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Autore: Amachodidaskalos    01/04/2015    1 recensioni
Basta poco. Basta un lampo, un fascio di luce. Il mondo, apparentemente immutato, si trova ad affrontare la peggiore delle sorti: l'isolamento. Ce la faranno i grandi eroi delle storie a salvarlo? No, semplicemente perché non esistono. Il delicato compito di portare l'equilibrio questa volta non viene affidato a paladini senza macchia o potenti stregoni dai cappelli a punta. Costretti insieme dagli eventi, un gruppo di individui dalla morale più o meno dubbia si vede consegnata tra le mani da nientemeno che la Morte in persona un'ultima disperata occasione: dodici giorni per salvare il mondo. Ma in fondo non è meglio superare la propria natura malvagia che nascere buoni?
Se avete un deja-vu, non temete: il Matrix è in ordine. Piuttosto questa storia, che era arrivata al sesto capitolo, sè stata accidentalmente cancellata, e quindi la stiamo ripostando. In realtà, Shades è il resoconto di una campagna di D&D 3.5 tuttora in corso, ma non temete, profani: è perfettamente leggibile anche per chi non sa nemmeno cosa sia un tiro sulla Tempra; per i navigati di GdR sarà solo un poco più intrigante.
BuonaLettura.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo VIII: Tanto rumore per nulla

«Salvato la vita? Cosa vuoi dire?» chiese Timis diffidente «Io... io ho visto come è andata: ha cercato più volte di uccidervi!».
Il sole aveva ormai iniziato la sua discesa nel cielo, e le ombre dei pini iniziavano a rabbuiare tutta la foresta. Timis, Nether e Nori sedevano appoggiati all'orsogufo guardando con un misto di sospetto e divertimento l'elfo che si aggirava lungo il fiume con espressione ebete.
«So che può sembrare strano,» cominciò a spiegare Nori «ma se lo guardi bene si vede che è sotto l'effetto di un incantesimo di ammaliamento. Prima ha parlato di ninfe dei fiumi e roba simile, ma...».
«...ma quella che continua a descrivere non è una ninfa.» concluse Nether interrompendola «Con tutta probabilità si tratta di una kelpie.».
Timis si morse il labbro: sebbene non fossero tra i principali bersagli delle Falci Mietitrici, le kelpie venivano talvolta designati come obbiettivi di missione quando usavano le loro arti magiche per rendere schiavi coloro che morivano annegati nelle loro acque, praticando così indirettamente il reato di necromanzia. Erano famose per le loro grandi capacità di ammaliamento, che utilizzavano spesso per cacciare gli umanoidi di cui si cibavano.
«Quindi volete dirmi che una kelpie l'ha ipnotizzato, gli ha fatto costruire un ponte per predare gli avventurieri che lo attraversavano» ricapitolò la mezzelfa «ma poi non solo lo ha risparmiato, ma gli ha pure ordinato di proteggere il ponte e di non farci salire nessuno. Non ha senso! Così come fa a nutrirsi?».
«Beh, ecco,» rispose Nether smorzando un risolino «diciamo che il nostro elfo non deve essere un tipo tanto sveglio neanche da lucido. Probabilmente ha male interpretato gli ordini assegnati, o semplicemente l'incantesimo ha avuto più effetto del dovuto, ma non è questo il punto. Il fatto è che la kelpie probabilmente non è riuscita a mangiare nulla dal giorno in cui lo ha ipnotizzato, e questo peggiora le cose: ora invece di una predatrice razionale ed intelligente, con la quale avremmo potuto trattare il passaggio, abbiamo una creatura disperata per la fame, che attaccherà senza pensarci chiunque attraversi il ponte. Tutto per colpa del nostro elfo.».
«Ma perché non lo mangia?» sbottò Timis indicando l'elfo, che si sporgeva incantato a guardare la riva del fiume «Insomma, si sta quasi offrendo come pasto, ancora un po' che si sporge e casca in acqua!».
Gli altri due dovettero riconoscere che ciò rappresentava di fatto una falla nella teoria della kelpie affamata, ed una dopo l'altra scartano tutte le ipotesi e le idee che venivano alla mente.
«Oh, per tutti gli dèi!» si spazientì Nori facendo segno agli altri di tacere «Basta star qui ad immaginarsi tutti gli scenari possibili! Abbiamo un conto alla rovescia in corso, e stiamo quasi per buttare via una giornata! L'unica cosa di cui dobbiamo preoccuparci è come uccidere la creatura, kelpie o non kelpie che sia!».
«Va bene,» approvò Nether «ma per sicurezza fatelo voi. La leggenda dice che le donni siano resistenti alla magia di un kelpie, se non del tutto immuni.».
Timis si accigliò. «Chiarisci quanta affidabilità attribuisci a questa "leggenda".».
Il necromante sorrise in modo sinistro «Tutto il nostro viaggio finora si è basato sulla speranza che una leggenda fosse vera. Valuta tu.».
 
