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Autore: Caladan Brood    21/12/2008    2 recensioni
Se potessi tornare indietro, se potessi ripetere i miei passi, sarebbero molti gli errori con cui dovrei confrontarmi. E anche se, con ogni probabilità, a molti non saprei ancor oggi porre adeguato rimedio, sono convinto che, almeno in quell’occasione, saprei come agire. Nulla sarebbe successo. Il 2005 mi sarebbe scivolato tra le dita, un semplice granello in più sul fondo della clessidra, uguale a tutti i precedenti… e ora non saremmo a questo punto.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
Tre Giorni


Dieci minuti dopo

«Certo non rappresentate un esempio di puntualità»
Seduto alla propria scrivania il capitano Lockwood alzò lo sguardo in direzione della porta che gli stava di fronte. Bussando un paio di volte per annunciarsi i due agenti erano ora entrati nell’ufficio.
«Siamo stati…» Raymond tentò di spiegare.
«Sedetevi» lo liquidò il capitano invitandoli ad accomodarsi con un cenno della mano. I detective avanzarono verso la coppia di sedie a pochi passi da loro.
Squadrandoli brevemente al di sopra degli occhiali da vista Lockwood in principio fece silenzio, sfogliò qualche pagina del rapporto che aveva a portata di mano, poi cominciò:
«Qualcuno potrebbe spiegarmi che è questa porcheria?»
«La registrazione dell’interrogatorio è già disponibile, e non penso impiegheranno molto ad ultimarne la trascrizione»
«E questo Allen nell’interrogatorio è riuscito a spiegare questa roba?»
«A dire il vero no» dovette ammettere Alex «ma oltre al rapporto è l’unica cosa che al momento potrebbe aiutare a capire cosa sia successo in quel magazzino ieri notte, aspettando la scientifica»
«Il problema rimane dunque»
«Concordo sul fatto che quel rapporto non abbia senso, signore, ma…»
«Un tassista che spara al cliente perché non gli ha pagato la corsa» Lockwood non gli lasciò nemmeno il tempo di finire la frase «un rapinatore che uccide il cassiere per le trenta sterline della cassa, un uomo che si rialza in piedi dopo essere caduto dal quinto piano, queste sono cose che non hanno senso. La storia che ho letto qui è abbondantemente fuori categoria»
«Non posso che concordare» Alex si rese conto che sarebbe stata più dura del previsto «ma abbiamo avuto poco tempo, non sappiamo ancora chi fossero quelli con Allen dentro quel magazzino, non abbiamo idea di chi abbia fatto la telefonata, e soprattutto, fino a ieri di John Allen nessuno sapeva niente, ci serve…»
«Un  altro incarico» lo bloccò il capitano con un cenno della mano «Vi ho chiamato per riassegnarvi»
«Stiamo seguendo questo caso da nemmeno mezza giornata» quasi si lamentò Kent.
«E forse è già troppo! Lì dentro non è successo niente. È stata versata qualche goccia di sangue, sono state distrutte delle casse di legno, la maggior parte delle quali vuote, e i muri sono stati crivellati di proiettili. Il caso è chiuso, McNeice e Brooks hanno visto male, o erano troppo fatti per vedere qualcosa di sensato, comunque sia andata il caso è chiuso. In questi giorni non mi posso permettere di buttare nemmeno un uomo»
«Almeno aspetti che la scientifica abbia finito»
«La scientifica ha già finito» Lockwood chiuse il rapporto e lo appoggiò sulla scrivania «L’ho richiamata poco dopo aver letto questo schifo»
«E cosa ha scoperto?»
«Niente ovviamente, sulla porta sfondata non c’è una sola goccia di sangue che sia anche solo minimamente rilevante e il sangue trovato sul pavimento non basta neanche a riempire una lattina. Tra l’altro scommetto che è tutto di Allen»
«Questo non è detto»
«E anche se così non fosse non ha importanza, è troppo poco»
«Ma…»
«Che vi ha detto Allen per giustificare la sua presenza lì?» per l’ennesima volta il capitano lo interruppe.
Senza molta enfasi, Alex lo informò di ciò che aveva appreso durante l’interrogatorio. Alla fine del resoconto Lockwood sembrava più determinato di prima a chiudere il caso:
«Il nostro unico sospettato è vittima di un sequestro di persona, e di aggressione, se non vogliamo vederlo come tentato omicidio»
«Questo mi sento di escluderlo» Kent ripartì alla carica.
