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Autore: Non ti scordar di me    31/03/2015    4 recensioni
In un universo parallelo, in cui Elena odia Damon da volerlo soffocare nella notte e Damon odia Elena a tal punto da volerla buttare già da un grattacielo.
Quando ricorderanno ciò che erano, i rimpianti si faranno avanti e i ricordi li renderanno nostalgici.
Da qui sorge la domanda: cosa potrebbe succedere se i due, durante una vacanza organizzata da Caroline, rimanessero bloccati in seggiovia?
Si scanneranno o impiegheranno il tempo in un'altro modo?
*
Sclero del sabato sera. Perdonatemi! ^^
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Klaus | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Al mio Damon.
Sarò sempre la tua Elena.
-A.


Capitolo quattro.
 
«Caroline, stai acquistando punti!» Le urlai non appena osservai quell’enorme chalet immerso in quella piccola cittadina italiana. Era la prima volta che mettevo piede in Italia ed effettivamente mi dispiaceva essere lì solo per due settimane e per giunta in un paesino sperduto – mi era difficile ricordare il nome, suonava alla francese.
«E’ stata un mega affare, fidatevi!» Disse entrando e sbattendo con foga la porta alle nostre spalle. Sobbalzai leggermente e mi guardai attorno.
Era tutta in legno, con un grande salotto e un corridoio che probabilmente portava verso le diverse stanze.
«Lo dicevi anche dell’idea del viaggio.» Sbottai inacidita. Il viaggio era stato uno strazio e il fusorario si faceva sentire troppo. Il mio orologio segnava circa le sei del pomeriggio, ma da New Orleans a qui c’erano circa sei ore di differenza.
«E’ solo il jet leg, vedrai ci vuole solo una dormitina!» Mi disse sballottando da qui e da lì le sue valigie, controllando lo chalet che lei aveva scelto.
«Quante stanze abbiamo a disposizione?» Chiesi curiosa, lasciando le valigie accanto al muro e avviandomi verso il salotto. Non avevo un briciolo di sonno – in fondo da me era ancora pomeriggio inoltrato.
«Come ci sistemeremo?» Mi affiancò Bonnie sedendosi accanto a me e realizzando che il divano era veramente comodo.
«No, un momento, seriamente questo posto ha tutti questi posti letto?» Chiesi io curiosa inclinando il capo incerta. Pochi istanti di silenzio e tutti quanti stavamo osservando Caroline che teneva in mano la brojour di quello chalet che aveva affittato chissà dove.
«Sono due piani, due stanze a letto matrimoniale, le altre due invece sono con due letti singoli.» Commentò con una scrollata di spalle, osservando con faccia stralunata quel piccolo foglietto che stringeva tra le mani.
Glielo sfilai dalle mani e ridacchiai.
«E’ scritto in una lingua strana.» Costatò con un’alzata di spalle la mia amica.
«Credo sia scritto in italiano?» Non avevo mai studiato lingue: solamente un po’ di francese – all’ultimo esame, che risaliva ai tempi andati, ero stata anche rimandata –.
«Come hai contattato il proprietario di questo loft, allora?» Intervenne Rebekha che era seduta sulle ginocchia di Niklaus che la abbracciava da dietro silenziosamente, mandando sguardi ammonitori a Salvatore Senior che indisturbato osservava la sorella.
«Il proprietario sapeva l’inglese!» Le rispose sventolando un paio di fazzoletti – sembrava stesse brandendo una spada, il che inquietava.
«Inizialmente parlava solo italiano, ho provato persino a segnarmi qualche parola per capirci in più…» Scoppiò a ridere, con una di quelle risate nervose.
«E cos’hai segnato?» Chiese curioso Jeremy che si stava togliendo il giubbotto per posarlo sull’altro divano quasi vuoto.
Avevamo lasciato la maggior parte dei bagagli all’entrata e i giubbotti li avevamo posati – io l’avevo gettato – un po’ ovunque.
«Alcune parole non le riusciva a dire in inglese, era divertente.» Prese dalla sua borsa un foglio bianco da cui spiccava il colore blu e la scrittura ordinata della bionda.
«Ha detto circa tre volte cazzo.» Arricciai leggermente il naso e guardai gli altri nella speranza che qualcuno di loro potesse capire l’italiano – tra l’altro l’accento di Caroline faceva pietà.
«Ha ripetuto cinque volte la frase singoli letto non presento?» Fece una faccia buffa, non riuscendo neanche lei a codificare la sua scrittura.
