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Autore: Adeia Di Elferas    05/04/2015    1 recensioni
Poirot viene convocato al nord per la lettura di un testamento in cui è stato citato. Anche la sua storica amica, la scrittrice Ariadne Oliver, è stata chiamata per l'occasione. I due si troveranno in un ambiente molto particolare e dovranno unire la forze per risolvere un enigma che li coinvolgerà da molto vicino.
Genere: Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~ “Voi dovete essere Hercule Poirot e Ariadne Oliver, vero?” chiese un uomo sulla cinquantina, quando i due entrarono in casa.
 L'ingresso era lungo e stretto, reso angusto dai mobili scuri e dalla tappezzeria rosso cupo. L'aria era permeata di un odore strano, odore di anziano e di medicinali. Sembrava più quello di una casa di cura, che non di una casa di campagna.
 Poirot si scrollò la neve dalle spalle e fece un breve sorriso in segno di assenso. L'uomo ricambiò appena il sorriso, facendo tremolare le sue guance cadenti e stringendo gli occhi da cane bastonato.
 Ariadne allungò la mano per stringergliela, ma egli non ricambiò, anzi, spostò subito la propria attenzione su Philip Hall: “Oh, Philip, che piacere, dopo tanto tempo...”
 “Avvocato Taylor, finalmente ci rivediamo...” rispose subito Philip, con voce strascicata.
 Sia Poirot sia Ariadne rimasero un momento sulla porta, aspettando che qualcuno dicesse loro che fare o dove andare. Per fortuna non dovettero attendere molto.
 Una donna sui quaranta, vestita da cameriera, si avvicinò a loro con passo svelto, ma elegante. Teneva le mani giunte sul petto e c'era un qualcosa in lei che le dava l'aura tipica della martire.
 I suoi capelli, di color biondo rame, erano corti e acconciati con cura. I suoi occhi erano bassi, ma quando li alzò per guardare gli ospiti, il loro color nocciola brillò sotto la luce del lampadario.
 “Piacere... Sono Josephine Fairchild... La cameriera della compianta Mrs Thomson...” sussurrò, allungando la mano verso Ariadne, che la strinse, felice di poter finalmente salutare qualcuno come si doveva.
 “Ariadne Oliver.” si presentò, mentre Josephine Fairchild ritirava la mano per stringere anche quella di Poirot.
 Hercule sorrise e inclinò appena la testa: “Hercule Poirot.”
 La donna parve sbiancare sul colpo e balbettò: “Her... Hercule P... Poirot...?” fece una breve risatina nervosa: “Quale onore...”
 Poirot allargò appena le braccia: “Non formalizziamoci, mademoiselle...”
 Ariadne fissò un momento Poirot, vagamente infastidita del fatto che lui era stato riconosciuto come una persona famosa e lei no.
 “Prego, non state nell'ingresso.” fece improvvisamente Josephine, scurendosi in volto.
 Poirot e Ariadne la seguirono, mentre Philip Hall, l'autista e l'avvocato restavano all'ingresso a chiecchierare.
 La cameriera li condusse nel salone, tappezzato dello stesso rosso scuro dell'ingresso, ma con mobili meno ingombranti e meno lugubri.
 Nel mezzo della stanza c'erano tre divani, disposti a ferro di cavallo. Sul lato libero c'era un grande camino, in cui il fuoco scoppiettava tremolante.
 C'erano già altre quattro persone, che non fecero una piega alla comparsa della scrittrice e dell'investigatore.
 “Sedete pure dove preferite. Stiamo aspettando gli ultimi ospiti, prima di servire la cena.” disse piano Josephine, indicando i divani a Poirot e Ariadne.
 “A me servite del gin.” disse Ariadne, vedendo che alcuni dei presenti avevano in mano un bicchiere. La cameriera sbattè le palpebre un paio di volte prima di reagire: “Oh, certo...”
 Ariadne sorrise compiaciuta e si andò a sedere sul divano ancora libero, quello centrale e più lontano dal fuoco. In breve Poirot le fu accanto.
 Ci fu un lunghissimo silenzio, durante il quale tutti fissarono con insistenza il camino. Quando la cameriera portò il bicchiere di gin ad Ariadne, questa non ne potè più e salutò: “Buona serata a tutti, io sono Ariadne Oliver e questo è il mio vecchio amico Hercule Poirot.”
 Sul divano di sinistra c'erano quelli che dovevano essere marito e moglie. L'uomo, da poco sopra i quaranta, passò gli occhi azzurri dal poprio bicchiere di whisky ad Ariadne: “George Baker e lei è la mia signora.” disse, mentre un sorrise increspava le sue labbra sottili.
 La donna, di una decina d'anni più giovane, seduta al suo fianco, tanto vicina che le loro spalle si toccavano, indossava un abito rosa molto leggero, troppo leggero per quella sera. Aveva capelli di un colore spento, acconciati in modo complesso. I suoi occhi scuri incrociarono per un istante lo sguardo di Poirot e subito si concentrarono su altro.