«E perché? Se posso chiedere»
«Non penso abbia detto la verità»
Lockwood per poco non scoppiò a ridere:
«Hai anche solo uno straccio di indizio che possa avvalorare la tua idea?»
Non ricevette risposta.
«Il tuo sospettato ha una ferita al collo, una fedina penale pulita, una moglie, una figlia e uno dei lavori più noiosi in assoluto, questi sono fatti. Io non me lo vedo un quarantenne insegnante di storia a fare alcunché di illegale, e ti posso garantire che non sono l’unico. Anche la società di trasporti che possiede lo stabile dopo aver sentito questa storia sono convinto desisterà dallo sporgere denuncia contro Allen, anche solo per violazione di proprietà privata, perché tu sei l’unico che rema contro?»
«La sua storia è troppo semplicistica per essere vera»
«Le storie più semplici sono quelle vere di norma»
«Ma perché quelli che l’hanno rapito avrebbero dovuto farlo?»
«Per rapinarlo probabilmente»
«Perché non l’hanno fatto per strada allora?»
«Perché non volevano solo rapinarlo evidentemente»
«E che ci volevano fare?»
Lockwood sorrise:
«Perché vuoi questo caso, Alex?»
«Voglio sapere cosa c’è sotto» Kent, almeno su quel punto, non vide la necessità di mentire.
«E se fossimo in tempi normali probabilmente ti lascerei libero di fare» acconsentì il capitano «Ma non abbiamo tempo da perdere, questa città è un inferno ora come ora, ho tutti gli agenti impegnati con la storia degli attentati»
«Appunto, e se in qualche modo quello che è successo ieri notte c’entrasse…»
«No, non ti azzardare! Capisco che tu voglia saperne di più su questa storia ma non venire a sparare cazzate per convincermi» Lockwood estrasse dal rapporto la foto segnaletica di Allen e gliela mostrò «Ti sembra forse musulmano?»
«Magari è convertito» nello spararla grossa il sergente parve decisamente convinto.
«Fuori» ruggì l’altro indicando la porta.
«Va bene, non lo è!» Kent non si mosse dalla sedia «Tutto m’è sembrato meno che un terrorista, ma qualcuno questo ragionamento potrebbe farlo, non crede? Se scoprissero che ha archiviato il caso con tanta leggerezza potrebbe non essere un bene, per lei intendo»
Limitatosi solo ad osservare ed ascoltare per tutto il tempo Raymond quasi non ci credé quando lo vide. Il capitano stava esitando nella risposta, stava valutando seriamente tutte le ultime cretinate di Alex. Immerso per un attimo nei propri pensieri Lockwood stava realmente prendendo in considerazione l’eventualità di non chiudere subito il caso. Le possibilità di passare dei guai per l’aver interrotto le indagini sul nascere in quell’occasione erano pressoché nulle ma, di quei tempi, chi poteva saperlo? Chi poteva sapere cosa sarebbe successo nei prossimi giorni? Forse, veramente, non valeva la pena correre il rischio. Alla fine decise di acconsentire:
«Avete tre giorni»
«Solo tre giorni?»
«Incluso domani»
«Ma domani noi non siamo in servizio»
«Lo so» il capitano sorrise compiaciuto.
«È domenica» si lamentò Alex.
«Sono addoloratissimo, ma queste sono le condizioni. Potete stare a casa domani, nessuno ve lo impedisce, ciò non toglie però che avete tre giorni, se martedì sera non avrete scoperto niente il caso è chiuso»
Dopo una breve occhiata al collega che non appariva un gran che contento alla prospettiva di lavorare anche il giorno seguente Kent accettò:
«La scientifica dovrà finire di analizzare quel magazzino»
«Non più di due agenti» precisò Lockwood.
«Ma quello stabile è enorme»
«E li avrete a disposizione solo per un giorno, dunque sfruttateli bene»
«Ma…»
«Prima che cambi idea, Alex, io me ne andrei» suggerì il capitano.
Nel riaprire la bocca Kent per un attimo quasi valutò la possibilità di insistere ancora un po’ nelle contrattazioni, ma ci rinunciò subito. Salutando si avviò alla porta, di malavoglia il compagno lo seguì. Camminavano in silenzio lungo il corridoio, diretti all’ascensore quando Ray ruppe il silenzio che fino ad allora li aveva accompagnati:
«Due settimane di ferie?»
