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Autore: Tomoko_chan    24/03/2015    4 recensioni
Naruto se ne è andato e ha portato con sè un pezzo di cuore dei suoi amici. Hinata è rimasta sola, ma il suo amato le ha lasciato comunque "qualcosa" per ricordarlo. Fra amici che tornano, nuovi colleghi, ultimi desideri da onorare, gruppi da riformare, cosa succederà alla allegra combriccola?
Alzò una mano e lentamente saggiò la pelle candida e setosa della sua guancia, la accarezzò dolcemente, e con il pollice gli sembrò quasi di riuscire a palpare la tragica via segnata dal passaggio delle sue lacrime, dove dopo meno di un secondo una vi si pose, ribelle. Si scoprì stupito di notare la realtà di quella goccia, concreta e umana. Non sapeva che gli angeli potessero piangere.

Torno con il promesso sequel di "Filosofia di vita.". Dedicata a Arcx e a Puffin, mie fedelissime e amatissime amiche.Song-fic, con canzoni di Ludovico Einaudi, Negrita, Evanescence, System of a Down,Serj Tankian.
[ NaruHina "unpochinoparticolare" ] [Coppia a sorpresa, KibaHana, SakuSaso, ShikaIno, accenni ad altre coppie, altre coppie in futuro, accenni a triangoli]
[DarkandLights][YinYang][Angst vs fluff][OOC giustificato]
19esimo capitolo dedicato al giorno dei morti, omake leggibile anche senza conoscere la storia precedente. Angst-Drammatico.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanabi Hyuuga, Hinata Hyuuga, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto, Kiba/Hanabi, Shikamaru/Ino
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli ultimi sognatori.'
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Gli ultimi sognatori.
Occhi Paradiso.
Giordi dispari.
[Alti e bassi esagerati]
 
[Ludovico Einaudi: Giorni dispari]
Seduti al tavolo del ristorante, consumando un brunch a base di cibo francese, sostava un’allegra famiglia, riunitasi dopo un po’ di tempo trascorso a occuparsi del proprio lavoro.
Ino, che con una mano accarezzava il ventre rigonfio, raccontava allegramente le ultime settimane trascorse lontano da loro: commentava eventi accaduti in negozio o in città, narrava scenette comiche con il piccolo Kurama, citava frasi e frasi di giornali con la fissa dei Post Apocalypse.
Trascinava tutti con la sua allegria e il suo carisma – gli stessi che risultavano fastidiosi a molti a Tokyo, quando Ino non smetteva di parlare per ore – ora apprezzati più che mai. Ma non era quello il motivo per cui Shikamaru la guardava rapito: aveva perduto più di un mese della sua gravidanza, e la dolce attesa aveva già trasformato la bionda, che adesso pareva più dolce, più rilassata, più bella. Una gravidanza diversa da quella sofferta di Hanabi, col volto smagrito e le occhiaie.
«Oh, quella sciocchina di Sakura non è voluta venire, nonostante le mie insistenze. » disse, gesticolando appena con una mano «Sapete, è stata lei a prendersi cura di me in quest’ultimo mese, e ci tenevo che mi accompagnasse, per evitare rischi. Ma voleva tentare di recuperare il rapporto con Sasori… Giusto oggi dovevano vedersi per un caffè!»
«Sono contenta.» commentò Hinata, passando al figlio una fetta di pane imburrata con crema di nocciole e cioccolato «Ma come vanno le cose alla Moon’s Eyes?»
«Tutto tranquillo. Mi sono preoccupata di passarci prima di partire, giusto per avere qualche novità.» si fece pensosa, poi ebbe un’illuminazione, accompagnata da uno schiocco di dita «A proposito, ricordami di prenderti delle scartoffie dalla mia valigia: le manda Itachi-san.»
«Problemi?» fece Hinata, preoccupata.
«Oh no, solo roba da firmare, stai serena. » il suo sguardo si fece malizioso «Sai Hinata, le riviste di gossip giocano ad indovinare con chi tu abbia un flirt. Qualcuno ti ha accostato addirittura Brad Pitt!» lo sguardo si assottigliò, diventando se possibile ancora più accorto «Ma c’è chi ipotizza che tu possa stare con qualcuno della band.»
«Ino!» la riprese Shikamaru, guardandola di traverso. Fu l’unico ad avere un qualche tipo di reazione diverso da uno sguardo preoccupato: Hanabi e Kiba si scambiarono un qualche messaggio con gli occhi, Hinata abbassò il viso e deglutì. Sasuke, per un attimo pensoso, mollò forchetta e coltello e si alzò, lasciando cadere il tovagliolo di raso sul piatto intoccato.
«Che c’è?» domandò Ino, aggrottando le sopracciglia bionde «Che ho detto?»
«Niente.» disse Sasuke, muovendo la sedia per scostarsi dalla tavolata «Ho finito.»
«Sasuke, dove vai?» fece Hanabi, mortalmente preoccupata.
L’uomo abbassò per un attimo lo sguardo sull’altra Hyuuga, che se ne stava con la fronte appoggiata alla mano, fintamente interessata a un bastoncino di carato nel suo piatto illeso. Scosse il capo, deluso: per un momento aveva sperato di trovare il suo sguardo preoccupato su di sé.
«Faccio un giro.» annunciò, defilandosi in fretta fuori dal ristorante altezzoso.
