“Anthel!
Vuoi rispondermi o ti devo dare per morto?”
sbraitò,
nell'enorme sala del trono, il giovane principe dai capelli biondi con
tono decisamente spazientito.
“Lasciami in pace... È tutta colpa
tua...” mormorò
lo stregone attraverso un amuleto che non sapeva di avere. La sua voce
era fioca, appena percettibile e un po' impastata. Elorin
pensò
avesse le labbra gonfie, dopotutto, dagli assordanti rumori che aveva
udito, doveva essere stato picchiato da un grosso mostro brutto e
cattivo.
“E in che modo sarebbe colpa mia?” chiese
impertinente.
“Taci e lasciami in pace...”
Il Principe interruppe nervosamente la comunicazione e si
ficcò
il brillante amuleto color giada nella tasca dei pantaloni a
palloncino. Si mosse verso destra, abbandonando non senza timore il suo
'nuovo' trono appena conquistato, e si fermò a contemplare
un
gigantesco dipinto della Famiglia Reale.
Sull'enorme tela, decorata da una raffinatissima cornice d'oro
intarsiata con fiori e puttini, erano raffigurate quattro persone: due
bambini e due adulti dall'aria felice.
Il re indossava un lunghissimo mantello di velluto rosso che pareva
avvolgere sotto la sua ala protettiva il resto della famiglia. Il
panciotto e i pantaloni bianchi, perfettamente abbinati, recavano
raffinati ricami d'oro intrecciati in tante spirali quasi ipnotiche; la
regina non era da meno in quanto a sfarzosità: il lunghi
capelli
biondi della sua giovinezza erano raccolti in una complessa
acconciatura tenuta insieme da fermagli di diamanti, identici a quelli
che le adornavano il collo lungo e filiforme, poggiando sul bustino di
un ricco abito di seta azzurra, anch'essa costellata di meravigliosi
ricami arabescati.
Poi, stretti tra le due figure, posavano due adorabili bambini. Sefia,
che ai tempi aveva i capelli biondo cenere del padre, sorrideva con
dolcezza e abbracciava il fratellino, avvolto da stretti e scomodi
abiti di lana e velluto rosso.
Il giovane principe ignorò la sua immagine da seienne e si
soffermò sul volto dell'ormai defunto padre. Non ricordava
esattamente per quale occasione fosse stato fatto fare suddetto
dipinto, ma ricordava benissimo il viso autoritario e prode del re;
allora avrebbe affermato che 'quello' fosse il volto di un vero Eroe e
non quello lagnoso del malcapitato Anthel.
Provò a replicare quell'espressione, gonfiando il petto e
allargando le spalle, ma il suo fisico magro e asciutto non aveva
niente a che vedere con le larghe spalle di papà e i suoi
possenti muscoli.
Buttò fuori tutta l'aria dai polmoni e spostò la
sua
attenzione sulla madre, ritirata in qualche lontana campagna dopo aver
abdicato in favore di Sefia, a causa del dolore per la perdita
prematura del marito.
Gli mancava quel dolce viso benevolo, quella donna che lo aveva
cresciuto e che spesso lo salvava dalle angherie di una sorella troppo
vivace e troppo manesca per poter essere considerata, anni dopo, la
più bella e aggraziata donna di tutto il regno.
“È ovvio da chi abbia preso Sefia...
Però diamine!
Va bene che sono il figlio minore! Ma il trono spettava a me!”
Si morse il labbro, ripensando a ciò che gli mancava per
essere
il legittimo erede al trono. Prima di tutto, non era alto,
né
tanto meno muscoloso; a prima vista sembrava fin troppo gracile e per
certi versi deboluccio, ma era sempre stato ben proporzionato. Il viso
non era particolarmente virile, era liscio, aggraziato e piacevole alla
vista, tanto che Sefia, quando erano più piccoli era solita
mascherarlo da ragazza. Poi bisognava dire che non fosse la persona
più generosa del mondo, né tanto meno la
più
coraggiosa e altruista; si sarebbe benissimo potuto dire che Elorin
preferisse far fare il lavoro sporco agli altri, piuttosto che mettersi
in prima linea, ma quella era una cosa che lui non avrebbe mai
né considerato né ammesso.
“Se solo sembrassi più forte e autoritario senza
dover
impartire ordini a destra e manca come faceva
papà...”
Decise di non pensarci più, si era rammaricato fin troppo e
aveva altro a cui badare, quindi si mise alla ricerca di qualche altra
povera anima da sostituire ad Anthel, che pareva aver dato forfait, ma
la sala del trono si era svuotata mentre lui era sovrappensiero.
“Tsk, che branco di codardi! A quanto pare mi
toccherà
davvero assumere un soldato... O magari un mercenario... Nah, quelli
chiedono troppi soldi!”
“E perché non ci vai tu?”
Elorin sobbalzò, sentendo la voce di un vecchio provenire
dai
suoi pantaloni, da cui estrasse goffamente l'amuleto rubato dal
laboratorio di magia.
“Quante volte devo dirti di non prendere le mie
cose senza permesso?” gracchiò
bonariamente il Gran Mago Bepharis, ridendo di gusto, mentre il
biondino andava a sedersi sul trono appartenuto fino a cinque anni
prima al padre.
