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Autore: frozenkingdom    02/04/2015    2 recensioni
Albus Severus Potter vive nel mondo Babbano ormai da molto tempo, in America, ha quarantanni e una fiorente carriera musicale come cantante; forse non la vita che ha sognato, ma qualcosa di cui tutto sommato può considerarsi soddisfatto.
Ma nemmeno il suo sostanzioso conto in banca è in grado di acquistare armadi abbastanza grandi da nascondere i suoi scheletri, specie quelli del cuore, che lo costringeranno ad affrontare tutto ciò che ha sempre negato a se stesso.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy | Coppie: Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Autore: miharu92

Fandom: Harry Potter

Personaggi: Albus Severus Potter, personaggi originali vari

Raiting capitolo: Verde

Conteggio parole: 5574

Avvisi: //

Genere: Introspettivo, Malinconico,

Betareader: Snoopy <3

Disclaimers: I personaggi sono di proprietà intellettuale di chi ne detiene i diritti. Non ricevo alcun profitto dalla stesura e pubblicazione di questa storia, i fatti narrati non sono intesi a ledere l'immagine di nessuno e qualsiasi similitudine a fatti realmente accaduti è da considerarsi puramente casuale.


Capitolo Primo; Brumous

"Of grey skies and winter days; filled with heavy clouds of fog; relating to winter or cold; sunless weather"



"Al Sig. Albus Severus Potter,


Con la presente La invitiamo a presentarsi al più presto al Centro di Cura e Ricerca dei Disturbi Psichici 'Istituto Geelens'. La preghiamo di rispondere tramite medesimo gufo indicando la data e l'orario a Lei più comodi.


Confidando nella sua comprensione,

Le porgiamo i nostri più distinti saluti.


Dott.ssa Florentia Vesela Åkerman

Docente di Psichiatria presso l'Università Magica dei Disturbi Psichici"



È una gelida notte di gennaio quando Albus riceve quella lettera. Sono anni che non ha contatti con la comunità magica e quella povera bestia di un barbagianni ha dovuto picchiare sul vetro della finestra in camera sua per parecchi minuti, svegliando lui e il ragazzo sdraiato al suo fianco, prima che l'uomo lo notasse.

« Ma che cazzo… ? Albus, che rumore è?! » bofonchia il più giovane, alzando appena la testa dal cuscino, « Sono le tre di notte! »

« Torna a dormire. » è la fredda risposta di Albus, ormai sveglio, « Sicuramente qualche ragazzino che si diverte a lanciar sassi. »

« Dannati mocciosi… » mormora il suo interlocutore, richiudendo gli occhi e riaddormentandosi pochi istanti dopo.

Albus lo guarda per qualche momento, chiedendosi se non sia meglio usare la magia. Tanto dovrà cancellargli la memoria al mattino, la sua agente gli ripete costantemente quanto non debba avere scappatelle con i fan; ma è più forte di lui.

C'è ancora il ricordo di un profumo che deve cancellarsi dalla pelle.

Decide di alzarsi dal letto, il lenzuolo che scivola via dal suo corpo nudo, coperto solo dai boxer, e si sposta nell'altra stanza con la certezza che il gufo lo seguirà. Quando apre la finestra l'aria gelida accompagna l'animale che si posa sullo schienale di una sedia, guardandolo fisso con un'espressione che sembra quasi scocciata.

« … ah no, non te la prendere con me. » borbotta, slegando la lettera dalla sua zampa, « Non sono io che ti ho fatto volare con 'sto tempo! » aggiunge, cercando poi nella dispensa qualcosa che possa dargli da mangiare.

Non sa quanta strada possa aver fatto, quindi preferisce farlo rimanere lì al caldo, con acqua e cibo, piuttosto che ricacciarlo immediatamente in balìa del vento gelido.

E così, mentre il gufo si riprende dallo stress del volo, Albus si accende una sigaretta e la tiene in bilico fra le labbra mentre srotola quella pergamena dall'aria costosa. Gli porta alla mente un mare di ricordi, densi come pece e minacciosi come tigri, bestie dai denti affilati e dagli artigli pronti a dilaniargli la gola.

C'è un motivo se ha deciso di distaccarsi dal Mondo Magico e quel motivo è la propria sanità mentale.

Non vi è più posto, per lui, fra i maghi.

Eppure il suo passato ha deciso di bussargli alla finestra tramite un barbagianni dall'aria parecchio offesa, con la calligrafia elegante di una donna che lo invita nella sua clinica psichiatrica.

Cosa possono volere da lui? È indubbio che negli anni abbia avuto bisogno di un supporto psicologico, ma quel periodo è ormai passato. Ora sta bene, ha una carriera di successo nel mondo della musica; non esattamente la vita che ha desiderato, ma qualcosa che ci si avvicina molto.

Può considerarsi felice, tutto sommato.

