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Autore: Simo6060    23/03/2015    1 recensioni
Questa non è la solita storia dove la protagonista, timida e ingenua, si innamora di un ragazzo stronzo e bellissimo. Andrea Stewart è una ragazza che ha deciso di cambiare vita decisamente, vuole diventare una ragazza gentile e vuole tenersi lontano dall'amore. Derek è un ragazzo che vuole realizzarsi nello studio ma agli occhi di Andrea è uno sconosciuto, non sa nulla di lui ma, l'idea del professore di farli studiare insieme giornalmente, li porterà a conoscersi a fondo. Derek non vorrà aprirsi subito, è misterioso e ha un piccolo grande segreto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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CAPITOLO 2

Appena finì la giornata scolastica, salutai Scarlett e mi precipitai in biblioteca prima che il signorino presuntuoso si lamentasse di un possibile ritardo.
Dovetti aspettare un’ora prima di essere onorata della sua presenza.
-“Alla buon’ora Nelson”- lo guardai seccata.
-“Sono uscito da scuola per motivi…personali. Mi dispiace. Cominciamo subito.”- era così freddo che mi vennero i brividi.
Dovevo stare bloccata a scuola con un antipatico del cazzo che a sua volta mi credeva antipatica. Ovviamente non mi conosceva davvero quindi non poteva sapere che non ero più la solita stronza. In più non capivo una mazza di storia e non credo che avrei cominciato a capirla proprio adesso con questo squilibrato. Stavo lì a fissarlo, con la testa appoggiata ad una mano, mentre spiegava qualcosa.
-“Andrea mi stai ascoltando? Sentiamo, cosa ho spiegato?”-
-“La…hai spiegato storia”-
Socchiuse gli occhi ma poi li alzò verso il tetto.
-“E’ una tortura anche per me, va bene? Ma renderesti le cose più semplici se mi prestassi ascolto!”-
-“Certo, in fondo è molto più interessante pensare a quale letto romperai stanotte, dico bene?”- mi fulminò.
Restai un secondo con la bocca socchiusa; ero sorpresa, incazzata e offesa. Avrei risposto “almeno io li rompo i letti, tu al massimo rompi i libri” ma così avrei solo confermato la sua affermazione e inoltre avrei giudicato la sua situazione sentimentale a me alquanto ignota.
-“Mi dispiace, starò attenta, ma non ti permetto di insinuare ciò. Se me l’avessi detto l’anno scorso ti avrei dato ragione, ma adesso sono cambiata. Comunque non devo dare spiegazioni a nessuno”-
Non rispose più e riprese la sua spiegazione d’accapo e stavolta cercai di prestare attenzione. Notai ancora una volta quanto fosse un bel ragazzo, anche se così semplice e anonimo. All’improvviso mentre stava spiegando s’interruppe e mi fissò in modo strano.
-“Che c’è?”- gli chiesi.
-“Nulla. Proseguiamo”- e liquidò la mia domanda con un gesto della mano.
Riprese a spiegare ma io lo interruppi di nuovo.
-“No, ora parli”-
Lui continuava a dire “niente” ma alla fine disse…
-“Mi chiedevo soltanto se portassi le lenti a contatto. Hai gli occhi grigi, non li avevo notati a nessuno prima d’ora.”- mi sorprese.
-“Esistono sai, io sono la prova evidente!”- gli feci un mezzo sorriso ma riprese a parlare di storia e ancora storia.
Verso le cinque e mezza mi disse che doveva urgentemente andarsene quindi mi disse di vederci domani.
-“Non posso restare a scuola, vengo da te alle cinque. Poi mi fai sapere dove abiti”- e se ne andò con passo spedito senza neanche dirmi “ciao”.
Uscii anch’io dalla biblioteca e mi diressi verso il parcheggio, guidando la macchina fino a casa. Abitavo in un piccolo appartamento insieme a mia madre, anche se passava molto più tempo nella casa di Charlie, il suo fidanzato. Mio padre era un militare e, uno dei giorni in cui lui non era in servizio, dovette sostituire un suo collega in una spedizione con l’elicottero. Esso crollò e mio padre morì, tre anni fa.
Mia madre, anche prima che morisse, lo stava tradendo con…Charlie. Avrebbe voluto che vivesse con noi ma io non gliel’avevo permesso. Non andavo d’accordo con lei, era poco presente, strafottente e impegnata a fare qualsiasi altra cosa a parte che parlare o stare con me. Lavorava come infermiera al pronto soccorso e quel poco che guadagnava lo spendeva in scarpe, vestiti e accessori. Mio padre invece era colui che ogni ragazzina avrebbe considerato come un eroe. Era sempre dolce, comprensivo, pensava prima alla felicità degli altri e poi alla sua, era protettivo e sempre presente per me.
Mi mancava parecchio, avevo sofferto tantissimo per lui, al contrario di mia madre, e ancora allora ci pensavo sempre. Forse anche per questo che divenni così stronza e insensibile, come mia madre.
Da lui avevo preso i miei capelli biondi che portavo corti a maschiaccio, ma i miei occhi grigi non avevo idea da chi li avevo presi. Nessuno nella mia famiglia, compresi i miei avi, li avevano. Forse avevo cominciato una nuova stirpe di Stewart.
Il ricordo più bello che avevo di mio padre era quello della fiaba prima di andare a dormire, ma non era lui a raccontarmela, ero io. Lo aveva deciso lui, io leggevo la fiaba e lui prestava ascolto ma quella che si addormentava ero sempre io ma riuscivo sempre a sentire quando le sue labbra si poggiavano sulla mia fronte e mi sussurrava “Sogni d’oro angelo mio, ti amo”. Lui era come se fosse mia madre e mio padre contemporaneamente. Per me era essenziale, lo era anche allora.
 
