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Autore: Meraki    28/03/2015    8 recensioni
AU!School con i personaggi principali tratti dal primo film/libro di the Maze Runner, pairing: Newtmas (Newt/Thomas).
Thomas è un nuovo studente appena trasferitosi in città. Nella nuova classe fa la conoscenza di Minho, capitano del Club di atletica, e Newt, un ragazzo con cui nasce da subito un'intesa speciale...
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Newt, Thomas, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano ormai passati un paio di giorni da quando Newt era stato a casa Edison. Le cose tra di loro non potevano andare meglio e Thomas si sentiva al settimo cielo ora che si erano messi insieme ufficialmente.
Nonostante entrambi parlassero tranquillamente del loro rapporto con Minho (che a volte scappava imbarazzato dopo aver sentito cose di cui avrebbe preferito rimanere all'oscuro), quand'erano in pubblico non si lasciavano andare ad effusioni: Thomas aveva capito che non tutti i suoi compagni di scuola avrebbero visto di buon occhio il loro rapporto quindi i due avevano preferito mantenere segreta la loro relazione, per il momento.
Teresa non si era più fatta viva dopo quel giorno in cortile e Thomas aveva deciso di concederle un po' di tempo per “smaltire” l'intera faccenda, prima di tornare a cercare la sua compagnia.
Inoltre si sentiva tremendamente infastidito quando pensava al bacio che lei gli aveva scoccato a tradimento: non aveva ancora avuto il coraggio di parlarne a Newt...
Fantastico, stiamo assieme da neanche una settimana e già devo nascondergli qualcosa...” pensò amaramente, richiudendo la porta di casa dietro di sé.
Era una giornata particolarmente fredda: il cielo era carico di nuvoloni grigiastri che minacciavano di lasciarsi andare ad un violento temporale da un momento all'altro. Quel giorno Minho non sarebbe passato a prenderlo: gli aveva scritto un sms poco prima dicendo di non sentirsi bene e che, quindi, sarebbe rimasto a casa.
Mentre Thomas pregava non iniziasse a piovere durante il tragitto fino a scuola, la sua attenzione fu catturata da una figura che lo aspettava sul marciapiede davanti casa: era Newt, che lo guardava sorridendo compiaciuto.
“Buongiorno Tommy! Siccome Minho mi ha scritto di essere malato ho pensato di venire a prenderti,” lo salutò con un cenno, avvicinandosi a lui per poi sfiorargli un fianco dolcemente.
“Cavolo, ma tu abiti dall'altra parte della città, chissà a che ora sei dovuto partire per venire fin qui...” borbottò Thomas arrossendo di piacere.
“Non preoccuparti, infondo casa tua non è lontano dalla scuola... Se ti da fastidio posso sempre fare la strada da solo e possiamo vederci in classe,” dichiarò, arricciando il naso.
“NO! Insomma, mi ha fatto piacere...” si affrettò a rispondere Thomas, avvicinandosi a lui per posare innocentemente le labbra sulla sua guancia.
Newt rise, poi lo prese per una manica e lo trascinò via.

La prima lezione della giornata era storia contemporanea e... Thomas si stava annoiando a morte. Stava giocherellando con la matita quando si sentì pizzicare il gomito.
“Ahi...” sussurrò voltandosi verso Newt, per poi accorgersi che questi lo guardava con un'espressione che non aveva mai visto prima: le labbra sottili erano così contratte che avevano assunto una tonalità perlacea e ogni muscolo del suo viso sembrava irrigidito, mentre le gote erano stranamente imporporate.
“Che c'è? Che succede?” domandò Thomas sconcertato, appoggiandogli una mano sulla spalla e sporgendosi per cercare di capire cosa stringeva tra le mani.
Newt lo facilitò, alzando la mano destra sul banco per mostrare lui il display dello smartphone: sopra c'era una foto che fece impallidire Thomas.
Lui e Teresa che si baciavano.
Com'era facile intuire, la foto faceva parte di un messaggio inviato da faccialibro e il mittente era il misterioso Mister x.
“Newt...” incominciò Thomas, guardando alternamente lui e il cellulare, “Ti posso spiegare tutto,” sussurrò pregando che il biondo gli desse modo di spiegarsi.
Ma, come aveva previsto, Newt era di tutt'altro avviso: in un moto di rabbia afferrò il proprio zaino buttandoci dentro a casaccio tutto quello che aveva sul banco.
“Mi avevi detto che era solo un'amica,” sibilò a denti serrati, “e io come uno scemo mi sono fidato!”
“Non è come sembra, è stata lei che...”
“Sì, certo,” borbottò ironico Newt roteando gli occhi prima di alzarsi ed uscire dall'aula senza aggiungere altro.
“Signor Newton, dove sta andando? La lezione non è finita!” esclamò la professoressa agitando invano il gessetto verso la porta.
Thomas sbuffò e si alzò a sua volta: “Mi dispiace professoressa, non si sente bene... Lo accompagno in infermeria,” spiegò frettolosamente e, senza attendere una risposta, lo seguì nel corridoio.