Eppure quella pergamena dall'aria piuttosto urgente lo riporta indietro di decenni, strappandolo al presente e inchiodandolo a Hogwarts, nei sotterranei; l'aria grigia e verde, un viso appuntito, la pelle diafana, con occhi argentei e profondi--

« No, ripigliati. » dice a se stesso, stringendo la pergamena fra le dita. Apre gli occhi, puntandoli sulla prima cosa che vede -il gufo- e inizia mentalmente a elencare tutto ciò che conosce su quegli animali.

'Sono rapaci notturni. Comuni sul territorio italiano. Il loro verso è simile al russare di un uomo. Si cibano di piccoli roditori. Sono creature semi-senzienti...'

L'animale davanti a lui arruffa le piume, quasi gli avesse letto nel pensiero, e Albus si calma, respirando lentamente e riprendendo il controllo. Orribilmente fastidioso e familiare il modo in cui la sua mente sembra vertere costantemente sulla sua persona. C'è stato un tempo in cui il suo mondo girava solo ed esclusivamente attorno a lui e lui soltanto, ma quegli anni spensierati sono ormai un ricordo doloroso e lontano.

Non ha bisogno di farsi del male in questo modo, non ne ha proprio bisogno.

Con gesti veloci si alza dalla sedia, spegnendo la sigaretta nel portacenere e lasciando la pergamena sul tavolo, dirigendosi all'ingresso e cercando fra le proprie tasche l'mp3. Quando lo trova si mette immediatamente le cuffiette nelle orecchie, accendendolo e impostando la riproduzione casuale nella cartella del suo ultimo album.

Eccola, la sua vita. Musica, parole, accordi, cd, servizi fotografici, tour in giro per il mondo. Non c'è più posto per la magia, che ancora gli scorre nelle vene, la sua esistenza è totalmente nel mondo Babbano; e gli va più che bene così.

Perché, ricorda, a lui i Babbani non piacciono, non si sognerebbe mai di condurre una vita senza magia.

È al sicuro.

Con ancora la propria voce nelle orecchie a coccolare il suo ego, Albus ritorna in cucina. Prende la prima penna che gli capita sotto mano, facendo qualche ghirigoro a lato della pergamena per controllare che scriva, prima di rispondere.

Ricorda a memoria la propria agenda, non ha bisogno di ricontrollarla, e anche se dovesse avere qualche altro appuntamento di poco conto lo sposterebbe. Al momento questo ha la totale precedenza.

Gli scheletri non decidono di uscire dagli armadi solo per poi attendere pazienti che tu abbia tempo per loro.

« Vieni, è tempo di tornare a casa. » mormora, richiamando il gufo, il quale però apre minaccioso becco e ali, impedendogli di legare la pergamena alla propria zampa.

« Che diamine ti prende?! Avanti, dannato uccellaccio-- » impreca, sottovoce, per paura che il ragazzo nel suo letto si possa svegliare. Cosa che, però, si premura di fare la bestia appollaiata sulla sedia, spalancando il becco e facendo un rumore incredibile.

« Taci, stronzo! » esclama Albus, andando a recuperare da un cassetto la propria bacchetta e silenziando quella bestia. Comunque troppo tardi per evitare il danno.

« … Albus? »

Il ragazzo che era nel suo letto si trova ora sulla soglia della cucina, una sua maglia addosso che gli copre a malapena i boxer e le dita a stropicciarsi l'occhio. Sente il petto stringersi, dolorosamente, per un ricordo che quell'immagine gli scaturisce.

« Dimitri-- ti sei svegliato? »

« Ho sentito un rumore assurdo e… Albus, ma quello è un gufo?! »

« Ehm… no? »

Gli occhi di entrambi sono ora sull'animale che, imperterrito, continua ad aprire e chiudere il becco, nonostante non ne fuoriesca più alcun suono. Dimitri si passa una mano sugli occhi, lo sguardo che saetta dal gufo ad Albus fino alla sua bacchetta.

« E quello a cosa serve? Perché hai un bastone in mano? Albus, che sta succedendo?! »

L'uomo si stringe la base del setto nasale fra pollice e indice, sospirando. Sperava di poter combinare ancora qualcosa, con quel ragazzo, prima di riportarlo a casa, ma evidentemente il karma deve avere tutt'altri piani per lui.

« Mi dispiace molto, Dimitri, sei un caro ragazzo. » inizia, mentre il giovane lo osserva confuso e spaesato, « Davvero, mi stavi simpatico. » continua Albus, portandogli la bacchetta alla fronte e sospirando. Il ragazzo lo guarda senza capire per poi spalancare gli occhi, le labbra un poco dischiuse, prima che il suo intero corpo si ammorbidisca come burro fuso.

Albus lo afferra con un braccio prima che cada a terra, lasciando la bacchetta sul tavolo e portandolo in camera.

« Dormi, Dimitri. Domani ti porto a casa. » sussurra, accarezzandogli i capelli fin troppo chiari e rimboccandogli le coperte. Non ricorderà nulla del loro incontro, di essere andato a letto con lui e dell'averlo visto puntare un pezzo di legno contro un barbagianni. Nella sua memoria tutto quello sarà nulla più di un sogno molto strano.

