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Autore: needacurlyboy    05/04/2015    2 recensioni
Genevieve, una normale ragazza di diciotto anni, da un giorno all'altro scopre che la sua vita non è quella che aveva immaginato e si ritroverà a dover scoprire cose, che credeva esistessero soltanto nei libri fantasy che leggeva.
Ma che cosa succederà, se a tutto questo, si mischiassero anche i sentimenti per uno dei Sette?
Riuscirà Genevieve a controllare i suoi poteri e riuscirà ad entrare nel cuore ghiacciato del giovane Luke?
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Uno.
I due ragazzi sconosciuti sono davanti a me e mi guardano con i loro occhi rossi come il sangue, senza battere ciglio. Non riesco a muovermi, i miei piedi non riescono a staccarsi dal suolo e il mio corpo è come se fosse pietrificato. Chi sono? Che cosa vogliono da me? E mia nonna – lei dov’è?
 
-Verrai con noi- dice il moro con voce roca mentre un ghigno si dipinge sul suo volto.
 
No, provo a urlare ma dalla mia bocca non esce alcun suono.
 
 
Spalanco gli occhi, mentre il mio cuore batte all’impazzata e il mio petto si alza e si abbassa velocemente. Il soffitto sopra di me è di un bianco pallido e la stanza –a me sconosciuta- è illuminata da una luce chiara, che mi costringe a socchiudere gli occhi per il fastidio.
 
Appoggio una mano sulla parte sinistra del mio petto e respiro profondamente, cercando di regolare il respiro e il battito del mio cuore. Mi raddrizzo con la schiena e mi guardo intorno spaventata, ma anche curiosa; alla mia destra ci sono altri letti ordinatamente sistemati, separati da piccoli armadietti di legno scuro e infondo alla stanza c’è un portone dello stesso materiale.
 
Dove sono finita?
 
Che fine hanno fatto i due ragazzi dagli occhi rossi?
 
Abbasso lo sguardo sulle mie ginocchia, noto di essere stata cambiata dai miei abiti e stringo il candido lenzuolo sotto di me tra le dita. Perché sono qui? Voglio tornare a casa da mia nonna.
 
I miei occhi cominciano a pizzicare e ben presto le mie guance vengono bagnate dalle lacrime. Mi porto le ginocchia al petto, le circondo con le braccia e appoggio la fronte su di esse, cominciando a piangere silenziosamente.
 
I ricordi di ciò che mi è successo mi ritornano alla mente come un vecchio film in bianco e nero e comincio a ricordare; il ragazzo moro, che ho capito chiamarsi Calum, mi ha scaraventato all’indietro violentemente facendomi sbattere la testa e perdere i sensi. L’ultima immagine impressa nella mia mente è un ragazzo biondo che si para davanti a me, come per proteggermi. Che sia stato lui a portarmi qui?
 
Sento dei rumori provenire al di fuori della stanza, dischiudo le labbra guardando la porta e prima che venga aperta, mi asciugo le guance e mi stendo sul letto coprendomi con il lenzuolo. Dopo qualche secondo la porta viene aperta e richiusa silenziosamente, mentre dei passi risuonano all’interno della stanza fermandosi alle mie spalle.
 
-So che sei sveglia, riesco a sentire i tuoi denti sbattere- dice una voce dolce terminando con una risatina. Sussulto leggermente e lentamente, mentre la paura aumenta dentro di me, mi giro verso la voce e vedo una ragazza dai capelli biondi, gli occhi verdi come degli smeraldi dalle sfumature castane, dalla carnagione chiara e il fisico snello ricoperto da abiti scuri. Non sembra una persona cattiva, anzi tutto l’incontrario. Ha un tenero sorriso stampato sulle labbra che trasmette tranquillità, dolcezza e serenità.
 
-Non devi avere paura di me, sono qui per prendermi cura di te. Hai una brutta ferita sulla nuca- dice senza smettere di sorridere, mentre macina qualcosa. Mi porto una mano sul punto indicato e sussulto quando il tessuto della fascia viene a contatto con le mie dita. –Ecco a te, bevi- la sua voce mi riporta alla realtà, porto lo sguardo su di lei e inarco un sopracciglio quando noto una tazza fumante tra le sue mani.
 
La afferro titubante, mentre lei mi guarda divertita, avvicino il naso alla tazza e riconosco l’odore di tisana e, dal profumo, non deve essere cattivo. Ne sorseggio un po’, la allontano dalle mie labbra e passa la lingua su di esse. Avevo ragione.
 