Ino si voltò per guardare il fidanzato, alla ricerca di una qualche risposta. Il moro si strinse nelle spalle: ci aveva capito meno di lei. Ma aveva uno strano balenio nello sguardo…
«Hinata?» chiamò Shikamaru, attirando la sua attenzione – aveva alzato lo sguardo di scatto, quasi impaurita «Ti posso parlare un attimo in privato?»
La donna, ripresasi dal momento drammatico di poco prima  - aveva sentito un brivido sulla pelle, la sensazione che fosse tutto incredibilmente sbagliato – osservò il moro, per un secondo stralunata. Lo trovava quasi strano, fin troppo diverso, illuminato da una particolare euforia che non gli aveva mai visto in tutti quegli anni, né prima che Naruto morisse. In quel particolare stato d’osservazione e analisi, non si rese conto di annuire e seguire Shikamaru verso il bar.
Si fermarono solo quando, girando un angolo, non era più possibile che il resto del gruppo potesse vederli. Shikamaru si appoggiò a una parente, cercando di essere calmo come al suo solito, ma era evidente che fosse agitato.
«So che la partenza per Londra era prevista oggi. » cominciò, imbarazzato «Ma volevo chiederti se potessimo posticipare a domani mattina… tanto in aereo è poco più di un’ora, e avremo molto tempo prima del live. »
Hinata per un attimo rimase sbalordita. Si aspettata una richiesta del genere da Kiba, al massimo: Shikamaru sapeva bene che salvo emergenze era impossibile cambiare la pianificazione del tour, per non rischiare di dover cancellare qualche data.
«Perdonami se te lo chiedo, ma… perché?» domandò la mora, aggrottando la fronte.
«Ecco…» a quel punto le guance di Shikamaru divennero rosse, e per poco Hinata non sbottò in una risata «Volevo fare una cosa a Parigi… per Ino.»
Hinata si sforzò seriamente per trattenere una risata «… cioè?»
«Volevo…» si grattò una tempia, diventando ancora più paonazzo «comprare un anello, ecco.»
La mora sorrise, portandosi una mano alla bocca, stupita. Non aveva collegato il notevole imbarazzo dell’uomo a una richiesta di fidanzamento, eppure avrebbe dovuto pensarci: Shikamaru era così impacciato, per non dire altro, con i sentimenti!
Si avvicinò d’un passo e, con un impeto che era stato raro in quei cinque anni, lo abbracciò, sorridendo. La sua mente volò, e con un battito d’ali si rese conto di quanto le fosse familiare il corpo muscoloso e ardente di Sasuke, a differenza di quello di Shikamaru. Con un brivido, pensò a quante volte aveva abbracciato l’Uchiha in quei pochi mesi, mentre quelle in cui aveva stretto il Nara si potevano contare sulle dita di una mano.
«Sono tanto felice per te!» mormorò, tornando al suo intento originale «Spero che ti dica di sì.»
«Perché?» si agitò il moro «C’è il dubbio?»
Hinata rise, sciogliendo la stretta. Inforcò il cellulare e disse: «Faccio qualche telefonata.»
 
Con gesti lenti, si abbottonava la camicia davanti al balcone, osservando il panorama spettacolare. Il cielo, dopo il temporale del giorno prima, era lindo e sereno: Shikamaru non poteva sperare in un buon auspicio migliore. Quando il cielo era così, tanto tranquillo da assomigliare ad una tavola infinita, era sempre una bella giornata, per lui, e ancora di più se altri cieli – quelli degli occhi di Ino – erano della stessa tinta felice. La stessa, per l’appunto, stava facendo i capricci come suo solito, ma i suoi occhi, da quando aveva scoperto di essere incinta, avevano una luce particolare, un sole nuovo, più luminoso, che Shikamaru non si sarebbe mai aspettato di vedere. Pensava – quando ci pensava – che Ino, ad una notizia del genere, avrebbe dato di matto per mesi, come una pazza isterica, non sentendosi pronta per fare la madre. Certo, era sicuro che gli ultimi mesi di gravidanza l’avrebbero vista molto isterica – la minaccia non era ancora passata del tutto ­– ma Ino affrontava tutto con serenità e gioia, felice di diventare mamma. Era lui, invece, quello totalmente terrorizzato.
«Sei proprio cattivo, Shika.» sbuffò la bionda, seduta sul bordo del letto, in viso un’espressione triste «Sono arrivata da poco! Dovresti stare con me!»
«Ino, te l’ho detto.» le ricordò lui, atono, cercando di apparire il più credibile possibile «Non dipende da me. E’ una cosa importante, per cui Hinata ha anche posticipato la partenza.»
«Almeno mi dicessi cos’è!» obbiettò la bionda, mugolando infastidita «Io volevo uscire con te!»
«Ah… che seccatura che sei. » sorrise, non visto, simulando un tono annoiato «Usciremo stasera.»
«Ma io non ce la farò! Guarda!» ordinò, alzando un piede. Shikamaru si voltò in sua direzione «Ho già i piedi gonfi!»
Osservò il piede – secondo lui perfetto – e sorrise nel vedere l’espressione bambinesca sul volto di Ino, tenera e imbronciata. Le si avvicinò con poche falcate e si inginocchiò come se fosse sul punto di chiederle di sposarla. Lei spalancò i grandi occhi.
«Ino…» mormorò Shikamaru, tentando di dissimulare il sorriso divertito «…piede.»
«…cosa?» Ino aggrottò le ciglia, confusa.
«Dammi il piede.» ordinò l’uomo «Ti faccio un massaggio!»