Albus chiude gli occhi, sospirando, e ritorna in cucina dall'animale che ancora non si è deciso a calmarsi.

« Contento?! » sbraita contro la bestia, che sembra rispondergli nonostante il mutismo forzato, « Odio usare la magia sui Babbani, dannazione. » continua, voltandogli le spalle e aprendo la dispensa per versarsi un bicchiere d'alcool.

Le vecchie abitudini sono le ultime a morire e sono quelle che fanno maggior fatica.

Inspira profondamente l'odore del liquore prima di ingerirlo, gustandoselo e rigirandoselo sulla lingua. L'effetto è immediato ed è convinto che non abbia nulla a che fare con l'aver effettivamente bevuto ma sia più un "effetto placebo". I suoi muscoli si rilassano, la sua mente si svuota e la calma ritorna in suo possesso.

Posa il bicchiere sul lavello, passandosi la mano sul viso, e lancia un'occhiataccia al gufo che sembra invece guardarlo trionfante.

« Vuoi partire domani mattina, piccolo demonio? » domanda, retorico, mentre scuote la testa e si dirige verso la camera, « E parti domani mattina. Ma non fare casini mentre dormo che altrimenti ti spenno vivo. » lo minaccia, spegnendo la luce e mettendosi sotto alle coperte.

Assurdo come persino un dannato barbagianni gli ricordi lui.



~*~*~



Quando la sveglia suona, la mattina seguente, Albus è già seduto sul letto; un paio di jeans appena scoloriti, una canotta nera, i capelli ancora umidi dalla doccia appena fatta e fra le labbra una sigaretta accesa.

Poco prima dell'alba ha portato Dimitri a casa, curandosi di rivestirlo e di controllare che non ci fosse traccia del suo passaggio nella memoria di quel giovane, poi si è Smaterializzato nuovamente a casa. Ha sistemato l'ambiente con un tocco di bacchetta, il gufo (soprannominato amorevolmente "Lucifero") già in viaggio con la sua risposta, e si è fatto una veloce doccia. Si prospetta una lunga giornata, visto e considerato che ha dormito pochissimo e la preoccupazione gli impedisce anche solo di pensare di fare colazione.

Ha ragionato a lungo su cosa possa significare quella lettera, ma tutte le opzioni gli sembrano plausibili e terribilmente sbagliate in egual misura. Che si tratti di un suo familiare? Forse suo padre è definitivamente impazzito per tutto il lavoro del quale si è sempre sobbarcato. Oppure sua madre, troppo impegnata a districarsi fra la carriera sportiva e tre figli disastrati. James gli sembra quello meno plausibile; non perché non abbia anche lui la sua dose di problemi, bensì perché risulta quello meno incline a farsi aiutare. Dopotutto è stato il primo a distaccarsi dalla famiglia invece di affidarsi a loro per un appoggio che gli avrebbero donato incondizionatamente.

Non ricevono neanche più le sue striminzite e fintissime lettere per Natale.

'Forse è morto.' pensa Albus, con l'ombra di una fitta al petto; se di rabbia o di dolore è difficile a dirsi.

E se si trattasse di Lily? Albus ne dubita, è sempre stata la migliore fra di loro; attraente, decisa, con abbastanza forza morale da tenersi insieme nonostante attorno a lei gravitassero personalità distrutte (e distruttive) come i suoi fratelli, suo padre e sua madre.

È proprio vero che la guerra dura molto più a lungo di quanto venga ricordata sui libri.

Passano pochi minuti dal suono della sveglia e il cellulare inizia a squillare per i messaggi della sua agente. Albus si passa una mano sul viso, scacciando più che può i pensieri che lo affliggono, e aspira una lunga boccata di fumo dalla sigaretta mentre allunga la mano per recuperare il telefono.



Da: Marta

Sorgi e splendi, raggio di sole, oggi è uno dei tuoi giorni preferiti~


Fra trenta minuti ti voglio sveglio, scattante e fresco come una rosa in camerino, per il servizio fotografico che stai rimandando da una settimana.


Se lo rimandi ancora ti spezzo le gambine <3


Poi hai una veloce intervista, poche domande, ma mi raccomando: sexy e sorridente come al solito!


Dopodichè REGISTRAZIONE! L'avevo detto che è il tuo giorno preferito, no?

Ti aspetto in camerino, splendore, a dopo!


Da: Albus

Buongiorno anche a te, uragano. Ci vediamo in camerino, ma portami del caffè. È stata una nottataccia.



Mentre Albus osserva distratto il fumo che abbandona la sua bocca, disperdendosi nell'aria, cerca di deviare la sua attenzione da quella dannata lettera al proprio lavoro; o, più precisamente, tenta disperatamente di sradicare le radici che la sua testa ha piantato nel passato e riposizionarle nel presente, dove devono stare.

