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Autore: Kore Flavia    31/03/2015    3 recensioni
[La mia totale incapacità mi impedisce di fare un intro decente, ma giuro che la storia vale *coff coff*]
DAL TESTO:
-Ehi, tutto bene? – Una voce. La ragazza non alza la testa, sicuramente non sta parlando con lei. Anzi, inizia a stringere con maggiore forza le ginocchia al petto.
-Ehi. – Di nuovo quella voce, chissà forse l’interpellato non gli sta rispondendo. Lei non lo sa, non alza lo sguardo, perché dovrebbe? Farebbe solo la figura della fessa ad alzare lo sguardo e scoprire che non stanno parlando con lei.
[...]
-Andrea, tutti hanno bisogno di amici. Se vuoi io posso essere il primo. – La voce è dolce come il miele e lei non sa come rispondere, perché, in fondo, lei desidera qualcuno con cui parlare. Non le basta più la compagnia del silenzio. In quel momento nelle cuffiette inizia un’altra canzone: Come what may, e Andrea sorride debolmente.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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CAPITOLO 2
Your song

So excuse me for forgetting 
But these things I do 
You see I've forgotten 
If they're green or they're blue 
Anyway the thing is what I really mean 
Yours are the sweetest eyes I've ever seen 


 
Sono ormai due settimane che si frequentano, o almeno, che Davide va a trovare ogni giorno Andrea durante la ricreazione. La ragazza scopre, in questo modo, non senza sorpresa, che il ragazzo è piuttosto apprezzato dalle sue coetanee. Le ragazze della sua classe, infatti, ogni volta che lui si presenta sulla soglia, gli vanno incontro e lo salutano elogiandolo e ridendo per ogni frase che esce dalle sue labbra, quasi fosse oro colato.
Ma lui non si ferma, lui prosegue e si accovaccia davanti al banco di Andrea e inizia uno sproloquio su quel che ha fatto e non fatto il giorno prima, dei voti presi e di quanto la scuola sia assolutamente noiosa. Andrea, però, non lo ascolta, o almeno fa finta di ignorarlo fingendo d’esser troppo imbevuta nella lettura per badare a lui. Eppure, anche se lei si comporta in modo tanto meschino, lui non sembra arrendersi. Lei ha smesso di chiedersi il motivo della sua testardaggine e finiscono per tornare da scuola assieme, chiacchierando e ridendo (o almeno questo è quello che fa Davide).
-Ti va sabato d’andare al cinema? – Domanda un giorno il ragazzo fuori scuola, quando più nessuno è nei paraggi. Andrea lo guarda, ormai sembra saper fare solo quello. Ma non risponde, ci sta pensando. Davide, invece, inizia a dondolarsi nervoso sul tallone destro. Si mordicchia un labbro aspettando una risposta dall’amica.
-Quindi? – Andrea sorride, notando il nervosismo nella voce. Sa di esser lei ad averlo preoccupato e si gusta la sensazione fino all’ultimo.
-Quindi cosa? – Davide sgrana gli occhi, sa di essere stato preso in giro. Lei lo ha ascoltato come sempre, perciò aggrotta le sopracciglia.
-Quindi… la tua risposta? –
-Va bene, se proprio ci tieni chiedo ai miei. – Risponde e stringe le spalle abbassando finalmente lo sguardo sui propri piedi. Non riesce a guardarlo troppo a lungo negli occhi, la mette a disagio. Lo sente ridere e lei, inconsapevolmente, si trova a sorridere timidamente. Non è ancora del tutto abituata alla sua compagnia, o alla compagnia di qualcuno in generale. Decide, quindi, di cercare il cellulare nelle tasche della giacca. Lo tira fuori e compone il numero del padre.
Il cellulare squilla e lei si osserva attorno pur di non incrociare lo sguardo di Davide.
-Pronto, Andrea? – La voce è gracchiante attraverso il cellulare, lei fa un smorfia e, poggiando a terra la zaino, risponde.
-Pronto? Ciao, sei occupato? Devo chiederti una cosa. – Si morde un labbro, se il padre gli rispondesse d’esser occupato lei non potrà fargli alcuna domanda.
-Devo finire una pianta, ma se è una cosa rapida, dimmi. – Attraverso il telefono si sentono dei movimenti, probabilmente dei fogli sono stati spostati sulla scrivania del padre.
-Sabato posso andare al cinema? – Chiede tutto d’un fiato. Dall’altra parte cala il silenzio e lei decide d’allontanarsi di qualche metro, come se Davide potesse sentire qualcosa di compromettente. Lui sembra notare il suo disagio, ma non si avvicina, ha imparato a lasciarle il suo spazio e non farle domande troppo personali. Per quanto, ormai, Andrea conosca tutto (o quasi) di Davide, al contrario, non sa ancora nulla di lei.
-Amore, lo sai… - Risponde la voce atterrita dell’uomo. Lei lo sapeva, sapeva che lui gli avrebbe detto di no, ma non per cattiveria. Semplicemente perché, come Andrea ben sapeva, non poteva permetterselo. Lei si morde con forza il labbro, le verrebbe da piangere, ma non vuole sembrare sciocca o far preoccupare il padre.
-Fa niente, papà. – Si rende conto che la voce ha ceduto ad un leggero tremore e i denti si stringono con maggiore potenza sulle labbra rosee.