“Newt... Newt fermati! Se mi lasciassi almeno il tempo di spiegarti...”
“Spiegarmi cosa? Non sono un genio ma certe cose le capisco anche io,” rispose Newt senza girarsi.
In un attimo, Thomas gli fu accanto e lo prese per le spalle per cercare di fermarlo.
“E' vero, l'altro giorno Teresa mi ha baciato ma... Ti giuro che io non volevo! E non ho ricambiato!” lo supplicò il moro con una smorfia, guardandolo dritto negli occhi.
“Ah sì? E lei ti avrebbe accidentalmente infilato la lingua in bocca? Devi aver fatto una resistenza tremenda!” disse ironico il biondo, scrollando le spalle.
“Se è vero che non hai ricambiato il bacio... Perché non me l'hai detto prima?”
“Proprio per questo motivo! Perché io non provo niente per lei... A me interessi solo tu.” ammise Thomas mordendosi un labbro.
“Non lo so Tommy... E' da poco che hai scoperto che ti piacciono anche i ragazzi. Magari hai preso solo un abbaglio con me, che dici? Come faccio a fidarmi di quello che mi stai dicendo? Non lo so, non ci capisco più niente. Devo schiarirmi le idee... Ciao.” lo salutò freddamente, prima di fare dietro front e correre fuori dalla scuola.

Thomas seguì il resto delle lezioni svogliatamente; lo sguardo assente fisso sulla lavagna, la mente vuota.
Perché quel Mister x ce l'aveva tanto con lui?
E, soprattutto, chi diavolo gli aveva scattato quella foto?

Questi pensieri lo tormentavano e non riusciva a darsi pace.
Al termine delle lezioni, si ritrovò a far la fila per prendere il pranzo tutto solo e si accorse che, nonostante si fosse trasferito da più di un mese, non aveva fatto amicizia con nessuno a parte Minho e Newt.
Prese di malavoglia un piatto di spaghetti e si sedette ad un tavolo vuoto, iniziando a mangiare in silenzio.
“Ehi?”
Quando si voltò in direzione della voce, si meravigliò di ritrovarsi faccia a faccia con Teresa, in piedi accanto a lui con il suo vassoio stretto tra le mani.
“Ciao Tom... Posso sedermi?” domandò guardandosi in giro imbarazzata, “il tuo è l'unico tavolo libero,” aggiunse a mo di scusa, come se volesse far intendere che non aveva altra scelta.
“Certo, accomodati...” rispose Thomas agitando la forchetta in aria e tornando a guardare i propri spaghetti con sguardo assente.
“E' successo qualcosa? Hai una faccia...” la ragazza sembrava essere sinceramente preoccupata, così Thomas decise di raccontarle per filo e per segno cos'era successo quella mattina.
Quando ebbe finito, Teresa si coprì la bocca con una mano e rimase a guardarlo sconcertata.
“Una foto mia e tua mentre...? Ma chi diavolo può averla scattata? In cortile non c'era praticamente nessuno e comunque io non mi sono accorta di niente...”
Nonostante quella storia fosse in gran parte anche colpa di Teresa, la ragazza sembrava così sinceramente dispiaciuta dell'accaduto che Thomas non riuscì a prendersela con lei.
“Non lo so...” borbottò l'amico facendo spallucce, “Ma chiunque sia stato deve odiarmi a morte. Vorrei davvero capire perché...”
“Mi dispiace Tom, vorrei poter fare qualcosa per te ma credo che se tentassi di parlare a Newt peggiorerei solo il problema. Dopotutto sembra non voler sentire ragioni...”
“Non so proprio come comportarmi!” esclamò il ragazzo prendendosi la testa tra le mani: “Proprio ora che stava andando tutto bene tra di noi.”
Teresa abbassò lo sguardo sul suo piatto e giocherellò per un po' con il cibo, come se d'un tratto si fosse estraniata in un mondo tutto suo.
“Mi dispiace, forse non dovrei parlarti di queste cose. Non volevo essere indelicato.” si scusò lui, osservandola attentamente.
“Non preoccuparti, mi fa piacere che ti confidi con me... Significa che mi reputi importante, in un modo o nell'altro, giusto?”
Thomas annuì e lei sorrise felice, poi si chinò a frugare nello zaino per tirarne fuori un volantino rosa tutto stropicciato: “Forse eri troppo impegnato a pensare a Newt in questi giorni da accorgerti che la prossima settimana è Halloween. La capitana delle cheerleaders darà una festa a casa sua, magari potresti venire a fare un giro... Ci sarà un sacco di gente, sono sicura che ti farebbe bene uscire un po' e farti qualche altro amico. Ovviamente puoi portare anche Minho se promette di non mettermi di nuovo in imbarazzo!”
Thomas rise, poi lesse di sfuggita il volantino: “Certo, perché no? Posso chiedere anche a Newt? Cioè... sempre che nel frattempo riesca a perdonarmi,” chiese, facendosi di nuovo scuro in volto.
“Ma certo,” rispose Teresa alzandosi e sollevando il proprio vassoio: “ora devo andare, a presto!”
Thomas avrebbe potuto giurare che fosse rimasta particolarmente seccata da quella sua ultima domanda.