«La situazione mi è sfuggita di mano» si scusò Alex.
«Lo sai che non verrò mai domani vero?»
«Consideralo un favore personale»
«Non sono così generoso»
«Un giorno lontano dalla poltrona non ti farà male»
«E perdermi la prima giornata di premier… nemmeno morto»
«Tanto il Manchester ha già giocato»
«Le altre no però»
«Sopravvivrai»

Domenica  14 agosto 2005
Ore 9:30

Qualcosa stava suonando. Il rumore, in principio lontano ed indistinto col tempo si fece sempre più forte. All’inizio Raymond nemmeno ci fece caso, convinto che la cosa in qualche modo non lo riguardasse. Fu col passare dei secondi, nel passaggio dal sonno alla veglia, che si rese conto del contrario. La melodia che sempre con maggiore insistenza si insinuava nelle sue orecchie era il suo cellulare che stava squillando. Capito questo il passo seguente fu immediato: per qualche motivo era in ritardo! Saltando sul letto come una molla diede un’occhiata alla radiosveglia, i numeri dello schermo erano lampeggianti, non era suonata. Mettendo mano all’orologio si rese conto che doveva essere in piedi già da un’ora e mezza. Afferrò il cellulare con una mano mentre con l’altra agguantava la camicia. Già se la stava infilando quando rispose:
«Sto arrivando»
«Dove cazzo sei?» Kent pose la domanda pur sapendo la risposta
«A quanto pare è saltata la corrente nel condominio questa notte»
«Tra quanto arrivi?»
Ray diede un’altra, breve occhiata, all’orologio da polso, solo allora si rese conto del giorno, immediatamente gli ritornò alla mente quello che era successo la sera prima. Quando rispose il suo tono era radicalmente cambiato:
«Faccio prima che posso»
«Veloce»
«Sorprenderò me stesso» lo rassicurò Ray, senza la minima convinzione, prima di riagganciare non lasciando al collega possibilità di replica. Gettò il cellulare sul letto e si tolse la camicia che nemmeno aveva finito di abbottonarsi. Era domenica! Ancora non riusciva a capire come diavolo avesse fatto il collega a convincerlo ad andare a lavoro anche quel giorno ma che fosse dannato se avesse fatto le cose di fretta in un mattina che, quantomeno in teoria, avrebbe dovuto essere di riposo. Si diresse verso il bagno e non ne uscì prima di mezz’ora. Si vestì, con calma quasi eccessiva, ritornò in bagno a pettinarsi, fece ogni cosa con la dovuta calma di ogni giorno festivo. Uscendo di casa si fermò addirittura a chiacchierare con la signora che abitava nell’appartamento di fianco al suo quando la trovò lungo le scale. Mise in moto la macchina, pronto a partire, alle 10:20.

Ore 10:50

Bussò un paio di volte alla porta del magazzino che, abbattuta, giaceva appoggiata al muro nelle vicinanze dell’entrata. Con tre dita della mano destra teneva un sacchetto di carta, con le altre due un muffin mangiato a metà.
«È permesso?» chiese, con la bocca ancora piena.
«E che cazzo! Non toccare la porta» lo rimproverò Kent voltandosi subito verso di lui.
«Che sono?» Ray mostrò al collega la mano sinistra coperta dalla manica della camicia «Scemo?»
Limitandosi ad un grugnito di scusa Alex guardò l’orologio prima di ritornare ad armeggiare con la sottile asta di plastica che teneva tra le mani:
«Un’ora e venti»
«C’era traffico» si giustificò l’altro «Almeno ringraziami, ho portato la colazione»
«Colazione?»
Agitando delicatamente il sacchetto di carta Ray continuò:
«Una pausa prima di continuare?»
«Prima di cominciare vorrai dire» ribatté Kent alzandosi in piedi per poi dirigersi verso la porta sfondata.
«Che tra l’altro, non ci avevano dato due uomini?»
«Li ho rimandati in centrale ad analizzare le impronte sul nylon che sigillava quest’entrata»
«C’è un motivo?» Ray gli porse il sacchetto mentre entrambi uscivano dal magazzino allontanandosi dall’uscita di una decina di passi.