«Idiota.» bofonchiò lei, voltando il capo offesa, mentre intanto appoggiava il destro sulla gamba di Shikamaru, che prese a massaggiarla.
Il moro si sporse e, divertito, diede un bacio alla pancia rigonfia.
«La tua mamma si è arrabbiata, Shiori.» comunicò, parlando al pancione.
«Come… come hai detto?» chiese Ino, voltandosi incuriosita – e molto stupita – verso di lui.
«Che sei arrabbiata?» disse il Nara, ignorando volutamente la domanda, sorridendo.
«No, no.» lo guardò dritto negli occhi «Il nome. Che hai detto?»
«Shiori.» pronunciò Shikamaru, dolcemente.
«Shiori?» aggrottò la fronte « E’ femminile. Perché hai detto questo nome?»
«Perché avremo una bambina, te lo dico io.» accarezzò il ventre «E la voglio chiamare così.»
«Come fai a esserne così sicuro?» domandò ancora «Non lo sa neanche il ginecologo ancora!»
Il Nara sospirò «Perché sono sfortunato, ecco perché. E avere un’altra donna Yamanaka… Kami, che tortura.»
Ino lo colpì sul braccio, divertita «Dici così solo perché saresti geloso da morire.»
«Un po’ hai ragione.» mormorò, appoggiando la testa alle gambe di lei, per poi allacciarsi ai suoi fianchi «Spaccherò il culo a chiunque le si avvicini.»
«Shika!» lo riprese lei, ridendo divertita. Quando si calmò, gli accarezzò i capelli, dolcemente «Shiori… che vuol dire? Intreccio?»
«Poesia.» la corresse lui, alzando il volto «Perché qualsiasi cosa venga da te è poesia, per me.» sorrise, appoggiando lievemente le labbra su quelle di lei «Ma mi piace anche intreccio. Rappresenta il nostro legame.»
Ino sorrise, con la bocca su di quella di lui «Ultimamente sorridi troppo, lo sai, Shika?»
«Mendosukee.» unì le labbra a quelle di lei, baciandola dolcemente. Aveva il sapore del latte, del sole e del cielo. Lei si distese sul letto, tenendo stretto Shikamaru per il colletto, che però esitò.
«Potrei farvi del male, Ino.»
«No, invece.» sorrise maliziosa «Mi sono informata. Fare l’amore durante la gravidanza rende il parto meno doloroso.»
«Allora, stasera, vedremo…» le baciò la bocca, la guancia, il collo, il seno e il ventre, mentre scendeva dal letto «Adesso devo proprio andare.»
«Ti odio, Shikamaru Nara.» sbuffò la donna.
«Hai sentito, Shiori?» chiese Shikamaru alzando la voce, mentre si infilava le scarpe «Tua madre mi odia! Ne sei testimone! Povera te, che genitori.»
 
Qualcuno bussò alla sua porta, trascinandola via dalle braccia di Morfeo. Mentre Shikamaru si preparava, Ino era rimasta stesa a letto, e lo aveva guardato vestirsi silenziosamente. C’erano momenti in cui adorava contemplarlo, in quei momenti che condivideva con lei sola: i capelli scompigliati e liberi dalla solita coda, gli occhi pensosi, i muscoli non troppo evidenti che si flettevano nel gesto di infilare i pantaloni o chiudere i bracciali… Quello era il suo Shikamaru, nudo e inedito, riservato solo per lei. Con gli altri, condivideva con difficoltà il Nara serioso, la coda ben stretta, l’abito severo ed elegante. Per lei, esisteva il Shikamaru scherzoso e sorridente.
«Ino?» chiamò la persona che stava bussando alla porta, insistente. Dalla voce, le sembrò Hanabi.
«E’ aperto.» mormorò, tenendo gli occhi chiusi. Adesso che era incinta e che quindi era sempre stanca, capiva le resistenze di Shikamaru ad aprire gli occhi. Divertita, pensò che forse lui si sentisse incinto tutto il tempo…
«Ino-san…» mormorò Hanabi, ormai vicina al suo letto «Mi dispiace disturbarti, ma…»
«Avevi smesso molto tempo fa di usare quel suffisso, Hanabi.» sottolineò lei, voltando il capo dalla sua parte «Più o meno dai tuoi dieci anni, quando hai cominciato a diventare strafottente. Cosa succede?»
«Ecco… sei incinta.» affermò, imbarazzata.
«E quindi?» si mise a sedere, sconsolata «Non fare la sciocca. Vieni qui. Dimmi tutto.»
Hanabi aggirò il letto e si sedette accanto alla bionda. La stanza era disordinatissima, sembrava che ci fosse passato un uragano. Notò, con disgusto, un paio di mutandine ai piedi della poltrona.
«Ti devo parlare di una situazione abbastanza delicata.» cominciò la mora «E ho bisogno che tu mi aiuti a risolverla.»
«Dai, spara.»
«Ecco… ti sarai accorta anche tu che da quando è tornato, Sasuke e Hinata si sono avvicinati molto. Nelle ultime settimane, anzi, durante tutto il tour, il loro rapporto non è andato così bene. Adesso fra loro c’è anche dell’imbarazzo… io e Kiba, ecco… crediamo che si siano innamorati.»
