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Autore: Heavensent    26/03/2015    4 recensioni
Strutturata come un episodio standard di Supernatural. Ambientata nella terza stagione: Dean è ormai arreso al fatto che ha venduto la sua anima per salvare Sam, e i cani demoniaci fra non molti mesi verranno a prenderlo. Sam invece sta cercando un modo per salvarlo ma, fra una ricerca e l’altra, si imbattono in delle strane morti in una piccola cittadina dell’Ohio.
Fan fiction strutturata come una puntata di Supernatural “vecchio stile”, con poche pretese e molto affetto fra Winchester, che non guasta mai.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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Capitolo 3

 
La famiglia Jones era la famiglia più in vista della città. Una delle poche ad avere una domestica fissa, tre pasti abbondanti al giorno, abiti nuovi e profumati. Il resto di quella piccola città non era poi così tanto agiata, se non per quegli imprenditori che venendo da fuori città riuscivano a dare lavoro ai poveri paesani, scuotendo così l’economia del posto.
Erano anni difficili, nonostante l’America fosse lontana da tutto ciò che stava succedendo in Europa. La guerra non l’aveva colpita tanto fisicamente quanto economicamente e portando i più giovani al fronte. Ma era considerata una missione, un atto di eroismo: i più ottimisti amavano vederla così.
La famiglia Jones non aveva nessuno da mandare al fronte, e la loro bella casa in centro godeva delle più grandi comodità dell’epoca.
Ma quando la piccola Fleur morì tutto si disgregò, la perfezione della famiglia scemò fuori dalle finestre dalle tende ricamate, i soldi non poterono più comprare la serenità di cui quei genitori, ora soli, sarebbero stati sempre privati. La grande statua al centro della cappella di famiglia non avrebbe mai sostituito le risate genuine della bimba.
Meningite, questo era stato l’esito ufficiale, ma Robert non ci credette mai, non per davvero. Fleur aveva sempre avuto qualcosa di diverso, qualcosa che non aveva poteva aver preso da nessuno di loro. Gli occhi azzurri. Di un azzurro intenso e innaturale, non appartenente agli occhi di nessuno in famiglia.
 
Ma una notte, accorgendosi che la moglie non dormiva con lui, si alzò per cercarla. E la trovò sulla porta di casa, un uomo tentava di abbracciarla mentre lei si scansava. E quando si voltarono, colti in flagrante, in quell’uomo, quel rozzo paesano vide l’azzurro degli occhi che sarebbe dovuto essere di sua figlia. E capì.
 
Fleur non era sua, non era mai stata sua. Sospettava da tempo che la moglie lo tradisse, quella sgualdrinella francese che era stato obbligato a sposare. E non gli importava, davvero, anche lui avrebbe potuto avere tutte le donne che voleva all’infuori di lei. Ma pensava di avere la certezza che Fleur fosse sua, sangue del suo sangue, concepita in una di quelle sere fredde di sette anni prima quando pensava che con Ellie ci potesse essere qualcosa di più che un amore costruito e combinato per convenienza.
E invece eccola lì Ellie, ormai i 37 anni che le solcavano le guance indiscreti, a parlare con il suo amante, un uomo che non doveva averne più di 25. Robert scese le scale, in pugno un coltello che aveva preso in cucina. Anthony scappò via cercando di trascinare con sé Ellie, che però non voleva scappare, voleva spiegare a Robert che non era come pensava, che aveva visto o capito qualcosa di sbagliato.
La discussione si spostò nella strada, lui non la ascoltava. Anthony era scappato via, nascosto dietro una stradina attigua.
Ellie provò a scappare quando scorse il luccichio del coltello nella mano possente del marito. Non fece in tempo quasi a voltarsi. Lui la afferrò da dietro con una presa stretta e con un taglio deciso il sangue sgorgò dal collo della moglie, riversandosi sui cocci della strada.
 