 Ariadne sorrise pacatamente ai due coniugi, alzando il bicchiere in segno di ulteriore saluto.
 Dal divano di destra si erse un uomo che doveva aver passato da un pezzo i sessanta. Era alto almeno due metri, ben piazzato ed ancora molto in forma. In una mano stringeva un bicchiere di birra quasi finito, mentre con l'altra afferrò prima la mano di Ariadne e poi quella di Poirot, stringendole con forza: “Sono Robert McClare, molto piacere.” si presentò, con voce profonda.
 Si rimise a sedere e si passò una mano sulla folta barba grigia che gli dava, assieme coi capelli bianchi e il vestito di tweed, un'incredibile aria campagnola.
 “Miss Rose Deville.” si presentò infine l'anziana donna che stava accanto al gigante. Era una donnina scheletrica, con grossi occhi da rana e labbra cadenti. I pochi capelli grigi erano nascosti quasi del tutto da un cappellino nero da lutto e le mani, visibilmente deformate dall'artrosi, erano coperte da guantini di pizzo nero.
 “Arriveranno, prima o poi, gli altri?” chiese nervosamente la signora Baker, con una voceta stridula che non si addiceva affatto alla sua età: “Se arrivassero, leggeremmo questo benedetto testamento e poi potremmo andarcene!”
 “Immagino che siamo tutti qui per il testamento, n'est pas?” chiese Poirot, incuriosito da quello strano gruppo di persone.
 “Immaginate bene, signor... Come avete detto che vi chiamate?” chiese il signor Baker, finendo in un colpo il suo whisky.
 “Ah, Hercule Poirot.” si ripresentò il belga.
 “Di dove siete, Poirot?” domandò l'uomo, stringendo le palpebre con interesse.
 “Dal Belgio, come potrete capire dal mio accento.”
 “Oh, sono stato in Belgio tre anni fa, per lavoro. Posto molto triste.” fece Baker, sbrigativo. Poirot non commentò, limitandosi a dissentire nella propria mente.
 “Cosa fate per vivere?” chiese Baker, accavallando le gambe.
 “Oh, sono un investigatore privato.” rispose Poirot.
 Baker parve irrigidirsi, poi commentò con un che di arrogante: “Ognuno si sceglie il lavoro che preferisce. C'è chi ama fare successo e chi ama sperare di farlo.”
 Poirot finse di non cogliere la provocazione e chiese: “Voi cosa fate, invece, Monsieur?”
 “Sono avvocato.” disse subito Baker: “Mi occupo per lo più di affari internazionali, anche se qualche volta sono stato interpellato per risolvere delle questioni della corona.”
 “Niente meno.” buttò lì Poirot, fingendosi molto ammirato.
 “Già, niente meno.”
 L'uomo sollevò il sopracciglio: “Conoscevate la vecchia?”
 “George!” lo rimbrottò la moglie: “Non parlare così della povera Mary!”
 “La povera Mary...!” sbuffò il signor Baker: “Povera non la era, tanto per cominciare e se non posso chiamare 'vecchia' una di novantatrè anni, allora non so più come chiamarla!”
 “Lo scusi, signor Poirot.” disse la signora Baker, sempre con la sua voce stridula: “Doveva essere a Londra per lavoro e invece l'ho dovuto trascinare qui...”
 Poirot agitò con benevolenza una mano: “Non si preoccupi, madame. Posso comprendere.”
 “Anche io dovevo starmene a Londra, adesso.” si intromise Ariadne, facendo girare il gin nel suo bicchiere: “A farmi venire il sangue acido nell'ufficio di quell'impresario... Poirot, ve l'avevo detto che quel farabutto vuole stravolgere uno dei miei libri per metterlo in scena a teatro?”
 “Scrivete libri?” chiese improvvisamente l'anziana Miss Deville, risvegliandosi dal suo torpore.
 Ariadne annuì con gravità: “E non sa quanto me ne penta ogni singolo giorno.”
 “Io non leggo libri. Li trovo tutti molto volgari.” commentò piano la signora Baker.
 “Sono una perdita di tempo, poco ma sicuro.” convenne il marito.
 “Che genere di libri scrivete...?” chiese, con interesse molto vago, il mastodontico Robert McClare.
 “Gialli, li chiamano così.” rispose Ariadne: “Con un insopportabile protagonista svedese.”
 “Sven Hjerson!” esclamò Miss Deville, indicando Ariadne con un molliccio sorriso dipinto in volto: “Ho letto tutti i libri con Sven! Lo adoro!”
 Ariadne ringraziò pacatamente e poi sussurrò a Poirot: “Ve lo giurò, Poirot: se non usciamo in fretta di qui, potrei anche impazzire.”
 Dei rumori provenienti dall'ingresso fecero capire a tutti che dovevano essere arrivati altri ospiti.
 “Forse usciremo di qui prima del previsto, ma amie.” la rassicurò Poirot, sperando vivamente di avere ragione come sempre.
 
   
 
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