“Allora? Che combina di bello Sua Altezza? Gioca a
fare il Re?”
“L-La smetta! Certo che sia lei che Anthel avete ben poco
rispetto per me! Tsk, stregoni...”
Il giovane principe non ebbe nessuna risposta e rimase in attesa, in un
silenzio quasi agghiacciante, come se dovesse venir fuori qualcuno a
spaventarlo.
Non volava una mosca, c'era solo un fastidioso sottofondo che proveniva
dall'esterno: chiacchiericci, cinguettii e armi che cozzavano, ma
all'interno della sala del trono non si udiva un suono. Solo il respiro
affannoso di un ragazzo appena spaventato.
Si rialzò per far scivolare via la tensione e si mise a
camminare avanti e indietro, dondolando lo scettro a destra e a
sinistra alla sue spalle.
“Di sicuro non vado a recuperare Anthel! Se torna da solo,
meglio
per me!” fece alla stanza vuota, mentre una parte di lui
iniziava
a provare un leggerissimo senso di colpa. Mandare il suo migliore amico
allo sbaraglio non sembrava più essere una buona idea, ma
che
altra scelta aveva? O meglio, quale altra scelta economica aveva?
“Invece dovresti andare a riprenderlo! È il tuo
migliore amico dopotutto...”
Elorin sobbalzò di nuovo al suono di una piccola esplosione
ovattata, avvenuta vicino al suo trono che poteva sembrare ai
più una grossa sedia.
“G-Gran Mago?! Che cosa ci fa qui? Quando è
arrivato?!”
Un vecchio signore avvolto in una lunga veste cinerea si mise a ridere
fragorosamente, facendo dondolare convulsamente la candida barba sul
ventre grassoccio, stretto da una cintura di cuoio che pareva
strizzarlo più del necessario.
Il viso dell'uomo era costellato di rughe, gli occhi erano quasi
nascosti da numerose e intricate venuzze e zampe di gallina, mentre la
barba e i capelli ricadevano disordinatamente sulle spalle, dandogli un
aspetto rozzo e poco curato.
“Beh, ho sentito che giocavi con i miei amuleti ed eccomi
qui!
-disse massaggiandosi la pancia- Che ne dici di raccontarmi cosa
succede di fronte a una bella tazza di tè fumante?”
Elorin rimase in silenzio, a fissare quello strambo personaggio e si
chiese a quali guai stava andando incontro.
Nascosto
in un lurido vicoletto e tormentato da un flatulente maialino rosa,
Anthel sedeva a terra col volto nascosto tra le ginocchia, avvolto da
un'aura di depressione talmente forte da sembrare tangibile.
“Cosa avrò mai fatto di male per meritarmi tutto
questo? A
quest'ora starei comunque ripulendo escrementi di troll dal
laboratorio, ma almeno non mi ritroverei in questa situazione del
cavolo...”
Il piccolo suino galoppava divertito davanti al povero ragazzo,
saltellando in una pozzanghera d'acqua fetida, desideroso di far
partecipe al suo divertimento il suo nuovo amico.
Anthel non reagì alla proposta e il piccolo animale
poggiò le zampe anteriori, imbrattate di fango, sui
doloranti
stinchi dello stregone.
“Sparisci... Comincio ad averne abbastanza della tua
puzza...”
Alzò lo sguardo e i suoi occhi ripresero a lacrimare, non
tanto
per la sonora sconfitta (anche se l'accaduto meritava un paio di
lacrime), ma per l'olezzo che lo aveva circondato per tutto il tempo.
Il mercato era ancora in subbuglio, sembrava fosse esplosa una bomba
tanto era il trambusto generale.
Nel piccolo spiraglio da cui riusciva a vedere la strada, lo stregone
poté rendersi conto, a mente lucida, dei danni provocati dal
mostro che poteva o meno far parte delle truppe del signore oscuro.
Le donne, che fino a poco prima si stavano godendo una deliziosa
giornata d'estate, erano intente a raccattare quello che era stato
perso durante l'attacco; e lo stesso si poteva dire dei poveri
mercanti, indaffarati a salvare quei pochi prodotti rimasti intatti. La
pavimentazione in pietra della piazza era disseminata di frutta e
verdura ormai ammaccati e assaltati dalle prime legioni di formiche;
numerosi erano i talismani e le ampolle gettate in frantumi su piccole
pozzanghere dai colori discutibili, così come le armi e gli
scudi che avrebbero dovuto accompagnare i vari viandanti nelle loro
avventure.
Ma ad attirare l'attenzione di Anthel fu un arco dalla corda rotta e
una faretra priva di frecce, che gli riportarono alla mente alcuni dei
grandi eroi del passato, tra cui il defunto re e padre di Elorin.
“Se fossi stato più forte, tutto questo non
sarebbe
successo...” mormorò, senza accorgersi che le sue
dita
stavano sfiorando delicatamente l'elsa della spada datagli dal
fastidioso Principe.
Rivolse un'occhiata all'oggetto che stava toccando e ne
ammirò
il raffinato intreccio di spirali che ricordavano vagamente dei
serpenti. Al tocco, l'elsa d'ottone sembrava gelida rispetto alle mani
calde del giovane, che sospirò ancora, titubante se
riassumere o
no quel ruolo che forse gli sarebbe calzato dopo innumerevoli vite.