«Quando siamo arrivati era a terra»
«In che senso a terra?»
«Qualcuno è entrato qui dentro»
«Come fai ad esserne sicuro?»
«Hai mai visto quei teloni cadere da soli?» Alex addentò una ciambella.
«Potrebbe essere stato chiunque in ogni caso»
«Vero! Ma voglio le impronte su quel nylon il prima possibile»
«Hai un’idea di quante persone lo avranno toccato ieri quel pezzo di plastica?»
«Per questo li ho mandati tutti e due. Devono fare il lavoro in fretta e tornare qui»
«Ci metteranno mezza giornata»
«Se la cosa andrà per le lunghe ho detto a uno dei due di ritornare e lasciare l’altro a finire»
«Ti aspetti di trovarci le impronte di Allen?»
«Ci spero! Già questo basterebbe a tenere aperte le indagini»
«E c’è un motivo per cui il nostro sospettato avrebbe dovuto ritornare qui?»
Alex indugiò un attimo:
«Di preciso non saprei, sicuramente per eliminare qualcosa che non voleva venisse trovato»
«Del tipo?»
«Non lo so»
«Non ti sorge il dubbio che, anche nel caso fosse stato lui, gli sarebbe bastato usare un paio di guanti per farti fesso?»
«Faccio affidamento sulla sua eccessiva sicurezza in se stesso»
«Speri in uno sbaglio»
«Ci faccio affidamento, sembrava assolutamente certo di aver ogni cosa sotto controllo. Non vedo l’ora di togliergli quel sorrisetto strafottente dalla faccia»
«T’è mai passato per la mente che poteva sembrare tanto sicuro solo perché assolutamente certo di non aver fatto nulla di male»
«Nessuna persona incensurata come lui, anche se innocente, si comporta in quel modo»
«Non tutti reagiscono allo stesso modo alle varie situazioni» obiettò Ray.
«La sua reazione non è stata normale per uno che non ha fatto niente. Di colpevoli invece ne ho visti a decine comportarsi a quel modo»
«Ma a te “presunzione di innocenza” non dice niente?»
«Non molto nel caso specifico»
«Pensaci un attimo. Allen ti ha dato l’impressione di avere la situazione completamente sotto controllo ma allora perché, come dici tu, è ritornato qui ieri notte? Non possono essere vere entrambe le cose, ricordarsi di aver dimenticato qualcosa che potrebbe incriminarti non vuol dire aver le cose sotto controllo»
«E se il capitano non avesse considerato il caso chiuso troppo presto quel qualcosa che adesso non c’è più l’avremmo trovato»
«Mi ascolti quando parlo? Non puoi avere ragione su tutti e due i fronti»
Alex non perse molto tempo a sottilizzare, continuò per la sua strada:
«E adesso che mi ci fai pensare la sua voglia di andarsene in fretta adesso ha più senso»
«No, tu non mi ascolti quando parlo»
«Pausa finita» sentenziò il sergente trangugiando quello che restava del suo caffè.
«E a quanto pare il resto andrà buttato visto che gli altri due non torneranno prima di oggi pomeriggio» constatò Ray, con il sacchetto di carta in mano, mentre seguiva il collega. Lo posò a terra nei pressi dell’ingresso al magazzino ed entrò.
«Che avete scoperto fino ad adesso?» si informò.
«Mentre uno dei due impacchettava il nylon l’altro ha fatto solo un rapido giro, niente di nuovo nel complesso. A quanto pare però ieri la scientifica ha fatto più di quanto mi aspettassi»
«In fin dei conti è rimasta qui dentro parecchie ore»
«Esattamente quello che mi ha detto Hodge»
«James Hodge?»
«Lo conosci?» Alex non sembrò affatto sorpreso.
«Un po’. Che hanno scoperto ieri alla fine?»
«Prima che li richiamassero avevano finito con la porta e praticamente finito con il pavimento. Sai quanti bossoli hanno contato?»
«Tanti immagino» valutò Ray guardandosi semplicemente intorno.
«451»
«Gli aveva preso la mano evidentemente»
«Quelli delle uzi hanno ricaricato tutti, quelli delle pistole invece in sei»
«Hanno trovato i caricatori immagino»
«Certo che sì»
«Più possibilità di trovare impronte non credi?»
