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Autore: Amachodidaskalos    19/03/2015    1 recensioni
Basta poco. Basta un lampo, un fascio di luce. Il mondo, apparentemente immutato, si trova ad affrontare la peggiore delle sorti: l'isolamento. Ce la faranno i grandi eroi delle storie a salvarlo? No, semplicemente perché non esistono. Il delicato compito di portare l'equilibrio questa volta non viene affidato a paladini senza macchia o potenti stregoni dai cappelli a punta. Costretti insieme dagli eventi, un gruppo di individui dalla morale più o meno dubbia si vede consegnata tra le mani da nientemeno che la Morte in persona un'ultima disperata occasione: dodici giorni per salvare il mondo. Ma in fondo non è meglio superare la propria natura malvagia che nascere buoni?
Se avete un deja-vu, non temete: il Matrix è in ordine. Piuttosto questa storia, che era arrivata al sesto capitolo, sè stata accidentalmente cancellata, e quindi la stiamo ripostando. In realtà, Shades è il resoconto di una campagna di D&D 3.5 tuttora in corso, ma non temete, profani: è perfettamente leggibile anche per chi non sa nemmeno cosa sia un tiro sulla Tempra; per i navigati di GdR sarà solo un poco più intrigante.
BuonaLettura.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I: La torre

La sconfinata pineta scorreva rapida, mentre la sorvolava immersa nella semioscurità. Pesanti nubi grigie, gravide di pioggia, coprivano il cielo fino all'orizzonte, dove si confondevano con le cime dei monti, ma se anche il cielo fosse stato terso, la luna nuova non avrebbe certo aiutato a rischiarare il paesaggio. Eppure, anche nella greve penombra, gli occhi di Timis potevano distinguere chiaramente il profilo cupo e solitario della torre storta e diroccata che si stagliava sulle cime degli alberi. Abbassò lo sguardo sotto di sé, verso le chiome aguzze che sfilavano rapidamente sotto di lei. Non invidiava per nulla chiunque fosse costretto a percorrere quella via sui propri piedi: la Pineta Maggiore era famosa per essere quasi impraticabile per la maggior parte della sua estensione, e densa di pericoli, e non a tutti era concessa la possibilità di superarla volando.
Una ciocca dei suoi capelli dorati mossa dalla turbolenza le frustò il viso, distogliendola dai suoi pensieri. Sputò alcuni capelli che le erano rimasti in bocca e ricacciò il ciuffo dietro una delle sue orecchie a punta. Timis era una mezzelfa keraniana, una sottorazza di mezzelfi che si erano abituati a vivere nel sottosuolo, dove avevano modificato il loro sangue con la magia, riempiendolo di Ferro Morto. I loro volti avevano perso i tratti affilati tipici delle creature di sangue elfico, certo, ma il minerale maledetto che circolava nel loro organismo offriva loro una debole resistenza alla magia e la possibilità di intraprendere una carriera riservata a poche altre razze oltre quella umana: Timis, come tutti gli individui più dotati del suo popolo, era una Falce Mietitrice, una soldatessa al servizio della Morte stessa.