Anthony aveva scritto tutto nel dettaglio nel suo quaderno e Sam aveva potuto ricostruire la storia insieme a Jane:-Quindi suo padre, Anthony era anche l’amante di Ellie e quindi padre di Fleur. Perché Robert non è stato arrestato?-chiese Sam, puntando gli occhi su quelli di Jane, assurdamente azzurri.
-Era un uomo importantissimo per la città. Mio padre aveva provato a denunciarlo, ma era solo un minatore povero e diciamolo, anche un po’ ladruncolo, oltre che un uomo immorale. La sua parola contro quella di Robert Jones. Ma non è tutto, mio padre vide un’altra cosa subito dopo.
Jane sfogliò altre pagine e Sam le scorse velocemente con gli occhi.
 
“…Quel giorno, quel terribile giorno in cui ho visto Ellie morire, ho visto anche mia figlia. Fleur era lì, risplendeva nel buio della sera, e puntava il dito contro Robert che aveva cominciato a urlare, terrorizzato alla sua vista e portandosi una mano al petto. Robert morì poco dopo di infarto”.
 
-Mio padre poi ha comprato la casa. Si immagini, era la casa di una famiglia caduta in disgrazia, per questo l’ha fatto, il prezzo si era abbassato tantissimo e dentro conteneva ancora tutto ciò che era appartenuto loro. Credo si fosse sempre sentito in colpa del fatto che non avesse conosciuto sua figlia, che fosse morta per colpa sua perché Ellie l’ha avvelenata per via del senso di colpa…
Sam si ritrovò a interromperla di nuovo:-Un momento, Ellie ha avvelenato Fleur?
Jane annuì, e Sam disse a voce bassa:-Spiegherebbe perché è rimasta uno spirito. Ma non credo uno spirito violento.
-No infatti-confermò Jane- ho visto quegli omicidi più volte e…-rabbrividì al pensiero e chiuse gli occhi- è sempre stato Robert a uccidere le vittime. Fleur ha sempre solo..puntato un dito. Così come lo vide mio padre.
-Fleur ha solo cercato di fermare Robert, non sceglieva le vittime come potrebbe sembrare -riflettè Sam- e lei perché non ha mai fatto niente per risolvere questo problema? E perché non se ne è mai occupata nemmeno la polizia anche se non avrebbe mai potuto fare nulla?
-Questo non glielo so dire, so solo che i casi vengono sempre archiviati. Per il resto invece…che avrei dovuto fare? Ho contattato dei medium, dei sensitivi…ma la maggior parte delle volte erano solo degli imbroglioni anzi..tutte. Quando vedevano i fantasmi scappavano a gambe levate. Ma lei invece sembra che conosca queste cose.
-Fin troppo.-.mormorò il piccolo Winchester, sfogliando fra le mani il diario dalla scrittura minuta di Anthony Miller-e poi cosa è successo?
-Nient’altro. Mio padre ha cominciato a vivere qui per lenire il senso di colpa, si è sposato due volte e la seconda volta sono nata io, quando lui aveva ormai 66 anni. E’ stato più avere un nonno che un padre, sempre tormentato dai fantasmi, veri e non. Ho visto il primo … “omicidio” quando ero ancora una bambina e quando mio padre è morto quando avevo 20 anni ho trovato il suo diario e mi è stato tutto più chiaro. Questa è stata l’unica casa che ho mai avuto e dopo la morte di mia madre mi sono sposata e ho continuato a vivere qui. Vorrei solo proteggere i miei figli..-disse indicando con un cenno della testa la cucina-lei riuscirà a fare qualcosa?
Sam non le rispose. Stava ragionando. Succedeva ogni sette anni, Fleur puntava il dito ma non contro le vittime, contro il padre che in realtà nemmeno era suo padre… che era già stato cremato e ora andava  a piede libero.
-Signora Miller..Jane-si corresse poi Sam, alzandosi- è stata veramente utile. Ma io devo andare, credo..credo di aver capito.
Jane si alzò con lui, e quando stava per porgerle il diario del padre lei posò le mani sulle sue:-Lo tenga, potrebbe servirle ancora. Risolva la cosa, agente.-sottolineò l’ultima parola come per dire che aveva capito di non trovarsi davanti a un semplice poliziotto- Questa città ha bisogno di serenità.
Sam contrasse la mascella e annuì. Uscì da quella casa, e prese il telefono per chiamare Dean.
 