«Lo sapremo presto»
«Sui muri hanno fatto in tempo a far qualcosa?» Ray ritornò a concentrarsi brevemente sulle pareti.
«Lockwood li ha richiamati che avevano praticamente appena iniziato. Hanno solo estratto una certa parte dei proiettili. Evidentemente hanno perso un casino di tempo tra i bossoli e le casse fatte a pezzi»
«E…?»
«Tutti i proiettili, almeno a prima vista, hanno colpito solo l’aria»
«E questo si sapeva. Niente anche sulla porta?»
«Come nuova»
«Che culo. Immagino sia andata di merda anche con le casse a questo punto»
«In generale si, però molte hanno linee di rottura piuttosto nette» continuò Kent «quasi fossero state tagliate…»
«Probabilmente è quello che è successo, sono state rinvenute diverse armi da taglio»
«Su alcune casse sono state trovate sottili schegge metalliche»
«C’è altro?»
«Sì. Sul pavimento ci sono deboli tracce di sangue…»
«E anche questo si sapeva mi pare»
«Ma solo nella parte centrale» Alex ignorò l’interruzione.
«Saranno di Allen con ogni probabilità»
«Ma perché in una zona così ampia?»
«Hai detto solo nella parte centrale»
«Fa lo stesso, è sempre una zona troppo vasta. Uno con una ferita del genere se ne sta fermo a tamponare l’emorragia, la domanda resta. Perché se il sangue è tutto suo è così sparso?»
«Proprio non saprei»
Alex sorrise.
«Non vuol dire niente» lo anticipò Ray «In fin dei conti, anche fosse andato a seminar sangue in giro per tutto il magazzino non costituirebbe certo una prova valida. Non c’è altro?»
«Io ho dato un’occhiata alla porta sfondata»
«Adesso non vorrai venirmi a dire che sei convinto dell’esistenza di quell’uomo senza un braccio?»
«Come ho detto… è pulita» ammise Alex quasi a malincuore «No, ho controllato la serratura e i cardini, non sembrano né usurati né deboli»
«E questo che vorrebbe dire?»
«Che per abbatterla ci sarebbe voluta una certa forza»
Ray si fermò un attimo perplesso. Il suo sguardo si spostò dalla porta sfondata al collega:
«Ma si può sapere che pensi sia successo qua dentro?»
Kent non seppe che rispondere, poi dovette ammettere:
«Non ne ho idea. Sto solo cercando qualcosa che non quadri, tutto qui»
«Ah bè, dovrebbe essere una ricerca corta allora, non c’è niente che quadri qui dentro»
«Non in quel senso. Non ho intenzione di tralasciare niente»
«Perché l’hai presa così a cuore questa storia poi…»
«Sono curioso»
«No, per qualche oscuro motivo ti sei messo in gara con Allen, questa è la verità»
«Lavora e sta zitto» Alex gli gettò un voluminoso sacchetto di stoffa.
«Che robaccia sarebbe?» chiese Ray aprendolo. Quando si accertò del contenuto si bloccò quasi schifato «Puntatori laser?»
«Non intendo tralasciare nulla. Ci vorrebbe troppo tempo ad estrarre tutti i proiettili dai muri ma quantomeno un’idea sulle traiettorie voglio farmela»
«Ma tu hai idea di quanti siano 450 fori?»
«Finché non ritornano i due della scientifica non c’è molto altro che possiamo fare, anche per questo li ho mandati via, erano sprecati per un lavoro che potevamo fare tranquillamente noi»
«Ma ci vorranno ore» piagnucolò Ray.
«Non dobbiamo mica mettere un puntatore per buco, non ne abbiamo abbastanza, solo finché non finiamo i laser»
Demoralizzato, Ray diede una seconda occhiata al sacchetto che teneva tra le mani, ce ne saranno stati almeno un centinaio:
«Solo i fori vicini al pavimento?»
«Lì c’è la scala» Alex indicò alle spalle del compagno.