-È una tisana energetica- rivela mettendosi seduta su uno sgabello accanto al letto. –Io sono Clare, ma puoi chiamarmi Sixth- si presenta spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Sixth… che nome strano.
 
Annuisco leggermente e abbasso lo sguardo sulla tazza di tisana tra le mie gambe, facendo scivolare i capelli davanti al mio viso. –Quanto ho dormito?- le chiedo senza guardarla.
 
-Ventiquattro ore- la sua risposta non tarda ad arrivare e dischiudo le labbra sorpresa. Ho dormito così tanto? Violet. Dio, Violet sarà arrabbiata con me per non essere andata all’appuntamento, ma dopotutto come avrei potuto?
 
-Ti ho portato dei vestiti puliti. First mi ha detto ti portarti a fare un giro per l’istituto una volta che ti fossi svegliata- dice porgendomi degli abiti scuri piegati, che io afferro. Chi è questo First e dovrei fidarmi di lui? –Lui ti spiegherà tutto. Io ti aspetto qui fuori- sorride, cammina verso la porta e la chiude alle sue spalle, lasciandomi sola.
 
Sospiro e appoggio la tazza sul comodino. Sposto le lenzuola dal mio corpo, scendo dal letto e comincio a sfilarmi i vestiti. Sento un bruciore al seno proprio sotto il reggiseno, abbasso lo sguardo e vedo una voglia, di cui non sapevo l’esistenza. Quando è comparsa?
 
Avvicino le dita a essa per toccarla, ma appena la sfioro il bruciore torna. –Ahi- mi lamento ritirando la mano e facendo una smorfia di dolore.
 
Indosso velocemente la maglietta bianca a maniche lunghe e i pantaloncini neri della tuta, stando attenta a non fare sforzi per non aumentare il dolore, e m’infilo gli stivaletti scuri ai piedi del letto. Mi avvicino alla porta, la apro e appoggiata al muro, vedo Clare/Sixth, ha sempre il sorriso sulle labbra.
 
-Vieni ti mostro la tua camera- comincia a camminare per il lungo corridoio ed io la seguo guardandomi intorno mentre lei mi racconta la storia dell’istituto, ma io sono troppo impegnata a guardare i quadri appesi al muro. Michelangelo, Giotto, Leonardo da Vinci, Picasso; alcune copie delle loro opere più famose decorano le pareti insieme con armi da combattimento come pugnali, spade o archi e sono illuminate da luci suffuse.
 
Dove sono finita?
 
Che posto è questo?
 
-Lei non è come noi!- urla qualcuno facendomi tornare alla realtà, mentre Clare si avvicina alla porta socchiusa per origliare. –Noi sapevamo di essere speciali, ma lei non sa delle sue capacità- urla ancora e sbatte le mani sulla scrivania davanti a sé, mentre un uomo la guarda dal basso e non sembra interessato alle sue parole. Stanno parlando di me? Quali capacità ho di cui non so l’esistenza?
 
Sposto lo sguardo su Clare e la vedo osservarmi preoccupata. –Ehm, continua pure da sola, torno subito- dice forzando le labbra ad arricciarsi in un sorriso ed io annuisco titubante. Dove posso andare da sola?
 
Entra nella stanza, richiude la porta alle sue spalle e l’ultima cosa che riesco a vedere sono due occhi azzurri, come l’oceano, appartenenti a una ragazza castana, alta e vestita con una canottiera nera, dei pantacollant scuri e sopra alle ginocchia ha un cinturino sul quale ha infilato un pugnale dalla punta affilata. Sussulto quando la porta si chiude, mi guardo intorno spaesata e comincio a camminare lungo il corridoio a piccoli passi.
 
La ragazza castana mi stava guardando con disprezzo, mentre aveva le braccia incrociate sotto il seno. Che cosa le ho fatto? Io voglio solo tornare a casa, da mia nonna.
 
Un’idea balena nella mia mente e alzo lo sguardo di scatto. Sono sola.
 
Questa potrebbe essere la mia occasione per uscire da qui e andare alla polizia per denunciare la scomparsa di mia nonna. Mi guardo alle spalle e non vedo nessuno, così comincio a correre lungo il corridoio per cercare una via di fuga, ma ovunque io vada mi sembra di essere sempre nello stesso punto.
 