«Oh.» Ino aprì la bocca sorprese « Sembra così strano. All’inizio, lui non poteva vederla. E poi, Naruto…»
«Già, Naruto.» Hanabi abbassò lo sguardo «Pronunciare il suo nome fa male a me, figurarsi a loro due. Il suo ricordo… li blocca e li rende infelici. Non staranno mai insieme se continueranno a pensare che Naruto non lo vorrebbe, ed io non posso permetterlo.» le prese una mano «Non so come spiegarlo, ma io vedo quanto mia sorella è migliorata, quanto sia diventata più serena con la presenza di Sasuke nella sua vita… io credo che, se stessero insieme, col tempo Hinata tornerebbe felice. E non posso permettere che ci rinunci senza neanche provare. Lo so che sembra sbagliato… ma chi dice che esiste un unico vero amore?»
«Oh, Hanabi…» le accarezzò i capelli, cercando di calmarla. Hanabi si era fatta facilmente adorare dalle amiche di Hinata, ma Ino non l’aveva mai vista così fragile e preoccupata.
«Ti prego Ino, aiutami.» mormorò lei, mentre una lacrima le scendeva lungo le gote «Voglio che mia sorella sia felice.» le venne in mente quando aveva pronunciato quella stessa frase spiegando a Naruto perché lo avrebbe aiutato a stare con la sorella. Una lama le trafisse il petto.
«Cosa posso fare?»
«Kiba… lui pensa che Naruto sarebbe felice se Sasuke e Hinata stessero insieme. Naruto glielo aveva detto.» affermò «Pensa che lo abbia scritto anche nelle lettere o nei diari che lui le ha lasciato. Hai presente? Come nelle lettere che ha scritto a ognuno di noi quando aveva saputo del suo cancro terminale. Solo che Hinata non ha mai avuto il coraggio di leggerle. Dobbiamo costringerla a farlo.»
«Tu ci hai provato?» chiese Ino.
«Sì, ma non ha voluto.»
«Hanabi… questa è una cosa troppo intima e profonda. Non so se sia possibile fare qualcosa.» rifletté Ino «Se lei non vuole leggerle… come potremmo costringerla?»
«Non lo so, ma…» si fermò, sentendo bussare alla porta «E’ lei. Si entra in azione.»
Hanabi si sistemò su una poltroncina, simulando un’aria annoiata, mentre Ino rimetteva la stanza a posto, anche se distrattamente. Ciò avvenne in meno di un minuto, mentre la bionda pronunciava, con tono entusiasmante, un «avanti!» spigliato.
Hinata entrò nella camera, raggiante. Teneva in braccio Kurama, che aveva l’aria di aver appena smesso di ridere a crepapelle, con le sue guancette rosse.
«Oh! Il mio nipotino adorato!» esultò la Hyuuga junior. In quel caso, non stava affatto simulando, infatti spalancò le braccia per far capire alla sorella che lo voleva coccolare. Quest’ultima glielo mise tra le braccia, e corse ad aiutare Ino a riordinare.
«Non dovresti affaticarti, Ino.» mormorò gentilmente, poggiandole una mano sulla spalla «Devi sempre ricordarti del tuo nuovo stato di madre, adesso.»
«Oh, Hinata, non c’è bisogno!» sorrise l’altra «Sai bene quanto io sia energica!»
«Non posso fare a meno di preoccuparmi per te.» affermò Hinata «Tu mi hai aiutata tanto quando io…»
Per un attimo, Ino rimase a bocca aperta. Difficilmente l’amica ricordava quel periodo della sua vita, cercava sempre di ignorarlo. Poi le sorrise e, ben conoscendo la sua testardaggine, annuì e le lasciò fare, andandosi a stendere sul letto.
«Spero che Kurama non ti abbia fatto affaticare in queste settimane, Ino.» disse Hinata, muovendosi da un capo all’altro della stanza. Kurama gonfiò le guance, offeso, e la bionda rise.
«Niente affatto. Il tuo piccolo è un gentleman, e si è preso cura di me come meglio poteva.»
Kurama, sorridendo beato per i complimenti ricevuti – anche se non era sicuro di capire cosa significasse gentleman – si fiondò sul letto della bionda e, dopo averle schioccato un bacio sulla guancia, si mise in ascolto con l’orecchio sul pancione. Le Hyuuga scoppiarono in una risata, vedendo quello che, con tutta probabilità, era diventata la norma.
Dopo qualche minuto di silenzio – quel silenzio piacevole di quando sentivi soltanto l’affetto della famiglia, e te ne beavi – Ino si preparò a parlare.
«Hinata…» abbassò gli occhi, poi li rialzò sulla donna, che si era girata a guardarla «… ma… Naruto non ha lasciato nulla per Kurama?»
L’altra, incredula, sgranò gli occhi. Era difficile che le fosse posta direttamente una domanda così complicata, che per giunta conteneva un nome che non doveva essere nominato. Per di più, quello toccato, era un tasto dolente per lei. Parlare del rapporto mai esistito fra Naruto e Kurama, fra sangue dello stesso sangue, era piuttosto doloroso. Delle volte, le montava dentro una rabbia immensa: contro la vita, contro il cancro, contro quella maledettissima macchina… suo figlio non avrebbe mai avuto l’onore – perché in questi termini pensava – di conoscere suo padre. Hinata non aveva niente di suo da dare al figlio, a parte vestiti e testi di canzoni. Niente che fosse pensato per appartenere a Kurama. Rimanevano i disegni di un pancione dipinti a mano sui muri di una stanza, niente di più.