Timis ricordava bene la prima volta che era stata ammessa alla presenza della Morte: varcato il portale dimensionale per il Piano degli Spiriti, aveva atteso in una confortevole stanza in compagnia di altri due aspiranti Falci Mietitrici, con le quali aveva passato circa un'ora cercando di evitare di incrociare gli sguardi.  Quando alla fine era stata ammessa alla presenza della divinità, si era resa conto di quanto quella fosse diversa dalle descrizioni dei racconti che aveva ascoltato sin da bambina: aveva davvero l'aspetto di uno scheletro avvolto in un sudario nero, ma, per quanto si fosse sforzata, Timis non era riuscita a ravvisare la minima traccia dell'aura di terrore che avrebbe dovuto emanare. Al contrario, era stata accolta con gentilezza ed educazione, e la Morte aveva sempre cercato di farla sentire a suo agio: benché non ci fosse pelle né carne sul suo teschio candido, le fila di denti perfettamente rettangolari davano sempre l'idea di essere curvate in un sorriso.
Il suo lavoro, aveva spiegato la Morte con pazienza, avrebbe comportato un solo, semplice compito: eliminare quelli che si oppongono al naturale ciclo vita-morte, primi dell'elenco non-morti e necromanti, ma solo quelli provenienti dal Piano Materiale. Gli extraplanari erano infatti soggetti ad altre leggi, che anche lei avrebbe dovuto rispettare. Infine le aveva consegnato un lungo mantello nero ed una falce uguale alla sua, con il manico dosso modellato in forma di una sequenza di femori, con un piccolo teschio proprio sopra la lama, fatta di adamantio nero. Nelle sue mani, la falce aveva tremolato come vista attraverso la superficie dell’acqua, e si era ridotta ad un piccolo bracciale di ossicini, stretto intorno al suo polso.
«Quando sarai abbastanza brava, sarai in grado anche di assumere il mio aspetto, bambina. Per quello però dovrai ad aspettare un po'. Benvenuta tra le Falci mietitrici.» le aveva sussurrato la Morte scompigliandole i capelli con fare paterno, come se la conoscesse da una vita. Quelle parole avevano fatto colpo su Timis.
Entrando in quella schiera a tredici anni Timis era stata la più giovane Falce mietitrice mai esistita, e si era sempre distinta nelle esercitazioni. Aveva una forza straordinaria per la sua corporatura esile, ed era anche molto sagace. Erano in molti a lodarla, ma lei non si riteneva mai soddisfatta: il suo più grande desiderio era di poter assumere l'aspetto della sola persona che l'aveva trattata come una figlia, nientemeno che la Morte in persona.
"Ed oggi, dopo sette lunghi anni, la lunga attesa finisce." rifletté tra sé e sé mentre ormai aveva raggiunto la torre "Oggi, con quest'ultimo incarico, mi guadagnerò il titolo di Morte Falciatrice.".
Aveva fatto i salti mortali per farsi assegnare quella missione: aveva corrotto con dei dolcetti la vecchia archivista e promesso di pulire la camera per una settimana a tre persone differenti, ma ne sarebbe valsa la pena. Stando alle informazioni che i corvi aveva raccolto, intorno a quella torre si aggiravano numerosi non-morti di bassa lega, e questo poteva indicare una sola cosa: la torre in questione era diventata la base di un necromante. Il suo compito era purificare i non-morti e prendere l'anima del loro creatore.
Volteggiò intorno alla torre in cerca di un ingresso discreto. Individuò un piccolo abbaino. Si fermò davanti al vetro appannato della finestra per qualche istante, e prese un lungo sospiro per scacciare l'ansia e l'eccitazione. Non poteva permettersi di sbagliare.
 