Si erano addormentati, tranquilli del fatto che porte e finestre fossero state preventivamente sigillate con il sale. Dean mosse le palpebre, il sole stava sorgendo facendo capolino dalle persiane socchiuse. Alex era stretta a lui, addormentata, mezzo nuda. Non si erano tolti nemmeno tutti i vestiti, era iniziato tutto in maniera violenta e veloce. Dean si era solo aperto i pantaloni, viaggiando con le mani sollevandole il pigiama fino al seno, solo per accarezzarne la curva morbida del petto. Poi le aveva sfilato solamente le mutandine e il pantalone, il necessario insomma. Ma quello che pensava sarebbe stato sbrigativo come quell’impeto che si era impossessato di loro invece era diventato morbido e lento, ma Dean era sempre stato così, con le ragazze. Impulsivo nella passione, nella voglia di averle, ma quando poi se le ritrovava fra le braccia anche solo per una notte, anche se erano sconosciute, era come manovrare qualcosa di fragile, e allora si muoveva piano, con fare fluido e lento, con carezze attente. Il divano aveva cigolato sotto di loro e i sospiri e i gemiti erano sommessi, quasi sussurrati per non voler fare troppo rumore. E una volta finito, stravolti dalla stanchezza della notte insonne si erano addormentati in uno strano abbraccio fatto di vestiti calati solo per metà e una coperta messa in malo modo a coprirli.
Si svegliò totalmente quando il suo cellulare prese a vibrare sul tavolino davanti a loro. Per afferrarlo dovette sovrastare Alex che si svegliò infastidita, aprendo gli occhi a fatica e vedendo poco per via della mancanza degli occhiali:-Dean…-sbiascicò, e il ragazzo mormorò sommessamente un “scusa piccola” mentre finalmente afferrava il telefono e rispondeva:-Sì?
-E’ un eco di morte al contrario.
-C..cosa?-chiese Dean passandosi una mano sul viso e tentando di mettersi seduto.
-Hai presente gli echi di morte, no? Quei fantasmi che rivivono continuamente la loro morte traumatica non solo dove sono morti ma anche per esempio dove sono trasportati? Questo non era l’eco della morte di chi è effettivamente morto ma…di chi ha  ucciso. Fleur non uccideva le vittime, cercava di salvarle da Robert che, oltretutto, non era il suo vero padre.
Dean non sembrava aver capito molto:-Va bene Sammy, vieni qui e ne parliamo bevendo un caffè, ti aspettiamo.
-Sì, rivestitevi, sto arrivando- e il fratellino chiuse la chiamata.
Dean sbarrò gli occhi interdetto; come faceva Sam a capire sempre quando aveva appena scopato?
Posò nuovamente il cellulare sul tavolino, Alex accanto a lui si muoveva leggermente:-Sta arrivando Sam vero?-chiese con la voce impastata. In modo impacciato si abbassò il pigiama che mostrava il ventre e il reggiseno slacciato, trovando poi per terra le mutandine e infilandole, nascosta sotto la coperta.
Dean annuì in risposta, e si alzò anche lui per rivestirsi.
 
