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Autore: skippingstone    30/03/2015    2 recensioni
La ragazza si alzò e ritornò a mettere in ordine le varie cose che le sembravano avere un posto sbagliato. Avrebbe voluto ordinare anche la mente di quel ragazzo che le sembrava così spaesato, indifeso ma, al tempo stesso, forte e coraggioso. Infatti, se la sua debolezza era il lasciare fuori tutti, la sua forza era il riuscire a rialzarsi da solo.
«E non ti preoccupare, io già mi sono guadagnata un posto nel tuo mondo.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. Profumo di more - olfatto

Lo specchio rifletteva il suo aspetto curato in ogni minimo particolare. Si stava aggiustando una ciocca di capelli per posarla dietro l'orecchio ma, per tutte quelle cure che si stava donando, restava qualcosa che non la soddisfaceva. Forse era il rossetto rosso che aveva messo sulle labbra o forse la matita troppo marcata sugli occhi…no, quella andava bene. I suoi occhi azzurri venivano ben notati con quel tipo di trucco. Anche il rossetto riusciva a rendere le sue labbra carnose ancora più belle. 
Lui era consapevole di non poter ammirare quel corpo femminile, nemmeno il riflesso lontano, nemmeno l'ombra. La vedeva, la immaginava così: vicino a quello specchio con un trucco forte, per niente pallido ed anonimo. Lui conosceva l'aspetto della nuova dottoressa attraverso i racconti degli altri. Gli avevano detto che era davvero bella, una bellezza più unica che rara. Un infermiere gli aveva detto che aveva gli occhi azzurri come l'azzurro del mare, ma lui a malapena ricordava la tonalità di quell'azzurro, a malapena ricordava l'ultima ragazza vista con i suoi occhi. Ormai l'unico colore che riusciva a vedere era il nero. 
L'immaginazione era tutto quel che restava. L'immaginazione, però, non erano occhi. Niente riusciva ad essere pari agli occhi. Poteva solo accontentarsi del profumo di lei che l'aveva ammaliato: un profumo di more. 

«Oggi cosa c'è di nuovo? Una cura sperimentata sui cani o sugli elefanti?»
Lo avevano fatto sedere su un letto alquanto scomodo, ma restava lo stesso su quel materasso: non poteva andare lontano. Ormai la sua vita da cieco la passava lì, nel centro per non vedenti. I dottori avevano detto alla sua famiglia che gli avrebbe fatto bene stare in quel luogo: tutti si sarebbero adoperati per fargli tornare il senso della vista, tutti avrebbero lavorato affinché si trovasse una cura per la cecità. Flavio, da allora, si sentiva una cavia proprio come gli animali.
«No, signor Bianchi, non è una cura fatta sugli animali. Al giorno d'oggi son tutti moralisti: no agli esperimenti sugli animali, ma tutti a comprarsi la pelliccia. Tutti sanno, inoltre, che fanno esperimenti addirittura sugli umani. Perciò di cosa scandalizzarsi? Siamo solo nel 1976. Immagini nel 2076: tutti vegetariani ma tutti con addosso una pelliccia o, addirittura, con giacche di pelle umana. Ipocriti!»
«Il primo moralista ipocrita è lei che dà false speranze ai ciechi... e siamo solo nel 1976. Immagini nel 2076: quanti altri moralisti ci saranno?»
Sorrise e puntò i suoi occhi verso il dottore o, almeno, cercava di puntarli.
«Lei è sempre così pieno di amore e bontà, eh? Non sa cosa sia la gratitudine? Io sto cercando una cura per il suo problemino… sarò ricordato per questo!»
«Forse è lei che è sempre così pieno di sé da credere di riuscire ad essere l'Einstein della vista! Per cosa dovrei esserle grato?»
«Anche Einstein ha fatto i suoi errori.» - una terza voce si intromise nel discorso tra il dottore e il ragazzo. All'inizio non riconobbe la voce ma, respirando a fondo, poté sentire quel profumo, quell'odore di donna che non riusciva a levarsi dalla testa. Con molta gioia respirava profumo di more.
«Ai posteri l'ardua sentenza.» - con quell'ultima battuta il dottore uscì dallo studio e, nella stanza, rimasero Flavio e la donna.
«Signor Bianchi, se non mi ha riconosciuto, sono la dottoressa Grandi.»
«Non la riconosco, non conosco nessuna dottoressa Grandi.»
Bugia, bugia, bugia. Era una grande bugia. Avrebbe riconosciuto quel profumo tra mille.
Il tono di voce della donna era basso e quasi timido, tutto il contrario di quando lo aveva chiamato stronzo.
«Signor Bianchi, dovrei chiederle scusa per quello che è successo qualche giorno fa, per come l'ho chiamata...»
Cercò di non ripetere l'insulto che gli aveva rivolto precedentemente, ma fu costretta a ripeterlo per qualche strana insana voglia del paziente.
«Chiamato come?»
«Ricorda... ieri, in questa stanza. Io..»
«Lei?»
«L'ho chiamata stronzo, signor Bianchi.»
«Non mi chiami signor Bianchi. Ho solo 27 anni, non 76 come fa credere il dottor "so-tutto-io".»
Lei rise e lui sorrise spontaneamente.
«Mi chiami Flavio.»
«Flavio. Mi piace il suo..»
«Tuo...» - subito Flavio la interruppe.
«Tuo…»
Lei tornò a ripetere la parola che gli aveva appena detto quel paziente. Non aveva mai pensato di dover dare del "tu" ad un paziente. Forse perché iniziava, adesso, la sua carriera a soli 29 anni, forse perché aveva sempre visto i pazienti come persone a cui dare del "lei".
«…mi piace il tuo nome. Il mio è Sara.»

