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Autore: The Ghostface    28/03/2015    1 recensioni
Sono passati tredici anni…tredici lunghissimi anni da quando Ghostface è stato rinchiuso nel Tartaro.
Di lui non resta che un vago ricordo, voci, leggende urbane…tutto sbiadito dal tempo…dalla magia…
Sulla Terra le cose sono cambiate, nonostante il tempo trascorso i Titans sono rimasti uniti…e con un membro in più, un vecchio rivale pentito…
Alcuni si sono sposati, alcuni hanno avuto dei figli…alcuni nascondo terribili segreti nel profondo del loro animo che mai mai e poi mai dovranno essere svelati.
Il ritorno in circolazione di un noto avversario da un occhio solo terrà alta la guardia dei nostri eroi.
Ma quello che tutti loro non sanno…e che sono finiti tutti nel mirino dell’ormai leggendario…Ghostface.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Ghostface, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rigor Mortis'
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CAPITOLO 8
 
La pioggia cadeva incessante, infrangendosi in piccoli sprizzi sull’asfalto muto, sulle auto parcheggiate e sulla grigia figura ammantata di blu.
Lei e la pioggia, le uniche due cose che si muovessero in quella stradina dei bassifondi, immersa nel buio notturno.
Chi avrebbe voluto uscire con un tempaccio simile?
L’aveva già perlustrata sette volte, ma ancora insisteva disperata.
Ormai non cercava neppure più tracce o indizi correva sotto la pioggia senza più la forza di gridare quel nome a lungo pianto, i piedi battevano nelle pozzanghere, scrosciando rumorosamente.
Aveva il respiro affannato, le guance erano solcate da innumerevoli lacrime che andavano fondendosi con le altrettante numerose gocce di pioggia che l’implacabile maltempo riversava come liquide legioni sulla povera ragazza che seppure disperata continuava a sperare, continuava a correre per quelle vie buie o fiocamente illuminate, correva col cuore che le scoppiava in corpo senza neppure sapere dove andare o cosa cercare.
Sfinita cadde in ginocchio, troppo stanca per proseguire.
Si accasciò a terra china su se stessa, schermandosi il viso con le mani, gli occhi le dolevano per la troppa attività, erano almeno tre giorni che non dormiva, e quattro che non meditava, il respiro le bruciava nei polmoni; incapace di proseguire le ricerche rimase piegata in due in mezzo alla strada, struggendosi in silenzio nel suo dolore, accarezzata solo dalla pioggia che piangeva con lei la figlia perduta.
Non si era mai chiesta cosa avesse provato Stella quando era morta Mar’i…adesso lo sapeva: un dolore senza uguali, il doppio parto dei gemelli le pareva una carezza ai piedi in confronto a quello che il suo cuore sanguinante stava affrontando ora.
Quell’impotenza la distruggeva.
Il comunicatore Titans iniziò a vibrarle nella cintura, rimessasi in ginocchio prese l’arnese mentre un barlume di speranza le brillava negli occhi così stanchi e spenti, su di esso lampeggiava il nome del mittente : Robin.
Accese la video chiamata e le comparì il viso sorridente dell’amico.
-L’avete trovata?- chiese subito con un fil di voce, prima di dar lui il tempo di aprir bocca.
-No, noi no. Senti Corvina non è che tornando alla Torre puoi fermarti a prendere una pizza, vero?-
La maga era rimasta scioccata a dir poco.
Come osava chiederle di fermarsi in pizzeria mentre la figlia era dispersa?!
Qualche istante di silenzio tangibile dopo il viso le avvampò d’ira facendole diventare la faccia una smorfia paonazza deformata dalla furia – MA CHE CAZZ…- stava per continuare a sbraitare a inveire contro il leader quando il fiato le morì in gola.
Robin aveva passato il comunicatore a qualcuno di fianco a lui ed ora sullo schermo compariva il viso sorridente di April, avvolta in un accappatoio rosa forse un po’ troppo grande per lei –Ehi mamma, per me prendila con acciughe e cipolle e anche un frullato alla fragola formato grande!-
Ora si che Corvina era sorpresa, basita e incredula…a dir poco.
Rimase a fissare il piccolo schermo con la bocca spalancata e gli occhi sgranati, senza dire una parola.
-Bhe non dici niente? Guarda che così ti entrano i ragni in bocca- scherzò la ragazzina da dietro il monitor.
Corvina chiuse la bocca e deglutì, trovando la forza di sussurrare appena –A-April?- pareva poco più che il fruscio di una foglia, ma fu sufficiente.
A questo punto neppure la vivace ragazzina potè restare al gioco, sorridendo di cuore, mentre due lucciconi di felicità le comparivano sugli occhi rispose con la voce interrotta dai singhiozzi di commozione che presto sarebbero arrivati –Sì mamma. Sono io…sono tornata-
Non furono necessarie altre parole, la maga scomparve appiattendosi in una macchia di tenebra per poi dissolversi nel nulla in un batter d’occhio.
Il pozzo d’inchiostro ricomparve all’entrata della Ops Mains Room e da essa emerse Corvina, ancora fradicia e spossata ma più viva che mai.
Si guardò subito attorno come un’animale braccato e non appena individuò la figlia seduta sul divano le corse incontro, April a sua volta lasciò il posto accanto a Bruce per slanciarsi verso di lei, si incontrarono a metà strada abbracciandosi più forte che mai, fino a farsi male e senza volersi più lasciare.
-Mamma!-
-April, figlia mia…sei tornata, sei qui …sei con me- rideva Corvina piangendo di gioia allo stesso tempo.
-Ho avuto tanta paura, mamma…- singhiozzò la piccola affondando il viso nelle spalle della madre.
La maga prese ad accarezzarle i capelli dolcemente –Tranquilla piccola mia, adesso è tutto finito. Io sono con te e non permetterò mai più che ti succeda qualcosa di male- poi sollevando il viso fino ad incrociare il suoi occhi d’ametista con quelli color carbone della figlia disse con un sorriso luminoso ed il cuore aperto –E poi, le eroine non piangono-
Quelle parole fecero sussultare April dall’emozione, ma non riuscirono certo a rubare la scena a ciò che realmente importava alla ragazza: essere tornata a casa sana e salva.
-Anche tu stai piangendo- sorrise l’apprendista maga asciugandosi gli occhi col dorso della mano.
-Io posso- rispose Corvina –Sono vecchia. Ma tu ora sei una Teen Titans, Midnight!-
April tornò a tuffarsi in sua madre, venendo accolta dal caldo e protettivo abbraccio materno, non occorse che le due si scambiassero altre parole.
Rimasero lì abbracciate a terra in silenzio, completandosi l’un l’altra senza aver bisogno di altro, senza voler più separarsi.
-APRIL!!- esclamò BB, appena avvisato dell’accaduto si era precipitato alla Torre lasciando i gemelli alla riluttante zia dai capelli rosa, tutto trafelato il ragazzo verde raggiunse la figlia e strappandola letteralmente dalle braccia della moglie al fece volteggiare in aria per la gioia, come faceva quando lei era più piccolina.
-Amore di papà, sei tornata! Sei qui!- esclamò di cuore il mutaforma tenendola stretta sé.
-Non monopolizzare mia figlia!- replicò Corvina pretendendo la sua parte di coccole –Tua figlia?!- ribatté BB con una linguaccia –Lascia che ti spieghi una cosa: lei è tutta per me!- e detto questo tornò  girare su se stesso con la figlioletta stretta al petto.
Quando si fermò aprì un braccio per accogliere nel caldo abbraccione anche la moglie, che felice come una pasqua, seppure moderata nel mostrarlo (già adesso che tutto era risolto non c’era più ragione di fare la sentimentalona…era tornata la nostra solita cara Corvina) gli si affiancò sorridendo –Egoista- gli sussurrò all’orecchio a punta –Amore della mia vita- rispose lui, prima di tendere le sue labbra verso quelle pallide della maga, ricevendo così un dolce bacio continuo in risposta.
-Ehi! Qui sono io la festeggiata!- disse April non proprio felice di vedere i suoi limonare come due adolescenti, in quel momento irruppero nella sala anche Stella Rubia e i gemelli.
-Sorellona!!- tuonarono in coro andando ad unirsi all’abbraccio di gruppo, completando il quadretto familiare.
Ultima ma non per sua volontà arrivò Iella, che si era presa l’ascensore.
Era zuppa d’acqua fino alla punta dei capelli, il vestito da eroina era coperto di tagli, graffi e slabbrature, era tutta scompigliata e con una faccia di chi proprio è al limite della pazienza.
-Ti avviso testa d’insalata, tu prova a sbolognarmi un’altra volta quei due cuccioli di tigre ed io…- ma anche lei si calmò e si lasciò sfuggire un tenero sorriso davanti a quella dolcissima scena di ricongiungimento familiare.
-Va bè, per stavolta lascio correre-
 