Sam spiegò loro tutto ciò che aveva scoperto. Il racconto di Jane, il diario di Anthony, e la sua personale teoria. Dean e Alex stavano seduti sul divano ad ascoltarlo: la ragazza aveva messo un paio di jeans e un maglioncino, i capelli erano sciolti disordinatamente e delle lievi occhiaie lasciavano il segno di una notte quasi insonne.
-Credo che per Robert il momento dell’uccisione della moglie e l’apparizione di Fleur siano stati più traumatici della sua stessa morte. Quindi lui, all’anniversario della morte della figlia, riappare nel vicolo e uccide chi trova. Non è un eco di morte, direi più.. un eco di colpevolezza.
Dean si alzò, passandosi una mano, pensieroso, sulle labbra:-Ma come sono iniziati gli omicidi?
-Il fermaglio-spiegò Sam- la data della sparizione dal museo corrisponde a quella degli inizi degli omicidi. Ho controllato. E nel diario c’è scritto che l’ha rubato Anthony, ma poi l’ha perso. Forse c’era un capello di Fleur, qualcosa che ha permesso al fantasma della bambina di tentare di salvare le vittime di Robert e forse era questo che lo incatenava lì. E ora che noi abbiamo bruciato Fleur lui si muove indisturbato.
-Potrebbe avere senso-disse Dean-per quanto possa avere senso una storia del genere.
Alex li guardava sbigottita e affascinata allo stesso tempo.
-Bene allora cosa facciamo?-continuò Dean- Robert è stato cremato e non possiamo bruciare un bel niente. In casa sua ci sarà qualcosa?
Sam scosse la testa:-E’ stata completamente ristrutturata e inoltre ho controllato i campi magnetici e non ce ne sono. L’unica cosa da fare è un’invocazione.
-Dobbiamo usare qualcosa per attirarlo.
Entrambi poi si voltarono verso Alex. Lei li guardò alzando le sopracciglia:-Perché mi guardate così?-chiese con la voce leggermente stridula.
-E’ pericoloso Sammy-disse Dean, rivolgendo lo sguardo verso il fratello.
Il minore alzò le spalle:-Ha già provato ad attaccarla una volta. Potrebbe funzionare e noi saremo lì per aiutarla.
-Potete evitare di parlare come se io non ci fossi?-sbottò Alex alzandosi all’improvviso-avanti, ditemi cosa vi serve.
-Alex..-iniziò Dean, ma lei lo interruppe con uno sguardo severo:-Se vi serve aiuto lo faccio.
Dean sospirò e guardo Sam, che sembrava molto più deciso di lui:-Ok, questa è l’idea.
 