«Cioè…» proseguì la bionda, cercando – con un tatto che usava difficilmente – di spiegarle quello strano concetto senza ferirla «Naruto ha avuto ben quattro mesi per lasciarci le sue ultime parole per iscritto. Ha scritto una lettera per ognuno di noi, anche per me! Da quello che ci dici tu, aveva saputo di Kurama due settimane prima della sua morte. Conoscendolo, quella stessa notte si è messo al lavoro per suo figlio… giusto, Hinata? Tu lo conoscevi meglio di noi. Non pensi che gli abbia lasciato qualcosa?»
Hinata abbassò gli occhi, intristita. Il ragionamento di Ino non faceva una piega. Con un tremito, si rese conto di aver nascosto quella grande verità in uno scompartimento segreto nella sua mente. Desiderava che Kurama avesse un qualche tipo di contatto con suo padre, ma detestava l’idea di separarsi definitivamente da Naruto. Finché restava qualcosa di incompiuto – come una lettera mai letta – lei non si sarebbe separata da lui.
«Magari, la lettera per Kurama si trova proprio in quel plico in tuo possesso… Non credi?» continuò Ino «Hinata…?»
Un brivido le oltrepassò la schiena mentre stringeva con una mano il braccio, camuffando così un abbraccio. Ebbe quasi la sensazione che qualcuno la stesse accarezzando quando una folata di vento le sfiorò la clavicola. Un singulto la risvegliò da quello stato. Ma non era il suo.
Kurama, gli occhi gonfi e imperlati dalle lacrime – risplendevano a tal punto da sembrare l’acqua smossa di un lago – a stento tratteneva i gemiti mordicchiandosi le labbra, ma ormai era diventato paonazzo.
«’kaa-chan!» mormorò piagnucolando, spezzando definitivamente il cuore di Hinata, che corse vicino al letto «’tou-chan ha pensato a me, vero?»
Hinata, sollevandolo dal materasso, lo strinse forte a sé, mentre quest’ultimo cominciava a piangere forte. Kurama non avrebbe mai dovuto sentire quei discorsi. Ino non avrebbe dovuto parlarne davanti a lui e, dalla sua espressione, aveva capito l’errore commesso.
«’tou-chan pensa sempre a te.» disse al bambino, cullandolo dolcemente come quando pesava meno di cinque chili «E’ lui che ti ha dato il nome, ricordi, Kura-chan?»
E mentre il bambino, annuendo, continuava a piangere contro il suo seno, Hinata si alzò e si mosse verso la porta.
«Penso che stasera io e Kurama rimarremo in camera.» annunciò, folle di rabbia, senza voltarsi indietro.
 
Non era stato semplice convincere tutti a uscire, quel pomeriggio, soprattutto per uno svogliato come lui. Stava accadendo tutto così in fretta che non sapeva neanche bene cosa cercare. Sapeva solo che doveva essere tondo, possibilmente con una pietra preziosa: un anello di fidanzamento.
Solo uscendo in strada e seguendo le indicazioni di Hinata si era reso conto che farsi accompagnare da Kiba e Sasuke non era stato un grande affare. Uno sbraitava troppo, l’altro era troppo silenzioso, comunque poco utili al suo fine. Si destreggiò in strada cercando di ricordarsi le informazioni fornitegli da Hinata. La donna, dopo aver spostato la prenotazione per i biglietti dell’aereo – pagando una multa ingente - , si era anche premurata di chiamare in una gioielleria molto famosa e di farsi dare le indicazioni stradali. Era stata incredibilmente premurosa.
Dopo altri seicento metri circa, giunsero finalmente a destinazione. Il negoziante li accolse parlando un inglese perfetto, alludendo addirittura alla “gentile signorina” che lo aveva chiamato quella mattina chiedendogli un trattamento di favore. Senza Hinata, probabilmente, Shikamaru non avrebbe risolto nulla in un pomeriggio.
L’uomo cominciò subito a mostrargli alcuni anelli adornati da pietre preziose. Non aveva ancora spiegato nulla ai suoi due compari e, quindi, si voltò immediatamente versi i due in cerca di una qualche reazione. Il suo sguardo incontrò quello bruno di Kiba, e subito quello inarcò le sopracciglia.
«Che c’è?» domandò il moro, stralunato «Perché mi guardi così?»
Sasuke sospirò, con un mezzo sorriso. Il loro amico delle volte era proprio idiota. Appoggiandogli una mano su una spalla, e con un mezzo ghigno in viso, andò in soccorso a Shikamaru.
«Kiba, Kiba, Kiba… quando imparerai a fare due più due?» chiese, rassegnato «Shikamaru ci ha trascinato in una gioielleria, alla ricerca di un anello femminile…»
«Eh? E quindi?»
«Baka.» Sasuke lo colpì sulla nuca.
«Kiba…» mormorò l’altro «Sto cercando un anello di fidanzamento. Per Ino.»
«Che coooosa?» squittì il bruno.
«Non mi spiego neanche io perché…» continuò Sasuke «Ma il nostro amico vuole sposarsi.»
«Con una bellissima donna.» aggiunse Shikamaru.
«Che urla e ti malmena.» completò l’Uchiha.
«Per tutti i Kami Shikamaru si sposa!» finì Kiba.
Il Nara sospirò.
«Certo che voi due non siete di alcun sostegno.» affermò, negando brevemente col capo «Se ci fosse stato Naruto, sarebbe stato felice per me, mi avrebbe abbracciato e aiutato a scegliere l’anello, facendo un gran baccano.»
E mentre Kiba si fiondava su Shikamaru in un abbraccio da orso che lo aveva fatto pentire di essersi lamentato, Sasuke pensava a quanto fossero vere quelle parole.