«Esiste una sala comune?»
Dieci anni e non conoscere i vari posti di un luogo. Questo stava capitando a Flavio che, solo dopo un decimo di secolo, scopriva l'esistenza di una sala comune. Tutto ciò lo scopriva grazie a Sara, la sua nuova dottoressa.
«Quante cose non sai!» 
«Quante cose non vedo.»
«Non è un motivo per non conoscere. Davvero credi che l'essere cieco possa negarti la conoscenza? Bacon diceva: Knowledge is power!»
«B-chi diceva cosa? E poi io non conosco questi luoghi perché, per me, questo centro di cura è solo la mia stanza o lo stanzino del dottore magico.» 
«Bacon, non B-chi. Lui diceva che la conoscenza è potere.»
Nella sua mente, gli ingranaggi aveva già iniziano a lavorare. Flavio stava pensando a quel che aveva detto prima la dottoressa. L'essere cieco poteva negare la conoscenza? Bella domanda. 
“Molti dicono che il senso più importante sia l'udito, altri dicono sia il gusto, altri la vista. Il senso del tatto, anche senza mani, esiste sempre. Quello che deve sentirsi più inutile deve essere il senso dell'olfatto.”
Seduto, probabilmente su un divano, si chiedeva il perché, perché non aveva perso il senso dell'olfatto? Lampante fu la risposta che scattò nella sua mente: non l'aveva perso perché doveva godersi il profumo di more che Sara aveva sulla pelle.
Ironicamente pensò anche che, se avesse avuto dei poteri, avrebbe creato una pozione per poter vedere di nuovo. 
Questi pensieri lasciò che rimanessero tali: non cercava la compassione di nessuno e, dunque, evitava di urlare a gran voce i suoi inevitabili pensieri che avrebbero potuto strappare un suono di tenerezza dalle persone accanto. Inoltre voleva evitare di fare il depresso della situazione.
«Hai capito a B.»
«Bacon.»
La ragazza stava sorridendo e lui poteva capirlo dal suo tono di voce che era gioioso, ma qualcuno al loro fianco li richiamò. Nella sala comune stavano tutti ascoltando le notizie che passavano alla televisione.
«Che succede che ci zittiscono?» - chiese Flavio infastidito da quel gesto.
Sara si avvicinò di più a lui per farsi capire anche parlando a bassa voce.
«Stanno vedendo tutti la televisione.»
«Tutti a vedere la televisione in un centro per non vedenti? Non voglio proprio commentare.»