Quella notte tornarono al museo monumentale.
-E’ proprio necessario venire qui a fare questa..cosa?-chiese Alex, stringendosi nelle spalle per un brivido di freddo.
-Serve un terreno consacrato-spiegò Dean mentre si guardava intorno per scassinare poi il lucchetto-così non daremo troppo nell’occhio. Sai se scassiniamo il portone di una chiesa potrebbe non passare inosservato.
Alex annuì e li seguì. I loro passi scricchiolavano sulla ghiaia del cimitero. Conosceva quelle stradine a memoria, quando era piccola e andava al cimitero con la mamma le piaceva osservare le statue bianche che si ergevano dalle tombe. Pensava che il buio le avrebbe oscurate e invece nella notte sembravano più brillanti, quasi anch’esse fossero fantasmi che risplendevano.
Sapeva dove stavano andando e quindi quando vide la cripta dei Jones non si stupì. Conosceva benissimo quella cripta, spesso poggiava la fronte al cancelletto nero per ammirare la statua di Fleur, una delle più belle, lì dentro. Sembrava quasi che la bambina fosse stata pietrificata da una moderna Medusa in un momento di pace totale, i suoi lineamenti sereni erano ritratti incuranti della morte, nel gesto di cogliere un fiore. Ora le sembrava strano vederla da vicino senza quel ferro a separarle, e non potè fare a meno di sfiorare il marmo gelido, cosa che inaspettatamente le diede un senso di calore e non il contrario, come credeva. Fin da piccola era sempre stata affezionata a Fleur, affascinata dalla sua storia, dalla statua della sua tomba. E sapere che il suo fantasma si aggirava davvero per le strade della sua città all’anniversario della sua morte, le metteva un lieve brivido di paura ma la riempiva anche di curiosità. Quindi era questo che poteva succedere dopo la morte? Non trovare la via per l’al di là cercando di salvare giovani innocenti dalle vittime del proprio (non) padre?
Forse si era incantata un po’ troppo a pensare perché nel frattempo non si era accorta che Sam e Dean avevano allestito un piccolo incantesimo: avevano tracciato un pentacolo sulla tomba di Fleur, con cinque candele accese, una su ogni punta. Al centro avevano posizionato una ciotola con del sangue, la perlina del fermaglio ed erbe che lei non conosceva. Subito un vento gelido smosse la fiamma tremula delle candele. Sam prese il vecchio diario in pelle cominciò a leggere qualcosa in latino: Alex ne aveva studiato un po’ alla scuola superiore e poi all’università per qualche studio specifico. Era un’invocazione verso l’anima del defunto. Dean si avvicinò ad Alex, tracciando un cerchio di sale attorno a lei:-Probabilmente riusciranno a rimuoverlo-le spiegò, mentre Sam in sottofondo recitava la formula latina- ma dovrebbe tenerli calmi un po’ più del previsto.
Le parole recitate da Sam ebbero il loro effetto. Robert comparve, lo sguardo truce e il coltello fra le dita. Alex sussultò spaventata, anche se protetta dal cerchio di sale  e da Dean, che teneva fra le braccia un pezzo di ferro e accanto un fucile con le pallottole a sale, in caso servisse. Era pronto ad agire in caso di pericolo, e infatti Robert si avvicinò ancora di più tuttavia senza poter oltrepassare il cerchio. Il vento si fece più alto, e i granelli cominciarono pian piano a spostarsi:-Dio, odio quando lo fanno-mormorò Dean a denti stretti - Sammy, l'altro incantesimo! – aggiunse poi, rivolgendosi al fratello.
Sam annuì e cambiò leggermente la disposizione delle candele, cominciando poi a recitare un'altra formula, cercando di tenere fermo il diario che aveva le pagine piegate dal vento incessante. Il sale scomparve del tutto attorno ad Alex ma prima che Robert potesse fare un altro passo Dean oltrepassò la sua figura con il ferro, facendola sparire almeno per il momento:-Sbrigati Sam, dannazione!-urlò Dean a denti stretti senza essersi accorto che Robert era ricomparso dietro di lui, spingendolo con forza per scaraventarlo contro la tomba di Ellie. Dean sbatté la testa, sentendo la sensazione familiare del sangue che gli bagnava i capelli e colava fino all’occhio.
-Dean!-urlò Sam interrompendo l’incantesimo. Robert si avvicinò pericolosamente a Alex, che trattenne il respiro sentendo come un tappeto di spilli oltrepassarle il corpo, quando Robert fu dietro di lei, tenendole il collo con una mano e con l’altra pronto a tagliarle la gola:-Hai ucciso Fleur! E mi hai tradito!- il suono della voce del fantasma risuonò surreale, confusa dal vento forte che muoveva le foglie secche in un turbine tra le tombe e la statua di Fleur.
Dean fece cenno a Sam che stava bene mentre tentava di rialzarsi per andare in soccorso di Alex, e il minore riprendeva la formula che volgeva alla fine, funzionò. Il fantasma di Fleur, che aveva già ritrovato la pace per merito loro, ora era stata nuovamente strappata dall’aldilà per andare in loro soccorso, per impedire a Robert di uccidere qualcun altro. Il vento si fermò, le foglie smisero di girare in un turbine. Fu tutto così improvviso che sembrava più un fermarsi del tempo che un immobilità degli agenti atmosferici.
-Fermo!- la voce flebile di Fleur risuonò anch’essa rimbombante, in quella cripta di pietra.
-Tu non sei mia figlia-cominciò a mormorare Robert, come una litania, più volte, sempre pressando il coltello sul collo di Alex.
-Tu mi hai cresciuto, sei mio padre-disse Fleur, allungando la mano verso di lui- vieni con me, hai bisogno di pace.
Dean era pronto con il ferro fra le mani, sperando che Robert non muovesse più la lama sul collo di Alex che, stringendo gli occhi, tremava di paura. Ma il fantasma di Robert fortunatamente mollò la presa. Forse era quella la conferma che cercava, che un padre non è necessariamente quello che ti permette di nascere, ma quello che ti cresce. Era l’unica persona che l’aveva amata: il vero padre non l’aveva mai nemmeno conosciuta e la madre l’aveva avvelenata, forse per potersi finalmente separare da un marito che non voleva.
Robert si mosse verso il fantasma di Fleur e prendendosi per mano svanirono in una luce bianca.
Alex tremante si accasciò a terra, e Dean la raggiunse posandole una mano sul collo dove sgorgava del sangue, ma non troppo:-Sto bene-si affrettò a dire lei, nonostante il pallore sul viso per la paura e il sudore freddo sulla fronte. Dean annuì e la abbracciò, mentre alzava lo sguardo su Sam. Il minore annuì in risposta e,sollevato, sospirò poggiandosi alla tomba di Fleur.
 