Poco dopo, nonostante l’ora tarda, erano tutti seduti a tavola, ad eccezione dei gemelli che vinti dalla stanchezza si erano addormentati sul sofà
Erano tutti a tavola ma solo una mangiava, come aveva detto di essere stata tenuta digiuna per giorni subito April si era ritrovata la tavola imbandita di ogni tipo di carne che Cyborg era in grado di cucinare, il cibo necessario per crescere sani e forti come disse lui quando il padre della ragazzina protestò, per così tanta carnazza sul fuoco e neppure una foglia di insalata in tavola.
Quanto ad April, appena gli fu messo sotto il naso il primo hamburger trifarcito lo divorò in un batter d’occhio e molto meno discretamente di quando si addica ad una signorina.
Tutti vollero sapere come aveva fatto a liberarsi, ed April, fedele alla sua promessa, inventò una storia di come lei, mantenendo il sangue freddo nonostante la situazione, e sfruttando i suoi poteri e la distrazione dei suoi carcerieri fosse riuscita ad evadere, il tutto arricchito da parecchi particolari autocelebrativi.
Mentre tutti stavano lì in allegria Corvina, alzatasi per andare in bagnò si trovò faccia a faccia con Iella, e subito cadde nell’imbarazzo più profondo.
-Senti Iella…mi dispiace per come ti ho trattata in questi giorni, per quello che ti ho detto…e per quel pugno. Scusa- poi rivolse anche agli altri compagni –Scusatemi tutti per come mi sono comportata ultimamente, mi dispiace davvero tantissimo. Ero preoccupata, alterata…non sapevo quello che facevo. Potete perdonarmi?-
Iella si picchiettò l’indice sul mento tentennando, poi rispose divertita –Ah, non posso essere arrabbiata con te- disse dandole un’amichevole pungo sulla spalla. –Non prima di partire per le Fiji- aggiunse.
-Fiji?- ripeté incuriosito Robin.
-Esatto- sorrise Cyborg soddisfatto –Io e la mia gattina ci prendiamo un mese tutto per noi, partiamo venerdì mattina! Rotta per le Fiji!-
Stella era l’unica ancora un po’ confusa –Cosa sono le Fiji?- ma nessuno le rispose.
Solo April era rimasta spiacevolmente sorpresa di questa nuova –Ma come!? State via tutto il prossimo mese? Ma così vi perdete il mio compleanno!- disse con gli occhietti mogi all’idea.
-Su, su non fare così- la consolò Iella –Ti porteremo un regalino dalle isole-
-Non è per questo- sbuffò la maghetta – E che senza di voi mi condannate a tre opzioni una peggiore dell’altra: la torta bruciata di mamma, la torta di soia di papà o la torta “cosacavoloè?” di zia Stella- si attaccò alla gamba bionica del ragazzo afroamericano –Dai, perché mi odi tanto? Che ti ho fatto io?- Cyborg scoppiò in una grassa risata -Niente da fare, piccoletta, sono mesi che lo programmiamo e tu hai già ritardato abbastanza facendoti rapire…ma non disperare, Robin è un tipo pieno di risorse, vedrai che si inventerà qualcosa-
-A proposito- s’intromise il leader –Penso che, visti i recenti avvenimenti, forse sarebbe il caso che tu e Corvina vi traferiste per un po’ qui alla Torre, coi bambini ovviamente. Che ne dici BB?-
Il mutaforma lanciò un’occhiata interrogativa alla moglie che rispose con un leggero cenno del capo –Sì penso che in effetti sarebbe il caso di passare qualche giorno qui alla T-Tower- rispose BB allegramente, ma dicendo ciò non poteva fare a meno di pensare allo sconosciuto che pochi giorni prima si era introdotto in casa loro, e se quell’irruzione e il rapimento di April fossero…collegati? Quest’idea lo rese ancor più pensieroso, tuttavia mascherò bene la sua preoccupazione al punto che nessuno la notò…eccetto una persona empatica.
-In questo caso- disse Corvina alzandosi – Penso che farò una capatina a casa a prendere il necessario per stanotte, guai se Rick si sveglia senza il suo peluche…-
-ok, amore. Ma non metterci troppo- si raccomandò BB accarezzandole la mano mentre si dirigeva all’uscita.
-Tranquillo-
 
