Anime & Manga > Kuroko no Basket
Segui la storia  |       
Autore: Ortensia_    19/03/2015    0 recensioni
"Kuroko Tetsuya, giovane promessa del basket conosciuto come: "Il sesto uomo fantasma della Generazione dei Miracoli", trovato impiccato nel suo piccolo appartamento di periferia.”: questo è ciò che i giornali riportano in una fredda mattina di febbraio.
Tuttavia basta una più attenta osservazione per capire che non si tratta di suicidio e, fin da subito, il cerchio dei presunti colpevoli si restringe attorno ai grandi talenti del basket, a coloro che più sono stati vicini a Kuroko. Adesso che il nodo di congiunzione si è sciolto, gli ingranaggi si romperanno di nuovo.
«Il nodo di congiunzione che li aveva tenuti uniti si era sciolto, distrutto in una piovosa giornata di febbraio: le anime che si erano ritrovate grazie a Kuroko sarebbero ricadute molto presto nella malattia, si sarebbero allontanate e non avrebbero più avuto occasione di riavvicinarsi.
Da quel giorno in avanti, la spaccatura che Kuroko era riuscito a riparare si sarebbe tramutata in una voragine nera che li avrebbe risucchiati tutti, li avrebbe consumati e distrutti, dal primo all'ultimo.»

Accenni: KagaKuro; KuroMomo (altri, leggeri leggeri)
Coppie: AoKise
Genere: Dark, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kiseki No Sedai, Satsuki Momoi, Taiga Kagami
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Epilogo


Le palpebre tremarono, stuzzicate dalla fredda luce di febbraio che, probabilmente, si era insinuata oltre le tende stropicciate, attraverso qualche spiraglio.
Quando il fremito delle palpebre divenne così vigoroso da farle sollevare, anche se solo per un istante, riuscì – seppur ancora stordito dal sonno – a comprendere che la luce all'interno di quella stanza era molto più forte e accecante di quanto si aspettasse e che tutto, intorno a lui, era bianco.
Rifletté ad occhi chiusi, cercando di scacciare via le ultime tracce di sonno e quella sensazione di pesantezza alla testa.
La testa.
Si mosse appena e percepì un bruciore lancinante alle tempie, quindi serrò le labbra e le schiuse in un gemito spaventato non appena sopravvenne il vago e vaporoso ricordo dello sguardo di Midorima oltre le spesse lenti degli occhiali.
«A‒» rantolò sommessamente e quando aprì gli occhi gli sembrò che fossero pieni di lacrime, tanto la sua vista era appannata e confusa.
Lui dov'era?
«Aomi—»
Un cigolio vicino all'orecchio e poi una mano calda sulla sua, le dita strette in un rapido intreccio.
«Kise!»
Ryouta inclinò lentamente il viso e finalmente riuscì a mettere a fuoco ciò che gli stava intorno e, in particolare, il viso di Daiki.
«Aominecchi...» lo chiamò piano, increspando le labbra in un debole sorriso, per poi ricambiare la stretta della sua mano.
«Aominecchi?» quando Kise si rese conto che il braccio dell'altro era piegato e tenuto legato al petto da una fasciatura, ricordò con più chiarezza il viso di Midorima e di aver udito uno sparo, quindi assunse un'espressione terrorizzata «cosa... cos'hai fatto al braccio? Cos'è successo?!»
«Ohi, non cominciare a strillare, idiota!» appena lo vide intento a mettersi a sedere, Aomine gli adagiò la mano destra sul petto per fare in modo che restasse coricato.
«Midorimacchi è...» Kise tornò a guardare il soffitto e increspò le labbra in una smorfia amareggiata «Midorimacchi...»
«Lo hanno arrestato.» Aomine tornò ad intrecciare le proprie dita con quelle dell'altro, che dopo qualche istante di esitazione riprese a guardarlo.
«Hai il braccio rotto?»
«No, è per tenere la spalla il più ferma possibile.» Aomine accennò un sorriso «potrò vantare di essermi beccato una pallottola in servizio.»
Kise spalancò gli occhi e boccheggiò appena.
«T-ti ha sparato?»
«Non è niente di grave.» Daiki gli accarezzò la fronte e solo allora Kise si rese conto di avere una fasciatura attorno alla testa.
«Aominecchi, ma io...» esitò, sbattendo le palpebre un paio di volte «sono stato in coma?»
«Ah?» Aomine inarcò un sopracciglio e sfiatò sonoramente «Kise, ma che cazzo dici? Hai soltanto una ferita alla testa, idiota.» ma nella valigetta che Midorima si era portato appresso erano stati rinvenuti anche una siringa e una boccetta contenente il liquido letale che lui e Akashi avevano trovato nello scantinato, e lui era infinitamente sollevato che la pelle di Kise non fosse stata neppure sfiorata dalla punta dell'ago.
«E gli altri? Gli altri come stanno?»
«Bene.» per quanto si potesse stare bene, considerando che uno di loro era un assassino «Akashi è andato a prendere Murasakibara.»
Kise annuì appena, poi, in quell'istante di silenzio che seguì, rivolse un sorriso ad Aomine, che cominciò ad accarezzargli il dorso della mano con il pollice e abbassò il capo, vagamente imbarazzato.
«Kise?»
«Che c'è?»
«Scusami...» Daiki rafforzò l'intreccio delle loro dita «scusami se ho dubitato di te.»
«È anche colpa mia, Aominecchi.» Kise sollevò la propria mano, trascinandosi dietro anche quella di Aomine, come se volesse guardare – e fargli guardare – le loro dita intrecciate.
«Avrei dovuto mostrare maggior comprensione nei tuoi confronti, e invece non ho fatto altro che renderti le cose ancora più difficili con i miei capricci.»
Aomine osservò le loro mani e le loro dita intrecciate, poi lo guardò negli occhi e ricambiò il suo sorriso.
«Sono contento che tu sia qui con me.» confessò Kise, con la voce vagamente tremante per l'imbarazzo e il grande sollievo che all'improvviso si era irradiato nel suo petto.
«Anche io.» Aomine, dal canto suo, non poté far altro che ampliare il sorriso e chinare il viso per baciarlo.