Ormai rassegnato l’altro si voltò ad osservarla:
«Io sto al piano terra, l’attico è tutto tuo»
«Solo perché sono gentile» acconsentì Kent prendendo sotto braccio tutto quello che gli sarebbe servito e dirigendosi verso la scala «Le bacchette sono lì» indicò un punto alle sue spalle
Ray vi si diresse a passi lenti:
«Dovevo starmene a letto»

Tre ore dopo

In un violento starnuto spezzò l’asticella di plastica nera che teneva tra le mani. Il laser, già fissato ad una delle estremità, cadde a terra separandosi dalla bacchetta. Senza nemmeno assicurarsi se si fosse rotto o meno Ray lo lanciò lontano, schivando di pochi centimetri l’agente della scientifica chinato su di una cassa fatta a pezzi al centro del magazzino intento a raccogliere schegge metalliche. Dopo un volo di una decina di metri il puntatore si frantumò sul pavimento.
«Scusa Jim» Ray alzò una mano in direzione dell’agente.
Quasi divertito Hodge osservò il collega per un attimo, poi ritornò alla propria occupazione:
«Vedo che apprezzi il nostro lavoro»
«Prova tu a piantare puntatori per tre ore poi fammi sapere»
«Già fatto»
«Ma probabilmente quel giorno avrai ottenuto dei risultati, guarda qua che roba, sembra che il magazzino abbia la varicella»
Prestandoci solo allora la dovuta attenzione Jim restò a bocca aperta. I raggi dei laser sfrecciavano in tutte le direzioni, diretti pressoché ovunque, senza un minimo nesso logico.
«Stando a quello che vedo una buona parte dei colpi è stata sparata da qualcuno attaccato al soffitto, a testa in giù»
«Assurdo» constatò l’altro.
«Un’unica parola che riassume alla perfezione la situazione in questo posto» concordò Ray starnutendo per l’ennesima volta «E come se non bastasse questo magazzino non ha mai fatto la conoscenza con un aspirapolvere»
«In effetti le cose non stanno andando molto bene»
«Almeno uno che mi appoggia»
«Non c’è nulla che anche solo minimamente dia l’idea che qui dentro sia successo qualcosa che giustifichi questo macello» James indicò tutto intorno a lui «Anzi, non c’è nulla che provi la presenza di qualcun altro oltre al vostro sospettato in questo posto, l’altra notte. Simili disastri li ho visti solo in presenza di scene in cui si era consumata una colluttazione, per non dire proprio una rissa, molto violenta per giunta, e in quei casi le tracce dei partecipanti abbondavano»
«Ma non qui»
«Se tutto il sangue apparterrà al vostro sospettato no. Eppure tutti questi colpi fanno pensare ad uno scontro»
«Allen dice che sono stati sparati a casaccio»
«Così tanti? E poi, se spari per il solo gusto di farlo di norma miri verso l’alto»
«Qui in verità sembra che quella gente abbia sparato in tutte le direzioni, e da tutte le posizioni»
«E soprattutto il “da tutte le posizioni” mi lascia perplesso» precisò Hodge  «Non ha senso. È come se avessero sparato da ogni altezza possibile il che è…»
«Paradossale» gli tolse le parole di bocca Ray.
«Precisamente»
«Avete finito di far conversazione laggiù?» li riprese Alex.
«Ma ti sei dato un’occhiata in giro a cosa ne stia uscendo da questa pagliacciata coi laser?» Raymond allargò le braccia indicando tutto intorno a lui.
«Ho visto, purtroppo. Qui penso di aver trovato qualcosa però»
«E cosa? Fori di proiettile?»
«Un buco» precisò Kent da sopra la sua scala, a poco più di un metro dal soffitto, a ridosso dell’enorme termoconvettore dello stabile, picchiando le nocche della mano guantata su di esso «Recente»
«Come fai a sapere che non è lì dal mese scorso poi…»
«La lamiera è piegata verso l’interno, e a quanto pare la linea di rottura spacca giusto a metà un foro di proiettile»
Ray ammutolì. Se effettivamente le cose stavano così era pressoché inconfutabile che quel buco fosse stato fatto dopo o durante la sparatoria. Non poté che dar ragione al collega:
«Scendi, lascia fare a Jim»
Senza farsi pregare Alex ubbidì. Ritornò a terra e cedette il posto a Hodge dirigendosi verso il compagno.
«Speriamo che sia qualcosa di importante»
«Perché con quello che abbiamo scoperto con i laser non è che abbiamo guadagnato punti»
«Eh… purtroppo lo so anch’io» convenne Kent guardandosi intorno «Traiettorie totalmente illogiche»
«Siamo incasinati a dimostrare anche solo la presenza di qualcun altro oltre ad Allen qui dentro due notti fa, nonostante la deposizione dello stesso Allen e le armi quantomeno lo suggeriscano»
«Dimentichi l’uomo senza braccio»
«Per quale oscuro motivo ti sei convinto della sua esistenza?»