-Vai al parco o… -
-Va bene, papà, rimango a casa. – Lo interrompe bruscamente, lui fa per ribattere, ma lui lo ferma. –Ciao papà, ci vediamo stasera. –
-Ciao, amore. – La riluttanza nella voce del padre non sfugge alla figlia, ma finge di non aver udito nulla. Mette giù il telefono.
Si gira a guardare Davide, lui le sorride sperando in una risposta positiva, ma lei scuote la testa. Andrea e il padre si salutano e lei è la prima ad attaccare, si dirige a raccogliere lo zaino lasciato a terra e, senza dire una parola, incomincia a camminare.
-Andrea, aspetta! Che ha detto? – Alla domanda la ragazza si ferma, ma non si volta a guardare quello che ormai ha iniziato a definire “amico”. Ha paura di vedere l’espressione del ragazzo e, di conseguenza, di mostrare il proprio. E’ lì che si nascondono i più reconditi segreti, quelli infidi e che non vedono l’ora di mostrarsi.
-Ha detto di no, ok?! – Le tremano leggermente le spalle, mentre, dicendo queste parole la voce si abbassa divenendo burbera. Stringe le mani a pugno per non mostrare di star tremando, ma non si muove. Desidera ardentemente che lui la raggiunga e la consoli, ma lui non si muove, o almeno lei non sente dei passi dietro di sé.
-Perché no? Devi studiare? Dammi un motivo o non mi scollo di qui. – Andrea ha un sussulto, il tono che ha usato il ragazzo è diverso dal solito. Sembra adirato, nervoso, stufo e, Andrea se ne sorprende, preoccupato.
-Perché non posso, ok? E non sono affari tuoi, Davide. – Andrea grida, è forse la prima volta che lo chiama per nome, e sgrana gli occhi. Si passa una mano sul viso e non trovandolo bagnato si rincuora. Se si fosse messa a piangere avrebbe solo peggiorato le cose. –Non posso… - ripete più a se stessa che al ragazzo.
Una mano le afferra il braccio facendola girare su di sé, Andrea, però, è svelta e abbassa immediatamente lo sguardo. Due mani le afferrano le spalle e lui si piega leggermente per poter intercettare il suo sguardo, ma non ci riesce. Andrea non glielo permette.
-Andrea, ti prego su tutte le divinità in questo mondo, dimmi qual è il problema. – Lei scuote la testa e rimane zitta. Poi cede, poggia la propria testa sul petto dell’amico e respira profondamente. Ci si aggrappa con i pugni chiusi e il respiro si fa più pesante. Le braccia ancora allungate del ragazzo, si chiudono piano, quasi con cautela, attorno alla ragazza.
-Ehi, va tutto bene. – Le mormora nell’orecchio, non conosce il motivo di questo comportamento, ma, dentro di sé, sente che in fondo non gli interessa nemmeno così tanto. La stringe ancora più a sé, se questo può farla stare meglio, lui è ben felice d’accontentarla.
-Non è vero, va tutto male Davide, tutto male. – Andrea scuote la testa ancora a contatto con la maglietta del ragazzo. Si sente soffocare da questo abbraccio, ma sta bene. Da piccola era solita evitare ogni tipo di contatto, ma questo le sembra quasi naturale. Davide alza la testa e pensa d’aver capito il problema.
-Se è per il biglietto, te lo offro io. – Propone, sperando di averci preso. Si scosta, leggermente imbarazzato, dall’abbraccio. Le alza il mento con la mano e vede che, come si aspettava, è proprio quello il problema. Andrea si passa rapida una mano sul viso, nascondendo gli occhi rossi e lucidi di chi sta per piangere.
-Io… non voglio che nessuno mi offra niente. – Ribatté aspra, Davide le sorride e annuisce, probabilmente è contento che sia tornata la solita Andrea scostante e irritabile. Peccato che, secondo lei, è lui quello irritante e non è lei ad essere irritabile. Lei sbuffa e si gira per non guardarlo, sente le guance bollenti ed è una sensazione mai provata, la sua. Si sente inadeguata in quel maglione che le arriva a metà coscia, vorrebbe indossare qualcosa di più carino, di più femminile in quel momento. Scuote la testa scacciando quei pensieri sciocchi e, secondo lei, superficiali.
-E invece questa volta ti tocca, insisto. Al massimo offrirai tu al prossimo cinema. – Andrea sorride, lui dà per scontato che ci saranno altri cinema, che non si stuferà tanto presto di starle accanto. Annuisce e fa un gesto per dire: ci siamo trattenuti troppo, iniziamo ad avviarci cominciando a camminare. Lui la raggiunge e le acchiappa una mano con la propria.
-Potevi dirlo prima qual era il problema, sai? Non c’è nulla di cui vergognarsi. –
-Ah, no? Perché, ormai non si calcola il valore della gente a seconda di che telefono ha? – Domanda acida, lui sogghigna e le stringe più forte la mano.
-Come dico: non sono i soldi a fare le persone. – Detto che questo, il ragazzo gonfia il petto e scoppia ridere, tra le risate del ragazzo Andrea sorride, ora che si è sfogata sta meglio.
-Il detto non era: non è l’abito a fare il monaco? – Il ragazzo le risponde con un gesto di noncuranza e torna a sghignazzare soddisfatto delle proprie parole. Lei scuote la testa sorridente pensando a quanto stupidi siano i ragazzi.
 