Akashi seguì il movimento lento e vagamente ondulatorio di Murasakibara, che si era diretto verso di lui subito dopo aver varcato la soglia del carcere e quindi essersi lasciato alle spalle quella grande e silenziosa struttura dall'aria sterile e tetra.
Subito dopo essere venuto a conoscenza dell'arresto di Midorima, Himuro aveva confessato il suo accordo con l'assassino e aveva sottolineato il fatto che Murasakibara fosse innocente, evidentemente pentito delle sue scelte.
«Le hai portate?» Murasakibara parlò a voce bassa e si fermò proprio di fronte a lui, all'improvviso assunse l'aspetto di un alto muro di carne che il sole era impossibilitato a scavalcare.
Akashi lo guardò e accennò un sorriso silenzioso, poi strattonò la lampo del borsone e frugò al suo interno.
«Mi dispiace che tu sia stato costretto a tutto questo.» strattonò nuovamente la lampo per chiudere il borsone e gli porse il pacchetto di caramelle, che Murasakibara gli strappò di mano e aprì con un movimento nevrotico e concitato delle dita delle mani.
«Sono felice di vederti, Aka-chin.» Murasakibara afferrò una manciata di caramelle e si riempì la bocca sotto lo sguardo attento di Akashi: molto probabilmente per lui stare lontano dai dolci – o comunque dal cibo spazzatura – equivaleva all'astinenza da droga alla quale avrebbe dovuto sottoporsi Himuro.
«Anche io, Atsushi.» Seijuurou rispose sinceramente e cominciò a camminare, immediatamente affiancato dall'altro «sono contento che tu sia stato scagionato. Ero sicuro della tua innocenza.»
Murasakibara smise di masticare e gli rivolse un'occhiata interrogativa, ma fu questione di pochi secondi prima che si infilasse un altro paio di caramelle in bocca e riprendesse a biascicare con espressione trafelata, estasiato dal sapore dolce che all'improvviso aveva preso possesso della sua bocca.
Atsushi era davvero felice che fosse finita, perché per quei pochi giorni passati in carcere aveva pensato che non sarebbe mai riuscito a reggere per più di un mese e aveva convissuto con l'odio, con la paura e con un amaro sentimento di delusione e di spaesamento.
Himuro aveva confessato di essersi incontrato con Midorima per dargli la pistola e ricevere, in cambio, il doppione delle chiavi di Kuroko, aveva detto – proprio come aveva ipotizzato Akashi – che lo aveva fatto per soldi e aveva deciso di additare Murasakibara come vero e proprio assassino in modo che la sua pena venisse attenuata, tuttavia, la sera precedente, la sua prima dichiarazione alla notizia dell'arresto del vero assassino aveva riguardato l'innocenza dell'ex asso dello Yousen.
«Aka-chin?» Atsushi era venuto a conoscenza di ogni cosa nella notte ed era rimasto sveglio fino all'alba, ad interrogarsi sui suoi sentimenti nei confronti di Tatsuya «credi che dovrei andare a trovarlo?»
«Parli di Himuro?» Akashi gli rivolse un'occhiata colma di disappunto, per poi tornare a rivolgere la propria attenzione alla lunga lingua di asfalto scuro che correva di fronte a loro e sfumava all'orizzonte «dipende da te, Atsushi.»
Murasakibara rallentò leggermente e rivolse un'occhiata vagamente malinconica al più piccolo, per poi serrare le labbra e inspirare appena.
«Non credo che riuscirò a perdonarlo.» anche se aveva trascorso pochi giorni e poche notti in prigione, Murasakibara si era sentito ferito a morte dal comportamento di Himuro e aveva pensato che confessandosi avesse fatto solo il proprio dovere, probabilmente bisognoso di alleggerire la propria coscienza.
«Questo te lo saprà dire il tempo.» Akashi mormorò, stringendo fra le dita la cinghia ruvida e tesa del borsone.
«Andiamo da Se-chin?»
«Purtroppo non ne avrò il tempo.»
«Perché?»
«Fra un'ora giocherò la finale del torneo di shogi e subito dopo tornerò a Kyoto, è già tutto stabilito.»
«Oh...» Murasakibara smise di masticare e chinò il capo con fare dispiaciuto «devi tornare a casa proprio adesso, Aka-chin?»
«Sì.»
«E non ti sentirai solo?»
Akashi lo guardò e restò in silenzio per qualche istante.
«Solo? È da quando è morto Tetsuya che ci sentiamo tutti più soli, Atsushi.» parlò con calma imperturbabile, la voce bassa e ferma «potrei chiederti un favore?»
Murasakibara lo esortò a continuare con la sola forza dello sguardo.
«Potresti porgere i miei saluti a Ryouta e Daiki?» e le labbra di Akashi si incresparono in un sorriso forzato e vagamente malinconico, una smorfia di dolore trattenuto che Murasakibara contemplò con occhi bagnati, lì dove il riflesso di quel giovane viso trafitto dalla sofferenza era più nitido e profondo.