Se davvero la sua forza e il suo benessere possono essere destabilizzati così facilmente, pensa, deve farsi rimborsare i soldi dalla psicologa che lo ha seguito per anni. Credeva di essere guarito, credeva di essersi lasciato il mondo magico e le sue assurdità alle spalle, credeva davvero di poter sfuggire a tutto ciò che lo aveva ferito, nel tempo.

Ma, si risponde, non è mai davvero scappato. Non ha mai davvero smesso di essere un mago, l'energia magica gli scorre nelle vene e -se non viene dispersa a dovere- gli pulsa fastidiosa nelle tempie, spingendo da sotto la sua pelle e ruggendo sui suoi nervi. Non ha mai davvero lasciato Hogwarts alle spalle né tantomeno lui e tutto ciò che gli ha fatto provare.

Tutto ciò di cui lo ha colmato e tutto ciò che gli ha tolto.

Non è sicuro di come quella consapevolezza lo faccia sentire, il pensiero che tutto il lavoro svolto con la psicologa sia stato solo un mentire a se stesso, ma dopo qualche istante sente distintamente la rabbia assalirlo. La sente vorticargli nella testa, nel petto, dietro gli occhi; la sente danzare dispettosa su ognuno dei pensieri che maggiormente gli procurano dolore, ridendo divertita dal sangue che vede sgorgare dalle ferite ancora aperte.

Odia se stesso per essere stato così stupido, così orgoglioso, così codardo. Odia il mondo magico per essere così tanto capace di trattenerlo a , di impedirgli la fuga con le sue dita da ragno ricoperte di melma. Odia il proprio sangue che non riesce a far scorrere via dal suo corpo, solo perché gliel'ha promesso.



« Niente sangue, ti supplico. Niente ferite. E ti prometto che prenderò peso. »

« Lo farò. »

« Giuralo, ti prego. »

« Te lo giuro. Te lo giuro, niente sangue. »



Vorrebbe convincersi di odiare anche lui, di detestarlo, di trovare orribilmente fastidioso il modo in cui anche solo il suo ricordo lo possa distruggere e tenere insieme al contempo. Vorrebbe poterlo urlare, l'odio che non riesce a costruire contro di lui, vorrebbe gridarlo al mondo.

Ma non può. Non è in grado di provare odio nei suoi confronti, non ci riuscirebbe nemmeno se ne valesse della propria vita.

Dopotutto, come può odiare qualcosa di così bello, di così ammaliante?

Come può odiare qualcosa che così tanto pare la rappresentazione di un intimo dolore che non si riesce a spiegare, che non si riesce a mandar via?

Come si può odiare la sensazione che, come un veleno, si spande nella cassa toracica, mozzando il respiro e aumentando il battito cardiaco, rendendoti così vibrante di vita in quel frammento di tempo prima della morte?

« Come veleno… » mormora Albus al silenzio, piano, prima di spegnere la sigaretta e alzarsi dal letto.

Si prepara per uscire lasciando i propri pensieri fra le lenzuola sfatte, nelle pieghe dei propri vestiti, spalmati sul pane imburrato che riesce in qualche modo a mandar giù; possono stare ovunque vogliano, a patto che si tengano lontano dalla sua testa.

Quando finalmente esce dalla propria abitazione, l'aria fredda della notte non ha ancora abbandonato completamente le strade e le case, nonostante l'ora, attaccandosi alla pelle e pizzicandola un poco. Vortica lenta attorno alle caviglie e risale dispettosa fino ai polsi. Albus si stringe nel cappotto, camminando a testa bassa e il passo veloce, quasi a voler sfuggire dalle sue preoccupazioni.

È stupido, si dice, considerarsi persone adulte e soddisfatte della propria vita per poi ridursi a scappare da dubbi che attanagliano come rovi spinati. Non sa cosa quella dottoressa possa mai volere da lui, con una tale urgenza poi, quindi la sola soluzione al momento è attendere, nonostante la curiosità e l'ansia lo stiano divorando da dentro.

Aumenta di poco il passo mentre svolta in un vicolo cieco, inspirando profondamente prima di puntare il piede a terra e, in un frusciare di stoffa, sparire come risucchiato dall'aria. Si Smaterializza nel vicolo dietro l'edificio nel quale si svolgerà il servizio fotografico e spinge la maniglia della porta di emergenza mentre si scompiglia i capelli.

« Albus, dannazione, sei in ritardo! »

Una voce femminile richiama la sua attenzione. La proprietaria sfreccia verso di lui per afferrargli il bavero del giubbotto con una mano e trascinarlo dietro di sé.

« Buongiorno anche a te, Marta. » ridacchia l'uomo, facendosi tirare, mentre saluta con un gesto della mano le altre persone che assistono divertite alla scena.

« Buongiorno un paio di balle, tesoro! Ti avevo detto di essere qui in trenta minuti, ce ne hai messi trentacinque! Io come devo fare con te, me lo spieghi?! »

L'uomo non risponde immediatamente e segue la ragazza nel proprio camerino, dove del caffè ancora ben caldo emette placido del vapore dall'enorme bicchiere in carta nel quale è stato riposto.