 
Dean e Sam si presero un’altra giornata da passare in quella piccola città. Risistemarono la tomba, misero a posto cartelle e documenti presi in prestito da archivio e biblioteca, riconsegnarono il diario di Anthony a Jane, raccontandole tutta la storia e rassicurandola del fatto che gli omicidi ogni sette anni non ci sarebbero più stati.
Avevano in programma di partire il mattino successivo, molto presto. Un altro caso sospetto sembrava esserci in Kansas, e dovevano partire il più presto possibile. Avevano solo bisogno di una notte per rifocillarsi.
Verso l’ora di cena sentirono bussare, e dopo un preventivo togliere la pistola dalla fondina e puntarla verso la porta, Dean la riabbassò vedendo che era solo Alex.
-Ehi, che ci fai qui?-le chiese Dean facendola entrare, e lei sorrise stringendo alcuni fogli fra le mani.
-Anche se credo di non voler sentire di fantasmi e di sovrannaturale per un po’, sono comunque un’inguaribile curiosa,  e ho fatto qualche ricerca.
-Il caso è risolto Alex, Robert e Fleur ormai sono andati oltre-spiegò Sam con gentilezza, pur avvicinandosi al tavolo su cui lei aveva posato i fogli.
-Questo lo so ma…vi ricordate che vi siete stupiti del fatto che la polizia non si sia mai occupata di questi casi?
Non disse altro e lasciò la frase in sospeso, quasi a voler stimolare la curiosità dei due ragazzi.
Alex si sistemò gli occhiali sul naso poi illustrò un giornale e dei fogli ingialliti.
-E’ tutta colpa di un prete. Negli anni ’50 il destino ha voluto che una delle prime vittime fosse una ragazza che, per gli anni, aveva degli atteggiamenti un po’ ribelli. E un prete, durante una famosa predica durante la messa…-e si soffermò mostrando i fogli- disse che la colpa era di questi costumi dissoluti. La giustizia stava agendo per potere divino..- scimmiottò l’ipotetica voce del prete- e la gente, intimorita, gli dette retta. E nonostante il passare degli anni è rimasta la superstizione, fortissima: la gente ha continuato ad avere paura degli omicidi e non indagarci per paura di essere coinvolti o perché credevano fosse giusto.
-E’ folle!-esclamò Dean sbarrando gli occhi- cioè quando io caccio i mostri e li uccido so che sono tali perché sono..nati così, perché non possono essere altrimenti. Questa gente invece diventa mostruosa…la religione rincoglionisce la gente-mormorò Dean, scuotendo la testa.
-Questa non è tanto religione, quanto solo..superstizione-disse Sam più diplomatico- l’importante è che sia tutto finito.
-Già- disse Alex -volevo solo che..chiudeste il cerchio-spiegò sorridendo appena e riprendendo i fogli con sé mettendoli nella borsa- e sono passata anche a salutarvi.
-Saremmo passati a farlo domani mattina-le disse Sam, ma Alex alzò le spalle:-In realtà domani mattina torno dai miei. Sono..rimasta un po’ traumatizzata da questa storia e per un po’ di tempo preferisco non stare qui. Farò dei viaggi più lunghi per andare all’università, ma ne ho bisogno.
Sam annuì e la abbracciò:-Grazie..di tutto-disse lei sentendosi avvolta da quel gigante gentile, e Sam le accarezzò affettuosamente la schiena lasciandola poi andare- no, grazie a te, ci hai aiutato molto.
Alex si voltò verso Dean, che balbettò un leggero:-Ti..ti accompagno fuori- aprendo la porta e richiudendola quando fu uscita anche lei.
-Che c’è ti vergogni a salutarmi davanti a Sam?
-Un po’- ammise lui, diventando subito serio- fammi una promessa Alex. Non diventare una cacciatrice.
Alex alzò gli occhi spazientita:-Ti ho già detto che non lo farò. Ho troppa paura e non ho tutti i vostri muscoli..-rise appena- ma te lo prometto al cento per cento se tu prometti una cosa a me-rilanciò lei.
-Dimmi tutto.
-Lascia che Sam ti aiuti.- Dean stava per interromperla ma lei continuò- cavolo Dean, Sam è così in gamba e credo che lui provi per te tutto l’affetto che tu provi per lui. Ma non te ne accorgi? Ti sei sempre occupato di lui, hai sempre aiutato tutti. Lascia che per una volta sia lui ad occuparsi di te, a salvarti. Non caricarti il mondo sulle spalle.
-Hai appena citato “Hey Jude?”-le chiese Dean sorridendo, e il suo era un sorriso malinconico, per quel vago ricordo della madre che gliela cantava quando era piccolo, come ninna nanna.
-Trovo che ti si addica- disse Alex alzando le spalle in una mossa impacciata.
Dean annuì e le cinse le spalle, dandole un bacio sulla fronte:-Stammi bene Alex.
-Anche tu, e non arrenderti-sussurrò lei, prima di lasciargli un bacio a stampo sulle labbra, per poi sciogliersi dal sua abbraccio e andare via, dicendogli addio con un semplice cenno della mano.
 