«I dottori vogliono distrarsi e si vedono Vita da strega. Sai, vero, che, ora che siamo nel 1976, le televisioni sono a colori o sei rimasto all'età della pietra dove esisteva il bianco e nero?»
Flavio assunse un'espressione sorpresa per prendersi gioco della ragazza che faceva la saggia.
«Siamo nel 1976? Cavolo, credevo di essere nel 1932 dove c'era solo la radio. Preferisco di gran lunga lei che questa cosa che voi del futuro chiamate televisione.»
Sara lo spinse leggermente e cercò di imitare una risata che era, ovviamente, ironica.
Da dietro un'altra voce si intromise nel discorso.
«Noi ciechi odiamo la televisione perché non la possiamo vedere, semplice!»
Piero, immediatamente, venne preso di forza da due uomini e rimesso a sedere al suo posto, nessuno poteva disturbare.
«Scusalo, Piero è così. Ce l'ha con tutti perché odia essere cieco.»
«E tu? Non sei così?»
«Io non mangio nessuno.»
Flavio alzò le mani per dirsi innocente, ma non era vero. Anche lui era arrabbiato con gli altri, anche lui voleva mangiare, aggredire gli altri. Sapeva che le persone non avevano fatto niente ma, comunque, odiava il fatto che loro potessero vedere cose che lui, ora, non poteva vedere più. Anzi, pensandoci meglio, odiava anche la televisione. Si, perché era a colori e lui non poteva vederli.
«Ho ascoltato come parli con il dottore.»
«Ah, quello.»
«Vedi? Ora l'hai mangiato chiamandolo "quello".»
«Fosse così semplice mangiare un dottore in questo modo, sarebbero tutti estinti.»
Un'altra battuta che la faceva ridere.
«Sarei estinta anche io allora.»
«No, dai, alcuni si salvano.»
«Ah si? Allora perché i dinosauri sono tutti morti?»
«Ti svelo un segreto: i dinosauri son morti perché, correndo e volando troppo, il loro piccolo cuore non ce l'ha fatta a tenere una massa così enorme.»
«Wow, sembri Lorenz quando parla delle sue teorie sugli animali.»
Flavio alzò il sopracciglio ascoltando un nuovo nome strano.

«Ma chi è questa gente? B-qualcosa, ora L-qualcosa.»
«Vabbè, dai. Un giorno faremo qualcosa con la tua istruzione. Un po' ignorante, eh? Oh, aspetta!»
L'attenzione di Sara si focalizzò sulla televisione che parlava dei movimenti femministi. Eclatante il caso di una donna che viene, per la prima volta, ammessa all'Accademia Militare di West Point.
«Il mondo sta cambiando.» - sbottò con quella frase Sara. Flavio non capiva se doveva esserne felice o triste. Perché Sara diceva ciò? E, soprattutto, era cosa buona e giusta? I cambiamenti. Anche lui era cambiato in dieci anni. In bene o in male? Lui poteva affermare in male.
«Perché?»
«Le donne. Ricorda: quando cambiano le donne, il mondo cambia...» - spuntò un sorriso fiero sulle labbra della ragazza - «...ho letto, su un giornale, che i movimenti femministi stanno combattendo contro ogni sopruso, violenza, insinuazione. Basta essere il sesso debole, noi non siamo deboli!»
«Non accenderti, però.»
Le parole di Sara si facevano più forti, più convincenti ogni momento che passava. Anche se non poteva vedere, poteva giurare che Sara si stava emozionando, eccitando per quelle notizie.
«Alla radio ho sentito, però, dell'aborto. Combatti anche tu per legalizzare l'aborto?»
«Il mondo sta cambiando e, vuoi o non vuoi, i cambiamenti portano con sé cose negative e cose positive.»
«Perciò accetti tutto questo, anche l'aborto.»
«Non so cosa pensare.»
Quella forza che sentiva crescente nelle parole della ragazza, ora andava scemando. Aveva capito che le aveva fatto una domanda a cui non aveva risposta o a cui aveva paura di rispondere.
«Forse, tra qualche anno, l'America avrà più potere di quello che ha ora. Probabilmente ci sarà un presidente nero, immagini?»
Sara sorrise vedendo che, forse, le sue idee erano condivise da qualcun altro. Cambia il mondo, cambiano le menti.
«Immagina un presidente donna. Farebbe la sua gran bella figura! Anzi no, pensa in grande. Immagina una papessa!»
«Ok, ora stai sognando un po' troppo!»
  
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