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Autore: Mel_mel98    29/03/2015    0 recensioni
Prima che sia troppo tardi, lasciami raccontare tutto quello che ancora non è stato detto.
Prima che tu te ne vada, lasciami sfogare ancora un po', resta qui con me.
Prima che tutto finisca, che tutto venga dimenticato, fermati a riflettere.
Prima che la Morte venga a prenderci, concedimi di vivere tutta la vita ancora una volta.
~ ~ ~
Per chi, come me, in quelle poche righe dedicate alla morte di Finnick non ha trovato le risposte che cercava.
Per chi pretende un addio come si deve, dalla persona a lui più cara.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Annie Cresta, Finnick Odair
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La prima mietitura

Finnick respira, adesso come allora. Un respiro confuso, stanco, però respira.
Ha paura.
Ha paura per se stesso, per lei, una sensazione orrenda gli attraversa tutto il corpo.
Questa è la mia prima mietitura”- sente Annie mormorare piano.
Sì, fa sempre questo strano effetto, la mietitura”- le dice, cercando di apparire forte, sicuro di sé- “Ma vedrai, anche questa, passerà”
I minuti sono interminabili, le stesse immagini passano davanti ai suoi occhi per l'ennesima volta.
Pare sia colpa loro se a Panem 65 anni prima è scoppiata la rivoluzione.
Sì, sembra proprio così.
Eppure lui non capisce bene: che c'entrano dei ragazzini dai 12 ai 18 anni con una rivolta nata e morta prima di loro?

 

Del giorno della mia prima mietitura ricordo l'odore di cannella che aleggiava in tutta la piazza.
Proveniva dalla capitolina che estraeva i nomi dei partecipanti ai giochi.
Mi riempì le narici quando presi posizione accanto ad alcune mie compagne, e non se ne andò più, nonostante la presentatrice fosse su un palco distante diversi metri da noi.
Avevo sempre amato l'odore della cannella, mi faceva pensare alla torta che mia madre mi preparava ogni anno per il compleanno.
Ma ciò nonostante, quel profumo non era in grado di calmare la guerra di sentimenti orribili che scoppiava dentro di me.
Mi tremavano le gambe, e dentro al vestito di lino mi sembrava di sparire.
Forse, in un certo senso, sparire era tutto ciò che desideravo.

Non pensavo a niente in particolare, ma la mia testa era comunque in confusione.
Di quelle immagini che vedevo nel grande schermo posizionato di fronte al palazzo di giustizia per l'occasione capivo poco o niente.
Mi sembravano confuse, tutte buie e piene di fumo. Sentivo spari, scoppi, e intanto la voce in sottofondo continuava a parlare.
“Quel filmato dovrebbe a giustificare l'atto scellerato di gettare in un'arena 24 ragazzi e di costringerli ad ammazzarsi a vicenda, ma Annie te lo assicuro, non fa che confermare il fatto che questa è solo una prepotenza, solo un'ingiustizia, solo un divertimento meschino”- mi aveva detto Finnick qualche ora prima, quando era venuto a prendermi a casa.
E io gli credevo, con tutta me stessa. Credevo a lui più che a chiunque altro.

Mi voltai verso la zona dove erano raccolti i maschi, e incontrai il suo sguardo: mi stava fissando.
Con gli occhi un po' vuoti, disperati.
Cercai di mettere a fuoco quell'immagine, di tornare con i piedi per terra.
In un primo momento non riuscii ad afferrare il perché di quello sguardo perso, lui che ai miei occhi si era sempre voluto mostrare forte e per certi versi, superiore.
Una voce gli fece voltare la testa, e io feci lo stesso.
Lo stavano chiamando.
Scoprire a chi apparteneva quella voce stridula e leggermente amplificata, e sprofondare nello sconforto fu tutt'uno.
La capitolina sul palco stringeva un biglietto in mano e continuava a gridare a gran voce un nome. Mi concentrai sulle sue labbra, strinsi i pugni nel comprende di che nome si trattava. Il suo.
“Finnick Odair, dove sei?”

E in quel momento capii anche il perché di quel brusio in sottofondo, che mi distraeva terribilmente.
Era per lui.
Tutti i ragazzi presenti gli stavano regalando una nuvola di sospiri, discorsi inutili e lamentele.
Il ragazzo più amato, più ammirato, e più invidiato per certi versi stava lasciando il distretto.
“Bene Finnick, saluta la tua compagna con una bella stretta di mano!”- sentii dire alla presentatrice.
Lo vidi avvicinarsi a quella ragazza, di cui sinceramente non conoscevo neppure il nome, e senza minimamente sorridere fece ciò che doveva.
Dopo quel gesto il suo sguardo tornò a posarsi su di me, lo sentivo pesante sulle mie spalle come un macigno.
Ma risposi continuando a fissarlo, cercando di contenere tutte le emozioni che galleggiavano nel mio cuore.

Il suo volto seriamente preoccupato mi faceva stare male, il pensiero che l'indomani l'avrei visto in televisione piuttosto che nel nostro solito posto, mi uccideva.
Avrei voluto correre verso di lui, ma ero completamente bloccata.
Mente, corpo, anima. Fissi sulla sua immagine, in procinto di entrare nel palazzo.
In pochi minuti la piazza si svuotò, ed io rimasi sola, intrappolata nei pensieri più brutti che avessi mai avuto.
Lo sapevo, lo sapevo bene che dagli Hunger Games non si torna indietro. Ogni anno partivano ragazzi che venivano rispediti al distretto impacchettati in eleganti tombe di mogano scuro.
Pensai a Finnick, chiuso in una di quelle scatole, e il mio stomaco si strinse su di sé talmente forte che mi ritrovai piegata in due a vomitare per terra.