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Per molto tempo, l’unico rumore udibile era stato il ritmico ansimare di Miros e lo scricchiolio degli aghi che ingombravano il terreno su cui quello arrancava, e la piccola compagnia avanzava immersa nel silenzio.
Poi un flebile scrosciare d’acqua iniziò a risuonare in lontananza, facendo illuminare il volto del ragazzo.
«Un fiume…» mormorò estasiato «Sì! Finalmente! Non bevo acqua fresca da due giorni! Finalmente il Fato torna a sorridermi!».
Lupo Grigio fissò il compagno stranito. «Vuoi dire che non vi portate dietro scorte d’acqua come fanno tutti? Che avete di sbagliato?» chiese incredulo «Guarda che è tipo la prima regola dell’avventuriero!».
“Lascia perdere.” mormorò Loreth sconsolata “Quando siamo entrati in questa foresta avevamo cibo e acqua per tre giorni. E siamo entrati sette giorni fa. Quando abbiamo finito il cibo abbiamo tirato avanti a bacche e pozzanghere, finché questo idiota non ha pensato bene di mangiarsi un po’ di orsogufo.”.
«Che sapore aveva?» domandò il druido, curioso.
«Era buono, cazzo!» rispose Miros coprendo la voce della compagna «Avresti dovuto vederci! Avevo appena realizzato che perdermi nella foresta era stata una svolta cruciale nel mio destino, e…».
«Dimmi, perché sei così fissato con il Fato e il destino?» lo interruppe il druido «Io ho vissuto ottantadue anni, amico, e ne ho trascorso la maggior parte letteralmente sopra fogli di piani, progetti e programmi: bene o male, il vecchio capo druido riusciva sempre ad ottenere quel che voleva, in barba agli scherzi della sorte. Non pensi che puoi scegliere cosa fare?».
Miros sospirò piano «Beh,» iniziò incespicando nel discorso «a me… piace fare l’avventuriero, l’ho scelto io e… non so… mi riesce anche bene, quindi visto che mi sono state predette grandi azioni da eroe io… io, non so… sono invogliato a farle, ecco.».
“Non fargli più questa domanda.” pregò Loreth curando di non farsi sentire dal ragazzo “Anch’io so che non è vero niente di quello che gli è stato detto, ma a lui non rimane altro nella vita. Se sono io a dirglielo  pensa che sia per stuzzicarlo, ma tu, per favore, non sollevare più l’argomento.”.
Lupo Grigio annuì pensoso, e decise che forse sarebbe stato meglio cambiare aria per un po’.
«Bene!» proruppe gioioso «Ho deciso che vado avanti fino al fiume, ho sete anch’io. Chissà, magari avevano sete anche loro e si sono fermati, ormai non dovrebbero essere tanto lontani. Sei un gran marciatore. Ci vediamo!» e dondolandosi riuscì ad uscire dalla bisaccia. Si trasformò in lupo prima di impattare sul terreno, riprese l’equilibrio e  partì di corsa in avanti.
«Tipo strano, eh?» osservò Miros grattandosi il naso.
“Già.”.
 