 
Nella grande vasca da bagno riempita a tre quarti, Hinata era riuscita a creare tantissima schiuma, proprio come piaceva a Kurama. Nei momenti peggiori – quelli più tristi per uno o per l’altro – avevano l’abitudine di fare insieme un bel bagno caldo. Il piccolo, così, riusciva perfettamente a sentire quel calore materno capace di farlo tornare sorridente e sicuro di sé. Hinata si rinvigoriva, prendendosi cura del suo bambino, nonostante il pensiero, il più delle volte, le andasse a ben altri bagni – quando Naruto, goffo e imbarazzato, l’aveva aiutata a svestirsi e poi l’aveva presa come una principessa per immergerla nella schiuma e aiutarla a riprendersi, o come durante il tour, quando tornavano dai live e dai festeggiamenti, dove si coricavano insieme nelle vasche lussuose degli hotel a cinque stelle e facevano l’amore.
Prese il sapone all’arancia dal bordo e se lo mise sulle mani, cominciando a massaggiare i capelli di Kurama, seduto davanti a lei nella parte più alta della porcellana. Giocava con una barchetta, quella con cui faceva sempre il bagno e che si era portato dietro da Tokyo. Gli occhi, però, erano rimasti cupi e tristi, come quando aveva smesso di piangere. Assomigliavano a un cielo visto da dietro le serrande, scuro e malinconico, in procinto di piovere.
«Kura-chan…» lo richiamò, alzandogli il viso verso di lei dolcemente «…che succede?»
«’tou-chan…» disse solo, abbassando lo sguardo.
«’tou-chan ti amava.» affermò Hinata, cercando di rimanere il più calma possibile «’tou-chan si è sempre preso cura di te. Non vedeva l’ora di conoscerti. Sono sicura che ti ha lasciato qualcosa, devo solo trovarlo. Ti fidi della tua ‘kaa-chan?»
Il piccolo annuì e si protese verso di lei abbandonando il giocattolo, che galleggiò sull’acqua. Hinata lo accolse fra le sue braccia, sicura che il contatto fra loro pelli fosse in grado di consolarlo.
 
Mentre tirava dalla sua sigaretta, appoggiato alla parete esterna dell’hotel, Sasuke rifletteva. Stavolta, nella sua mente, non c’era l’immagine delle labbra di Hinata, o del suo sguardo dopo il loro bacio – nonostante questa continuasse a palesarsi all’improvviso nel suo subconscio – ma un’altra, che forse era capace di provocargli molto più dolore. Mentre seguiva a qualche metro di distanza Kiba e Shikamaru al rientro in hotel – uno piuttosto entusiasmato, l’altro vistosamente agitato – aveva notato una bottega, che prima, presi come erano a trovare la strada giusta, non aveva notato. Era un piccolo negozio di fattura antica, più buio rispetto gli altri. Sembrava essersi fermato a più di sessanta anni prima… e ciò lo incuriosiva. Sembrava la bottega di un vecchio orologiaio, ed infatti, nelle vetrate incorniciate dal legno scuro facevano mostra di sé molti orologi, dalle fatture eleganti. Ma non erano questi ad aver catturato la sua attenzione, piuttosto una fedina, più in basso. Non era un anello semplice: il suo nastro rigido e sottile non era unico, ma girava intorno al dito cinque volte. Le due estremità più esterne erano punteggiate da piccolissimi diamantini, mentre la fascia centrale era impreziosita da quello che sembrava un piccolo diamante. Non era vistoso, ma era molto elegante... e gli faceva pensare subito a Hinata.
«Monsieur! » chiamò una voce grave e bassa «Le interessa quell’anello?»
Sasuke si voltò e si ritrovò davanti un uomo basso e robusto, con i capelli corti e un accenno di barba entrambi bianchi, gli occhi scuri intelligenti e ridenti.
«Io…» per una volta nella sua vita,  era stato estremamente colto di sorpresa.
«Sa, tutto ciò che vede è fatto a mano, anche il taglio di quel bel diamantino.» l’ho interruppe l’uomo «La prego, entri! E’ così raro vedere un cliente che si interessa di questo particolare tipo di oreficeria!»
Sasuke, colui che era sempre imperturbabile, per un attimo rimase così, fra l’allibito e il scioccato. Preso in contropiede, non sapeva come comportarsi. Si guardò intorno: ormai aveva perso di vista Kiba e Shikamaru, perciò, dato che doveva tornare da solo, tanto valeva fare un ultimo giro in città.
Seguì l’uomo sorridente dentro la bottega: effettivamente, pareva molto antica, ricca di vetrine intarsiate in assi di legno con sfregi e volute, un poco gotica per i chiari-scuri che regnavano nel locale.
«Venga, venga!» l’anziano gli fece segno di avvicinarsi, mentre estraeva alcuni recipienti pieni di gioielli e li posava sul bancone «Le mostro qualcosa!» Sasuke si avvicinò, mentre l’uomo continuava a parlare «L’ho vista un po’ dubbioso davanti alla vetrina! Ho pensato che, forse, quel gioiello le è parso troppo costoso, ma ho qui delle valide alternative, più economiche…» prese un anellino fra le dita, simile a quello che aveva visto Sasuke, ma solo con due fasce «per esempio, questo è un modello meno complesso. Vede, ogni pezzo qui è unico, dato che è tutto fatto a mano. Non portiamo i gioielli di altre marche, come fanno tutti gli orafi, ma solo quelli che produciamo noi. Qui è sicuro se volete acquistare qualcosa di raro e originale. Guardi qui, quest’altro anello ha le perle nere…»
«Veramente, io… » cercò di interromperlo Sasuke, non sapendo bene che dire «Ero interessato a quello in vetrina.»