“Qualcuno ha visto quel giovanotto con i capelli strambi?
-gracchiò un anziano signore, col fiato corto- Aveva una
spada,
magari può aiutarci a sconfiggere quell'abominio e a salvare
le
ragazze rapite!”
L'ometto, dai radi capelli bianchi che gli incorniciavano la testa come
un'aureola, correva trafelato tra le persone, alcune delle quali
alzavano il volto per la curiosità. Anthel lo vide
avvicinarsi
di più al suo nascondiglio, poi notò
l'inquietante
vecchina vestita di stracci che gli aveva affibbiato la prima missione
osservarlo da sotto il logoro cappuccio.
Sentì un brivido percorrergli la schiena e i capelli
rizzarsi,
mentre questa sorrideva beffarda come se godesse delle sventure del
povero stregone.
“Già! Che qualcuno lo trovi! Abbiamo bisogno
dell'aiuto di
un eroe!” disse poi, scatenando una reazione tutt'altro che
eroica nel giovane Anthel, che allontanò la spada con un
movimento scoordinato delle gambe.
La spada urtò con la punta il muro che aveva di fronte,
appena
accanto alle zampe posteriori del maialino che non ne voleva sapere di
tornare dalla sua padrona.
L'apprendista si richiuse a riccio e i grandi occhi verdi si riempirono
di vere lacrime di sconforto. Guardava in basso verso la patta dei
pantaloni marroni, dove le lacrime si infrangevano e sparivano in
macchioline più scure.
“Non sono un eroe...- bofonchiò tra i singhiozzi e
le
labbra appena socchiuse- Cosa ho fatto di male per meritarmi
questo?”
Cercò di pensarci un attimo, mettendo in rassegna tutti gli
eventi importanti della sua breve vita, ma non ebbe il tempo di
assimilare i dati che una voce di sua conoscenza lo riportò
violentemente alla realtà.
“Non temete, miei cari sudditi! Tra noi c'è l'Eroe
che ci
salverà e riporterà la pace nel nostro bellissimo
regno!”
La testa color carota si sollevò in un secondo e un altro
brivido gli percorse la schiena.
“Q-Questa voce... Non è possibile!”
Anthel poggiò le mani a terra e si issò in piedi,
strusciando la schiena contro il ruvido intonaco del muro, mentre dalla
sua tasca sinistra cadeva la mela ricevuta come ricompensa dalla
signora dei maiali. Aveva le gambe e il fondo schiena intorpiditi, un
po' appesantiti a causa del fango assorbito dalla stoffa, poi si
chinò a raccogliere la spada, che notò essere
leggermente
scheggiata sulla punta.
Sospirò e gettò un occhio alla piazza, in cerca
di quella voce che avrebbe preferito non udire più.
“Allora! Fatti vedere, valoroso Eroe!” fece Elorin,
in
piedi sul bordo della fontana centrale, con le movenze di un oratore o
di una specie di profeta, mentre il popolo pendeva dalle sua labbra,
ammaliato dalla possibilità di liberarsi di quell'orco e di
altri problemi di cui forse Anthel non era ancora a conoscenza.
“Che cosa faccio adesso? E poi cosa ci fa qui
Elorin?”
chiese lo stregone come se parlasse al maialino, troppo intento a
sgranocchiare la sua piccola mela acerba. Fece per girarsi e andare
via, lontano dalla fonte di tutti i suoi guai, ma venne fermato proprio
dalla voce del principe.
“Dove stai andando, Anthel? Vieni qui!”
urlò il
biondino dal centro della piazza, con ampi movimenti del braccio
destro. Elorin sembrava entusiasta ed eccitato all'idea di essere
lì, sembrava proprio essere entrato nell'ottica del sovrano
attivo e dedito ai bisogni del popolo.
Si guardò attorno e fece segno a uno dei mercanti
lì presenti di portare l'eroe sul suo palcoscenico
improvvisato.
Il giovane dai capelli arancioni si irrigidì alla vista di
quello e più uomini avvicinarsi e cercò invano di
opporsi, ma venne trascinato quasi di peso ai piedi del principe, che
lo incitò a salire e mostrarsi al resto della gente.
“ECCO A VOI IL NOSTRO EROE!”
“Che cosa succede, Principe? Che storia è mai
questa?” chiese Anthel bisbigliando all'orecchio dell'amico.
“Sono veramente felice di essere qui!” fu la
risposta enigmatica di Elorin.
“Miei amati sudditi, giuro sulla mia corona che riporteremo a
casa le ragazze rapite e sconfiggeremo l'orco! Parola mia!”
*****
La
bottega dell'armaiolo era pregna del tipico odore ferroso dei prodotti
in vendita, misto a quel particolare sentore di selvaggina e lacca
delle borse in cuoio. Era un locale infimo, ben poco illuminato per
riuscire a distinguere dei guanti da dei gambali, che fossero essi in
tessuto o qualche strana lega di metallo. Alle narici del povero eroe
arrivavano continue zaffate di polvere ogni volta che il vecchio
commerciante spostava qualcosa e ne faceva cadere una di rimbalzo con
un fastidioso e irritante tintinnio.