 
Il sole stava sorgendo lentamente davanti a loro, mentre l’Impala correva indisturbata e veloce sulla strada. Sam si era perso nell’ammirare il colore del cielo passare da nero a rosa scuro, e ora di un arancione caldo.
Non c’era musica quella mattina in macchina, solo il rumore del motore e delle ruote sull’asfalto. Dean accelerò un po’, e poi la sua voce riscosse Sam dal torpore in cui stava per
riaddormentarsi:-Pensavo..avevi quell’idea per rompere il patto no? Cercare..il responsabile degli incroci.
Sam si voltò appena, non credendo alle proprie orecchie:-Sì, esatto.
-Potrebbe essere una soluzione…-gli disse cercando di rimanere il più risoluto e meno sentimentale possibile, ma Sam non poteva non notare quel minimo luccichio negli occhi. Dean voleva vivere, aveva una voglia assurda di vivere e non andare all’inferno.
-Potrebbe, sì- disse solo Sam, cercando di mascherare la gioia che stava provando in quel momento.
-E comunque…-continuò Dean, dopo essersi schiarito la voce- sei stato in gamba con il caso. Hai praticamente indagato solo tu. L’archivio, Jane, il diario…potresti cavartela benissimo anche senza di me.-continuò a guardare dritto sulla strada per evitare lo sguardo del minore, per non cadere nell’imbarazzo, come spesso gli succedeva quando parlava di quelle cose con Sam.
-Già, posso. E’ solo che non voglio-gli disse Sam, citando le esatte parole che Dean gli disse quel giorno di quasi tre anni prima quando andò a prenderlo a Stanford.
Dean voltò appena lo sguardo e sorrise, di un sorriso complice e forse involontariamente pieno d’affetto.
 
Ce l’avrebbero fatta, sì. Perché loro ce la fanno sempre.
 

FINE.

 
 
 
OK mi scuso per l’enorme ritardo. Questa storia era praticamente finita ma quando due settimane fa ero pronta ad aggiornare, rileggendo il capitolo prima di pubblicarlo mi sono resa conto che una scena faceva schifo e dovevo assolutamente modificarla. Tuttavia non ero mai ispirata o abbastanza libera o sveglia per poterlo fare e così ho rimandato “a domani” per due settimane. PERDONATEMI VI PREGO.
 
Ringrazio tutti coloro che hanno letto, seguito, recensito questa brevissima storia. Non escludo che potrei scrivere altri “episodi” magari anche con il ritorno di Alex.
 
Un bacio enorme,
 
Heavensent.
  
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