Nello stesso momento qualcun’altro non se la passava così bene.
Ghostface era seduto su una sedia a torso nudo davanti ad una telecamera.
Il braccio sinistro , stretto da una cintura all’altezza del bicipite, era ridotto a una gonfia protuberanza nera e violastra che dava l’idea di essere molto dolorosa.
Apparve Salde con in mano siringa di liquido, iniziando a parlare ad alta voce in modo che la telecamera immortalasse anche la spiegazione del suo procedimento oltre che le immagini.
-Siero Neo-Bios. Test 1- disse davanti all’apparecchio – Come vediamo, l’arto del soggetto è andato in cancrena per mancanza di ossigeno- disse mostrando il turpe braccio macilento dell’amico.
-Non ce bisogno che me lo ricordi- ribattè quello a denti stretti, sì, faceva un male cane.
Ignorando l’interruzione Slade riprese il discorso –la cancrena simula abbastanza fedelmente lo stato di coma di Terra, se il soggetto risponderà bene agli stimoli o ne sarà completamente risanato allora il siero sarà compatibile. Vai con il siero numero 1-
Detto questo, senza perdere ulteriore tempo in chiacchiere e spiegazioni, Slade procedette con l’iniezione del siero.
All’iniziò non accadde nulla, poi a poco a poco la pelle iniziò a riprendere colore, il braccio prese a sgonfiarsi tornando alla sua forma originale.
Dopo dieci minuti il braccio pareva come nuovo –Incredibile, c’è l’hai fatta l primo colpo!- esclamò Ghostface sorpreso.
-Così sembra- replicò il degno compare, restando tuttavia scettico, senza staccare gli occhi dal braccio studiato.
I sospetti del guercio erano infatti fondati, di lì a poco la pelle pallida di Ghostface iniziò a ritirarsi, i muscoli si contrassero allo spasmo, l’epidermide era talmente tirata che prese a strapparsi.
-Che cazzo mi sta succedendo!!- urlò Ghostface spaventato –Si chiamano effetti collaterali. Molti non guariscono bene come te, il tuo scopo è appunto quello di testarli- si limitò a rispondere Slade osservando attentamente quanto accadeva.
-AARRG!!!- Ghostface ringhiò di dolore mentre  sul braccio iniziavano a comparirgli chiazze e slabbrature di carne viva, la pelle si stava lacerando lasciando scoperti muscoli e tendini, a loro volta contratti e tesi come corde di violino.
-È terribile! Non lo sopporto aah!!-
Era come se un poco a poco stesse perdendo tuta la pelle, sbucciato come fosse un’arancia.
La mano buona affondava nel bracciolo della sedia, scavando solchi nel legno con le unghie, tanto era il dolore, una sensazione atroce, al punto che tutte le vene del collo gli pulsavano quasi volessero scoppiare, e la mascella era contratta al punto da far arricciare le labbra e sbiancare le gengive.
-E che cazzo!- tuonò Ghostface al limite della sopportazione, alzandosi di colpo e strappandosi via la cintura dal braccio, in modo che riprendesse la circolazione sanguigna e il suo fattore rigenerante aggiustasse il danno fatto.
Slade gli si parò davanti cercando di fermarlo –Aspetta dobbiamo veder e cosa succede-
-Cosa succede?! Ecco cosa succede!!- ruggì quello mostrando il braccio scorticato grondante di sangue nerastro. –Mi sembra ovvio che non funziona!- continuò imbufalito, sbuffava come un toro, cercando di fare lenti respiri per clamarsi –Io ho mantenuto la mia parte, ora tocca a te- disse indossando il suo cappotto “da becchino” come l’aveva definito il criminale mascherato.
-Dove vai? Abbiamo altri sieri da testare!-
-Forse dopo, caro il mio aguzzino- ribatté quello dirigendosi verso la porta adesso ho un impegno.
Sbattendo l’uscio Ghostface sparì nella notte, diretto chissà dove a fare chissà cosa.
 