“Hai trovato quello che stai cercando?” chiese
spazientito
Elorin da dietro un fazzoletto di stoffa bianca, poggiato sul naso per
non respirare le numerosi polveri e muffe del locale.
“Principe? Che stiamo facendo qui?”
“Ovvio, no? Stiamo comprando l'equipaggiamento per partire!
Poi
sei ridotto ad uno straccio, non posso di certo esibire un Eroe tutto
sporco e pasticciato!”
Anthel si lasciò sfuggire una risatina isterica, condita con
una
nota di sarcasmo, poi si ricordò della lunga lista di
risposte
che il principe gli doveva.
“C-Comunque, come mai sua Altezza è qui al
villaggio?”
Elorin si alzò dal mucchio di scatole su cui era seduto e si
mosse alla sua destra, verso la porta socchiusa da cui filtrava un
pochino di aria fresca. Starnutì un paio di volte,
incespicando
su qualche pezzo di armatura, mentre l'apprendista dai capelli
arancioni attendeva impaziente.
“Mi ha mandato il Gran Mago... O meglio, mi ci ha spedito a
forza...”
“C-Come? Credevo fosse in viaggio a cercare materiali per le
sue pozioni!”
“Beh, non ho idea del perché sia tornato, ma
adesso
capisco bene da chi hai preso la tua sfacciataggine! Voi stregoni siete
davvero dei maleducati, anche se sono veramente eccitato per tutto
questo...” disse con superbia.
Senti chi parla...
“In ogni caso, se n'è uscito con cose del tipo 'Guarda
che non puoi abbandonare un amico così' oppure 'Un
vero sovrano deve agire di polso'... Insomma, sciocchezze di
questo tipo!”
Anthel ascoltava non poco abbattuto e stufo, tanto la conversazione tra
Elorin e il Maestro assomigliava a quella avuta con lo stesso Principe
poche ore prima, e intanto giocherellava con le punte di alcune frecce
gettate sul tavolo su cui era appollaiato.
“E quali di queste sciocchezze
ti avrebbe convinto a partecipare a questa impresa?” chiese
mettendo particolare enfasi nel termine 'sciocchezze'.
Il giovane Principe venne colto da un fremito che lo
attraversò
dalla punta dei capelli a quelle dei piedi e si girò, quasi
piroettando, verso l'amico, con gli occhi azzurri illuminati da una
scintilla di febbricitante eccitazione.
“Ha parlato di leggende! Ci pensi? Se riuscissimo a salvare
Sefia
e a sconfiggere il Signore delle Tenebre, potrebbero venir scritte
delle leggende su di me. Anzi, sono sicuro che verrò
decantato
per secoli e secoli come il salvatore del regno!”
Il Principe trotterellò verso lo stregone e gli cinse
pesantemente il collo con un braccio, facendolo sobbalzare e
allargò teatralmente le braccia, come se stesse mostrando ad
Anthel una grossa porzione di cielo o gli stesse presentando un
progetto architettonico.
“Immagina! Menestrelli e poeti che raccontano delle nobili
gesta
del Principe Elorin, che sconfisse l'Oscurità col suo
coraggio!
Sarebbe bellissimo!”
“M-Ma l'Eroe non ero io?”
“Sì, ma non interessa a nessuno! -fu la risposta
rapida e
concisa del biondino- Sono io quello importante, il Principe che ha
accompagnato un valoroso guerriero in un'epica impresa di
salvataggio!”
Anthel lanciò un'occhiata perplessa all'amico, senza che
questo
se ne curasse minimamente per poi tornare al bancone del piccolo
negozio.
Iniziò a battere dapprima i polpastrelli sul vecchio e
scheggiato legno, aumentando gradualmente la velocità fino a
trasformare la mano in un pugno impaziente e scocciato.
“Dovreste darvi una calmata...” commentò
Anthel
ancora più irretito non solo dal rumore, ma soprattutto
dallo
strano cambio di idea di Elorin.
“Non ne posso più di aspettare! Non vedo l'ora di
partire
all'avventura! -disse colpendo più forte il legno- AVANTI,
BUON
UOMO! ABBIAMO UN REGNO DA SALVARE!”
Idiota...
“Si calmi, Sua Altezza!”
Dalla porta del magazzino apparve un piccolo ometto tarchiato, dalle
spalle abbastanza larghe e tozze che lo rendevano molto sproporzionato;
la pelle, a causa della scarsa illuminazione del locale, sembrava
essere piuttosto olivastra e costellata da numerose chiazze bianche,
molto più chiare sulla sommità della testa calva,
decorata da svariati ciuffi grigi che spuntavano come piccoli arbusti.
Tossicchiò sgraziatamente di fronte al viso disgustato del
giovane Principe, gettando poi sotto al suo naso un cumulo di armature
e armi. Elorin sorrise e fece segno ad Anthel di avvicinarsi.
“Quale preferisce?” chiese il vecchio mettendo in
bella
mostra i vari articoli, tra cui c'erano diverse cotte di maglia
pesantissime, gambali e guanti di seconda mano realizzati in ferro e
tela, nonché numerose corazze di metallo e abiti da viaggio
in
cuoio.