Quella sera, Thomas si era rintanato in camera sua subito dopo cena. Anche con la porta chiusa, poteva sentire chiaramente sua mamma lavare i piatti e la cronaca televisiva della partita di rugby che stava seguendo il padre.
Rimase steso sul letto a luce spenta per un po', cercando di raccogliere i pensieri.
Aveva provato a chiamare Newt un paio di volte e a lasciargli qualche messaggio ma non aveva ricevuto alcuna risposta. Aveva però avuto modo di parlare con Minho e spiegare lui l'accaduto. L'asiatico era a letto con l'influenza e gli aveva scritto qualche messaggio carico di errori ortografici (stava così male da non riuscire a scrivere come una persona normale?!) per cercare di confrontarlo.
Quando Newt si chiude a riccio non c'è niente che tu possa fare per farlo aprire,” gli aveva scritto, aggiungendo poi: “lascialo sbollire per un po', sono sicuro che tra qualche giorno tornerete a fare i piccio-piccioni-piccioncini.
Thomas però si sentiva fremere dall'impazienza: come avrebbe potuto aspettare qualche giorno? Voleva vederlo, voleva farsi perdonare e fare pace.
Lo schermo del suo computer si illuminò e un suono segnalò una nuova notifica da faccialibro.
Thomas si alzò riluttante, per poi prendere posto sulla sedia della scrivania con un sospiro.
Minho gli aveva appena scritto in bacheca: “BRUH!”.
Ridacchiando, Thomas spostò il mouse per rispondere: “BRUH...TTO!
D'un tratto, si aprì un piccolo pop-up in basso a destra: un nuovo messaggio.
Come se fosse caduto in trance, il ragazzo rimase a fissare lo schermo per diversi minuti senza muovere un muscolo.
Il testo riportava: “Non preoccuparti, Tommy, a quanto pare non sei il solo ad avere segreti, x.
Con dita tremanti, Thomas si costrinse ad ingrandire la foto allegata: Newt era seduto sugli scalini del portico di quella che aveva tutta l'aria di essere casa sua e, accanto a lui, c'era Alby. Il ragazzo di colore stava sussurrando qualcosa all'orecchio del biondo, che sorrideva divertito. Non si stavano baciando ma i loro corpi erano così vicini da sfiorarsi e l'atmosfera in generale sembrava davvero troppo intima per far intendere che si trattasse solo di un incontro amichevole. Come a peggiorare ulteriormente le cose, la foto era scattata di sera e... cosa diavolo ci faceva Alby a casa di Newt?!