Fu mia madre a raccogliermi e ad aiutarmi a rimettermi in piedi.
“Hanno... hanno estratto il nome del tuo amico”- disse, come se non lo sapessi già.
Rimasi in silenzio, come sempre del resto. Non valeva la pena di rispondere.
E poi, cosa avrei potuto dire? Il mio viso parlava da solo, non aveva bisogno di spiegazioni.
Mia madre mi accompagnò fino all'entrata del palazzo, fino alla stanza delle visite.
“Dai, Annie, andrà tutto bene. Adesso vai a salutare il tuo amico, io ti aspetto qua.”
Ma non ero sicura di voler entrare.
Non ero sicura di cosa gli avrei detto perché non avevo davvero la minima idea di cosa dire in un'occasione del genere.

Il pacificatore aprì lentamente la porta e mi fece forza con una leggera pacca sulla spalla.
Mossi qualche passo nella stanza arredata vecchio stile e raggiunsi Finnick, seduto dall'altra parte su un divanetto rosso.
Mi sedetti vicino a lui e appoggiai una mano sul suo ginocchio.
“E adesso Finn? Non mi hai detto di quello che succede quando annunciano i nomi dei due partecipanti”- ho detto fissando un punto indistinto sul pavimento, con le lacrime agli occhi.
“E chi lo sa, cosa succede a questo punto?”- ha risposto sospirando sonoramente- “Te lo racconto quando torno, d'accordo?”- ha bisbigliato al mio orecchio, sorridendo malizioso.

Allora l'ho abbracciato.
Senza pensare, senza riflettere su se quel gesto fosse troppo avventato o no, mi sono lanciata al suo collo, e lui mi ha restituito l'abbraccio.
Siamo rimasti così per qualche secondo, immobili, e adesso lo so, entrambi piangendo silenziosamente.
Sentivo il cuore di quel ragazzo scoppiare contro il mio petto.
Il mio amico stava partendo per gli Hunger Games ed aveva solo quattordici anni. Le probabilità di rivederci ancora erano praticamente nulle.
“Tornerò Annie, puoi fidarti di me”- ha detto dopo un po'.
“Io mi fido di te, Finnick.”- ho risposto io, pulendomi gli occhi, sorridendo.
Appena in tempo perché il pacificatore aprisse la porta e mi prendesse di peso, per portarmi da mia madre.

 

Finnick si sente sprofondare nel divanetto, si sente pesante come uno scoglio.
Sa di averle promesso qualcosa più grande di lui, ma cos'altro avrebbe potuto dire ad un'amica con il cuore spezzato?
Finnick sussulta, piange, si dimena dal dolore.
Non credeva, ma la paura, quella vera, fa un male cane, un male fisico che ti distrugge.
Fa un rapido calcolo e lo sa, nessuno alla sua età ha mai vinto i giochi.
Però in qualche modo deve provarci, non vuole arrendersi senza combattere.
Ha il fascino dalla sua, e se è tutto solo un gioco per Capitol City, allora lui giocherà con loro.

La porta si apre, e in pochi attimi si ritrova su un treno diretto a Capitol.
Lì incontra il suo mentore, una signora sulla settantina che a vederla così non si capisce come abbia fatto a vincere.
Se ce l'ha fatta lei, posso farlo anche io”- pensa in quel momento.
Lo so a cosa stai pensando”- gli dice la signora con tono scherzoso- “E credo che tu abbia ragione”
Finnick la guarda perplesso, non capisce se sia un bluff o meno.
Perché chi combatte con il cuore possiede tutta la forza necessaria per vincere. Ma ci vuole anche un po' di intelletto”- fa una pausa ad effetto, sorridendo- “E io sono qui per questo.”

Finnick guarda quella donna, e decide che gli piace da impazzire.
Vede nei suoi occhi buoni la saggezza e l'esperienza che lui stesso vuole acquistare.
Come fai a sapere che combatto per qualcuno?”- chiede allora. Che sia una maga?
Ma adesso lo sa, Mags non era una maga.
Aveva solamente imparato ad osservare il comportamento di chi le stava attorno.
Ora stringe il pugno, ma non è sicuro di farlo davvero.
Non sente più le mani, né nessun'altra parte del corpo, ad essere sinceri.
Gli manca Mags.
Gli manca davvero tanto, quella donna che negli ultimi dieci anni era stata il suo punto di riferimento.

 

 

Angolo dell'autrice
E boh, dopo intere settimane, eccoci di nuovo qua. Mi sei mancato, caro fandom di Hunger Games!
Quale modo migliore per festeggiare (Davvero? Davvero voglio illudermi fino a questo punto?!) il rientro a casa dopo uno sfiancante scambio culturale in Belgio? Esatto la pubblicazione del nuovo capitolo, il terzo se non contiamo il prologo, di questa storia.
Spero vi sia piaciuto, alla fin fine non mi sembra poi tanto male rileggendolo, no? Aspetto il vostri pareri con ansia.
Non c'è molto da dire secondo me, il capitolo parla sostanzialmente da sé per quello che è: l'evoluzione del rapporto tra Finnick e Annie attraverso i fatti detti e mai narrati dalla trilogia della Collins. Questo giusto per rinfrescare la memoria.

Che dire quindi? Grazie davvero per la lettura, i commenti sia positivi che negativi sono più che graditi. Ci vediamo nel prossimo aggiornamento, che dubito sarà tra una settimana, ma potrei anche decidere di pubblicare per Pasqua se trovo la connessione buona.
Quindi arrivederci a quando-chi-lo-sa!

Sempre io, la vostra Mel.

   
 
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