“Anthel! Tu quale vuoi?”
“Eh? Di che stai parlando?” chiese l'apprendista
confuso.
“Certo che sei tardo! Scegli qualcosa, non puoi viaggiare con
quegli stracci!”
Lo stregone si arrese e cercò qualcosa che potesse perlomeno
sollevare assieme alla spada e allo scudo che già aveva, ma
i
suoi pensieri vennero immediatamente interrotti dall'ennesimo cambio
repentino di idea del Principe.
“Non hai qualcosa di più raffinato? Dopotutto qui
si
tratta di un membro della Famiglia Reale e dell'Eroe! Suvvia, buon
uomo, può fare di meglio!”
“Eheh, non so se sia il caso, ma dopotutto, Vostra
Maestà,
avete al vostro fianco l'Eroe...” gracchiò l'uomo
sotto ai
baffi, rivolgendo una strana occhiata allo spazientito Principe.
Camminava avanti e indietro dietro al bancone logoro, passandosi il
pollice e l'indice sull'ispido mento come se soppesasse a fondo una
balzana idea.
“Di che si tratta?”
“Oh, Vostra Maestà! La mia armatura migliore
è
stata rubata... E non da ladri comuni, ma dal clan più
pericoloso della regione...”
Elorin scoppiò in una risata sguaiata, quella che Anthel
faticava a immaginare in bocca ad un Principe, e afferrò
l'eroe
per il colletto della pesante maglia, mostrandolo al commerciante come
fosse un oggetto di inestimabile valore.
“Non c'è niente di impossibile per quest'uomo!
Dicci dov'è il covo di quei mascalzoni?”
M-Mascalzoni?, pensò
lo stregone confuso, Perché
suona così antiquato? Non è da Elorin...
“FORZA, ANTHEL! ANDIAMO A DARE LA CACCIA A QUEI
FURFANTI!”
fece il Principe in un secondo, senza aspettare la risposta del vecchio
armaiolo.
I pensieri del povero apprendista vennero stroncati sul nascere,
venendo trascinato (per non dire fiondato) fuori dal negozio d'armi.
“Non ho detto loro dov'è il covo...”
“Principe, per favore si fermi!” urlò
Anthel, al
centro della piazza che si era quasi del tutto assestata dopo l'attacco
dell'orco, sotto ad un sole talmente forte da far sudare pesantemente
il giovane.
“Che diamine ti prende? Non sei entusiasta anche tu di
partire all'avventura?”
Perché non mi sembra affatto Elorin?
“Sua Altezza, è sicuro di stare bene? Ha qualcosa
di
strano...” fece piano lo stregone, strizzando gli occhioni
verdi
a causa della forte luce solare.
“Certo! Il Gran Mago ci sa fare con le parole, per essere
riuscito a convincermi!"
“Immaginavo che il Maestro c'entrasse qualcosa...”
sospirò Anthel, mettendosi alla ricerca di qualcosa nella
sua
cintura piena di fialette e pozioni monodose.
“Avanti, pelandrone! Abbiamo un regno da salvare e missioni
da compiere!”
L'unico che mi chiama pelandrone è il Maestro, non
può essere che opera sua...
Elorin batteva il piedino a terra, trattenendo a stento l'eccitazione,
per poi riprendere a camminare verso le mura del Borgo, senza aver la
minima idea di dove andare, seguito a ruota dallo stregone, ancora
intento a smanettare con la propria cintura.
“Non credo sia una di queste... -fece sottovoce Anthel-
Però dovrei avere una pozione che annulli gli effetti delle
magie, quelle non mi sono esplose in faccia...”
“Hai detto qualcosa? Sbrigati che sei lento!”
“E-Eccomi, ma Principe! Dove stiamo andando
esattamente?”
Questo si fermò e si girò verso Anthel con le
braccia
poggiate sui fianchi, sollevando un pochino la stuola rossa che assunse
la forma di un cuore. Iniziò a scuotere la testa bionda, su
cui
stava in bilico la sua corona, poi anche l'indice della mano destra
iniziò a compiere lo stesso movimento del capo.
“Questi non sono pensieri da Eroe!”
“Ma non abbiamo idea di dove andare...”
“Baggianate! -fece indicando un ipotetico Nord al suo
accompagnatore- Un vero Eroe sa sempre dove andare! Perché
l'Eroe trova sempre il modo di raggiungere i propri
obiettivi!”
Lo stregone storse il naso, ancor più desideroso di trovare
quella maledetta fialetta che avrebbe risolto i suoi problemi, ma una
domanda uscì imprevista dalle sue labbra.
“E come pensa di fare?”
“Aiutando le persone, mi sembra ovvio! Certo che sei
tardo!”
Beh, insulti a parte, lo zampino del Maestro c'è
eccome!, pensò
il poveretto. Fece
mente locale, cercando di ricordare le svariate lezioni di magia che
seguiva da tutta la vita, per capire cosa avesse potuto scatenare un
simile cambiamento in una persona tanto egoista come Elorin.
Deve essere una di quelle pozioni in grado di infondere
coraggio
nelle persone, ma non ricordo come si chiama esattamente... Devo
sbrigarmi a far tornare il Principe come prima, farlo tornare il
solito, arrogante, fastidioso, egoista e egocentrico Elorin...