 
Un bel bagno caldo e un po’ di relax era proprio quello che le ci voleva prima di tornare alla Torre, pensò Corvina.
Uscita dalla vasca avvolta nella vestaglia scura che le arrivava al ginocchio, Corvina aprì la porta del bagno e subito una nube di caldo vapore ne uscì scontrandosi contro al più fredda aria esterna.
Ad ogni passo le ciabatte seminavano leggere tracce d’acqua lungo il corridoio.
Oh Azar! Quanto le ci voleva un bel bagno rilassante.
Era felicissima ed entusiasta per il ritorno di April, non vedeva l’ora di tornare alla Torre, dalla sua famiglia…ma erano giorni che non si riposava, giorni passati in strenue ricerche in preda all’ansia senza un minuto di riposo: insomma aveva proprio bisogno di un momento per sé.
Si lasciò cadere sul divano sospirando, appoggiò i piedi sul pouf e chiuse gli occhi stanchi, restando sola al buio, in silenzio; rilassandosi in quella quiete che solo la sua casa buia e deserta sapeva darle.
Restava immobile a contare i battiti del suo cuore, a enumerare i suoi calmi e regolari respiri che in quel silenzio le risuonavano come il soffio della Bora.
Dopo pochi minuti passati immersa nel suo vuoto Corvina avvertì un altro respiro vicino a lei, a meno di un metro dai suoi piedi: realizzò subito cosa questo significasse…non era più sola.
Spalancò gli occhi d’ametista e si trovò davanti uno spettro bianco, solo molto più spaventoso perché almeno i fantasmi sono incorporei, non possono toccarti, quello invece era fin troppo reale.
-G-Ghostface- balbettò Corvina incredula, balzando di colpo in piedi arretrando in cerca di una via di fuga, ma trovò solo il muro alle sue spalle.
Davanti a lei stava il misterioso uomo, indosso la solita lunga giacca nera, pantaloni e stivali color pece e occhiali come la notte sul viso, tuttavia lo sploverino semiaperto rivelava il torace scolpito, il petto nudo sembrava una vera e propria statua di marmo per la perfezione delle forme di quei muscoli temprati da mille fatiche e per l’innaturale chiarore della pelle.
Li portava bene i suoi due secoli, non c’era dubbio.
Avanzò lentamente verso di lei –Ciao Corvina…-
Spaventata la ragazza si appoggiò ancor più a ridosso della parete, pessima mossa perché in quella posizione, facendo scattare le mani in avanti, lui potè facilmente inchiodarla al muro, puntandole i palmi ai lati della testa, quasi sfiorandole i capelli, con le dita aperte a raggera che arrivavano poca distanza dal collo esile della maga.
-Che cosa vuoi?- domandò Corvina con un fil di voce, cercando disperatamente con gli occhi qualcosa che potesse servirle per difendersi ma il buio della stanza occultava tutto attorno a lei, solo i loro corpi così pallidi risultavano nel nero dell’ambiente.
-Te-fu la risposta dell’uomo prima che spingesse con violenza le sue labbra contro quelle della maga, con fare prepotente la sua lingua forzò prima le labbra sottili e contratte di lei, poi le file serrate dei denti, inutilmente stretti per non far passare l’invasore, incontrando finalmente la lingua di Corvina, sentendo quel corpo estraneo girare attorno alla sua linguetta, danzare con essa, toccarla con abilità, a poco a poco, Corvina sentì sciogliersi al bacio.
Quando si separarono la giovane maga aveva le guance che le avvampavano e il cuore che le batteva a mille, per quanto detestasse ammetterlo persino a se stessa…era eccitata.
Lui tornò alla carica, baciandola con più voga sul collo, Corvina percepiva la lingua del criminale correrle sulla pelle, incapace di fermarla, spinta dalla disperazione, tentò di opporre una strenua resistenza, una misera e fragile difesa che non avrebbe mai retto l’impeto di quel focoso assalto, ma doveva comunque provarci per non perdere ogni briciolo di dignità.
Lo spinse via con entrambe le mani –NO! Stammi lontano!- Ghostface non si scompose, anzi sorrise.
Allungò la mano buona verso di lei, che cercò di tenerla lontana, di ritrarsi, ma le dita che avevano bloccato la mano dell’uomo si fecero vincere da quel tocco così etereo e vellutato, il palmo color neve raggiunse, facendo sussultare al giovane maga con una dolce carezza che dagli angoli delle labbra le arrivò fino ai corti capelli viola.
-Davvero, Corvina? Davvero vuoi questo?- disse con voce melliflua –Dì la verità. Quante volte hai goduto come quella volta 13 anni fa?-
La maga umiliata abbassò al testa, incapace di negare –Mai, non ho mai provato nulla di paragonabile a quell’unica volta- senza bisogno di aggiungere altro, Ghostface tornò a baciarla afferrandole i polsi, inchiodandoli in alto sulla parete, con la sua stretta possessiva e delicata allo stesso tempo.
-No ti prego…- cercò di protestare –Non posso…sono sposata…John smettila ti supplico- ma erano parole deboli a cui neppure la stessa Corvina che ora le pronunciava, più per dovere che per reale convinzione, poteva negare a se stessa che nonostante fosse accaduto 13 ani prima non aveva mai dimenticato quell’unica notte in cui Ghostface l’aveva presa…o per meglio dire quando lei si era donata a lui.
Chiamandolo per nome non aveva che confermato tutto questo.
-Sindrome di Stoccolma, vero?- sussurrò l’assassino al suo orecchio piccolo e leggermente affusolato –Sviluppa un’attrazione nei confronti dei propri aguzzini…e non mi pare che te ne sia pentita, vero? So come dare piacere alle donne, so come farle godere-
Si sfilò il soprabito nero, rivelando le braccia forti, muscolose e nivee che non avevano nulla da invidiare a uno con un quindicesimo dei suoi anni.
Si staccò dalle sue labbra adagio, scendendo lentamente, ma non troppo, prima sul mento poi sul collo e poi ancora più giù.
 
(avviso ai lettori. Inizio contenuti spinti, per chi volesse saltare al storia riprende sotto il mio commento scritto in grassetto. Ps io non lo salterei fossi in voi)
 
