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Autore: Alhena_n    04/04/2015    2 recensioni
Crossover Harry Potter&The 100.
Come sempre la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts è da sempre teatro di misteri, inganni e epici scontri; ma soprattutto è un luogo dove vite di bambini, adolescenti e adulti si intrecciano formando una comunità che anche nei momenti più bui saprà sempre difendere ciò che li unisce, il luogo al quale appartengono.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Octavia Blake, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non gli era mai capitato di essere in ritardo per una lezione, di solito era sempre il primo ad entrare per riuscire a prendere il posto più lontano possibile dalla cattedra. Specialmente se si trattava di Pozioni.
Bè quella fu una giornata di prime volte.
All'età di 11 anni era stato smistato a Corvonero, la prima eccezione alla tradizione che voleva i Blake in Serpeverde. Figuratevi quando due anni dopo sua sorella fu smistata a Grifondoro. Per poco non vennero cancellati dall'albero genealogico dai propri nonni. 
Bellamy in fondo sentiva di non appartenere nè a Corvonero nè a nessun'altra casa della scuola. Qualche volta non percepiva altro che un enorme e pesante vuoto dentro di sè. Per anni aveva cercato di colmarlo con varie persone ,speciali o meno che siano state per lui, nessuna di loro era riuscita veramente a toglierli quella sensazione.
L'unica costante della sua vita era sua sorella O.
Sentiva come una specie di legame indissolubile fra di loro, che non si sarebbe mai deteriorato nonostante i loro litigi. Non si trattava solo di condividere lo stesso patrimonio genetico, ma una storia lunga e travagliata nella quale ognuno aveva sorretto l'altro.
Quando lei portò a casa un'amica conosciuta ad Hogwarts, una nata babbana, fu l'unico a difenderla dalle minacce di tortura della propria nonna, mentre i suoi genitori sedevano impassibili sulle loro comode poltrone. Da allora furono eliminati dal testamento e alla tanto agoniata morte della vecchia tutta la sua ricchezza accumulata negli anni passò ai loro cugini irlandesi: i Murphy.
Da quel giorno furono costretti a rinunciare al loro tenore di vita: vendendo la grande casa al centro della Londra babbana, e con essa rinunciare ai vari domestici che vi lavoravano. Si trasferirono in un piccolo cottage diroccato in mezzo alla campagna e isolato dal mondo esterno se non per uno sterrato percorribile solo a piedi.
Suo padre li abbandonò poco dopo.
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<< Finalmente il signorino Blake si degna di unirsi a noi. >> soffiò languido Shumway quando Bellamy varcò la soglia dell'aula di pozioni.
Presto constatò tristemente che l'unico posto rimasto si trovava in prima fila, vicino a John.
Cercò Lexa posando rapidamente lo sguardo sulla classe che o ammazzava il tempo scarabocchiando con il braccio posato sul banco per sorreggere la testa pesante per la noia e il sonno che ne derivava, o scriveva velocemente sul blocco degli appunti ogni minimo rumore emesso dal professore. -A questa seconda categoria apparteneva solo Rose Weasley, ma questa è un'altra storia.-
Bellamy intercettò Lexa seduta vicino ad una grifondoro che non conosceva, ma che anche da seduta pareva essere più alta di Lexa. I suoi capelli ramati ricadevano sulle spalle e ad ogni parola pronunciata ondeggiavano impercettibilmente. Due occhi azzurro vivo invece fissavano ammirati Lexa, come se ad ogni sua parola si sciogliesse nella sua stessa pelle, il che la portava ad assumere man mano una postura sempre più infossata.
La divisa, notò Bellamy, a causa della posizione delle spalle era completamente tirata sulla schiena della ragazza in modo che i muscoli, non possenti, ma ben delineati risaltassero. 
Sapeva dell'orientamento sessuale di Lexa da prima che lei stessa riuscisse a capirlo e l'aveva aiutata a superare momenti difficilli, ma ora era sicuro che fosse più che felice soprattutto perchè attirava più ragazze lei di quanto facesse una lanterna con le falene. Purtroppo Lexa non aveva l'abitudine di "legarsi" in modo convenzionale: lasciandosi andare, perdendosi nell'altro. Il suo era un amore puramente fisico e che lui sappia Lexa non aveva nemmeno avuto una cotta. Questo solo per quanto lei gli rivelava,ed era dannatamente brava a indossare quell'armatura impenetrabile che era l'indifferenza. Con lei erano molte di più le parole non dette, i discorsi fatti di pensieri che aleggiavano nel poco spazio che li divideva quando passeggiavano o stavano seduti vicini. A entrambi bastava la presenza dell'altro e niente di più per sentirsi bene, quel bene che ti fa sentire consapevole del poter avere qualcuno ,qualcosa a cui appartenere dove si ci può rifugiare.