Mi fermo con il fiatone, appoggio una mano sul muro e l’altra sul petto. È un labirinto, cavolo.
 
Ricomincio a correre, ma mi fermo quando passo davanti ad una porta aperta che attira la mia attenzione. Appoggio le mani sullo stipite, mentre il mio petto si alza e si abbassa velocemente e osservo meravigliata il suo interno. È una serra, dove ci sono piante e fiori di ogni tipo. È stupendo.
 
Faccio dei passi in avanti, molto attentamente, mentre continuo a guardarmi intorno sperando che non ci sia nessuno. Noto degli strani movimenti tra gli alberi, dischiudo le labbra e mando giù il groppo che si è formato nella mia gola, mentre indietreggio fino a sbattere la schiena contro qualcosa – che spero sia il muro-.
 
-Che ci fai qui?- chiede una voce roca al mio orecchio, facendomi rabbrividire e mancare il fiato. Mi volto lentamente verso la voce e spalanco gli occhi quando mi ritrovo davanti un ragazzo… il ragazzo biondo che si è parato davanti a me per proteggermi. I suoi occhi sono di un blu cielo, molto profondi, i capelli scompigliati gli ricadono sulla fronte, le labbra sono gonfie e dischiuse dalle quali il suo respiro esce a piccoli sbuffi, il suo petto si alza e si abbassa velocemente ed il suo torace è ricoperto di ferite, non molto profonde.
 
Che si sia ferito durante lo scontro?
 
-I-Io…- distolgo lo sguardo dal suo copro, deglutisco e sento il calore espandersi sulle mie gote. Com’è riuscito a muoversi così in fretta? –Stavo cercando l’uscita. Devo andare alla polizia per denunciare una scomparsa e-e una violazione di domicilio- gioco con le mie dita, intrecciandole fra di loro, e mi mordo il labbro inferiore.
 
-Polizia? Non ha parlato con First, vero?- mi chiede ridacchiando e incrociando le labbra al petto. Scuoto la testa. –Doveva portarti da lui Sixth ma, a quanto pare dovrò farlo io- osservo i suoi piedi girarmi intorno ed io li seguo con gli occhi, osservando i movimenti che compiono i muscoli della sua schiena per arrivare ad una panchina per prendere la sua maglietta e indossarla. Porta gli occhi su di me e riprende a camminare nella mia direzione. Non riesco a decifrare il suo sguardo; le labbra sono tese in una linea dura e i suoi occhi non trasmettono nessuna emozione. –Seguimi- dice dopo avermi superato.
 
Eseguo il suo ordine e cammino dietro di lui guardando le sue spalle. Anche lui, come la ragazza castana, ha un cinturino sopra il ginocchio sul quale tiene un pugnale. Vorrei ringraziarlo per avermi salvato ma non ci riesco, la mia gola sembra essersi seccata.
 
Scendiamo al piano di sotto e mi mordo il labbro inferiore. Perché lui è riuscito a trovare il modo per scendere? Io ovunque mi girassi finivo sempre sello stesso punto.
 
Si avvicina a una porta scorrevole e la apre, ma al suo interno non c’è nessuno. Alle pareti ci sono due librerie piene di libri –i titoli sono in greco, non riesco a capire di cosa parlino-, nel centro della stanza –davanti a una grande finestra di vetro- c’è una scrivania in mogano su cui ci sono dei documenti e una lampada, mentre a circondarla ci sono delle poltrone di pelle scura. L’unica luce a illuminare la stanza è quella del sole, che sta tramontando.
 
-First dovrebbe arrivare a momenti, io devo andare. Posso lasciarti sola, o proverai a scappare di nuovo?- chiede il biondo di cui non so ancora il nome appoggiandosi allo stipite della porta. Un sorriso si dipinge sul mio viso, mi sposto una ciocca di capelli dietro l’orecchio e scuoto la testa, mentre con la punta delle dita accarezzo il legno liscio della scrivania.
 
Ricambia il sorriso passandosi la lingua sul labbro inferiore – sul quale ha un piercing a forma di anello -, lascia cadere le braccia lungo la vita, oltrepassa la porta e la chiude, lasciandomi sola con i miei pensieri. Infilo le mani nelle tasche del pantalone, mi avvicino alla finestra per vedere dove sono e dischiudo le labbra meraviglia; un enorme giardino si estende davanti a me, mentre oltre il cancello riconosco il traffico di New York. Come… Dove è stato per tutto questo tempo? Perché durante questi anni non sono mai riuscita a vederlo?
 