♠♠♠
 
All'interno della torre l'aria era umida e fredda, ed il gelido vento autunnale che soffiava leggero su tutta la Pineta Maggiore trovava mille spifferi in cui intrufolarsi nei vecchi mattoni ammuffiti della costruzione. Davanti ad una scrivania coperta di carte e fogli di pergamena sedeva su di uno sgabello con una gamba rotta un uomo sulla trentina, avvolto in un camice troppo lungo per lui che forse un tempo era stato bianco, ma che ora appariva grigiastro per la polvere ed il terriccio che lo infangava. Nonostante l'età, i suoi capelli erano grigiastri, e ricadevano spettinati ai lati della testa. Si rimboccò le maniche sopra i polsi e prese a massaggiarsi lentamente le tempie, come per scacciare un forte mal di testa e trasse un lento sospiro. Si sentiva esausto.
«Oh, calcoli, calcoli, perché non volete tornare?» cantilenò sospirando di nuovo, poi roteò gli occhi al cielo e si ributtò a capofitto sui fogli.
La sua attenzione fu catturata da un piccolo cristallo azzurro sulla sua scrivania, che aveva preso a pulsare debolmente.
«Ci mancava anche questa...» biascicò tenendosi il volto con le mani.
Un cadavere entrò incespicando nella stanza, e si mise a mugolare frasi incomprensibili in tono lamentoso per attirare la sua attenzione. L'uomo roteò gli occhi, riservandogli un'occhiata scocciata.
«Ma certo che me ne sono accorto, idiota.» sbraitò verso il non-morto che lo aveva interrotto «Come vedetta sei un fallimento: il cristallo si è attivato prima di te. Ah, ma forse lo fai perché pensi che io sia stupido, eh? Lo fai perché tu vedi qui il tuo povero scemo creatore che si strugge di fronte ad una semplice anomalia nei calcoli, eh? Beh, non è colpa mia!» si alzò in piedi sbattendo i pugni sul tavolo «Non so cosa quel vecchio stregone avesse nella testa, ma sono sempre più convinto che fosse segatura! Questi livelli di energia interplanare non hanno senso!» fissò per qualche istante il non-morto, che gli rimandò uno sguardo vacuo «Ma perché perdo tempo con te? Piuttosto, vai a bloccare le uscite, rallenta un po' la ragazzina che sta cercando di entrare dal tetto, ti ricucio dopo, e porta anche gli altri due con te.». Il non-morto accennò un goffo inchino, e poi iniziò a salire le scale caracollante. Il necromante riprese a massaggiarsi la testa, il volto contratto in una smorfia di dolore: «Le mie emicranie...» si lamentò debolmente.
 