Le mani lasciarono i polsi di lei scivolando lungo le braccia fino a chiudersi sui seni sodi, premendone le punte; scostando la vestaglia col viso Ghostface continuò a baciare e leccare fino ad arrivare all’ombelico , scese ulteriormente su quel corpo perlaceo, stupendo, trovandosi infine con gli occhi all’altezza delle mutandine di pizzo nero, l’unico indumento che la strega indossasse oltre l’accappatoio.
-John…non possiamo. Tu sei malvagio-
-Io sono cattivo, eh? Hai ragione, non sai quanto. Ma quello che sto per farti sarà molto molto bello…- lasciando il petto di Corvina le mani si poggiarono sui fianchi alti, sotto la vestaglia aperta, attaccandosi direttamente alla pelle.
I pollici passarono sotto il sottile lembo di stoffa nera abbassandolo fino alle ginocchia.
Corvina sentì il caldo respiro di lui sul suo sesso già umido, il fiato le divenne pesante e il battito accelerò per la tensione di quel momento.
Dopo pochi, interminabili e tesissimi istanti in cui si soffermò a guardare quella splendida visione che la maga teneva nascosta tra le gambe, invitante come un frutto maturo appena colto, Ghostface tuffò le sue labbra in quelle della ragazza…ma erano un altro tipo di labbra, ben più in basso di quelle facciali.
<Che fica fantastica> pensò leccando come un forsennato.
-AH!- sussultò Corvina mentre sentiva la lingua inoltrarsi in lei, scavare a fondo nel suo corpo con perizia e abilità, facendola impazzire di piacere.
Andarono avanti così per almeno una ventina di minuti, tra baci e gemiti, lei era in preda all’orgasmo, con la vestaglia spalancata che ormai non copriva più nulla, e le gambe divaricate per facilitare il compito al suo “ospite”.
Le dita contratte come artigli cercavano disperatamente un appiglio sulla parete liscia alle sue spalle.
Le gambe non la sorressero più, scosse da una serie di tremiti, sarebbe scuramente caduta se non fosse stato per quelle forti braccia che la reggevano attaccate come artiglia alle sue natiche di madreperla; non senza piacere Ghostface affondava le sue dita nei glutei tondi e invitanti, accarezzandone il solco in mezzo.
Infine Corvina venne guaendo di piacere.
Le gambe cedettero definitivamente e la strega si accasciò al suolo come un corpo morto.
Ghostface si rialzò guardandola con quel suo sorriso beffardo e soddisfatto e ovviamente cattivo.
Si passò un dito sui baffi umidi di umori, che poi leccò ghignando divertito ed eccitato per quello che aveva provocato nella Titans…di nuovo.
La maga, consapevole di ciò che aveva permesso che succedesse, se ne vergognava terribilmente e si sentiva profondamente  in colpa nei confronti di BB, nascose il viso tra le mani, mormorando con le lacrime che le solcavano le guance purpuree –Vattene via…vattene via…ti prego…-
Seduto sui talloni, Ghostface avvicinò il suo viso a quello rosso fuoco della persona di fronte a lui, le abbassò le amni dal volto e sollevò il mento affusolato con un dito, asciugandole gli occhi con delicatezza.
-Sai Corvina, 13 anni fa la tua bella boccuccia petulante sapeva fare cose più divertenti oltre che lamentarsi….-
Senza aver bisogno di rispondere l’eroina annuì, mettendosi in ginocchio davanti a lui mentre lui si era rialzato in tuta la sua altezza, premette il viso contro il cavallo del criminale.
Sentì il rigonfiamento dentro i pantaloni scuri, e ne fu eccitata.
Cercò il membro rigido all’interno degli indumenti, e quando la sua mano si strinse attorno alla spessa e grande asta di carne si sentì avvampare dentro.
Come tredici anni prima lo tirò furi dai calzoni, ammirandolo per pochi istanti svettare verso l’alto e si sentì un poco orgogliosa di essere stata lei a provocare quell’erezione così impressionante.
<Chi ha detto che i vecchi sono impotenti?> pensò avvicinando il viso a quello scettro d’avorio.
Quando infine la punta entrò nelle sue labbra Corvina raggiunse l’apice del piacere.
Era così bello sentirsi nuovamente così piena e presto lo sarebbe stata ancora di più.
Iniziò a pompare con lena, succhiava, baciava e leccava dando il meglio di sé per far godere l’uomo che presto l’avrebbe posseduta.
Prolungò il piacere di Ghostface rendendolo più intenso, più profondo, al punto che anche lui prese ad ansimare di goduria.
Quando si sentì vicino a venire, Jonathan le prese la nuca con le mani, spingendole il membro in gola con forza, in profondità fino a farla soffocare, costringendola ad ingoiare tuto quello che le riversò nell’esofago.
Un po’ rintronata per il trattamento violento eppure così eccitante Corvina si alzò prendendolo per mano –Vieni- disse sensuale con le labbra ancora sporche di sperma –Andiamo in camera da letto-
Che notte indimenticabile fu quella.
Appena sul letto si saltarono addosso reciprocamente, presi da una folle passione erotica, si denudarono, in pochi secondi, si baciarono, si leccarono e si toccarono in tutto il corpo.
Lui al penetrò con forza possessiva, spingendo e spingendo sempre di più, poi fu il turno di Corvina di cavalcare il suo amante nella posizione dell’amazzone.
Si scambiarono l’un l’altro erotici piaceri quasi senza interruzione, Corvina concesse a quel pazzo omicida che aveva tentato di ucciderla persino quella parte di sé che aveva sempre negato anche al marito.  
-Avanti John…- disse ansimante, sudata per l’intensa attività ma ancora arrapata e vogliosa come mai lo era stata finora –Ficcamelo nel culo, sono ancora vergine lì…sfondami- e detto questo si mise a quattro zampe aspettando di essere violata anche nella sua parte più riservata.
Cosa che non tardò ad accadere, Ghostface certo non se lo fece ripetere.
Le fu addosso come un mastino monta una cagna, facendola strillare di dolore al momento della penetrazione, quando la forzò senza alcuna delicatezza, e facendola guaire di piacere per il resto dell’amplesso erotico finché entrambi non giunsero all'orgasmo definitivo.
-Ti amo Jonathan…- disse la maga riprendendo fiato, accoccolata sull'ampio petto muscoloso dell’assassino.
-Neanche tu sei tanto male, bella- sorrise quello accarezzandole i capelli.
-Il miglior sesso della mia vita- commentò la donna dalla pelle perlacea –Dimmi, perché sei tornato?-
-Ho dei lavori da fare qui a Jump city…persone da ammazzare, luoghi da distruggere, roba da rubare…-
-E dopo che farai?- chiese nuovamente la maga massaggiando da sotto le lenzuola il cavallo dell’uomo, sperando in un secondo round.
-Quello che faccio sempre…sparirò dalla circolazione prima che scoprano un modo per uccidermi-
A quelle parole Corvina ebbe un sussulto, divorata dall’incertezza tentennò per diversi minuti in silenzio, ascoltando il cure che da troppo tempo batteva nel petto sotto la sua testa.
Si decise.
-Portami con te- disse chiaramente fissandolo in quei freddi occhi di ghiaccio, ma fu costretta ad abbassare lo sguardo poco dopo, in tutti quegli anni non erano ambiati minimamente, erano ancora terrorizzanti, glaciali… insostenibili
Ghostface la guardò a sua volta stupito e divertito allo stesso tempo –Non eri quella sposata, tu? Che fine ha fatto la fedele mogliettina?-
-Io voglio bene a BB…ma non lo amo…- confessò Corvina chinando il capo tra le ginocchia.
-Ho corso troppo quando mi ha chiesto di sposarlo, ero presa dal momento, mi sono reso conto che non è lui quello adatto a me…volevo lasciarlo ma poi sono giunti i bambini…ormai però la situazione è insostenibile.
Io non posso far finta di essere in una famiglia felice quanto io e lui a stento ci parliamo, quando lui non riesce mai a sorprendermi, nonostante i suoi sforzi non sa come rendermi felice, e ne soffre.
Non riesce ad appagarmi, ogni volta, dico ogni volta, che facciamo l’amore, lui non regge il mio ritmo e alla fine devo sempre soddisfarmi da sola- sospirò – io non ce la faccio più…ti prego John…promettimi che dovunque andrai io verrò con te-
Ghostface rimase a lungo in silenzio, tamburellando le dita di una mano contro le reciproche dell’altra, con fare pensieroso.
Era una bella promessa da fare, certo Corvina le piaceva e anche molto, una vera bomba sexy per uno della sua età ed era anche una pantera a letto…ma conviverci…non era sicuro di essere pronto.
Non lo spaventavano le ripercussioni che sicuramente questa fuga gli avrebbe causato, avrebbe lottato come al solito contro tutto e contro tutti, e avrebbe vinto ancora un volta.
Ad impensierirlo era invece la possibilità di legarsi di nuovo, quante volte aveva messo su famiglia, quante volte aveva dovuto seppellire i suoi figli, quanto dolore e quanta gioia gli avevano portato tutti quei momenti…la morte forse non poteva prendere lui, ma era perfettamente in grado di afferrare i suoi cari, facendolo soffrire come tanto tempo prima, per questo aveva smesso di avere rapporti umani, per smettere soffrire…e di amare.
Ma Corvina…lei era diversa, era unica nel suo genere…proprio come lui. E allora perché no? Perché non rifarlo? Perché non tentare nuovamente e vedere cosa succede?
-Te lo prometto- disse infine dandole un lungo, tenero e appassionato bacio sulle labbra, intrecciarono le loro lingue in quel gesto per suggellare il loro patto, il loro amore.
Quando il bisogno d’aria si fece impellente allora si separano e Ghostface tornò ad accarezzarle prima al schiena, poi i seni e infine le natiche sode –Ma ora perché non facciamo un altro gioco, un po’ più adatto alla mia età? Ti piace la tombola?...comincio io: 69-
Corvina capendo al volo si girò e si mise a cavalcioni sopra di lui, mettendo la testa sotto le lenzuola tra le gambe marmoree del criminale, incrociando l’oggetto del desiderio.
Con voce eccitata e seducente disse –Tombola-
 
