la luce della luna iniziò a far risplendere i fiori in giardino Calipso uscì dalla grotta per raggiungere Jason e Percy.
“Come sta?” chiese Jason quando Calipso si avvicinò a loro.
“Finalmente la febbre si è abbassata. Starà bene ma ha bisogno di riposo” rispose sedendosi su una sedia dal lato opposto del tavolo rispetto ai due semidei. “Sembra esausto”
“Ci abbiamo messo tre giorni per arrivare qua e lui avrà dormito sì e no quattro ore da quando siamo partiti” spiegò Percy bevendo un sorso di sidro.
“E solo perché lo abbiamo costretto” aggiunse Jason. “Non voleva rischiare di perdere la rotta”
“È un folle” mormorò Calipso mentre il cuore le batteva furiosamente nel petto.
“L’amore spesso fa questo effetto” sorrise di fronte allo sguardo sgomento di Calipso. “Ha detto che te lo aveva promesso”
“E io gli avevo riposto di non fare promesse vuote, perché nessuno può venire a Ogigia due volte” mormorò Calipso scuotendo la testa.
“Non si sarebbe mai arreso all’idea di lasciarti qua”
“E ora, con ogni probabilità, rimarrete tutti e tre bloccati qui”
“Devi avere un po’ più di fiducia in lui” disse Percy guardandola incoraggiante. “Infondo era impossibile anche trovare quest’isola, ma Leo ce l’ha fatta. Chi meglio di lui ci può riportare tutti e quattro a casa?”
“Avete fame?” chiese Calipso cambiando discorso.
“Un po’” ammise Jason.
“Vi vado a prendere un po’ di stufato” rispose allontanandosi da loro, cercando di non pensare troppo alle parole di Percy. Cercando di non illudersi nuovamente che le cose potessero cambiare.

 

FINE 3° CAPITOLO

   
 
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