-Wow- sussurro incanta. Non ho mai visto un posto verde come questo e non credevo esistesse, soprattutto nel centro di una città come la Grande Mela.
 
-Meraviglioso, vero?- chiede qualcuno alle mie spalle, facendomi sobbalzare per lo spavento. Mi volto verso la voce e vedo l’uomo che stava discutendo qualche minuto fa con la ragazza dagli occhi ghiaccio. Indossa degli occhiali scuri, il che m’impedisce di vederne gli occhi, la barba sul mento e i baffi sotto il naso, i capelli sono neri con dei ciuffi bianchi. Indossa una camicia bianca con tutti i bottoni allacciati, una giacca blu e dei pantaloni scuri, mentre nella mano destra stringe un bastone di legno. Mi sembra stranamente familiare.
 
-Sixth non ti ha detto niente, giusto?- chiede di nuovo mettendosi seduto su una delle tante poltrone.
 
Scuoto la testa, deglutisco rumorosamente e mi avvicino a lui, mettendomi seduta sulla poltrona accanto alla sua. Il cuore batte forte contro il mio petto e non riesco a proferire parole, ma vorrei fargli tante di quelle domande che non usciremo da questa stanza fino a domani.
 
Perché sono qui?
 
Chi sono?
 
Che cosa volevano da me quelle persone?
 
-So che hai tante domande da pormi, ma ora ascoltami in silenzio, in questo modo capirai e poi potrai chiedermi qualsiasi cosa- le sue labbra si arricciano in un sorriso rassicurante ed io annuisco, ancora incapace di parlare.
 
-I Sette sono una congregazione creata dai Dei Greci – Demetra, Eolo, Efesto, Poseidone, Afrodite, Ermes e Atena-  e esiste tutt’ora. La leggenda narra che Efesto, Dio del fuoco, tradì la loro fiducia e si unì ai Dolor – dal latino dolore- ed era formato dai dei Ade, Ares, Crono, Eris, Persefone e Thanatos. La loro virtù non era quella di portare pace, come I Sette, ma era di guerra, odio e dolore nel mondo. Del perché Efesto si sia unito a loro non lo sa nessuno, alcuni dicono che lo abbai fatto per capirne le loro strategie, altri dicono che si sia infatuato della Dea della discordia e del male, Eris- racconta la parte finale scuotendo la testa.
 
Perché mi sta raccontando tutto questo?
 
Che cosa centra con me?
 
-Ci fu una guerra –forse quella con qui spargimenti di sangue-, dove tutti gli Dei, tranne Efesto, morirono. Tutto di loro si spense… Tutto tranne i loro poteri, che mandarono sulla Terra e li donarono a tredici persone, sparse nel mondo- mi rivolge un sorriso, che io ricambio titubante.
 
-Ma Efesto… Lui- cerco di parlare, ma lui mi precede.
 
-Dopo l’accaduto s’impiccò, portando con sé i sensi di colpa- dice abbassando lo sguardo ed io trattengo il respiro portandomi una mano davanti alle labbra. –Anche il suo potere finì sulla Terra-
 
Annuisco ancora sorpresa da ciò che ha detto qualche secondo fa e aspetto che continui. –Ogni volta che il proprietario di questi poteri moriva, il potere s’impossessò di un’altra persona, dando origine nei secoli ad altre congregazioni-
 
Quindi, I Sette esistono anche nel mondo d’oggi?
 
-I poteri dei Sette sono il fulmine, capacità curative e i tre elementi –acqua, terra, aria-. Sixth, la ragazza che hai conosciuto, ha delle capacità curative ed è grazie a lei se la tua ferita alla testa è guarita- mi rivolge un sorriso, fiero del lavoro compiuto d Sixth.
 
Che cosa sta dicendo?
 
Poteri? Quella ragazza ha della capacità curative?
 
Che cosa ci faccio qui?
 
Sono solo una normale ragazza di New York.
 
-E il fuoco? Anche quello fa parte dei quattro elementi- dico ovvia e lui sospira.
 
-Si, hai ragione. Il potere di Efesto solo in pochi riescono a dominarlo, dopo di lui. Tra tutti gli Dei lui fu quello che portò con sé più dolore ed è per questo che è così potente- abbassa lo sguardo sul suo ginocchio.
 