Il sabato arriva e con lui arriva l’ora del cinema -17;30- e Andrea inizia a prepararsi un’ora prima, non lo vede come un appuntamento, sarebbe da sciocche farlo. Ma decide comunque di non indossare il solito maglione. Il padre ha accettato a condizione che, una volta finito il film, lei venga riaccompagnata dal suo amico. Venerdì hanno deciso assieme il film da vedere, Davide, dopo qualche minuto di spiegazioni e motivi assolutamente campati in aria, l’ha convinta ad andare a guardare Cenerentola, anche se a lei, in realtà, interessava.
Quando arriva al cinema Andrea è trafelata, non si è resa conto di essere in ritardo e ha iniziato a correre pur di non aggravare la situazione. Sente i polmoni bruciare e si piega in due davanti al Lux. Una voce famigliare le accarezza le orecchie.
-Attenta che così sputi i polmoni. – Scherza Davide raggiungendola. –Ho prenotato, non c’era fretta. – Continua sghignazzando. Prima di raggiungerla, però, si blocca, la squadra un paio di volte e sorride.
-Sei carina, sai? – E comincia a ridere notando lo sguardo esterrefatto dell’amica, che si porta una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Andrea si lascia scappare un sorriso timido e si avvia verso la cassa, seguita da Davide. Il ragazzo ritira i biglietti e la ragazza non fa a meno di notare lo sguardo malizioso del cassiere. Probabilmente pensa siano una coppia, Andrea scuota la testa, si sbaglia di grosso se è davvero quello che pensa. Si riscuote dai pensieri quando, con la solita voce allegra, Davide ringrazia il cassiere.
-Di niente, divertitevi, mi raccomando. – Il cassiere ghigna nella loro direzione mentre i due si allontanano. Sì, ha decisamente capito male pensa Andrea arrossendo leggermente.
Davide prima di entrare in sala la convince a comprare dei popcorn –ovviamente offerti da lui- per entrambi.
Quando prendono posto nella sala del cinema, si siedono vicini e Andrea si sente bene, felice. Si sente anche diversa e non sono solo i vestiti diversi a farla sentire diversa, bensì l’ormai assidua compagnia di Davide.
Ora che ci pensa si sente fortunata ad essere stata notata da lui, in quel corridoio. Si sente fortunata ad essere lei la ragazza che Davide va a trovare ad ogni ricreazione. Per quanto irritante il ragazzo sia, Andrea si sorprende a volergli bene, a tenerci davvero e con questi pensieri in testa inizia il film. E Andrea finisce a sperare che, per quanto impossibile, la prossima volta possa essere lei Cenerentola. Lei con i suoi capelli neri come le ali di un corvo, le labbra rosee sottili per essere quelle di una ragazza e le sopracciglia folte.
Si gira a guardare il ragazzo che, ormai preso dal film, non la degna di uno sguardo e non si rende conto che, a sua insaputa, lei lo guarda per quasi tutta la durata del film.
A questo punto nella propria playlist sarebbe dovuta partire la canzone: Your song interpretata da Ewan McGregor.
 
   
 
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