«Dovremo comprare un dizionario, non credete?» Intervenne Stefan ridendo e alzandosi dal divano.
«Cosa vogliamo fare?» Chiesi allora io, seguendo il mio amico e guardandomi attorno. Probabilmente domani avremo avuto una giornata piuttosto impegnata – Caroline aveva già la lista da cose da fare, tra cui comprare cibo, girare per la città e fare gli skipass per due settimane.
«Qui è mezzanotte!» Intervenne Bonnie indicando l’enorme orologio appeso sopra il camino spento.
Caroline fece finta di pensarci qualche istante, poi sparì velocemente lasciandoci basiti. Dopo pochi istanti l’aria fu interrotta da un’urletto insopportabile.
«ORA HA INIZIO LA FESTA!» Urlò a pieni polmoni Caroline ritornando con una bottiglia di liquore in mano.
«Seriamente vuoi perdere il senno già la prima serata? Anzi, nottata?» Chiese la sorella di Klaus togliendosi il maglione pesante che aveva indosso e rimanendo solamente con una maglietta in cotone a maniche lunghe.
«Oh, non ti ricordavo così pallosa Mikealson.» La provocò assottigliando gli occhi e alzando in aria la bottiglia.
«Forbes non ti conviene provocarmi.» Grugnì in risposta lei, facendole segno di seguirla.
«Niklaus non potevi sceglierne una normale?» Fece il finto esasperato Damon con un mezzo sorrisetto. Alzai gli occhi al cielo, anche solo sentire la sua voce mi infastidiva.
«Salvatore, non credo tu sia il più indicato per parlare.» Ridacchiò stiracchiandosi meglio sul divano.
«Lui non è mai il più indicato per parlare!» Intervenni io. Tutti gli occhi erano ora concentrati su di me e mi resi conto di averlo detto ad alta voce. Pensavo di essermi tenuta per me quel pensiero.
«Gilbert, perché esisti?» Si lamentò imitando la voce di un finto bambino lagnoso. O…no, quella era la sua voce naturale.
«Voi due mi dovete chiarire alcuni punti…» S’intromise Jeremy.
«Molti punti.» Lo corresse Bonnie, mentre si legava i lunghi capelli color mogano in una coda di cavallo.
«Del tipo?»
«Smettila di parlare quando parlo io.» Lo anticipai. Odiavo sentire con lui quella sensazione, dopo anni di separazione lui non dovrebbe pensare come pensavo io. E viceversa.
«Questo è uno dei tanti.» Mise in chiaro Jeremy. «Poi non capisco una cosa: perché litigare furiosamente in aeroporto e poi addormentarvi abbracciati durante il viaggio?» Si levarono diversi mormorii e fulminai Damon con un’occhiataccia – ero più che convinta che lui fosse rimasto sveglio e poi io mi ero solamente APPISOLATA. –
«Il soggetto! Chi dormiva abbracciato a chi?» Intervenne Rebakah che teneva in mano la bellezza di otto bicchierini non ancora colmi di liquori.
«Già chi?» Le diede man forte Caroline che la seguiva a ruota.
«Damon ed Elena.» Commentò con un sorrisetto da stronzo, in piena regola, Klaus. La mascella di Caroline quasi toccò terra, si fece spazio tra noi e posò la bottiglia di liquore sul tavolino in cristallo.
«Siediti qui, sweetheart.» Le consigliò docilmente Niklaus, indicandole il posto accanto a lui.
«Non avete ancora risposto, comunque.» Riprese il discorso la bionda non appena di accomodò.
«In realtà, io mi ero appisolata. Non pensavo che questo stupido cadesse in un sonno profondo.» Dissi ridendo e rimanendo sull’ironia.
«Guarda che russavi.» Disse sorseggiando un bicchierino.
«No, invece.» Replicai acida.
«Sta di fatto che non avete nessuna prova!» Continuò il corvino passandomi un bicchiere e alzandolo in alto a mo’ di brindisi.
«In realtà sull’aereo, ho fatto conoscenza di una certa…» Stefan rimase interdetto pochi istanti e poi continuò. «Alexandra? Possibile che si chiamasse così?»
Solo a quel nome mi venne un conato di vomito.
«Ragazzina bassina, mingherlina, capelli ricci e una fissazione morbosa verso le OTP?» Tentai io ridacchiando.
«Esattamente!» Mi rispose Stefan prendendo anche lui un bicchierino di liquore.