Persino Lexa, "la regina di ghiaccio" , era talmente presa dalla conversazione che non si accorse dell'entrata di Bellamy, nemmeno quando Shumway urlò più volte il suo nome per attirare la sua attenzione.
<< Signorino Blake se non si siede ora sarò costretto a mandarlo dal rettore. >> Bellamy lo fissò confuso per qualche secondo, poi a malincuore si diresse verso i primi banchi.
Quando si sedette John Murphy stava ammirando assorto in qualche riflessione profonda le gocce di pioggia che si posavano sul vetro, e poi come in una strana danza scendevano formando delle piccole venature d'acqua scindendosi e riunendosi, seguendo le regole del caso.
Nonostante fossero cugini i due erano completamente estranei. L'unico incontro mai avvenuto fra i due fu durante il funerale dell'odiata vecchiaccia.La differenza sostanziale fra le loro famiglie fu il modo in cui reagirono al lutto: l'una, quella dei Blake, per poco non sputò sulla bara; l'altra,i Murphy, disperandosi per mostrare al mondo quell'amore d'interesse che provavano per quella loro cara e ricca parente. Questo bastava a Bellamy per poter ritenere i Murphy degli odiosi arrampicatori sociali.
Per un attimo John si girò come per rimproverarlo dei suoi pensieri ma poco dopo il suo sguardo ritorno molle e si rigirò.
Bellamy decise di fare qualcosa di utile cercando di seguire la lezione.
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Gli piaceva la pioggia. Non tutta la faccenda dell'umidità e dei vestiti bagnati, ma il suo odore, i ricordi che gli suscitava, quella sensazione che aveva negli anni identificato come eternità ma non sapeva nè da dove provenisse nè perchè la considerasse sotto quel nome.
La sedia del banco vicino al suo strisciò ed emise un rumore acuto. John si girò infastidito, poi lo vide.... Bellamy.  Il cugino che l'aveva denigrato, odiato, minacciato tutto per aver dato un pò d'amore ,che per quanto falso fosse la loro nonna non lo sapeva o non voleva ammetterne la sua vera natura ,alla vecchiaccia nei suoi ultimi giorni. John era piccolo quando successe, troppo giovane per capire le dinamiche dei sentimenti e delle azioni e del perchè spesso quest'ultime non rispecchiavano il fardello interiore e si rivelavano superficiali e taglienti come un rasoio sulla gola.
Suo padre e sua madre avevano spronato John ad avanzare e mostrare all'anziana quell'affetto che essi non erano riusciti a darle in tutti quegli anni. Non sapeva allora come adesso se la morte di sua nonna li avesse turbati in qualche modo.
Di quei giorni passati al capezzale della donna John ricordava poco, anche perchè li passava a sopportare l'incessante sonno rumoroso della vecchia mentre frugava nei suoi cassetti, nella libreria e sotto il letto qualcosa. Non sapeva cosa stesse cercando, ma aveva la certezza che una volta trovato quell'oggetto avrebbe capovolto la sua vita. 
Ora durante la notte, di fronte alle fiamme verdi che non potevano essere definite fuoco, seduto sui comodi divani di pelle nera della sala comune rievocava quei ricordi con vergogna per quel bimbo che era allora: pieno di speranze, alla ricerca di fortuna fra le mutande di una vecchia.
Quello che però si era fissato nella sua mente di quei pochi giorni prima della sua morte fu una frase. Non riusciva a collocarla temporalmente, se di giorno o notte, il cielo che si intravedeva da una finestra nei suoi ricordi era semplicemente vuoto, non di quel nero che pareva assorbire l'anima nemmeno dell'azzurro che l'anima te la faceva cantare. 