« È assurdo come tu sia sempre in ritardo, non me ne capacito... » borbotta Marta, lasciandogli andare il giubbotto e camminando avanti e indietro.

« Oh, caffè! »

« Sei totalmente irresponsabile, per fortuna non fai così ai concerti! »

« E tu sei fantastica, Marta. » mormora l'uomo, sorridente, assaporando la bevanda amara che gli riscalda piacevolmente la gola.

« Non capisco perché io faccia ancora i salti mortali per te, ti vizio troppo! »

« Sono un uomo fortunato. »

« Mi dai sui nervi, sei antipatico! » conclude la donna, una mano sul fianco e l'altra a indicare l'uomo, le gambe larghe, « Sei davvero antipatico, Albus Potter! »

L'interpellato continua a sorridere, posando il bicchiere e prendendo la sua mano con la propria, avvicinandola alle labbra.

« Sai cos'altro sono, Marta? » domanda, posando un bacio sulla pelle delle sue dita, continuando a parlare mentre la ragazza alza gli occhi al cielo, « Sono la persona più fortunata della Terra. » un altro bacio, al polso, « E sai perché? » chiede, posandole un terzo bacio all'avambraccio, « Perché ho un angelo moro, » bacio al gomito, « bellissimo » bacio al bicipite, « straordinariamente capace » bacio alla spalla, « come te, nella mia vita. » le bacia la guancia, mostrandole il suo sorriso migliore, « Cosa per la quale ringrazio Dio ogni giorno. »

« ... Albus, tu non credi in Dio. »

« Dettagli, dolce creatura, dettagli! »

Marta sbuffa, mal nascondendo un sorriso divertito, e si districa dalla flebile presa dell'uomo, lasciandogli così modo di ridere, appena roco, e ritornare al proprio caffè.

È così semplice fingere, dimenticare, scrollarsi di dosso i propri demoni e farli attendere alla porta, in fila; ad Albus sembra così semplice, ma sa perfettamente che i suoi demoni non si allontaneranno dalla porta ma che, al contrario, attenderanno famelici il suo ritorno, graffieranno il legno e gorgoglieranno il loro desiderio di afferrarlo, toccarlo, colmarlo e abbatterlo.

È così facile fingere quando si trova al lavoro, quando si trova con Marta. Se il suo cuore non fosse già stato sradicato dal proprio petto e donato a lui ancora pulsante, forse potrebbe innamorarsi di lei. La loro vita sessuale non sarebbe soddisfacente, vista l'omosessualità di Albus, ma forse sarebbero felici.

C'è stato un momento, nella sua vita, nel quale ha realmente pensato di poter stare con quella donna. Poi il pensiero di lui tornava a coccolarlo ogni sera, cullandolo fra i rovi e le spine con il dolce canto delle sirene, e Albus aveva compreso quanto si sentisse sporco e sbagliato all'idea di amare qualcun altro.

Mentre termina il suo caffè, Marta lo fissa con quegli occhi verde scuro, terreno, che sembrano capaci di leggerlo in modi impossibili ad altri. A volte lo spaventa quella piccola donna, e se non fosse certo di non aver sentito alcuna vibrazione magica provenire da lei giurerebbe di saperla praticare la Legilimanzia.

« Albus, è tutto a posto? » gli domanda dopo qualche istante, con quella voce che l'uomo non riesce a sopportare; così interessata, dolce, carica di cristiana pietà... lo fa sentire in difetto, bisognoso d'aiuto, e non è così che desidera sentirsi.

« Sì. » risponde, scrollando una spalla, « Non ho dormito bene. Mi porti dalla truccatrice per il servizio? »

Marta lo osserva ancora per qualche istante, nel quale Albus cerca di tenere uniti i pezzi della propria maschera, per poi sospirare e rilassare le spalle, gli occhi socchiusi.

« Certo. Il caffè era buono? »

« Squisito! »



~*~*~



Il servizio fotografico è durato appena un ora e mezza ma Albus ha già il forte desiderio di mettere mano alla bacchetta. Per quanto odii fare magie sui Babbani, in quel momento non ci penserebbe due volte ad affatturare chiunque si frapponga sul cammino fra lui e la sicura solitudine di casa propria.

« Albus? » lo chiama Marta, distogliendolo dal cellulare, « Vieni, devi fare l'intervista! Il giornalista è arrivato... »

L'uomo inspira, posando il cellulare e seguendo la ragazza che si mette al suo fianco senza parlare. Non è un buon segno.

« Sei stato bravo, durante il photoshoot. » gli dice, finalmente, spezzando il silenzio, e Albus si irrigidisce un poco. C'è qualcosa nell'aria che pare sul punto di spezzarsi.

« Ti ringrazio. » risponde, cauto.