Arrivai a casa e come al solito era vuota. C’era un post-it sul frigo con scritto “Andrea, sono da Charlie e ci resto anche per cena.” Era scontato.
Il nostro appartamento, secondo me, portava sempre il profumo di mio padre. Odorava di caffè, vaniglia e sigaro. Mia madre metteva sempre tanti profumi per ambiente, ma io sentivo sempre quell’odore. Entrando dalla porta vi era la cucina-soggiorno, molto modesta e di un color panna sporco. Buttai la mia borsa con dentro i libri sul divano blu a tre posti e andai nella mia stanza. Era anch’essa piccola ma accogliente.
Le mura erano piene di foto con mio padre e con Scarlett ed erano tinteggiate di viola, molto infantile, ma non avevo intenzione di riverniciare la stanza perché mi ricordava mio padre. Una domenica di primavera decise che era ora di sostituire il color marrone delle mie pareti con un viola primavera e così ci vestimmo come due imbianchini e cominciammo a passare il pennello sulle pareti.
Presi il mio computer e mi buttai sul letto entrando su Facebook. Ignorai una delle tante richieste d’amicizia e cestinai gli inutili messaggi, a parte uno.
Derek Nelson: ********** questo è il mio numero, chiamami quando ti pare.
Alzai gli occhi al cielo e mi salvai il suo numero sul cellulare. Gli inviai un breve messaggio “Sono Andrea Stewart”. Dite che era troppo corto? Gli avrei detto dove abitavo solo se lui si fosse interessato a farlo.
Scorsi nella rubrica fino ad arrivare al contatto di Scarlett e avviare la chiamata.
-“Salve, mia cara Andy Nelson”- mi prese in giro la mia amica.
-“Smettila, non è divertente. Vieni da me? Sono sola, come al solito, e non ho idea di quando tornerà la megera.”-
-“Corro da te.”- chiuse la conversazione.
Anni prima, quando ero sola, chiamavo sempre qualche ragazzo, mentre in quel momento avevo solo bisogno della mia migliore amica.
Dopo dieci minuti era già dietro la porta in attesa che le aprissi. Ci sedemmo sul divano mentre giravo tra i canali cercando qualche film.
-“Su, raccontami tutto del tuo pomeriggio di studio”- m’incoraggiò.
-“Abbiamo studiato, lui era freddo e antipatico ma niente di nuovo.”-
-“Nient’altro?”- sembrava delusa.
-“Che ti aspettavi? Pensavi che lo avrei incoraggiato a fare sesso con me sul tavolo della biblioteca? O magari tra gli scaffali?”-
-“Ei, non ti arrabbiare, sai che non penso questo su di te. Scusami”-
L’abbracciai, scusandomi anch’io mentre le dicevo quanto era difficile evitare i giudizi negativi da parte di tutti.
-“Tu, invece? Com’è andata con Liam?”- mi sforzai di non vomitare al solo pensiero.
-“Mmh”- mugolò. C’era dell’altro.
-“Sputa il rospo. Tu e Liam…non dirmi che…”-
-“NO. ASSOLUTAMENTE NO...”- mi interruppe, urlando.
Perché si scaldava così tanto? Nascondeva qualcosa? Perché avrebbe dovuto farlo, ero la sua migliore amica.
-“Io gli ho spiegato alcune cose, lui non prestava attenzione e mi fissava le tette”- disse, sbuffando.
-“Tipico. Fortunatamente sa che non può corromperti e che non sei il tipo.”-
 
Passammo la serata guardando “The Hunger Games” e mangiando cibo cinese. Se ne andò alle undici e ancora mia madre non era ritornata. Quando lei diceva “per cena” intendeva che ritornava l’indomani mattina. Lei doveva lavorare tutta la mattinata fino alle due e mezza, di solito quando tornavo io da scuola. Quel giorno ovviamente rimasi a studiare e non potetti vederla, sapete che m’importava. C’era o non c’era non cambiava nulla.
Quella sera andai a dormire presto (che per me corrispondeva a mezzanotte meno dieci) ma prima diedi un’occhiata al cellulare. Derek mi aveva scritto mezz’ora prima. “Buonanotte Andrea.
Risposi con “Notte Derek” e mi misi sotto le coperte cercando di dormire. Pensai che magari non sarebbe stato male conoscerlo bene. Nessun ragazzo si era preoccupato di mandarmi la buonanotte, era una cosa carina, perfino per Derek. In fondo Isaac mi aveva detto che era un amico fantastico, gentile e divertente...però a me trattava come avrei meritato tempo prima. Avevo una strana voglia di mostrargli com’ero davvero, Derek doveva sapere e capire che non ero più una stronza...magari mi avrebbe trattata bene.
“Perché mi interessa così tanto come mi tratti Derek e cosa pensi di me?” mi domandai, prima che il sonno e l’oscurità mi portarono con sé.


*SPAZIO DELL'AUTRICE*

Salve a tutti, miei cari lettori. Questo è il secondo di tanti capitoli che vi saranno in questa storiella. Spero che, chi ha letto questi capitoli, li abbia trovati di suo gradimento. E' una storia che mi sarebbe piaciuta tanto scrivere. Di solito se ne vedono dove lui è uno stronzo sciupafemmine mentre lei è una timida verginella ahahahah io ho invertito le parti, ma vi prometto che non sarà noiosa! A presto con un altro capitolo :)
-Simo6060
  
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