Non era stata la compassione a condurlo da lui, ma solo un vago sentimento di umanità, la ferrea volontà di seguire il buon senso pur di assicurarsi che in futuro non sarebbe stato divorato dai rimorsi.
Si trovava lì e da qualche minuto si ostinava a rimanere, anche se non avevano niente da dirsi, anche se il loro silenzio lo feriva.
Kagami cercò di guardarlo negli occhi un'altra volta, ma, nonostante Himuro lo fissasse con insistenza, lui non riusciva a sostenere il suo sguardo neppure per un secondo: percepiva un intorpidimento alla bocca dello stomaco, un dolore diffuso al ventre e un nauseabondo sentore di sangue nella bocca. Gli veniva da vomitare solo a guardarlo, perché quello che gli stava di fronte, oltre uno spesso vetro opaco, aveva speculato sulla morte del suo fidanzato nonostante in passato la loro amicizia fosse stata così forte da tramutarsi in uno stretto e viscerale rapporto fraterno.
«Volevo soltanto dirti che non tornerò a trovarti.» Taiga sfiatò a fior di labbra, il capo chino e lo sguardo basso.
A ruoli invertiti, forse Tatsuya sarebbe andato a trovarlo e avrebbe continuato a serbargli rancore, mentre lui era paradossalmente disposto a perdonarlo ma sentiva che non sarebbe mai più riuscito a guardarlo in faccia, a parlargli o, semplicemente, a condividere il suo spazio vitale e a respirare la sua stessa aria.
«Questa è l'ultima volta.» serrò le labbra, poi le schiuse in un fremito e cercò di pronunciare il suo nome, ma dalla sua bocca fuoriuscì soltanto uno sbuffo di aria calda.
Himuro, dal canto suo, era perfettamente consapevole di quanto fossero imperdonabili le decisioni che aveva preso nei riguardi dell'omicidio di Kuroko – soprattutto dal punto di vista di Kagami –, quindi, sicuro che l'altro non sarebbe riuscito a sopportare neppure la sua voce, restò in silenzio e si limitò ad annuire con un debole cenno del capo.
Kagami non disse nient'altro, piuttosto si alzò all'improvviso e, dopo qualche istante di immobilità, accennò un paio di passi titubanti e, finalmente, gli diede le spalle, per poi dirigersi in fretta verso l'uscita.
Himuro socchiuse gli occhi, cercando di ignorare lo spesso strato acquoso che pareva bruciargli le sclere come acido e pizzicargli il contorno delle pupille e delle cornee con tanti, piccoli spilli, quindi serrò le labbra nel tentativo di trattenere un singhiozzo e le increspò in una smorfia di dolore che, a poco a poco, sembrò diramarsi in fitte trame sotto la pelle pallida e sottile e deformare il suo volto.
Lo guardò andare via senza poter dire o fare nulla. Lo guardò andare via e, forse per la prima volta in tutta la sua vita, anche lui si sentì privato di qualcosa: era come se, all'improvviso, qualcuno avesse gettato via il perno che reggeva tutto il suo mondo e che, fino a quel momento, gli aveva impedito di sgretolarsi.