« Di solito sei straordinario. Sei davvero sicuro che non sia accaduto nulla? » domanda Marta, e Albus ha la netta sensazione che la cosa sul punto di spezzarsi sia la propria maschera. E ancora sente un moto di disturbo, sente di non poter sopportare Marta, percepisce la rabbia danzargli nelle vene e suggerirgli di allontanarla, di farla stare al suo posto.

'Come si permette di interessarsi?' sembra sibilare l'ira, al suo orecchio, 'Non rientra nelle sue mansioni.' aggiunge, e Albus ha bisogno di inspirare ed espirare qualche volta, a occhi chiusi, per scacciare il desiderio di farle del male.

« Te l'ho detto, ho solo avuto una nottataccia. » la rassicura, cucendosi sulle labbra il miglior sorriso che il suo repertorio sa offrire, mettendo la mano alla maniglia della porta, « Il caffè era squisito. Ah, sexy e sorridente giusto? » le domanda, con un occhiolino al quale Marta risponde con un gesto affermativo del capo e un leggero sorriso, « A dopo, tesoro. » aggiunge, aprendo la porta per poi richiuderla alle proprie spalle, forse un po' troppo frettolosamente per sembrare davvero naturale.

E sente d'aver appena estraniato l'intero mondo dalla propria vita, perché Marta è la sola persona alla quale abbia permesso di avvicinarsi abbastanza, la sola persona che lo sappia leggere così facilmente. Beh, l'unica dopo...

« Buongiorno, Albus, sono Dennis Kerwar del Glamour, è un piacere incontrarla! Sono un suo grandissimo fan! »

La voce giovanile del giornalista distrae la mente dell'uomo da una spericolata discesa verso il baratro, ma quando si volta è il suo aspetto a spingerlo oltre il precipizio.

Il ragazzo è snello, la figura longilinea resa più alta dagli stivali e dai jeans aderenti, il viso pulito di chi non è ancora un adulto. Ma ciò che Albus trova dolorosamente ammaliante sono i suoi occhi, come ghiaccio d'estate, e i suoi capelli biondissimi, legati in un piccolo codino all'altezza della nuca.

Si sente mancare la terra sotto i piedi. Improvvisamente l'aria viene risucchiata dalla stanza come se si stesse Smaterializzando, ma la sensazione non smette, l'ossigeno continua a venir sottratto ai suoi polmoni che, disperati, gonfiano il proprio petto.

Si ritrova piccolo, con una lunga tunica addosso, una camicia inamidata e una cravatta verde-argento sul petto. Si ritrova fermo su un pavimento in pietra, la luce fioca a illuminare l'ambiente. Improvvisamente non è più un adulto con una casa, una carriera e una libertà che si è guadagnato da solo, no; improvvisamente torna a essere un ragazzino che tenta disperatamente di comprare la libertà di cui ha bisogno con il proprio corpo, che si bea dell'illusione di poter fare ogni cosa, di guardare il mondo dalla sommità di una montagna composta di lacrime, bugie, dolori e veleno.



« Dove vai tutto agghindato, Albus? »

« Ho un appuntamento col battitore di Corvonero. »

« ... ancora? Non gli avevi dato il ben servito? »

« È stato una bella scopata, posso replicare. Tu non esci? »

« No, non questa sera. Ti aspetto per le coccole, tesoro! »

« Contaci, splendore. A dopo! »



« Albus... ? Mi scusi, va tutto bene? »

La voce del ragazzo, di nuovo, lo trascina via dai propri pensieri, sradicandolo da un passato che non è del tutto sicuro di odiare, per riportarlo a un presente che non è certo di apprezzare come credeva.

« Sì, sì, è solo che... mi ricordi qualcuno. » mormora piano, scuotendo appena la testa, la sua gola che pare rifiutarsi di funzionare come dovrebbe. Se la schiarisce un poco e si sfiora il collo con le dita.

« Ma non è nulla di importante. Piacere mio Dennis, è sempre una gioia incontrare un fan! » gli sorride, scrollandosi di dosso i propri pensieri, e gli tende la mano con un'espressione rilassata e sicura di sé.

'Sexy e sorridente ' gli ha ricordato la propria manager, perché è così che si è presentato al pubblico la prima volta; sono state proprio la sua sensualità e il suo sorriso da ribelle a garantirgli un'ampia schiera di sostenitori.

Ed è così che deve mantenere la sua immagine.

Il ragazzo sembra un po' spiazzato da quel cambio repentino, ma il sorriso di Albus compie la propria magia e Dennis gli stringe la mano con le gambe molli e l'espressione estasiata.

Mentre si siedono sulle comode poltroncine, Dennis estrae dalla borsa un registratore, posandolo sul tavolo accanto a loro, accendendolo.

« Questo mi servirà per riportare fedelmente le sue parole, spero non sia un problema... » incomincia il giovane, spostandosi una ciocca di capelli dagli occhi, e a quelle parole Albus sorride.

« Se avessi problemi con la mia voce registrata non farei il cantante. » scherza, e nota immediatamente le spalle del ragazzo rilassarsi e le sue mani smettere di muoversi frenetiche in cerca di qualcosa da fare.