«Oh, davvero? Allora glielo prendo subito!» l’uomo si mosse immediatamente fuori dal bancone «Ma allora non capisco proprio perché aveva quell’espressione titubante in viso…»
Sasuke, colto in fallo,  deglutì, aspettando alla cassa che l’uomo tornasse con l’anello.
L’orafo tornò da lui tenendo l’anello in un drappo blu notte, che poggiò vicino all’Uchiha. Non appena lo sguardo di lui cadde sull’oggetto, notò l’artigiano, la sua espressione cambiò ancora, diventando un misto fra sorpresa e tristezza.
«Forse, non sa se è il momento adatto per fidanzarsi?» chiese l’anziano, indagando con i suoi vispi occhi «Pensa che la rifiuterà?»
Sasuke abbassò la sguardo, che finì sull’anello. Quell’oggetto prezioso… per un attimo lo aveva visto all’anulare sinistro di Hinata, mentre stanavano mano nella mano. Sarebbe stato perfetto, ma impossibile. Aveva potuto amarla liberamente solo una notte, quella in cui aveva compreso ciò che provava per lei, e si era ripromesso di non concedersene altre. Doveva togliersela dalla mente. Eppure… quel bacio…
« Io le consiglio di acquistarlo, in ogni caso, o se ne pentirà. » affermò l’uomo «Non lo faccio nel mio interesse. Ma vede… non ci si interessa ad un anello finché non se ne ha il bisogno. Il suo cuore, forse, ha già deciso per lei, e sarebbe un errore ignorarlo. »
Era vero. Sasuke lo sapeva. Il suo cuore, ormai, sapeva perfettamente cosa voleva, o meglio, chi. Peccato che quella persona fosse l’unica che non avrebbe mai dovuto desiderare.
Ma era solo un anello, eppure non poteva resistergli. Infondo,  acquistarlo non voleva dire doverlo regalare per forza. Lo avrebbe custodito, con cura, senza farne parola con nessuno. Sarebbe rimasto un atroce segreto.
Lentamente, come se fosse ancora indeciso, aveva preso il portafoglio dalla tasca. E così, adesso, fuori dall’hotel, una sigaretta fra le labbra, si ritrovava con l’angolo di velluto del cofanetto a premergli contro il petto. E si dava dello stupido.
«Hai da accendere?»
Si voltò, colto di sorpresa dalla voce calda di Shikamaru, che tradiva una certa insicurezza.
«Tu non dimentichi mai il tuo accendino.» gli fece notare, mentre lo osservava avvicinarsi per appoggiarsi alla parete accanto a lui «Nervoso, Nara?»
«Sempre stronzo, Uchiha?» rispose l’altro «Hai da accendere o no?»
«Perdonami, sposino.» Sasuke gli passò l’accendino «Non pensi che dovresti calmarti?»
Shikamaru si accese la sigaretta con un gesto nervoso, per poi cominciare immediatamente a tirare forte la sigaretta, neanche fosse una cappa fumaria. Dopo pochi istanti, parve acquetarsi.
«Come fai a essere sicuro di volerlo fare?» gli chiese, senza guardarlo in faccia, come suo solito.
«Non sono affatto sicuro. Delle volte penso che io sia un pazzo a voler sposare quella psicopatica.» affermò candidamente Shikamaru, per poi trarre un’altra boccata di fumo «Ma poi la guardo e… mi pare impensabile separarmi da tanta bellezza. Vorrei starle ancora più vicino. E’ questo il mezzo.»
«E’ incinta.» disse Sasuke, ghignando «Direi che le sei stato abbastanza vicino.»
«Idiota.» bofonchiò l’altro.
Sasuke, inspiegabilmente,  rivide l’immagine di sé acquistare quell’anello, per Hinata, promettendosi di non darglielo mai. Era sicuro di volerla sposare quanto consapevole di non poterlo fare. Chissà che avrebbe detto Naruto… per un attimo gli si serrò il respiro.
«Sasuke…» lo richiamò Shikamaru. Tremava «Non l’ho mai detto a nessuno ma… conservo tutt’ora un anello che Naruto aveva comprato per Hinata. Mi aveva chiesto lui di custodirlo, in modo che lei non lo scoprisse. Non ho mai trovato la forza per dirglielo.»
…cosa? Sasuke sgranò gli occhi, sconvolti. Si trattenne dal guardarlo completamente scioccato e, piuttosto che fare ciò, cercando di non insospettirlo, abbassò lo sguardo e si massaggiò le palpebre come faceva sempre, fingendo un mal di testa.
«Lui… voleva sposarla?» chiese «Mi stupisce ancora. Non me ne ha mai fatto cenno. »
«Naruto… pensava che ciò potesse ferirti.» un’altra fitta al petto di Sasuke «Pensavo che potesse essere per quella gelosia che vi legava. E’ così?»
Sasuke boccheggiò, poi deglutì. Grossi lacrimoni premevano contro le sue palpebre, pronte ad uscire. Naruto sapeva. Sapeva.  Conosceva ciò che lui provava ancora prima che fosse lui stesso a capirlo. Naruto, il buono, genuino, altruista Naruto, non gli aveva detto nulla perché non voleva ferirlo dato che sapeva cosa stava cominciando a provare per Hinata.