Chiuse gli occhi e inspirò appena, focalizzò la propria attenzione sulla superficie liscia e fredda a contatto con il palmo della sua mano e infine, sollevate le palpebre leggermente arrossate, si ritrovò a osservarne la forma morbida e sinuosa, a contemplare le sfumature del marmo grigio e a tastarne lo spessore lasciando scivolare le dita lungo i bordi.
Lesse mentalmente l'incisione in kanji, poi, dopo qualche istante di esitazione, lo fece sussurrando, come se non riuscisse ancora a crederci e avesse avuto bisogno di ripetersi più e più volte che quella davanti alla quale era inginocchiata era la lapide di Kuroko.
Momoi non era più arrabbiata con lui, sentiva soltanto un grande vuoto pesarle sul petto, avvertiva una mancanza nella sua vita e molto spesso si sorprendeva a fantasticare sui momenti passati con gli occhi bagnati di nostalgia.
Ricordava spesso il momento in cui, alle medie, aveva creduto che la spaccatura – all'epoca sottile e appena accennata – che si era imposta fra tutti loro fosse irreparabile e destinata a tramutarsi in voragine e quindi era scoppiata a piangere a dirotto, e ora si ritrovava completamente annichilita di fronte a quell'incubo che, dopo averla perseguitata per anni, era divenuto parte di una realtà dolorosa e inconfutabile.
Quello spiacevole avvenimento avrebbe contribuito, senza alcun dubbio, ad avvicinare lei, Kise, Aomine, Murasakibara, Akashi e Kagami, ma tutti e sei ne uscivano rotti e senza la possibilità di aggiustarsi.
Sua madre le diceva spesso che non importava quanta colla si usasse per riparare un piatto rotto, perché una volta spezzata la sua integrità, questo, anche se ricostruito con precisione, resta brutto e imperfetto e mai tornerà come prima.
Satsuki chiuse gli occhi, ascoltò il cinguettio lontano e scostante di un passero e il fruscio sommesso delle foglie secche che, trasportate dal vento freddo, correvano lungo i viali asfaltati del cimitero.
Pensò alle carezze gentili di Kuroko, alle loro dita intrecciate, alla sua voce imperturbabile e al profumo della sua pelle, quasi impercettibile, eppure meraviglioso.
Due lacrime calde le rigarono il viso: lei era uno dei tanti piatti rotti, e i suoi frammenti, tenuti insieme da uno strato sottile di colla, tremavano e fremevano ad ogni carezza.
Niente sarebbe tornato come prima, e Satsuki lo sapeva.




L'angolino invisibile dell'autrice:

È FINITA!
Ancora non ci credo, aiuto! *3*
Non ho niente da dire, insomma... solo grazie a tutti voi che avete seguito silenziosamente, avete recensito oppure avete invaso la chat di FB per chiedere spoiler/che non vi ho dato/e mi avete dato una spinta per andare avanti e portare a termine questa long!
Escludendo la recente long scritta per un contest, erano secoli che non concludevo una fanfiction e, anche se si tratta solamente di sette capitoli più l'epilogo sono davvero contenta.
È stata molto più impegnativa di tante altre, in verità, e la ricorderò sempre per alcune scene, soprattutto quelle fra Akashi e Aomine, che mi sono divertita un mondo a scrivere, ecco.
Comunque siete degli incoerenti (?), tutti ad additare Kise come colpevole e poi a pregarmi di non ucciderlo ùwù --- beh, alla fine vi ho accontentati, in questa fanfiction non ho mai pensato di ucciderlo, volevo dare il lieto fine all'AoKise ;u;
Giustamente, trattandosi della fine, ho deciso di ritagliare uno spazio per tutti i personaggi (tranne che per Midorima, che non se lo merita) e ho voluto chiudere con Momoi, che forse, tirando le somme, è quella che ha subito più delusioni da questa vicenda ma che, nonostante tutto, ha deciso di restare legata a Kuroko nel bene e nel male.
Come ho già detto in occasione del penultimo capitolo, forse un giorno pubblicherò altre fic come questa (anche se prima ne vorrei portare a termine altre, ugh).
Piccoli appunti sull'insieme della storia e sul rapporto fra i personaggi: non si fosse capito, Akashi è innamorato di Aomine; Himuro è “invaghito” o per lo meno esige le attenzioni di Kagami e Murasakibara è vagamente infatuato di Himuro (anche se, come viene detto qui, non è disposto a perdonarlo per quello che ha fatto).
Per il resto ne approfitto per farmi pubblicità: https://www.facebook.com/pages/Neu-Preussen-EFP/416393978469818?ref=hl
Ancora grazie a tutti quelli che mi hanno seguito in questa avventura strappa feels! ;33;
Addio!

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: Ortensia_