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Il piano d’azione era semplice, ma ben studiato. In seguito ad un’accesa diatriba riguardo all’affidabilità della diceria sui kelpie, Nori e Timis avevano acconsentito ad occuparsi della creatura, mentre Nether avrebbe distratto in qualche modo l’elfo ammaliato, per assicurarsi che non avrebbe interferito nello scontro.
Le due donne erano in piedi di fronte allo stretto ponte dalle assi sconnesse, ad aspettare che il necromante facesse il suo dovere, chiedendosi cosa mai stesse dicendo mentre lo vedevano confabulare con l’arciere.
«Come la staniamo?» chiese Timis dubbiosa quando i due si furono allontanati nella foresta, seguiti dall’orsogufo.
«Beh,» rispose la Dea della Morte voltandosi verso il ponticello mentre estraeva la spada «intanto evoca la tua falce, ragazzina, e preparati a colpire quando salta fuori. Lascia il resto a me.».
La mezzelfa la guardò con sufficienza, ma ubbidì e trasformò il bracciale d’ossa nella sua grande falce. Nori chiuse gli occhi, rievocando la sua vista magica.
“È proprio qui sotto…” pensò mentre sorridendo pregustava lo scontro “Sa mascherare bene la sua magia, però: la prima volta non l’avevo notata. Bene, demone, preparati alla battaglia.”.
Riaprì gli occhi di scatto e balzò in avanti sul ponte, affondando la lunga spada bastarda fino all’elsa tra assi storte. Immediatamente un’indistinta forma verde schizzò di lato evitando il suo affondo. La creatura emerse dall’acqua e quelle che sembravano alghe si raccolsero nella figura urlante di una giovane donna avvenente dagli occhi rossi.
Timis non attese un istante: levandosi in volo roteò la falce con violenza, tranciando di netto il busto della creatura acquatica. La parte superiore della creatura parve esplodere: lunghi filamenti di alghe verdi e vaporose schizzarono in aria ricadendo nel fiume, sui rami degli alberi e per tutta la radura. Il resto del corpo si afflosciò inerte nel fiume, e fu presto trascinata via dalla corrente.
«Accidenti!» esclamò Nori, con gli occhi sgranati e la spada ancora incastrata nel legno «Ci eravamo preoccupate un po’ troppo forse. Bel colpo.».
La Falce si spinse i capelli biondi dietro le orecchie, gonfia d’orgoglio «Dovevo sfogarmi.» disse con noncuranza «Ieri ne ho prese abbastanza per un mese, era tempo che le restituissi a qualcuno.».
«Oh, peccato!» rise la Dea della Morte «Speravo l’avresti fatto sul necromante.».
 
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«Dove stiamo andando? Dov’è l’essere che minaccia la mia donna di cui mi hai parlato? Perché hai i capelli di quel colore? Eh?» le domande dell’elfo seguitavano incessanti una dopo l’altra, senza lasciare tregua al necromante, che non poteva fare altro che rassicurarlo con risposte imbastite sul momento e silenzi che venivano interpretati dall’arciere come momenti di riflessioni mistica di colui che si era presentato come un inviato divino.
“È incredibile come ci sia cascato.” rifletté l’uomo in camice da laboratorio ignorando una domanda sul cosa fosse il buffo e grande orsacchiotto che li seguiva “Deve aver riportato un danno serio al cervello per l’incantesimo della kelpie.”.
L’elfo continuò a porre domande sempre meno sensate e sempre più fuori tema per un po’, mentre Nether si assicurava che stessero girando in cerchio senza pericolo di riavvicinarsi al fiume.
Ad un tratto, l’elfo parve sentirsi male, e cadde a terra carponi con un gemito.
«Uh, ehi!» gli fece Nether cercando di tirarlo su «Tranquillo, Leo. Leo è il tuo nome, no? Sono un dottore. Più o meno. Eri sotto l’effetto di un incanto di ammaliamento. Questo dovrebbe significare che la kelpie è mor…»
L’elfo lo interruppe vomitando una grande quantità d’acqua sul suo camice.
«Cosa? Che diavolo…» imprecò il necromante allontanandosi all’istante senza perdere di vista l’arciere piegato a terra.
Quando quello alzò la testa, il suo volto appariva trasfigurato: l’espressione bonaria ed ebete era scomparsa, lasciando il posto ad un ghigno torvo. Il suo viso non aveva più il colorito pieno ed olivastro di prima, ma si presentava pallido e smunto, come se fosse stato a digiuno a lungo, mentre gli occhi dardeggiavano furenti verso il necromante.
«Siete morti.» sibilò prima di incoccare una freccia e puntarla verso Nether.
L’orsogufo reagì alla minaccia verso il suo padrone, che ancora restava immobile senza parole, e si frappose ruggendo tra il tiratore ed il suo bersaglio, in attesa di ordini che non arrivavano.
Il volto di Leo si deformò in una tetra smorfia decisamente poco rassicurante. Senza mostrare alcuna paura estrasse una seconda freccia blu dalla faretra, e la incoccò vicino alla seconda.
«Tuona, Zeus!» ruggì tendendo l’arco, che risplendette di luce gialla. Una folgore avvolse i due dardi, e fu scagliata assieme a loro dritta in mezzo agli occhi dell’orsogufo, che fu attraversato da una scossa di energia crepitante e si accasciò al suolo, emanando uno sgradevole odore di carne bruciata.
Dietro la gigantesca carcassa fumante, il necromante iniziò ad arretrare, atterrito.
«Va bene.» farfugliò spingendo le mani avanti «Ascolta, non so chi tu sia o cosa ti abbia fatto, ma…» ma alla vista dell’arciere che rapido incoccava un altro dardo fuggì nella boscaglia senza completare a frase, diretto di nuovo verso il fiume.
Si mosse a zig-zag tra i tronchi dei pini, gettandosi occasionalmente un’occhiata alle spalle pensando di essere inseguito, ma fu sorpreso e sollevato di constatare come l’arciere non solo non l’avesse rincorso, ma si fosse diretto in tutt’altra direzione.
Si fermò a riprendere fiato appoggiato ad un tronco, quando si accorse del muschio che lo ricopriva. Sud. Stava correndo verso sud, quando il fiume si trovava ad Est della loro posizione.
“Non posso crederci…” pensò portandosi una mano alla bocca ansimante “Sono fuggito nella direzione sbagliata! È lui che è diretto al fiume! Come ho potuto essere così stupido?”.
Il suo pensiero passò subito alle due donne. “Maledizione! Senza di loro non posso fare nulla! Mi servono vive!” e scattò di nuovo a correre tenendosi la milza.
 