Sapevo che non era una grandiosa idea bere, soprattutto bere con i miei amici. L’ultima volta che avevo bevuto era andata a finire piuttosto male.
«Ora potremo sancire un accordo di pace per queste due settimane?» Propose Bonnie alzandosi da vicino a Jer per sedersi sul tavolino – probabilmente era già brilla, reggeva poco l’alcool -.
«Che tipo d’accordo?» Chiesi pensando che forse era meglio dividerci nelle camere e provare a chiudere occhio visto che il fusorario era di circa sei ore. Quell’idea si eclissò dalla mia mente, non appena arrivò sotto il mio naso un altro bicchiere di quel liquore delizioso.
«Del tipo…Io, Caroline Forbes, giuro solennemente di non provare ad incastrare nessuno di voi in una delle mie serate dedicate solo allo shopping!» Pronunciò con tono da finto militare, dopo di che ingurgitò tutt’un fiato il liquore e scrollò le spalle.
«Chi è il prossimo?» Ci incitò battendo le mani come una bambina di sei anni. Rebekah – intraprendente con o senza l’aiuto dell’alcool. – si schiarì la voce.
«Io, Rebekah Mikealson, giuro solennemente di baciare Stefan Salvatore entro la fine delle due settimane.» Concluse con un mezzo ghigno. Si levarono diversi mormorii divertito e Klaus sbiancò leggermente vedendo il sorriso languido che aveva assunto la sorella.
Stefan le ammiccò e prese un bicchiere anche lui, portandolo in alto a mo’ di brindisi.
«Io, Stefan Salvatore, giuro solennemente di rispondere al bacio della signorina Mikealson anche prima dell’ultimo giorno delle due settimane.»
Rebekah si accoccolò lentamente al petto del mio migliore amico, ricordava quasi un gatto che faceva le fusa – una scena alquanto imbarazzante.-
«Io, Klaus Mikealson, fratello di Rebekah Mikealson giuro solennemente di spezzare la mani alla prima persona che si avvicinerà troppo alla mia sorellina.»
Caroline inclinò leggermente la testa, poi si portò alla bocca direttamente la bottiglia guardando con aria quasi aggressiva il ragazzo che aveva le gambe accavallate.
«E tu Elena?» Nuovamente troppi occhi si girarono verso di me. Mi morsi l’interno guancia nervosa, non volevo ubriacarmi completamente già la prima serata che passavo in Italia – oltre il fatto che non avevo idea se quei liquori fosse di importazione nazionale o fossero tipici italiani -.
Niente stronzate, Elena. Mi raccomandai prima di rispondere.
 
*
Qual è l’ultima cosa che avevo detto?
Uh, mi ero raccomandata con me stessa di non fare stronzate – almeno per quella sera. Allora la domanda sorgeva naturale: perché stavo ballando sul tavolino del salotto come se fossi in una discoteca?
«Forbes!» Chiamai la mia amica cercando di trovarla. Quel tavolino mi sembrava persino troppo alto e avevo la sensazione di poter cadere a terra da un momento all’altro.
In casa eravamo solo otto persone…Come mai io ne vedevo più di una trentina?
Vedevo le cose più impossibili, probabilmente la sbornia era veramente eccessiva. Vedevo un Jeremy e una Bonnie che si strusciavano in modo alquanto indecente sul divano, vedevo una Rebekah particolarmente eccitata accanto a me e vedevo una Caroline e un Klaus baciarsi appassionatamente vicino il camino.
Cazzo, non ci vedo male? Mi chiesi strofinandomi leggermente gli occhi.
Non capendo neanche dove mettevo i piedi feci un passo in avanti avvertendo completamente la sensazione del vuoto.
«Gilbert, attenta a dove vai.» Grugnì una voce che riconobbi facilmente, l’avrei riconosciuto persino in mezzo a migliaia di persone.
«Vattene Salvatore.» Provai a muovermi ma era veramente difficile, la sala sembrava stesse girando e non riuscivo a vedere in modo delineato il corvino che se la rideva sotto i baffi.
«Sei tu che sei spalmata su di me.» Mi fece notare. Io invece cercavo di identificare quale dei tanti Damon – già, io vedevo circa sette Damon in quel momento – mi stava realmente parlando.
Mi resi conto che il vero Damon era quello centrale, quello che mi squadrava con i suoi occhioni blu notte e che stava sbuffando ripetutamente.