«Se Ian e Steve l’hanno visto…»
«Vuol solo dire che erano più fatti del solito» Ray non gli lasciò nemmeno il tempo di finire.
«E allora chi l’ha sfondata la porta?»
«Magari lo era già, e forse proprio per questo quelli che hanno sequestrato Allen sono venuti qui, la porta era aperta»
«In verità io pensavo fossero entrati per l’altra» Alex indicò con il pollice alle proprie spalle la terza uscita «Quella che, a detta del nostro sospettato, hanno anche usato per scappare»
«Entrati da una parte e usciti dall’altra»
«Perché adesso un magazzino con due porte, di notte, le ha tutte e due aperte»
«O, più semplicemente, quella sfondata l’hanno abbattuta per entrare e l’altra l’hanno forzata per scappare»
«E Ian e Steve non si sono accorti di niente»
«Con tutto il casino che dicono di aver sentito? Mi sembra quasi normale»
Osservazione che a Kent sembrò una spiegazione sufficiente, non trovò nulla da obiettare su quel punto:
«Vedo che continui a credere al nostro sospettato»
«Ma sospettato di cosa? A quanto pare non possiamo nemmeno accusarlo di violazione di proprietà privata»
«Ma…»
«Pensaci bene» Ray lo anticipò «Adesso come adesso, contro di lui, cosa abbiamo?»
Alex non ebbe modo di rispondere. Attirato da un rumore alle proprie spalle si girò vedendo Hodge che, ora di nuovo a terra, si dirigeva dove aveva lasciato la sua valigetta.
«Trovato qualcosa?» chiese quando lo vide ritornare verso la scala.
«Schegge metalliche nel foro a quanto pare»
Alex rimase quasi paralizzato «Le stesse che avete trovato sulle casse?»
«Questo non so dirtelo adesso» James rimase sul vago «Certo si somigliano molto a prima vista»
Voltandosi verso il collega al suo fianco Kent lo vide quantomeno pensieroso.
«Cambiato opinione?»
L’altro non rispose.
«Qualche idea di come mai una delle spade o uno dei pugnali sia finita lì sopra?» continuò il sergente.
«Quel foro può essere stato fatto con un’arma da taglio?»
«Mi è sembrato troppo grande, ma se uno avesse voluto far passare attraverso il foro tutta l’arma, elsa inclusa?»
Raymond ancora una volta non si pronunciò.
«Decisamente il posto migliore per nascondere qualcosa in questo magazzino» si limitò a commentare Alex.
«Credi veramente che qualcuno abbia nascosto lì qualcosa?»
«Che adesso, con ogni probabilità, non ci sarà più»
«E qui stai pensando ad Allen»
«Precisamente»
«Geniale Alex, veramente, geniale» il tono di Raymond non dava spazio a molte interpretazioni.
«Che c’è che non ti quadra?»
«E cazzo, me lo chiedi anche? Dando per scontato che chi ha nascosto l’ipotetica spada, o pugnale, si sia accorto di Ian e Steve non appena sono arrivati, come poteva portarla lassù nel giro di un minuto? Perché non penso i due strafattoni ci abbiano messo molto di più per arrivare alla porta. E poi, soprattutto, per quale motivo qualcuno dovrebbe nascondere un’arma con cui non è stato commesso alcun reato, perché, ormai sono stanco di fartelo notare, qui dentro non c’è stato spargimento di sangue»
«Qui dentro c’è stata una rissa, Ray, inutile che continuiamo a girarci intorno. È impossibile che una spada sia stata nascosta lassù? Probabile. Ma non venirmi a dire che qui dentro non è successo niente. Nove casse su dieci sono andate distrutte, sono stati sparati centinaia di colpi, e i muri sono pieni di crepe la cui causa può essere dovuta solo ad un impatto con qualcosa. Qui dentro se le sono date di santa ragione, al momento magari non c’è niente che lo provi, ma ciò non toglie il fatto»
«Probabilmente proprio le casse sono finite contro i muri»
«Ma perché?»
Preso quasi alla sprovvista Ray non seppe che dire, infine dovette ammetterlo «Questo proprio non saprei»
  
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