Il video si spense.
Ghostface guardava allibito a bocca spalancata, ancora incredulo per quanto aveva visto.
Dietro le lenti affumicate gli occhi parevano dover schizzare fuori dalle orbite.
-Q-quello sembravo proprio io…- mormorò appena riebbe la capacità di parola.
-Lo so- sorrise Slade da dietro l’inseparabile maschera nera e rame.
-E lei…lei era identica a Corvina….- aggiunse ancora imbambolato a fissare il monitor ormai nero.
-Precisamente, perfetta nei minimi dettagli-
-Come cazzo ci sei riuscito?!- domandò voltando la testa verso il suo vecchio allievo.
-Non è stato così complicato. Ho assoldato due pornostar dilettanti perché recitassero i copioni che io avevo scritto, dopodiché, ottenuto il filmato, mi è bastato sostituite pixel per pixel in ogni singolo fotogramma l’immagine dei due attori con quelle di te e Corvina.
Grazie al mio personale impianto di videocamere nella città ne possiedo in enorme quantità di vostre immagini.
Infine sempre grazie alla mia svariata raccolta audio ho cambiato le voci e ho montato il tutto ottenendo come risultato questo- concluse Slade tenendo in mano il DVD che raffigurava quella falsa sequenza di sesso sfrenato tra Ghostface e Corvina.
-Non è stato così complicato coi giusti programmi- aggiunse il guercio soddisfatto ed appagato dia ver finalmente realizzato un suo vecchio desiderio, lasciare stupefatto il suo maestro.
Anche se sperava per qualcosa di più di un porno taroccato, ma chi si accontenta gode.
E Slade se l’era goduta proprio quell’espressione smarrita del suo istruttore davanti al filmino a luci rosse che lo ritraeva.
 
((FREGATI!!!! Credevate che Ghostface e Corvina avessero scopato, eh? Mi stavate già maledicendo mordendomi le dita, non è così? E invece…scherzetto!! Ah ah ah quando si ah a che fare con me nulla è come sembra…))
 