«Sei tu che mi stai tenendo in piedi, sai?» Gli chiesi ad un palmo dal suo viso. Gli diedi una spinta leggere e a tentoni raggiunsi Caroline.
Iniziai a picchiettare sulla spalla del ragazzo che stringeva possessivamente a sé il corpo della mia amica in preda ai gemiti.
«Cazzo…» Gemette la mia amica.
Non capisco cosa sta realmente accadendo.
Continuai così, imperterrita, ad infastidire Klaus a picchiettare il mio dito sulla sua spalla sperando che si rendesse conto della mia esistenza.
Solo dopo un tempo che mi parve interminabile, Klaus mi bloccò la mano.
«Cosa vuoi, porca miseria?» Disse a muso duro mettendosi davanti a Caroline che era probabilmente più ubriaca di me e lui messi insieme.
«MA COSA VUOI TU?» Replicai dandogli una spinta. Il ragazzo aggrottò le sopraciglia.
«Sei tu che mi stai rompendo l’anima mentre bacio una ragazza!» Provò a mantenere la calma.
«Vuoi sapere quanto me ne importa di aver interrotto una bella pomiciata? Non me ne importa un…» Non riuscii neanche a terminare la frase, due forti braccia mi circondarono la vita e mi sollevarono di peso da terra.
«Scusala, amico. E’ solo ubriaca e…» Damon si interruppe non sapendo neanche cosa dire vista la situazione piuttosto imbarazzante che si era creata.
«Tienila lontana da me. E da Caroline.» Lo avvertì Klaus sbuffando e prendendo da terra la maglietta che – casualmente – era finita a terra.
«E VOI PRENDETEVI UNA CAMERA! VEDERE LA MIA AMICA MENTRE SI DA DA FARE, NON E’ IL MIO SOGNO PIU’ GRANDE!» Sbraitai muovendo le gambe per far cedere la prese a Damon che scoppiò a ridere a gran voce.
«Fidati, non è neanche il mio più grande sogno.» Commentò dando le spalle a Klaus per portarmi altrove.
«Dove vai?» La voce di Klaus arrivò alle mie orecchie forte e chiara e continuai ad inveirci contro senza un vero motivo.
«L’idea era quella di affogarla nella vasca da bagno…» Non continuò non appena vide lo sguardo di ghiaccio che Caroline – nascosta dietro il suo ragazzo, o suo scopamico – gli rivolse.
«No, okay…Lasciarla congelare al freddo della notte?» Azzardò. «Sentite, sto scherzando.» Li tranquillizzò con una risata leggera.
«Continuiamo il nostro discorso, sweetheart?» Le chiese, prendendole la mano con un sorrisino malizioso.
«METTIMI GIU’!» Gli urlai allora, dimenandomi alla bella e meglio.
«Ehi, tesoro, rimani calma.» Mi fermai lentamente, realizzando che mi aveva chiamato tesoro. Non avevo neanche tempo – e soprattutto non avevo le facoltà mentali – per rispondergli acidamente.
«Un momento, dove sono andati?» Finalmente la situazione era più chiara: la stanza non stava più girando, finalmente vedevo solo sei persone in case e non più un centinaio…L’unica cosa che non era scomparsa era la musica.
«Oddio, sto diventando pazza. Sento della musica orrenda pompare a tutto volume.» Dissi a bassa voce.
«Per quanto mi piacerebbe assistere ad una Elena che si crede pazza, la musica c’è. Proviene da lì.» M’indicò uno stereo da cui proveniva musica house e metal remixata – gusti particolarmente orribili avevano gli ex proprietari di quel loft.-
«Ti scongiuro dimmi che Bonnie e Jeremy non si stanno strusciando uno sull’altro proprio davanti a me.» Gli chiesi buttandola sull’ironia.
«Bonnie e Jeremy non si stanno strusciando uno sull’altro. Loro stanno semplicemente in procinto di…» Gli diedi una gomitata evitando di farlo continuare.
«Salvatore ti conviene mettere apposto le zampe e lasciarmi andare, se non vuoi un calcio nel punto sbagliato al momento sbagliato.» Lo avvertii lasciandogli dei deboli pugni sulle braccia che mi circondavano in una morsa.
«Non ne avresti il coraggio, Gilbert.» Mi provocò.
«Vuoi correre il rischio, Salvatore?» Pochi secondi e caddi a terra di didietro. Urlai per il dolore e alzai il dito medio al corvino che rideva eccessivamente.
Era ubriaco anche lui?