“Aspetta! -fece poi ad alta voce, senza accorgersi
dell'allontanamento del biondino- Perché sono
così
stupido? Probabilmente il Maestro voleva che il Principe mi aiutasse,
quindi perché annullare l'incantesimo?! Almeno non
sarò
costretto a fare tutto io... E poi così sembra anche
più
sopportabile!”
Un grosso sorriso illuminò un volto che fino a poche ore
prima
era marchiato dalla disperazione e le labbra si contrassero per far
uscire un allegro motivetto.
“Insomma, cosa mai potrebbe andare storto con un eccesso di
bontà da parte sua?”
*****
“Non
riesco a credere che abbia accettato tutte quelle missioni!
Così
ci metteremo giorni per soddisfare tutti e la Principessa è
in
pericolo!” borbottò Anthel, trascinandosi dietro
un
carretto colmo di ciocchi di legno, richiesti da un vecchio falegname,
facente parte della lunga lista di persone bisognose dell'intervento di
qualche baldo giovanotto.
“E perché tu non me lo hai impedito
prima?” chiese
stizzito Elorin, con il naso all'insù e il tono di quello
che
dovrebbe essere una povera vittima del destino, o per meglio dire,
vittima di uno scherzetto di cattivo gusto.
“Sembrava tanto entusiasta...”
“Ah. Ah. Percepisco del sarcasmo? Perché
l'entusiasmo
c'era finché me ne stavo comodamente seduto sul mio trono e
tu
facevi tutto...”
Anthel sospirò abbattuto, rimanendo dietro all'amico di
qualche
passo, mentre l'altro procedeva spedito, col desiderio di tornare il
più presto possibile nella sua lussuosa dimora.
Come si erano ritrovati in quella situazione? Beh, basta tornare a
poche ore prima, per la precisione, al momento in cui lo stregone aveva
deciso di lasciare il Principe in balia della piccola pozioncina del
Gran Mago Bepharis.
L'idea di non dover ricoprire totalmente i panni dell'Eroe lo aveva
annebbiato, illuso, dandogli quella dolce, quanto falsa, speranza di
ritornare a casa con meno ossa rotte del previsto (l'idea di venir
malmenato da altre enormi creature era sempre da tenere in conto,
dopotutto le sue capacità non sembravano alimentare altre
opzioni).
Aveva abbassato la guardia. Quanto si era maledetto per aver commesso
un così fatale (e stupido) errore!
Mentre Anthel si crogiolava nella sua piccola illusione, Elorin aveva
guadagnato terreno e una considerevole distanza dall'amico, ancora in
preda ad un entusiasmo un pochino dannoso.
Sotto al sole delle due del pomeriggio, il Principe passava da una
persona all'altra in cerca di suggerimenti sia per trovare il covo dei
ladri, sia per individuare la Fortezza delle Tenebre. Ma si sa, in
tempi difficili, dove si fa fatica a tirare avanti, le informazioni non
vengono sbandierate ai quattro venti senza qualcosa in cambio.
E fu così che Elorin finì per accettare un numero
spropositato di richieste, perché troppo sicuro e confidente
delle capacità dell'uomo che aveva deliberatamente nominato
Eroe.
Le ruote del vecchio carretto cigolavano ininterrottamente, sobbalzando
su diverse radici e dossi, su sassi e rametti secchi, rendendo il
compito dell'apprendista ancora più arduo.
La calura della mattinata aveva lasciato il posto a una delicata
brezza, pregna del profumo del sottobosco dove la sinfonia della natura
la faceva da padrone, con i suoi cinguettii e i suoi frusciare di
fronde da cui filtravano ben pochi raggi di sole.
“Comunque siamo quasi arrivati al covo dei
ladri...”
mugolò Elorin, troppo scocciato per apparire come un sovrano
dal
cuore puro e generoso.
“Se lo dice il Principe, io ci credo... Sempre che le vostre
informazioni siano giuste...”
“Muoviti! Mi fanno male i piedi! -gracchiò ancora-
Voglio
sbrigarmi, così appena avremo finito mi riaccompagnerai a
casa!”
Anthel alzò la testa arancione e fece, abbastanza sorpreso:
“Credevo che Sua Altezza sarebbe rimasto ad
aiutarmi...”
“Vorrai scherzare?! Non mi sognerei mai di andare
chissà
dove a combattere contro chissà cosa! Questo, se non erro,
sarebbe compito tuo!”
Non esattamente, rispose
mentalmente il giovane. Beh,
che mi aspettavo?
Un fruscio più rapido e nitido attirò
l'attenzione di
Anthel, che subito tendette ad associare ad un qualche scherzo del suo
subconscio.
“Principe, ha sentito qualcosa? Credo ci sia
qualcuno...”
Elorin non rispose, si limitò ad alzare le spalle protette
dalla
sua stuola di velluto e pelliccia, con la speranza di far tacere il suo
'uccello del malaugurio': “Sarà solo la tua
stupida
paranoia...”
Ci un fu un secondo suono, simile al precedente, però
accompagnato dal un leggero tintinnio simile a quello provocato dalle
monete in un sacchetto troppo largo.