Ghostface prese il disco traslucido tra le mani –Inizio a credere di aver fatto realmente sesso con quella troietta-
-Lo scopo è quello- ribadì Slade –Far sì che sembri il più realistico possibile. E il meglio è che agli esami di scanner e alle analisi di formato risulta perfettamente autentico, è impossibile dimostrare che questo video è un falso, neppure il loro caro Cyborg riuscirà a far saltare la mia copertura di hardisk-
Ghostface se lo rigirò con attenzione tra le dita –Ottimo lavoro Willy, sul serio. Certo prima di darlo  i Titans devi masterizzarmene una copia-
Slade punto i pugni sul tavolo, assaporando quella che presta sarebbe stata al sua terribile vendetta –Riesci ad immaginare la faccia di quell’omino verde quando vedrà la mogli fottuta come una cagna in calore dal suo peggior nemico? Gli si spezzerà il cuore e questo spezzerà anche la squadra, distruggendola dall’interno…e allora noi li attaccheremo uno ad uno, eliminandoli definitivamente.-
-A proposito…- lo interruppe Ghostface arrestando il suo giro di fantasie vendicative –Non credi di aver fatto Corvina un po’ troppo…come dire…troia? Sembra una morta di cazzo che non vede un uomo da anni. Cioè, so di far questo effetto alle donne però non pensi di aver strafatto un pochino?-
Slade sbuffò irritato dalla critica al suo duro lavoro di sceneggiatore, regista, grafico, audio-tecnico e addetto al montaggio –Doveva sembrare cotta di te, no? Se filmavo uno stupro cosa avremmo ottenuto? Deve sembrare una obbediente e sottomessa cagnolina ai tuoi piedi-
-Se lo dici tu…comunque rende l’idea. Come sapevi che è vergine da dietro?- chiese incuriosito il vecchio dai capelli bianchi per antico pelo.
-Anche i muri hanno le orecchie, e in questa città tutte le voci convergono ad un solo paio di orecchi: le mie. Quanto a te ho tirato a indovinare, tutti i maschi vanno pazzi per il culo di una donna- con un gesto fulmineo delle mani, l’ombra guercia sottrasse il DVD dalle dita di Ghostface riponendolo al sicuro in una custodia.
-Io ti ho svelato il mio trucco. Ora perché non mi dici cosa sei andato a fare poco fa, quando sei uscito dopo il test del siero numero 1?-
Il vecchio sorrise –Vieni, te lo mostro-
I due andarono nel garage della base segreta, un enorme stanzone squadrato di grigio cemento, illuminato da neon ronzanti, la via d’accesso era sbarrata da portoni automatici di metallo che nascondevano la salita esterna per uscire dalla sala interrata.
Era pieno dei mezzi più diversi che Slade aveva collezionato nel tempo.
Conteneva al suo interno anche una copia perfetta della R-cycle e il motore appartenuto alla Bat-mobile.
Ora spiccava in mezzo agli altri anche un nuovo veicolo, un imponente pick-up nero.
Era veramente grosso, e spesso. Quell’auto trasudava potenza.
-Taa-daa…ecco a te il Warthog, il mezzo a quattroruote  più potente e pesante dell’autoconcessionaria, meglio nota come “ ecco dove sono finiti i 100.000 dollari che mi hai prestato ieri”-
Ammirando il mezzo Ghostface gli tirò soddisfatto una pacca sulla portiera –Certo non sarà una ferrai, ma con qualche piccolo ritocchino riuscirò a mettergli le ali alle ruote, poco me sicuro. Ho riparato jeep, carroarmati e aerei in afghanistan-
Slade non era arrabbiato, era solo esasperato.
Lui lavorava come uno schiavo per mettere i Titans l’uno contro l’altro e il suo socio andava a far shopping con i SUOI soldi!!
Rimase composto come suo solito, controllando le sue emozioni, ma strinse i pugni talmente forte da far trasparire i nervi e sbiancare le nocche, affondò le unghie nel palmo fino a ferirsi.
-Dove pensi che li peschi io i soldi? Non è che crescano su gli alberi! Posso permettermi un esborso di 100.000 dollari ma non sono un colpo leggero neanche per me! Sono solo milionario!
E quel che è peggio è che li hai spesi per comprarti un’auto anziché per vendicarti nei nostri avversari!-
-Cosa?- disse Ghostface con aria interrogativa –Se avessi saputo che sei milionario ti avrei chiesto molto di più! Comunque non devi preoccuparti, Warthog non è per me, anzi se vuoi farci un giro ti consiglio di farlo subito, presto non sarà più disponibile per giri di piacere.
Capirai che ho speso bene quei soldi…e poi…- disse avvicinandosi a un altro ciclomotore nascosto da un lenzuolo giallognolo –Questo l’ho preso per me!- disse sollevando il telone, rivelando una Harley Davidson rilucente come fosse d’argento –Ti presento Alighieri, un autentico chopper del ’58 proprio come quello che avevo tanto tempo fa- commosso dalla visione della stupenda e massiccia moto dall’alto manubrio ripiegato all’indietro come fossero corna e dalla lucente ruota prominente, Ghostface si chinò dando un affettuoso bacio al fanale della motocicletta, abbracciandola come una figlia.
Slade sbuffò rassegnato ad avere uno squilibrato imprevedibile come alleato.
-L’hai chiamata “Alighieri”. Non è che esprima molta paura…- si limitò a commentare saccente.
Subito Ghsotface si alzò puntandogli il dito in faccia, e serio lo ammonì –Non toccarmi Dante, sai? L’inferno è stato l’unico libro che per miracolo sono riuscito a conservare ad Auschwitz, l’unica cosa che mi ha mantenuto umano in quell’inferno molto più realistico, inoltre era l’unico libro che avevo con me quando fui portato su Tamaran dopo essere scappato e quindi l’unica cosa che potessi leggere per anni. Adoro quel libro-
-Fa come preferisci- replicò il guercio –Ora torniamo di sopra però, ti sei divertito a far compere ma ci sono ancora altri nove sieri da testare-
 
 
Una settimana dopo
 
 
-Here to the blaze
I wander
Through this black night
I thunder
The edge of our mighty swords
Did clash
Fallen by our axes
Helmets smash…-
Ghostface iniziò a cantare con lo stereo
 -Glory and fame
Blood is our name
Souls full of thunder
Hearts of steel
Killers of men
Of warriors friend
Sworn to avenge our fallen brothers
To the end !!-
Slade entrò nel garage interrompendolo.
-Vedo che hai finito-
-Quasi- rispose il vecchio tornando a immergersi sotto il pick-up.
Per tutta la settimana aveva armeggiato con l’imponente automezzo, potenziandone i motori, rinforzando al carrozzeria, sostituendo sedili e cinture e parabrezza con pezzi provenienti dalle auto usate dei tamponamenti dei film, il bestione era diventato ancora più grosso e potente e reso assolutamente a prova di morte…dall’interno.
Ispirato dal nome Ghostface aveva anche montato sul paraurti anteriore una robusta gabbia di ferro battuto che si diramava sul cofano come una sorta di corazza difensiva e da cui spuntavano due spessi rostri di metallo ricurvi, sporgenti in avanti, come le zanne di un facocero. 
Il tutto ascoltando musica rock al massimo volume.
Strinse gli ultimi bulloni ed uscì da sotto l’auto, era in pantaloni scuri e canottiera bianca, ed era anche tutto sporco di grasso e olio per motori.
Mentre si lavava le mani chiese –Che ore sono, Willy?-
-Sette in punto, del mattino-
-In perfetto orario- commentò.
-Qual’è il tuo piano?- domandò l’amico cieco da un occhio.
Svelto s’infilò una tuta ignifuga da stuntman e prese con se un caso nero, su cui aveva dipinto il mezzo teschio ghignante che aveva anche sulla sua vecchia maschera, ormai in disuso. 
-Forza peso unita ad accelerazione per velocità costante e potenza d’impatto…lo vedrai domani sui notiziari. Non aspettarmi per pranzo- sorrise premendo l’acceleratore.
Slade aspettò in silenzio che il pick-up corazzato uscisse dalla base segreta per tornare a immergersi nei suoi studi.
<Ridi John, ridi e divertiti finché puoi. Grazie a te ho finalmente scoperto come risvegliare Terra…ma a dirtelo non ci guadagno niente…non finché non avrò trovato un modo per assimilare il tuo fattore di guarigione per farlo mio…e neutralizzare il tuo>
 