« Ha ragione-- »

« E dammi del tu, Dennis; non ho vent'anni ma cerchiamo di non sottolinearlo! »

Il giornalista ridacchia appena alla sua battuta, mentre i suoi occhi chiari risplendono di concentrazione e risolutezza. Il suo imbarazzo e l'emozione di trovarsi davanti il proprio idolo sembrano essere sostituiti dalla professionalità.

Gli sta già molto simpatico.

« Già, quanti sono esattamente? » domanda sornione, con uno spirito impudente da vera Serpe, e Albus posa il gomito al bracciolo della poltroncina, reggendosi il viso con il pugno.

« Quaranta esatti, compiuti quest'anno. » risponde leggero, « E di quella festa si sono nutriti per settimane i giornali scandalistici. » ridacchia, scuotendo divertito la testa.

« Si riferisce agli scatti che la ritraggono in situazioni compromettenti con un altro uomo? »

Albus inarca un sopracciglio.

« Stavamo limonando, sì. » lo corregge, trovando divertente il modo in cui quel ragazzino si esprime; dev'essere una deformazione professionale dei giornalisti.

« Lo avrei definito più come 'scopare contro al muro'. » risponde Dennis d'istinto, per poi spalancare gli occhi e avvampare, espressione che fa scoppiare a ridere il maggiore, una mano sul viso.

« Non-- Non intendevo, io... ! »

« Le hai viste, eh? » chiede Albus, ancora ridendo e guardandolo con un ghigno divertito in viso. Il ragazzo sembra mortificato, e sposta gli occhi dal cantante al registratore, ripetutamente.

« Forse... ? » tentenna, per poi cedere al sopracciglio inarcato di Albus, « Okay, lo ammetto: le ho viste. Ma puramente per ragioni lavorative! »

« Certamente. »

« È vero! » si difende il giovane, l'imbarazzo che lo rende semplicemente adorabile, e Albus sente il folle desiderio di averlo risalirgli la spina dorsale. Gli somiglia così tanto... è perfetto! Si domanda come potrebbe apparire disteso su un lenzuolo immacolato, una benda a coprirgli gli occhi, il petto inarcato per accogliere le ondate di piacere che lui sa donargli, i capelli a raggiera attorno al suo viso perso nell'estasi...

« Comunque » inizia Dennis, inspirando profondamente, « torniamo all'intervista. Ormai sappiamo tutti la s-- la tua storia: vincitore di un talent show per giovani promesse alla tenera età di appena diciotto anni, avvicinato dal manager di una piccola casa discografica, incidi il tuo primo singolo, "Sweet Destroyer", che resta in cima alle classifiche per due settimane. »

« Hai fatto i compiti a casa, vedo... » commenta compiaciuto Albus, parole alle quali Dennis risponde con un sorriso.

« La tua carriera, però, decolla quando firmi il contratto con la tua attuale casa discografica e il secondo singolo "Whispers" viene pubblicato all'interno di un album -"Dirty"- di dodici canzoni dalla spiccata sensualità e ritmo rock. E dal primo tour americano, la strada è tutta in discesa; interviste, nominations, premi, apparizioni in programmi televisivi, addirittura una comparsa in un telefilm nei panni di te stesso e come personaggio secondario in un film dove appari in jeans e senza maglietta mandando letteralmente in tilt milioni di fan. »

« L'hai visto quel film? » gli domanda l'uomo a bruciapelo.

« Tre volte, ma non è questo il punto! » ribatte, fra le risa del maggiore, « Quello di cui volevo parlare riguarda la svolta avvenuta a ventidue anni. Il tuo stile e la tua musica hanno risentito di qualcosa accaduto nella tua vita personale? »

La risata di Albus si spegne lentamente.

Ricorda con perfezione cos'è accaduto in quel periodo, ma non è certo di voler condividere quella parte della sua vita, del suo cuore.

« Sì, è accaduto esattamente questo. »

Una pausa, il silenzio che pizzica la pelle.

« Me ne puoi parlare? » domanda il ragazzo, con molto più tatto di quanto abbia mai visto rivolgergli da parte di coloro che si sono trovati prima di lui a porgergli una domanda simile. Albus è sempre stato molto ermetico al riguardo, vedendosi obbligato per marketing a dare qualche velato indizio, ma nulla di più.

« No. » risponde deciso, « Posso dirti cosa ho già detto ad altri prima di te. All'epoca c'era una persona molto importante nella mia vita, che avrei voluto mantenere al mio fianco, ma così non è stato. Le nostre strade si sono divise e non ci sentiamo da allora. » spiega, con l'amarezza nella voce, e vede il ragazzo mordersi il labbro, a disagio.