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«Secondo te gli è successo qualcosa?».
La domanda di Timis riportò alla realtà la Dea della Morte, che seduta sul ponticello, che era effettivamente più solido di quel che sembrava, stava guardando i pesci che lentamente tornavano a stazionare fra i sassi dopo la confusione in cui la kelpie li aveva gettati.
«No, non penso.» la rassicurò  tirando una coppia di aghi nelle vorticose acque sotto di lei e guardandola mentre la corrente la reclamava «Semplicemente è stato molto più facile del previsto uccidere la kelpie. Chissà perché ci preoccupavamo tanto? Probabilmente l’elfo è svenuto, o è confuso per la morte della sua ammaliatrice, o forse, chissà, si sono persi.».
«Cosa pensi dovremmo fare dell’elfo?» chiese Timis, sedendosi di fianco alla donna «Insomma, non possiamo lasciarlo qui se è davvero sotto shock o svenuto.»
Nori storse il naso. «Che ti succede?» la schernì «Ti vengono i sensi di colpa, adesso? Ha provato ad ucciderci. Ammaliato o meno, per me può pure sprofondare nell’Abisso. Tieniti per te i tuoi istinti materni, mezzelfa.».
«Non ho istinti materni!» protestò la mezzelfa indignata «E poi cosa vorresti dire? Che tu abbandoneresti così una persona in difficoltà in un posto come questo?».
«Primo:» spiegò con un ghigno Nori tenendo il conto con le dita «a me del destino di un banale mortale con a cui non devo niente non importa alcunché. Secondo: no, in circostanze normali non lo farei, ma vista la fretta che la scadenza dei dodici giorni ci impone, non possiamo permetterci di raccogliere pesi morti. Terzo: qui ci è arrivato in qualche modo, no? Dunque sarà anche capace di tornare indietro.»
Fece una pausa, ed il sorriso sadico che le attraversò il volto non era dissimile da quello che aleggiava sul volto di Nether la sera prima. «E quarto:» aggiunse sollevando anche il mignolo «se proprio vuoi… prenderti cura di lui, tanto vale ucciderlo e porre fine alle sue sofferenze.».
Timis stava per replicare, quando un fruscio fra i cespugli le fece sobbalzare entrambi: dal sottobosco uscì trotterellando un lupo argentato, con la lingua a penzoloni e la coda che si agitava come impazzita. Fiutò il terreno più volte, prima di notare le due donne e di avvicinarsi.
«Tranquilla.» disse Nori posando una mano sulla spalla della compagna, che si era subito irrigidita «Non penso sia aggressivo: cerca solo del cibo.».
«Basta che non mi consideri come tale.» sibilò la mezzelfa accarezzando il braccialetto d’ossicini.
L’animale si avvicinò senza timore o timidezza, guidato da una traccia odorosa che solo lui riusciva a percepire. Annusò ripetutamente il terreno, poi il ponte e poi di nuovo il terreno. Persino Nori si irrigidì e provò ad allontanarlo con la mano quando diede l’impressione di voler attraversare il ponte su cui era seduta.
Vedendosi scacciato, il lupo si allontanò continuando ad annusare.
«Non dovremmo farlo passare?» domandò nervosa Timis.
Il lupo parve averla sentita, perché si sedette sulle zampe posteriori fissandola con la testa reclinata.
«Avete visto passare un uomo alto, con i capelli grigio-bianchi, che sembra un medico ma fa molta più paura?» chiese come se nulla fosse.
Le due donne per poco non caddero nelle gelide acque del fiume.