♠♠♠
 
Timis sferrò un calcio, ed il vetro dell'abbaino andò in frantumi. Fluttuò all'interno facendo attenzione ai vetri infranti, e posò i piedi a terra: ogni dispendio inutile di energie doveva essere evitato.
Scrutò l’ambiente guardinga: la stanza dove si era infilata era un solaio polveroso, pieno di vecchi mobili rotti coperti da lenzuola tarlate e ragnatele. Una vecchia porta con il pomello d'ottone sembrava essere l'unica entrata e l'unica uscita. Stava per avvicinarvisi, quando udì passi lenti ed irregolari salire sui gradini. Mentre si malediceva per il rumore dei vetri, ed il cuore prendeva a batterle forte nel petto si appiattì dietro la porta ed ascoltò attentamente. Tre creature, ne era certa. Non-morti umani, a giudicare dall'andatura. I passi si arrestarono dietro la porta e quella cominciò ad aprirsi cigolando.
"Lo sanno, lo sanno, lo sanno che sono qui!" pensò mordendosi le labbra. Si impose di calmarsi ed aspettò. Quando vide la prima ombra allungarsi sulla soglia balzò fuori di scatto roteando la falce: un rapido fendente, ed una testa semiputrefatta rotolò sul pavimento, finendo sotto ad un polveroso divanetto a fiori. Gli altri due non-morti le furono subito addosso. Fu solo grazie alle movenze rese più fluide dal suo mantello magico che schivò la coltellata di un cadavere che brandiva un corto pugnale spuntato, ma nel piroettare si sbilanciò troppo ed il secondo non-morto riuscì ad afferrare e morderle un braccio. Timis strinse i denti per non gridare quando percepì i denti del non-morto affondare nella sua carne. Se lo staccò di dosso con il manico d'osso della falce e lo colpì mentre quello era sbilanciato all'indietro: la lama di purissimo acciaio-ombra della falce sventrò il suo corpo marcio dal collo fino al ventre, ed il non-morto cadde all'indietro con un tonfo.
"Fuori due" pensò riprendendo fiato, ma non poté riposarsi a lungo: il non-morto armato di pugnale stava per sferrare un secondo affondo. Timis schivò di nuovo, poi tranciò di netto la testa del nemico, che rimbalzò un paio di volte prima di fermarsi contro il muro.
Indugiò sulla soglia solo per un istante, per controllare il morso: faceva male ed appariva profondo, ma non limitava la sua capacità di maneggiare la sua grande arma, e questa era l'unica cosa che le importava.
Scese lentamente le scale, con tutti i sensi all'erta ed il cuore che martellava nel petto. D'un tratto colse uno scricchiolio dietro di sé e si girò di scatto: pochi gradini sopra di lei stava seduto un uomo con i capelli color della cenere, i lineamenti affilati ed un'espressione annoiata dipinta sul volto. La sensazione di disagio e paura che l'aveva pervasa sino ad allora parve intensificarsi a dismisura.
«C-c-come sei arrivato lì?» balbettò sorprendendosi a tremare. Avvertiva che c'era qualcosa di sbagliato e di innaturale che emanava da quell'uomo, come una presenza soverchiante che le premeva sul petto e le faceva desiderare di essere altrove. Si impose di riscuotersi dal torpore e ripeté con tono più saldo la domanda, che era rimasta senza risposta. L'uomo si stiracchiò e si alzò in piedi: era quattro gradini più in alto di lei, e la guardava dall'alto in basso.
«Perché sei qui, ragazzina?» chiese inclinando la testa di lato e squadrandola con due occhi azzurro ghiaccio. La domanda fece breccia nel turbine di ansia e pensieri che pervadeva la mente di Timis, facendole ricordare all'improvviso il motivo della sua incursione.
 Scacciò ogni tremolio dalla sua voce e proclamò, cercando di sembrare più grande di quello che non fosse, «Nether Low, tu sei colpevole di aver sovvertito la più antica legge di natura, quella che stabilisce un tempo di attività in questo mondo uguale per anima e corpo. Per il potere di Falce Mietitrice conferitomi dalla Morte, io, Timis Galanodel, sono venuta qui per prendere la tua anima e purificarla, per poi farla reincarnare in un individuo più puro.»
Il necromante alzò un sopracciglio, sorpreso «Ooooh.» fece sarcastico «Capisco. Beh, temo che in questo caso dovremo combattere. Anche se forse hai preso un granchio ragazzina.».
Timis aprì la bocca per replicare, ma quella distrazione le risultò fatale: il calcio arrivò fulmineo sul mento di Timis che cadde all'indietro rovinando giù per le scale, e si fermò solo alla fine della rampa.
Si rialzò boccheggiando puntellandosi sulla falce. Il dolore era diffuso in tutto il corpo, e sentiva di avere una costola rotta. Nether scese le scale fischiettando, e la trovò ancora piegata in due.
«Secondo il mio modesto parere di ricercatore,» cominciò «sembra che tu abbia immensamente sottostimato il divario di forza. O ti hanno costretto a venire? Dovete essere proprio a corto di personale per mandare una ventenne contro...» il colpo di falce di Timis prese il necromante alla sprovvista, e non mancò il colpo: la lama argentata si fece strada tra il tessuto e la carne, incidendo un taglio profondo sulla spalla destra del necromante.
«Dicevi?» chiese ansimando mentre si metteva sulla difensiva aspettando la mossa avversaria.
«Tu brutta...» il necromante barcollò all'indietro, senza più alcuna vena ironica nella voce, e sul suo volto si disegnò un'espressione d'odio.
L'uomo chiamato Nether arretrò fino alle scale, adocchiando sadico una delle macchie di sangue che Timis aveva lasciato sui gradini mentre cadeva. Con un ghigno sinistro, passò il dito sulla macchia, e si portò il sangue della mezzelfa alla bocca.
Tutto il Ferro Morto nel sangue di Timis non valse nulla: quale che fosse la natura del suo anatema, i suoi effetti furono istantanei e devastanti. Tutto il sangue di Timis, che colasse dalle ferite, le riempisse la bocca o scorresse ancora nel suo corpo, prese a scottare. Urlò di dolore mentre la vista le si affievoliva, e prima ancora di capire cosa fosse successo si trovò e in ginocchio. Fece appena in tempo a vedere il taglio sulla spalla del nemico rimarginarsi rapidamente mentre si avvicinava a lei, prima di non riuscire più a tenere gli occhi aperti.
 "Sto per morire." fu il suo ultimo pensiero, poi tutto si fece buio.