« Va benissimo così. Ma questo mi porta a un'altra domanda. Ci sono stati numerosi articoli al riguardo, più o meno lusinghieri, ma desidero sentire con le mie orecchie la risposta: la tua vita di coppia. »

Nonostante l'amarezza, Albus non riesce a trattenere una lieve risata. Li ha letti tutti gli articoli su di lui, dal primo all'ultimo, da quelli delle testate più famose a quelli del più sperduto blog su internet. Sa benissimo cosa dicono di lui, e questo gli ha sempre dato forza, più che abbatterlo.

Come gli è stato insegnato da lui, che si è sempre fatto vanto di come -per uno con il suo cognome- i pettegolezzi non fossero altro che "semplice pane quotidiano".

Dennis ignora la sua risata, e prosegue.

« Non hai mai intrattenuto una relazione stabile, almeno non ne è mai giunta notizia alla stampa. Come mai? »

« Mi piace divertirmi. » risponde semplicemente, con una veloce alzata di spalle, « Serate, locali, discoteche, pub... non potrei condurre questa vita se fossi legato a qualcuno. »

« Quindi non ha nulla a che fare con la persona alla quale hai accennato prima? » chiede Dennis, quasi a bruciapelo, ed è il suo tono interessato a spiazzare maggiormente Albus. Non è certo se quel ragazzino sia sincero o solo molto bravo nel suo lavoro, ma nonostante tutto non riesce a rispondere con un secco "No". Vorrebbe farlo, lo vorrebbe davvero, ma la gola si chiude e la bocca si secca; perché è vero, dannazione, inutile mentirsi.

Ha cercato di convincere se stesso che il solo motivo per cui non si è mai impegnato in una relazione fosse per mantenersi libero, ma non è così.

'Sei un bugiardo, Albus, solo uno schifoso bugiardo.' si rimprovera, mentre il petto si stringe dolorosamente e la cassa toracica diventa un covo di serpi.

« ... Albus? » lo chiama Dennis, la voce tinta di preoccupazione, « Tutto bene? Non volevo metterti a disagio, possiamo cambiare argomento se-- »

« Arrivo subito. » lo interrompe l'uomo, alzandosi bruscamente dalla poltroncina e praticamente gettandosi alla porta, spalancandola per percorrere il corridoio a passo spedito. Da una spallata a qualcuno ma non riesce a voltarsi e chiedere scusa. Qualcun altro lo chiama, a gran voce, ma la porta di servizio è proprio davanti a lui e preme sul maniglione antipanico con una forza tale da farla sbattere contro il muro, quando si apre.

L'aria fredda lo colpisce in viso, il gelo si intrufola sotto la pelle, ma va bene così. Lo aiuta a concentrarsi, a rimanere arpionato al presente, ben saldo al luogo in cui si trova.

È in America, sta lavorando, è un cantante famoso; non si trova a Londra, sperduto nella propria vita e naufrago nelle proprie emozioni.

Così non va bene, se ne rende conto, non può ridursi ad avere un attacco di panico durante una semplice intervista, con un ragazzino troppo simile a chi si è lasciato alle spalle.

« Albus. »

L'uomo non si volta, non ne ha bisogno, e si passa una mano sul viso mentre Marta continua a parlare.

« Ho detto al giornalista che l'intervista è finita. Mi sono proposta di rispondere io alle sue rimanenti domande, in tuo nome, ma ha rifiutato. Si è scusato e ha lasciato il suo biglietto da visita, nel caso volessi "riprendere da dove avete lasciato", così ha detto. Ricordati solo cosa ti ho raccomandato, riguardo ai rapporti con i tuoi fan, confido nel tuo buonsenso. »

La sua voce è pragmatica, parla senza giri di parole, dritta al punto. E fa male, in un modo quasi dolce, ma Albus non è un bambino e sa benissimo che è esattamente ciò di cui ha bisogno. Non vuole essere coccolato e protetto, sa che necessita di avere la verità e la realtà gettate in viso come acqua gelida.

« Grazie... ti devo molto. »

« Vai a casa. Siamo in anticipo sulla tabella di marcia per il nuovo album; ti puoi prendere una giornata libera. »

« Domani mattina non ci sono. Arrivo nel pomeriggio. » la avverte Albus, con un tono che indica quanto personale e inderogabile sia l'impegno che si è preso. Di spalle, non vede Marta assottigliare le labbra e inspirare dal naso, gli occhi vibranti.

« D'accordo. »

« Ho bisogno di cantare. »

« D'accordo, Albus. »

« Ti assicuro che starò meglio. »

« D'accordo. »

L'uomo stringe i pugni, voltandosi con una fitta al petto.

« Davvero, devi credermi... »

« Albus, ti credo. » lo interrompe lei, avvicinandosi e passandosi le dita fra i capelli prima di posarle al suo petto, « Ma tu devi ricordarti che oltre a essere la tua manager sono tua amica. Solo questo. Se hai qualche problema, io ci sono. »

La fitta al petto di Albus si intensifica, e le prende la mano nelle proprie con una rara dolcezza.

« Ti ringrazio, Marta. Ti ringrazio davvero. »


Fine.

   
 
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