Questa volta l'Eroe lo avvertì distintamente, tanto che
poggiò la mano sull'elsa di una spada che probabilmente non
sarebbe riuscito a brandire. Dopotutto, è il pensiero che
conta,
no?
Eppure non riusciva a stare calmo. Qualcosa, in quella foresta
abbastanza conosciuta grazie al Maestro, che spesso lo mandava alla
ricerca di qualche materiale per gli incantesimi, lo turbava. Anthel si
sentiva osservato e si chiedeva perché Elorin non ne fosse
affatto preoccupato. Sicuramente aveva altro per la testa. Come
biasimare un arrogante ed egoista principino strappato via dal suo
trono? Se fosse possibile, non lo sapeva, perciò decise di
scacciare quei pensieri rivolgendo qualche domanda al 'Prode Principe
che ha accompagnato un valoroso guerriero in un'epica impresa di
salvataggio'.
Deve essere davvero la mia paranoia...
“Maestà, posso farle una domanda?”
“Che cosa vuoi?” chiese sbirciando l'amico da
dietro la
spalla, con occhi che per pochi secondi parvero dolci e innocenti.
“Riguardo a quella faccenda delle leggende... Mi chiedevo se
almeno quelle vi avessero convinto.”
“Possiamo dire che mi abbiano incuriosito. Ma se non fosse
stato
per quel subdolo trucchetto, probabilmente ora me ne sarei stato ancora
sul mio trono... Perché me lo chieeeeEEEE!”
Elorin lanciò un urlo stridulo e strozzato. Una corda si
mosse
velocemente attorno alla sua caviglia destra, alzando una nuvoletta di
polvere e foglie secche, poi si udirono i numerosi tintinnii dei
gioielli reali.
“Devi essere un vero idiota ad andare in giro con tutti quei
gingilli addosso!” fece una graffiante, quanto calda, voce
femminile tra le fronde degli alberi.
Elorin pendeva dalla gamba a testa in giù, a circa un metro
e
mezzo da terra, legato da una solida corda di tela in mano ad un grosso
omone armato fino ai denti.
Anthel trasalì e lasciò cadere il carretto, che
per poco
non atterrò sui suoi talloni, mentre la corona del Principe
aveva appena finito di capitolare per terra.
“NON STARTENE Lì IMPALATO! AIUTAMI!”
Lo stregone annuì, scuotendo la testa per scacciare, almeno
in
parte, il terrore che lo pervadeva. Estrasse quindi, ma non senza
fatica, la spada e si mosse timidamente verso quello che sospettava
essere uno dei tanti banditi che abitavano la foresta. Il breve
tracciato che lo separava dal povero salame venne interrotto da una
freccia, scagliata a pochi centimetri dai piedi del giovane. La cosa lo
terrorizzò a morte, il suo viso divenne bianco come un
cencio e
si ritrovò con le gambe all'aria, con le mani attraversate
da
fremiti di terrore.
“Io non mi avvicinerei, se fossi in te!”
intimò ancora la ragazza da un punto indefinito del bosco.
“NON L'ASCOLTARE E AIUTAMI A SCENDERE!”
Anthel era spaesato, titubante e poco convinto riguardo al doversi
alzare, poi altri quattro uomini sbucarono dalla boscaglia su ordine
della misteriosa donzella.
“Prendete tutto quanto! Il biondino sembra bello imbottito,
perciò non fatevi scrupoli a lasciarlo in mutande!”
I cinque scoppiarono in una risata fragorosa e sguaiata,
così
forte da far tremare la terra e far dondolare Elorin, sul cui viso
potevano ormai distinguersi una fascia bianca e una rossa all'altezza
degli occhi.
“Da come è vestito, è probabile che
abbia anche le mutande d'oro!”
“COME OSATE RIVOLGERVI A ME IN QUESTO MODO?! ANTHEL,
Dì LORO CON CHI STANNO AVENDO A CHE FARE!”
Il povero Eroe rabbrividì appena l'attenzione di tutti si
posò sulla sua esile figura, troppo gracile per poter solo
sconfiggere uno di loro. Deglutì e cercò di far
uscire
dalle labbra il nome del Principe Elorin, senza però
riuscirci
tanto la paura era grande.
“Non serve che il tuo amichetto dai capelli strani ci dica
chi
sei...” disse la ragazza, atterrando con grazia di fronte al
Principe appeso, per poi afferrare la corona che giaceva poco vicina ai
suoi stivaletti di cuoio.
Di fronte al ragazzo, si stagliava una giovanissima donna, forse di un
anno più grande dei due, vestita con un pesante soprabito di
cuoio grigio, stretto alla proporzionata vita con una pesante cintura a
cui erano appese due scintillanti scimitarre e un pugnale dall'elsa
d'oro. Nonostante fosse estate e la temperatura fosse ben poco
sopportabile nelle ore principali del giorno, le spalle erano coperte
da una folta pelliccia grigia e le braccia erano strette più
volte da numerose bende verde muschio.
“Principe Elorin, giusto?” fece chinandosi
all'altezza del
giovane, poggiando la mano destra sulla guancia del nobile, che
sussultò appena senza poter arrossire, vista la grande
quantità di sangue affluita al cervello.