Da capo. Un'altra volta. Finisco di scrivere il capitolo XIV, tutto contento mi appresto a postareil VII e puf. Scomparsa. Sarà colpa mia, avrò premuto il tasto sbagliato, immagino. Cerchiamo di vedere i lati positivi, però: è una grande occasione per reinventarsi. Ho apportato minimi cambiamenti all'impostazione del commento dell'autore. Innanzitutto scompare il prologo, che in effetti era inutile e anzi dannoso per la visibilità della storia. Scompaiono le Chicche per Nerdoni, che hanno iniziato a starmi strette sin dal primo capitolo: al loro posto appaiono i Commenti del Master ed i Commenti dei Giocatori, per dare a chi conosce D&D una migliore panoramica del nostro stile di gioco. Appare inoltre la Bussola del Lettore: un utile guida al mondo da noi immaginato, soprattutto perché tutta la moltitudine di cose che noi davamo per scontata spesso e volentieri non lo è affatto, e dietro ammissione dei giocatori, crea confusione nel lettore. Sono previste anche piccoli approfondimenti ogni volta che appare un personaggio nuovo, ma mai più di uno per capitolo. Per il resto, nessuna modifica ai testi dei capitoli, che saranno postati al ritmo febbrile di uno al giorno fino a Mercoledì 26 Marzo, per mettersi in pari, per poi riprendere con un capitolo a settimana ogni Mercoledì più eventuali bonus. Questo è tutto.

Commento del Master: L'inizio della prima sessione, quanti ricordi! Avevo imposto delle semplici regole per la creazione dei personaggi, ovvero solo roba della Wikia e Livelli dal 3 al 7, ma Timis è stata l'unica a scegliere il terzo livello. E le ha prese. Perché quando ti scontri con chi è al doppio del tuo livello le prendi.

Commento dei Giocatori: Oltre alle grasse risate per la figuraccia della ruolatrice di Timis, salgono l'hype, il mistero e anche un po' l'invidia: per questioni di trama alcuni personaggi non appariranno in questa storia fino ad oltre il decimo capitolo! E poi perché Nether è così OP?

Bussola del Lettore: La classe di Timis, Grim Reaper, è stata inserita nel mondo di gioco nel seguente modo (in caso fosse poco chiaro): con il nome di Falci Mietitrici, compongono un ristretto esercito al servizio della Morte stessa, con il compito di eliminare coloro che si oppongono al loro signore, ovvero non-morti e necromanti. Attenzione, però! Hanno autorità e "licenza di uccidere" solo sui nativi del Piano Materiale. Questa condizione è stata imposta dalla Morte stessa per evitare problemi, scontri e guerre del Piano Etero con gli altri piani di esistenza. Al lv 4, quando ottengono la loro "forma di mietitore" cambiano nome e rango, e diventano Morti Falciatrici, ovvero un'élite di guerrieri ancora più ristretta e potente.

Timis: Diventata Falce Mietitrice giovanissima, Timis si appresta ad essere una promettente futura Morte Falciatrice. Se solo quegli ultimi 3000XP non fossero così difficili da raccogliere... So che qui fa la figura dell'incompetente, ma credetemi: è stata solo molto sfortunata con i tiri. Nonostante il suo basso livello, Timis, nel corso della campagna, si è dimostrata più volte in grado di rivaleggiare con nemici ed alleati ben più potenti di lei, il che ne fa uno dei membri di punta del party. Per quanto riguarda la razza, Timis è una mezzelfa keraniana, dalla famosa ambientazione di Keran, che però, abbiamo deciso, costituisce semplicemente una piccola regione del mondo di gioco.
  
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