<< Sai perchè ho sempre dormito sonni tranquilli tranne che adesso in punto di morte? >> John aveva scosso la testa concentrato sulle labbra sottili e secche della nonna, << Perchè ero una persona cattiva. Per quanto uno possa massacrare innocenti la sua anima non sarà veramente dannata finchè egli passerà notti insonni a causa di uelle morti. >> sospirò a fatica e poi riprese guardando non John ma oltre le sottili tende della finestra << Ancora adesso però sarei disposta a ripetere tutto da capo, dal primo Crucio all'ultimo, ma forse non ci dormirei sopra tanto facilmente. >>
Poi ritornò su John e lo attirò a se. Una volta che il nipote fu vicino chiuse la sua mano nelle sue,  scheletriche e pallide sulle quali i segni del tempo distruggevano la pelle crepandola come un vecchio edificio.
<< John... Non mi ero mai soffermata su di te, fino a l'altro giorno parevi solo la replica perfetta dei tuoi genitori: noiosi e arroganti... ma chi può biasimare tuo padre? D'altronde l'ho cresciuto io. Ha avuto questa sfortuna >> Sul viso della donna si aprì un sorriso triste e per quella che l'aveva conosciuta mai un accenno di divertimento aveva attraversato il suo volto << Non essere mediocre,a meno che quella non sia la tua strada, non lasciare che qualcuno prenda decisioni al posto tuo, potrebbero rivelarsi peggiori di quelle che avresti preso tu stesso. Io da giovane ho scelto la strada facile, quella che sarebbe passata sopra le orme di mio padre e di qualcun'altro più potente. Non pensai mai a lui con amore, per molto tempo fui convinta di essermi innamorata di quella creatura letale, ma alla fine quel sentimento non si rivelò altro che ammirazione estrema, idolatrazione di un mostro. Fu questo a deviarmi.
<< Sii l'esempio che vuoi seguire, non prendere altri modelli di paragone. >> Ora la sua mano si era spostata poco sopra il gomito e nonostante la gracilità di John non riusciva nemmeno a stringere le sue braccia. John ora guardava negli occhi la vecchia: erano vividi e il suo sguardo inteso lo spaventava come se da un momento all'altro lo avesse trapassato e frantumato in piccoli pezzi di vetro che si sarebbero sparsi nel mondo.
<< Ma soprattutto non prendere mai sonno facilmente la notte, rifletti e ragiona. Ciò che farai dovrà sempre essere in linea con te stesso non seguire la scia di un altro. >> finì la vecchia e poi cadde all'indietro sui cuscini esausta. Questa volta fu John a temere che la donna si potesse disperdere nell'atmosfera dopo essersi rotta. 
<< Lo prometto. >> disse poi John posando la mano libera sulla spalla scheletrica della nonna.
Ma non era quella la sua ora. La morte del braccio destro di Voldemort durante la I e la II Guerra Magica, la compagna della sua anima -per quel poco che ve n'era rimasta- si spense in un soleggiato pomeriggio d'autunno. Bellatrix Lestrange morì in un giorno mediocre, che non riusciva a competere con la sua incredibile furia incontrollabile.
L'ultimo pensiero di Bellatrix fu l'essersi pentita di essere sopravissuta al "Massacro di Hogwarts"- come lo chiamava lei-  e di non essere potuta morire a fianco del suo Signore.

Quando la trovarono statica nel suo letto mentre fra le mani teneva la foto dei membri dell'Ordine della Fenice ed era circondata da decine di altre foto in bianco e nero risalenti alle guerre. Il particolare macabro che rese quel sorriso immobile sul suo volto raccapricciante erano le teste delle persone ritratte: la maggior parte di esse aveva la testa cancellata dai solchi pesanti di un chiodo.
Quando John ricontrollò quelle foto anni dopo notò che quella con cui morì in mano era l'unica nella quale erano rimaste intatti dei volti.
 

Lì davanti al camino rinnovava la promessa di tanto tempo addietro, fatta da un bambino puro, quella era l'unica cosa che legava ciò che era e ciò che era diventato. 
Un esempio da seguire? Non proprio secodo la morale comune.
Era mediocre? No, se non si badava ai suoi voti.

Ma nel tempo quelle due parole "lo prometto" avevano perso il loro significato e quello che faceva lui non a altro che riesumare vecchi ricordi, spolverarli e posizionarli di nuovo dentro di lui.
Da bravo padrone di casa puliva gli anfratti della sua anima, ma se quello che la formava era viscido e sporco come avrebbe mai potuto lavare ciò se non distruggendolo?