Ed eccoci qua, finalmente, alla sera di questo sudato mercoledì. Questo è il primo capitolo "nuovo" per tutti quelli che leggevano la storia anche alla sua prima edizione. Spiacente per il capitolo bonus del sabato che alla fine non è stato postato: non ne abbiamo avuto il tempo. Mi piacerebbe, in futuro, postare ad un ora più decente delle nove di sera, ma questa volta ho una buona scusa: abbiamo tenuto sessione tutto il pomeriggio, accumulando materiale per altri cinque o sei capitoli (dal numero XIV al XX, se tutto va bene). Ora, la parola alle rubriche.

Commento del Master: Ed ecco che accade. Nessuno al mondo, neanche i pluripremiati ricercatori Oral-B, sono stati in grado di fornire una risposta convincente a questo mistico e misterioso fenomeno. Ad ogni campagna, intorno a tutti i tavoli da gioco del mondo, accade la stessa identica cosa: la sindrome da seconda sessione. Conosciuta anche dal volgo come Sindrome della Tartaruga, essa si manifesta come una mistica forza che spinge i giocatori all'inazione. Forse è la consapevolezza che il personaggio è una creatura mortale, ed il mondo un luogo pericoloso, forse è che l'euforia della prima sessione scompare, lasciando spazio all'incetezza per il futuro, forse è l'improvvisa necessità e possibilità di compiere scelte, invece che affidarsi ciecamente alle mani del master, ma una cosa è certa: alla seconda sessione, i giocatori vengono presi da uno strano senso di paura, che li porta a dubitare anche del lento oscillare di una foglia al vento. Se il master la descrive, potrebbe essere rilevante per la trama. Questa malattia non è permanente, e già dopo la prima ora di gioco i giocatori iniziano a rilassarsi, ma - che diamine!- hanno passato quaranta minuti d'orologio a discutere se una kelpie avesse o meno poteri sulle donne. Pazienza, meglio prima che dopo. In tutto ciò, ecco che, come tutto nel mondo, anche Leo Noah mostra di essere più di quanto appare alla vista.

Commento dei Giocatori: Il master si è già dilungato sulla malattia da seconda sessione, quindi passiamo oltre. Non vi hanno un po' inquietato le ultime parole di Nori? Un po' di paura ce l'hanno fatta. Del tipo: e tu saresti Neutrale? Così parla un Legale Malvagio! In seguito ad un'accesa discussione, però, abbiamo tutti concordato che calzavano alla perfezione alla società degli Dei della Morte così come l'abbiamo immaginata noi. D'altra parte, nessuno si aspettava la repentina trasformazione di Leo, e al momento nessuno aveva in mente di cosa potesse trattarsi. Possessione? Possibile, forse la magia del demone acquatico ne soffocava i sintomi. La kelpie non era morta davvero? Chi poteva dirlo? Era stato fin troppo facile... Doppia personalità? Forse, eppure il controllo del pg non è passato al master. Avremmo trovato le risposte che cercavamo molto presto. E forse non era una buona cosa.

Bussola del lettore: Leggende? I protagonisti parlano di leggende sulla kelpie? In un mondo fantasy dove la magia è quasi normale? Sembra strano, ma non lo è: provate semplicemente a pensare a quante "leggende" noi abbiamo su animali che vivono accanto a noi e che vediamo tutti i giorni. Le mosche? Se attacchi dei CD al balcone non si avvicinano. I cani? C'è chi dice che sentono i terremoti in anticipo. La salamandra? Resiste al fuoco, vero? E la zanzara? Non succhia il tipo AB. Tutti queste dicerie, più o meno diffuse, sono più o meno vere ed accreditate, ed in mancanza di prove certe e dati ottenuti da esperimenti ripetibili non possono che ssere definite leggende. Stessa cosa nel mondo di gioco. Le kelpie? Sì, le conosco, ma non hanno potere sulle donne, vero. Specialmente quando i tiri di Conoscenze vanno male, è facile imbattersi in perle di saggezza popolare riguardanti un mostro, piuttosto che nella sua classificazione binaria. E comunque, certe cose continuano a sembrare insolite e "sbagliate" come il lupo parlante che ha fatto quasi fare un bagno a Nori e Timis.
  
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