«Che ore sono? Quanto tempo è passato?» Chiesi strofinandomi un occhio, andando ad abbassare quella musica insopportabile per i miei timpani.
«Più o meno l’una del mattino...Questo segna quell’orologio…» Me lo indicò sbadigliando leggermente. Non avevo sonno, avevo solamente un gran mal di testa. A grandi passi mi avviai verso l’entrata e afferrai la mia valigia.
Ricordando le parole di Caroline, sperai che le stanze singole si trovassero al piano inferiore – non era sicura di riuscire a salire le scale senza cadere o senza fare un ruzzolo a terra epico.
La prima porta che vidi, aprii. Era una stanza normale con un letto matrimoniale. Valutai le opzioni che avevo di cercare un’altra stanza con due letti singoli ma NON avevo proprio la voglia di salire al piano di sopra.
Estrassi il cellulare che – stranamente – si trovava ancora nella tasca del mio jeans e con fatica seleziona l’icona dei messaggi. Tecnicamente la promozione doveva attivarsi non appena avessi messo piede sul suolo italiano, perciò i messaggi e le chiamata erano in un pacchetto che avevo già comprato.
Piano terra, prima porta, quando finisci i tuoi lavoretti vieni da me.
Elena xx.
Premetti il tasto invia – pregando che Caroline leggesse quel messaggio – e buttai il cellulare sul letto.
Presi la valigia e la aprii. Mi sfilai velocemente il cardigan blu e la maglietta che indossavo. Il giubbotto l’avrei recuperato domani mattina – quando queste sbornia sarebbe passata -, seguirono gli anfibi e i jeans.
Tutto scaraventato per la stanza. Diedi un’occhiata alla mia valigia e realizzai che io non portavo assolutamente i boxer, tantomeno indossavo magliette così grandi.
«Cosa cazzo ci fai con la mia valigia?» Porca merda, perché proprio lui?
Damon Salvatore stringeva la mia valigia tra le mani e aveva aperto la porta senza neanche bussare, solo come un cafone sapeva fare.
Lo vidi deglutire e fissarmi leggermente con occhi sgranati.
Ero così ubriaca da non provare neanche vergogna, dopotutto essere in biancheria era come essere in costume o no?
«Non sai bussare?» Gli chiesi retorica incrociando le braccia al petto.
«Sei tu che mi hai mandato un messaggio.» Afferrai il cellulare e aprii la casella dei messaggi. Mi avvicinai a lui e gli indicai il cellulare.
«A chi è indirizzato il messaggio?» Lo vidi trattenere un sorriso e poi aguzzò gli occhi.
Pochi istanti e mi strappò il cellulare dalle mani.
«EHI, IL MIO CELLULARE!»
«Mi avevi memorizzato come coglione.» Disse con una punta di acidità nella voce. Anche se non capivo se si fosse realmente offeso o se mi stesse provocando come facesse sempre.
«In realtà fino a un’oretta fa era semplicemente Damon Salvatore, poi ho pensato perché non cambiarlo in un nome più azzeccato?» Cantilenai concludendo il tutto con una magnifica piroetta.
«Sei poco ubriaca, eh?» Mi sfottè. Mi avvicinai alla sua valigia ed estrassi una maglietta a maniche lunghe.
La indossai velocemente: era calda e in pile. Forse potevo fregargliela facilmente.
«Io? Ma cosa dici?» Risposi spavalda, non guardando dove poggiavo tanto che Damon si era avvicinato a me troppo repentinamente.
«Siamo entrambi ubriachi, tu più di me…» Ridacchiò poggiando il capo nell’incavo del mio collo. Si vedeva che non eravamo ubriachi, nessuno dei due sarebbe riuscito a mantenere una posizione così…così normale, quasi romantica da sobri.
«Sei pesante…» Mugugnai allacciando le mani alle sue spalle per farmi da sostegno.
«Tu hai fatto il giuramento?» Chiesi così, all’improvviso non sapendo cosa fare e volendo allontanarmi da lui.
«La trovo una stronzata.» Rispose schietto spostando con un movimento secco la sua valigia dal letto. Tolsi le coperte da lì e mi infilai sotto poggiando la testa sul morbido cuscino.
Damon, invece, si sedette sul letto poggiando la schiena alla tastiera del letto.
«Io non ricordo…» Dissi portandomi una mano sulla fronte, cercando di ricordare se avessi detto qualcosa del tipo ‘io giuro...’.
«Lo sospettavo…» Confermò stiracchiandosi.