Erano partiti da Jump city alle sette in punto, alle 8 e mezza sarebbero arrivati all’aereoporto e alle 9 sarebbe partito il loro volo per le Fiji (o almeno lo speravano vista l’efficienza dei servizi pubblici)
La t-car divorava l’asfalto dell’autostrada, superando uno dopo l’altro tutti i vari guidatori, il motore rombava imperioso, e cyborg tutto orgoglioso della sua bambina, non perdeva occasione per mostrare l’insuperabile efficienza della sua macchina a chiunque incontrasse lungo la via con numeri di guida poco raccomandabili in autostrada..
Mancavano ancora 40 minuti a destinazione, ma Iella già non stava più nella pelle, si sporgeva a mezzo busto dal finestrino con in collo una collana di fiori.
Sarebbe voluta partire già con reggiseno di cocco e gonnella di frasche ma alla fine aveva desistito per evitare problemi con qualche vecchietta benpensante e quindi ritardi sul volo.
 
-Sopra un’isola tropicale,
sotto una luna di lava fusa.
Con ballerine a far domande,
e che sanno tutte risposte.
Metto la protezione,
seduta in riva al mare,
me la spalmo addosso
me la spalmo addosso!-
Iella cantava ancheggiando e muovendo torno e braccia come una ballerina di ola, tutto questo per metà fuori dal finestrino.
Cyborg l’afferrò per il vestito rimettendola a sedere sul sedile.
-Vuoi volare di sotto?- gli disse con un sorriso di chi ormai ha perso ogni speranza di cambiare la partner.
-Me la stavo solo spassando un po’. Ma perché non ci siamo andati con T-jet alle Fiji? Come avevo detto io. Avremmo fatto molto prima- domandò la ragazza aggiustandosi il fiore tropicale tra i capelli fucsia.
-Perché voglio godermi questa vacanza, non stare a pensare a dove parcheggiare quell’astronave e poi pensa a tutti i curiosi che ci toccherebbe scacciare ogni giorno. Inoltre con un aereo di linea posso dormire e mi danno pure le noccioline!-
-Sei sempre il solito- borbottò la ragazza ma era troppo allegra per tenere il broncio –Ci pensi mi piccolo tostapane ripieno? Tra poco saremo alle Fiji!- e riprese a muovere le braccia a tempo come per simulare le onde del mare, imitando i tipici balli hawaiani.
-Haloa-hei, haloa-hoi
Haloa-hei, haloa-hoi…-
-Gattina, “haloa” lo dicono alle Hawai, non alle Fiji- precisò Cyborg, con le amni ben salde sul volante.
-Uff…sai chi se ne frega. Un paradiso terrestre vale l’altro, no?-
-Pensa a legarti la cintura piuttosto che a dire scemenze- ribatté Cyborg notando che la fidanzata era slacciata sul sedile.
-Pfui, cinture- fece scettica Iella con una smorfia –Ne ammazzano più di quanti ne salvin…-
Non potè finire la frase che si scatenò l’inferno in terra.
Un colpo violentissimo la sbalzò dal sedile facendole fracassare il vetro del parabrezza con al testa, cyborg perse l controllo dell’auto che subito deviò a lato spinta da qualcosa di grosso e forte,  nessuno capì più nulla.
Un enorme pick-up nero, irto di speroni di ferro era uscito dall’imbocco di una statale andando addosso alla T-car con tutta la sua forza e il suo peso.
L’enorme mezzo aveva speronato la fiancata della T-car piegando le lamiere rinforzate, i rostri d’acciaio penetrarono all’interno dell’auto squarciando qualsiasi cosa sul loro cammino, l’urto fu talmente forte che l’auto Titans sbandò andando a schiantarsi a 80 miglia orarie contro i divisori di cemento delle corsie e il pick-up con le sue due tonnellate di peso scavalcò il tettuccio della T-car appiattendolo e deformando l’intera vettura.
Inevitabili furono i tre tamponamenti di civili che seguirono all’incidente in autostrada, andando a colpire per due volte le due auto, l’una sopra l’altra, scontrandosi col retro del T-car e del pick-up.
In meno di un battito di ciglia delle due macchine non restava che un grovigli fumante di scheletri metallici e lamiere contorte, taglienti e deformate come una trappola mortale che imprigionava chiunque fosse sopravvissuto al loro interno.
Ammesso che ci fossero sopravvissuti.
 
 
 
 
 
Ok, sicuramente vis tare chiedendo perché mai ho aggiornato così presto e soprattutto con un capitolone così.
Questo è il non plus-ultra di tutti i miei capitoli, non scriverò mai più nessun capitolo così lungo, poco ma sicuro.
Ci ho messo dentro di tutto: ambientazioni dark, amore, tenerezza, sesso selvaggio, misteri, scienza, motori, piani malefici ancora in parte da rivelare, canzoni, momenti comici e ironici e ovviamente il segno distintivo della serie Rigor Mortis che ancora non si era presentato in questa storia…la morte!
È tempo di movimentare un po’ le cose!
Ma il motivo per cui ho fatto questo giga-capitolone (che spero sia piacuto a tutti, e di non essere stato troppo spinto nella descrizioni xxx) è che devo festeggiare i 1000 lettori!!!
Yuupee!!!! Vi adoro, gente. Smack!
 
Ghostface

p.s. le canzoni sono rispettivamene "Sons of Odin" dei Manowar e la canzone di Jake il cane di Adventure Time in "Re Lotta" 

 
  
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