La mattina dopo Thomas si avviò per raggiungere la scuola completamente solo: non si aspettava di vedere nuovamente Newt davanti a casa sua e, comunque, la cosa non gli avrebbe fatto granché piacere in quel preciso momento.
Dopo aver visto la foto non aveva chiesto spiegazioni né aveva più scritto alcun messaggio al biondo (che, per inciso, non aveva risposto a nessuno dei precedenti).
Se avesse potuto, Thomas avrebbe volentieri fatto a meno di andare a scuola: si era sentito ferito e non aveva alcuna voglia di affrontare la questione. L'unica cosa che agognava era starsene sdraiato sotto le coperte a frignare come un pivello.
“Ciao Tom!” lo salutò Teresa che, evidentemente, lo stava aspettando accanto ai cancelli dell'edificio.
“Ciao...” mugugnò lui schiarendosi la voce: “come stai?”
“Non c'è male. Oggi abbiamo un compito in classe di geografia ma per fortuna mi sento abbastanza preparata. Tu, piuttosto? Hai una faccia! Sei stato appena investito da un autobus?”
A Thomas iniziava seriamente a mancare la compagnia di Minho: nonostante fosse un pagliaccio, era sempre pronto ad ascoltarlo e a dispensare consigli utili... più o meno.
In quel momento però non c'era e lui aveva disperatamente bisogno di parlare di quella faccenda con qualcuno, prima che la sua testa esplodesse. Così decise di raccontare gli sviluppi della storia a Teresa.
“Quando ho visto la foto ci sono rimasto malissimo,” sussurrò affranto, “ho anche provato a rispondere al messaggio di quel tizio ma, ovviamente, non mi ha più scritto nulla.”
“Che cretino!” esclamò vigorosamente Teresa, arrossendo leggermente, “ma chi si crede di essere? Al primo malinteso scappa a farsi consolare dal suo ex? Mi dispiace Tom, ma non si è comportato affatto bene. Voglio dire, prima di tutto non ha voluto ascoltare le tue ragioni e secondo sembra non si sia fatto poi molti scrupoli a lasciarti perdere di punto in bianco!”
Thomas abbassò la testa, lasciandosi prendere dallo sconforto: “forse hai ragione... Non valgo niente per lui.”
Teresa annuì decisa ma, quando si accorse di aver ferito l'amico, la sua espressione si addolcì.
“Tom, non volevo essere così schietta, perdonami... Infondo potrei anche sbagliarmi riguardo questa storia.”
“Sì, potresti... O forse no,”
Nonostante la ragazza avesse avuto poco tatto nel fare quelle affermazioni, esse si stavano insinuando in Thomas come delle viscide sanguisughe. Le poteva quasi immaginare appiccicate al suo cervello, intente a succhiargli via ogni pensiero positivo riguardo l'intera faccenda.
Proprio in quel momento Newt passò accanto a loro e, senza degnarli di uno sguardo, li superò con ampie falcate, per poi sparire all'interno dell'atrio.
“Che tipo...” borbottò Teresa.
Dopo un primo momento di smarrimento, Thomas salutò Teresa e si affrettò a raggiungere la sua aula.
“Buongiorno.” salutò seccato il suo vicino di banco, prendendo posto.
“Buongiorno.”
Quelle furono le uniche parole che i due si scambiarono durante tutta la mattinata.

Newt era così freddo che Thomas stentava a credere che quello che aveva seduto accanto fosse realmente lui. Per tutta la lezione non gli rivolse neanche una mezza occhiata e, arrivata l'ora di pranzo, si alzò e se ne andò ancora prima che Thomas avesse il tempo di chiudere il libro.
“Newt,” lo richiamò, seguendolo fuori dall'aula.
Il corridoio iniziava a ghermirsi di alunni che disordinatamente si dirigevano alla mensa scolastica.
“Tommy, non mi va proprio di parlarti ora,” sospirò infastidito Newt, grattandosi la testa.
“Neanche a me va molto, veramente. Volevo solo dirti che sinceramente, mi aspettavo da te un comportamento più rispettoso... Soprattutto dopo la sfuriata che mi hai fatto ieri.”
“Ma di che diavolo stai parlando? Sei stato tu a baciare Teresa!” controbatté l'altro, allargando le braccia esasperato.
“Io non ho baciato Teresa,” scandì Thomas, digrignando i denti, “e non mi riferivo a quello.”
“E allora a cosa?”
“Non ci arrivi proprio? A quanto pare quello con la coscienza sporca tra noi due non sono io...” rispose rabbiosamente prima di allontanarsi, lasciando Newt disorientato e confuso.

  
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