«Sì, è così.» disse solo, prima che comparisse una smagliante Ino pronta per uscire.
 
«Come hai potuto farmi questo, Shikamaru Nara?»
Da più di un’ora, ormai, le orecchie del sopracitato membro della famiglia Nara imploravano per un po’ di silenzio. Aveva colto di sorpresa Ino, portandola a cena nel ristorante più famoso di tutta Parigi – grazie alla fortunata telefonata di Hinata - , l’Ancienne Douanne. Come previsto, invece di ringraziare, Ino aveva cominciato ad urlare contro di lui per il torto commessole, dato che, non conoscendo la loro location, non si era potuta vestire abbastanza elegante per l’occasione. Indossava un lungo vestito estivo di tulle, con una stampa a fiori, che le stringeva il seno in una faccia e che risaltava il suo ventre gravido. I capelli, biondissimi, le ricadevano liberi lungo le spalle. Lui la trovava semplicemente meravigliosa, indimenticabile e naturale… proprio come piaceva a lui. Eppure, tutto quello strepitare era calcolato – dubitava sempre più delle sue facoltà intellettive che lo spingevano giorno per giorno al masochismo – perché così Ino non avrebbe capito le sue intenzioni e, vedendosi l’anello davanti, sarebbe rimasta ancora più stupita.
«Hai ragione.» fece sarcastico lui «Come ho potuto portarti in un ristorante di classe?»
«Ma non vedi? » urlò, per poi farsi più vicina, tentando inutilmente di abbassare la voce «Ho un vestito comprato al mercato e i capelli in disordine. Per non parlare di quanti chili sto prendendo con questa gravidanza…!»
«Sei meravigliosa, Ino.» le disse, avvicinandosi per posarle un bacio nella clavicola scoperta «Come era il tuo dolce?»
«Buonissimo.»
«Ne sono felice.» rispose gentilmente lui – si stava davvero sforzando «Vuoi qualcos’altro?»
«No, grazie.» si appoggiò alla mano, lasciando che i capelli le ricadessero su un lato «Ho capito che devo mangiare per due, ma non devo esagerare!»
«Ricordatelo quando ti verranno le voglie…» bofonchiò lui, per poi prenderle la mano libera, che casualmente era quella sinistra «Ma guarda, Ino, sei diventata proprio una bambina! Ti sei sporcata di cioccolata.»
«Dove?» chiese lei, ma prima che potesse notare qualcosa, Shikamaru prese a strofinarle la mano con il suo tovagliolo rosso. Quando la bionda ritrasse la mano, si ritrovò all’anulare un anello ricco di pietre preziose. Gli occhi le brillarono.
«Shikamaru…?» mormorò, scioccata «Che stai facendo? Come hai fatto a…? Non me ne sono neanche accorta.»
«Un vecchio trucco da mago che ho imparato quand’ero piccolo.» rispose lui, quasi distrattamente «Allora… che ne pensi?»
«Che vuol dire che ne pensi?» chiese lei «E’ un bell’anello, certo.»
«Sì, sì, ma accetti?»
Ino inarcò le sopracciglia bionde «Cosa devo accettare? La legna?»
«Divertente.» commentò Shikamaru «Mi sposi o no?»
A quel punto, Ino, che aveva finalmente realizzato, divenne paonazza.
«Shikamaru Nara! Ma tuo padre non ti ha insegnato nulla? Questa non è affatto una richiesta di matrimonio! Se lo sapesse tua madre…»
«E’ stata mia madre a chiedere a mio padre di sposarla.» specificò lui.
«Per tutti i Kami!» urlò Ino «Quanto meno dovresti inginocchiarti e cercare le parole giuste!»
«Oh no, in ginocchio no. »
«In ginocchio sì!»
«Ma mi fa ancora male!»
«Stamattina non ti faceva affatto male!»
«E’ colpa del tempo!»
«Bugiardo! Inginocchiati!»
Shikamaru, schiaffandosi una mano sulla fronte, si inginocchiò di fronte a Ino. Tutti, nella sala, si voltarono verso di loro.
«Ecco, adesso ci guardando tutti.»
«Ben venga!» commentò Ino «E adesso cerca di essere romantico!»
«Romantico? Ma nemmeno tu sei romantica!» obbiettò Shikamaru, che in realtà si stava divertendo da morire «Sei solo una maiala…»
«Shikamaru, brutto idiota!» si trattenne dal colpirlo dato che tutti li guardavano «Io non ti sposo mica sai?»
«Ma se hai fatto fuoco e fiamme per avermi…»
«E ho fatto male!»
«Mendokusee.» gli disse lui, per poi cominciare, come previsto, il discorso che si era preparato «Sei stata cattiva. Io non direi mai che incontrarti è stato uno sbaglio. Ci conosciamo da così tanto tempo… eppure, ogni giorno te ne inventi una, non mi fai annoiare mai con le tue follie, sei sempre diversa. Mi stai trascinando nella tua pazzia, ma non direi mai che è stato un errore. Perché sono pazzo di te, mendokusee. Ti amo. Mi vuoi sposare?»
Commossa, Ino gli accarezzò una guancia irsuta, ridendo appena.
«Sei proprio uno scemo.» gli disse «Avevi pianificato tutto, vero?»
«Ops.» fece Shikamaru, fingendo di essere stata beccato.
«Beh, questo anello mi piace.» rispose Ino, con un gran sorriso «Quindi credo che lo terrò.»
 
 

 
   
 
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