-Perché sono qui? Che cosa centro con gli Dei e i loro poteri?- chiedo portandomi le ginocchia al petto, le circondo con le braccia e le stringo a me. Non sono speciale come Sixth, o qualunque ragazzo qui dentro.
 
 Mi rivolge un’occhiata, si alza in piedi lentamente facendo attenzione al ginocchio, si libera della giacca e comincia a sbottonarsi la camicia. Che cosa sta facendo? Perché si sta spogliando?
 
Apre la camicia e si gira verso di me, facendomi sussultare e dischiudere le labbra. Sul suo petto, più precisamente al centro, c’è una voglia; la stessa che ho io sotto il seno sinistro.
 
Che cosa significa questo?
 
-Io sono First, il primo dei Sette e colui che possiede tutti i poteri degli Dei, anche quelli oscuri. Tu sei Seventh, l’ultima di noi- dice guardandomi dritto negli occhi, attraverso gli occhiali. Alle sue parole spalanco gli occhi e appoggio una mano sopra la maglietta, dove si trova la voglia che sta cominciando a bruciare. Che cosa sta succedendo.
 
Non può dire sul serio.
 
-No, non – non è possibile. Stai scherzando! Mi alzo in piedi di scatto e comincio a camminare avanti e indietro, infilandomi le mani tra i capelli. La testa comincia a girare, il mio petto si alza e si abbassa velocemente e il mio respiro esce pesantemente dalle mie labbra.
 
-Calmati, Genevieve- dice appoggiando le mani sulle mie spalle, ma io mi sottraggo dalla sua presa e indietreggio.
 
-Come – come faccio a calmarmi!? In un solo giorno la mia vita è cambiata in un palmo di mano- mi accascio sulla poltrona e tengo lo sguardo basso sul pavimento. –N-Non credo di riuscire a sopportarlo- sussurro tenendomi la testa tra le mani. Dentro di me sento tanta confusione e rabbia. Nonna sapeva di tutto questo? E se si, perché non me lo ha mai detto?
 
Gli occhi cominciano a pizzicare e le lacrime rigano le mie guance. Vorrei poter chiudere gli occhi e risvegliarmi tra le calde coperte del mio letto, ma questo non è un brutto sogno, è la realtà.
 
Due mani si appoggiano sulle mie spalle, alzo lo sguardo tirando su con il naso e vedo First davanti a me, che mi guarda dall’alto comprensivo. –Siamo in sei persone, come te, riuscirai a trovare il tuo potere e ci prenderemo cura di te. È una promessa- promette guardandomi dritta negli occhi attraverso le lenti scuri degli occhiali e aumentando la stretta intorno alle mie spalle.
 
Prendo un respiro profondo cercando di calmarmi e annuisco costringendo le labbra ad arricciarsi in un sorriso. Se ho davvero questi poteri “magici” dovrò imparare a controllarli e, sono sicura, che con il suo aiuto e quello degli altri cinque ragazzi, ci riuscirò. O almeno lo spero.
 
-I tuoi occhi…- la sua voce mi riporta alla realtà e il suo pollice asciuga dolcemente la mia guancia bagnata dalle lacrime. –Mi ricordano una persona- Dice continuando a guardarmi.
 
-C-Chi?- chiedo in un sussurro mentre il mio cuore comincia a battere forte contro il mio petto.
 
-Tua madre- dice allontanandosi da me ed io spalanco gli occhi e dischiudo le labbra.
 
Mia madre?
 
A/A
Buongiorno e buona Pasqua!
Come ho detto nel prologo ho già dei capitoli pronti, avrei voluto postarlo ieri sera ma ero troppo stanca, perciò appena mi sono svegliata gli ho dato una riletta per vedere gli errori ed eccolo qui! Scusate se ci sono altri errori, ma capitemi, mi sono appena svegliata. (:
Genevieve scopre di essere la settima e, all’inizio, non è tanto contenta di scoprirlo, ma poi lo accetta. Quale sarebbe stata la vostra reazione se, da un giorno all’altro, scopriste una cosa del genere?
Che cosa ne pensate del personaggio di Genevieve?
Fatemi sapere che cosa ne pensate con una recensione, se vi va! Accetto anche critiche costruttive. (:
Ora devo andare a pranzo!
Alla prossima e ancora tanti auguri!
Needacurlyboy.
  
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