Quello del quale una volta aveva paura ora gli scivolava addosso.
Dormiva tranquillo, e se una volta lo avrebbe preso come un male, ora con la stessa facilità non se ne curava nemmeno ,senza rendersi conto di essere nella piena metamorfosi di un mostro.

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<< Bene, cosa abbiamo qua? >>
<< Frattura scomposta del femore e vari lividi su tutto il corpo. >>
<< Mi domando quando smetteranno di conciarsi così per delle stupide gare di resistenza a testa in giù sulla scopa o altre sciocchezze. Per questa basterà un incantesimo ripara ossa e una lavata di capo dei suoi genitori. Spero che la seconda faccia effetto come la prima... >>
<< Sissignora. >>
Madama Griffin stava completando il giro delle visite. 
Camminava, a volte correva, su e giù per quei corridoi da vent'anni ma nonostante gli anni di esperienza non credeva di aver ancora visto tutto: ogni giorno studenti di ogni casa varcavano la soglia dell'infermieria con nuovi malesseri o ferite provocati da azioni avventate che potevano essere benissimo evitate.
Dietro di lei trotterellava scribacchiando su un quadernino una ragazza di circa vent'anni venuta per il praticantato che sarebbe durato per tutto l'anno scolastico. La ragazzina seppur piccola di statura, con dei lineamenti dolci e un carattere amabile di natura si era dimostrata più temeraria del previsto. Bè, certamente aveva esitato all'inizio, ma di sicuro non aveva mollato. 
Aveva preso l'abitudine di svegliarsi presto,forse per impressionare Abigail, forse per prepararsi al caotico San Mungo nel quale avrebbe lavorato da giugno; perciò quando Abby arrivava la mattina trovava sempre l'infermieria pulita e ordinata e nell'aria un leggero odore di mughetto.
<< Bene, non c'è nessun'altro? >> chiese Abby girandosi verso Lucille.
<< No signora. >> la ragazza abbassò il capo sul registro che teneva in mano poi si rivolse a Abby guardandola negli occhi << Potrei chiederle una cosa? >>
<< Certo. >>
<< Bè, sabato avrei delle faccende da sbrigare a Hogsmeade, e mi chiedevo se potessi avere il fine settimana libero. >>
<>
<< Grazie Madama. >>
Lucille se ne andò con un sorriso in faccia che provocò in lei un moto di tenerezza. Immaginò quello che avrebbe fatto Lucille sabato, probabilmente avrebbe incontrato il ragazzo al quale scriveva lunghe lettere durante le pause.
 Una volta le aveva chiesto di un eventuale fidanzato, sul viso della ragazza era trasparito quel leggero rossore tipico degli innamorati ma invece di rispondere affermativamente però si era limitata a voltarsi e cambiare argomento. Lei aveva interpretato quel gesto come imbrazza e nulla più.
Abby si girò verso un letto e lesse la cartella del ragazzo: caduto dalla scopa, il solito.
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Beene, ci sono un pò di cose. 
Primo come vedete non ho fatto morire Bellatrix durante la II guerra magica come nel libro, ma facendola vivere fino alla sua morte naturale, facendole pure avere dei figli che sarebbero i genitori di John e Bellamy, nati prima che fosse imprigionata e dati in affido alla famiglia dei Lestrange.
Ho sempre pensato a loro come parenti guardando la serie, dei cugini che litigano su tutto ma capaci di collaborare durante tempi duri.
Poi ci sono stati diversi trascorsi fra di loro, ma leggerete in seguito.
Ho fatto morire Bellatrix col rimpianto della mancata morte a Hogwarts anni prima. Trascorse ad Azkaban una decina d'anni prima di uscire per problemi mentali e da quel giorno visse relegata in casa sua  assieme ai suoi parenti che erano arrivati ad odiarla.
Mi scuso per la poca lunghezza del capitolo nonostante sia passato un pò dal primo, a mia discolpa posso citarvi due serie che mi hanno presa molto in questi giorni e che vi consiglio vivamente : Daughter of Smoke and Bone di Laini Taylor e Raven Boys di Maggie Stiefvater
Buona notte o buongiorno qualsiasi sia l'ora in cui abbiate letto questo capitolo.
Recensite, si spera positivamente, ma vi esorto a farlo soprattutto se trovate qualcosa di negativo.
Grazie.
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