“APPUNTO! E VISTO CHE SONO IL PRINCIPE, FAMMI SUBITO SCENDERE
DI
QUI!” gracchiò ancora il poveretto, sotto lo
sguardo
turbato dell'Eroe, circondato dai seguaci della ragazza.
La ladra rise di gusto, portandosi la corona sulla sommità
della
testa coperta di lunghi capelli ramati, raccolti in un'alta coda di
cavallo.
“Qui comando io... Questo è il mio Regno e tu non
hai potere!”
“C-Come osi parlarmi in questo modo?!”
balbettò
Elorin, intimidito da quegli occhi ambrati penetranti come lame e
schivi come quelli di un gatto.
“Semplice, regal salame -disse spingendolo un pochino sulla
fronte, in modo da farlo dondolare come un pendolo- Perché
qui
io sono la Principessa dei Ladri! Il mio nome è
Teranis!”
“Non farmi ridere! Qui l'unico nelle cui vene scorre sangue
blu sono io! Dimostraglielo, Anthel!”
Teranis ridacchiò di tanta impudenza e tirò fuori
il
coltello, con cui ruppe la corda e fece cadere Elorin a testa in
giù. Poi la sua attenzione si posò
sull'accompagnatore
del Principe, che tutto pareva meno che un eroe.
“E lui sarebbe?” chiese la rossa perplessa e
divertita allo stesso tempo.
“Lui è l'Eroe di Mistral, colui che
salverà il
Regno (e quello che tu definisci tale) dal Signore delle
Tenebre!”
No, ti sbagli, fu
il pensiero che attraversò la mente dell'apprendista, tenuto
fuori dal discorso (con sua somma gioia) fino a quel momento. Non
sono un Eroe e voglio scaricarti qui, Principe portatore di sventure e
tornarmene alla mia inutile vita.
“E quella pappa molla sarebbe un Eroe? Che ne dite,
ragazzi?”
I cinque uomini della scorta di Teranis si unirono alla risata della
loro Principessa e iniziarono a sparare commenti ben poco carini
riguardo al povero Anthel, ancora col sedere per terra e un carretto di
legno poco sopra la testa. Questo non sembrava voler reagire, anzi,
avrebbe di gran lunga preferito rimanere in quella posizione per sempre
e venire ignorato come un sasso: l'idea di combattere, specialmente sei
contro due (diciamo uno, sapeva che Elorin non avrebbe alzato un dito,
figuriamoci una spada), non era poi così allettante.
“Che dovrei fare?” mormorò nella
direzione del suo
Principe, nei cui occhi ardeva una scintilla ben poco rassicurante.
Il secondo sulla linea di successione s'era rimesso in piedi senza
togliersi di dosso il fogliame raccolto con la caduta e guardava
l'amico dritto negli occhioni verdi.
“Semplice! -fecero le sue labbra senza emettere un suono per
non
farsi sentire da nessuno, poi alzò la voce, in direzione
della
bella ladra -Può sembrare debole, ma è un vero
leone!”
Smettila di dire scemenze! Non coinvolgermi nei tuoi assurdi
bluff!
“Ah, sì? -chiese Teranis, fin troppo divertita
dalle sue
prede, per poi ripuntare gli occhi sullo stregone- Allora alzati e
combatti! Dimostrami che il tuo sovrano non è il buffone che
sembra!”
“EHI!”
Anthel deglutì il nulla presente nella sua bocca arida e
fece come intimato dalla ladra.
“Se vinci, vi lascerò attraversare il mio
territorio senza
fare storie e sarete liberi di fare ciò che
volete!”
“E se perdessimo?” chiese titubante l'Eroe.
“OVVIO CHE NON PERDERAI!” aggiunse intanto Elorin,
in preda all'adrenalina del momento.
La Principessa dei Ladri indicò il secondo erede di Mistral
con
un veloce fendente della scimitarra sinistra e un sorrisetto cinico
apparve sul suo volto niveo.
“Semplice! Voglio tutti i gioielli e le cose preziose che
avete! Soprattutto i gingilli della Famiglia Reale!”
Il biondino sobbalzò all'idea di perdere tutti i suoi amati
accessori, in quanto già vedere la sua corona in testa ad
un'altra persona gli faceva ribollire il sangue. Oppure era
semplicemente lei a dargli quella strana sensazione di urto e fastidio?
“Non perderemo, perché non hai la più
pallida idea di chi stai sfidando!”
Eccole, pensò
subito Anthel, pronto (per così dire) a rispondere
all'assalto della ragazza, Le
ultime parole famose.
“Bene, allora! In guardia, 'Eroe'!”
Angolo
Autrice ^^
Helloooo!!! Come
va? Beh,
rieccomi qui con questa storia, a introdurre un importante alleato per
il povero Anthel :P Vabbè, non ho molto da dire, spero solo
di
continuare ad aggiornare con questo ritmo (eheh, come no), ma lo studio
impegna :(
Che posso
aggiungere? Come al
solito spero di avervi strappato anche un solo risolino (giuri che mi
basta) e spero continuiate a seguirmi ^^
Ringrazio tutti
coloro che hanno letto e al prossimo aggiornamento! Un bacione ^^
Zenya