«Probabilmente riguardava te, qualcosa sul non ucciderti per non turbare la tranquillità della nostra vacanza…» Avevo già iniziato a straparlare?
A giudicare del viso di Damon, sì. Ero entrata nella fase della sbornia chiamata delirio: durante questa fase tutto quello che mi capitava per la mente dicevo senza problemi, non che non avessi il coraggio di dire quello che pensavo quando ero sobria evitavo di dire tutto solo per non sembrare scostumata – anche se trattenermi con Damon risultava sempre troppo difficile –.
«Sei molto più simpatica quando sei sbronza, eh?» Mi provocò. Lo vidi togliere le scarpe e togliersi gli indumenti per poi avviarsi – solo in boxer – verso la sua valigia – che si trovava in un angolino remoto della stanza.
Non guardare Elena. Mi ripetevo. N O N GUARDARE.
Oh che me ne frega, è bello da morire. L’Elena ubriaca del mio subconscio vinceva anche sull’Elena razionale.
«Ti è piaciuto lo spettacolino?» Commentò riducendo la voce ad un flebile sussurro. Indossava una specie di pigiama – che poi un pigiama non era visto che era semplicemente una maglietta e un pantalone piuttosto largo –.
«Che cosa stai facendo?» Gli chiesi, notando che stava iniziando a tastare il cuscino. «Non pensavi che ti facessi rimanere qui, vero?» Lo schernii. Incontrai i suoi occhi azzurri e per la prima volta mi pentii di essere stata così schietta. Perché dovevo creare casini su casini con lui persino da ubriaca?
«Non sarei rimasto ugualmente.» Commentò, anche se la voce mi sembrava incerta – o forse me lo stavo immaginando. «Dormire con una psicopatica non è il mio più grande sogno.» Continuò: questa volta suonò più duro e sicuro di sé.
«E il tuo giuramento?» Farfugliai socchiudendo leggermente gli occhi volendo attutire quel mal di testa insostenibile.
«Non voglio rivelartelo, okay?» La sbornia iniziava a farmi troppo male: mi stava causando allucinazioni impossibile. Damon Salvatore mi stava parlando dolcemente? NON POTEVA ESSERE VERO. Devo ubriacarmi più spesso se era questo il risultato.
«Dimmelo e rimarrai qui con me.» Dissi con semplicità. Mi maledii mentalmente per quanto fossi stata stupida, seriamente gli avevo detto una cosa del genere? Quali problemi mi affiggevano?
«Altrimenti?» Mi chiese facendo comparire sul suo volto un cipiglio infastidito.
«Altrimenti tu ora vai nella camera in cui Caroline e Klaus si stanno dando da fare, li interrompi e mi riporti qui la bionda.» Aveva senso quello che avevo detto? Avevo pronunciato quelle parole velocemente, quasi come uno scioglilingua.
«Klaus mi castrerà.» La buttò sull’ironia.
«Nessuno ne risentirà, Salvatore.» Lo liquidai dandogli le spalle e sospirando pesantemente chiudendo gli occhi.
Sentii il suo peso sparire del letto e la porta della stanza si chiuse lentamente.
Se n’è andato.
 
[2.00 a.m]
 
Mi rigirai nuovamente nelle coperte chiudendo gli occhi nuovamente. Mi ero leggermente appisolata, chiusi gli occhi per riprendere sonno ma venni distratta da un cigolio.
I post sbornia sono i peggiori. Mi dissi, quelle allucinazioni non erano ancora sparite. Mi resi conto che, in realtà, quella non era un’allucinazione quando sentii la pressione sul letto intensificarsi.
Qualcuno mi sfiorò il viso, ma io continuai a tenere gli occhi serrati. Avvertii le coperte spostarsi leggermente permettendo ad un’altra persona di entrare nel letto matrimoniale.
Sarà Caroline. Comunque non mi mossi minimamente. La mano mi spostò una ciocca dal viso e un respiro caldo era sul mio collo.
«Io, Damon Salvatore, giuro solennemente di farti innamorare di me Elena Gilbert.»
Ero ubriaca, non c’era altra spiegazione.
 








Aumentate sempre e il supporto migliora, di conseguenza i capitoli si fanno più lunghi, io mi sento meglio e miglioro sempre più.
Perciò Grazie per il vostro sostegno che date a me e alle mie storie (sia questa che l’altra).
Spero di risentirvi e che questo capitolo vi abbia fatto ridere un po’,
Non ti scordar di me.
  
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