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Autore: Nerys    10/04/2015    2 recensioni
Quante volte ad ognuno di noi è successo di sognare in modo talmente vivido da sembrare reale? Almeno una volta nella vita, giusto? Beh, se è questo il vostro caso dovreste ritenervi fortunati, perché io ormai sono settimane che sogno senza sognare. Avete capito bene, non è un errore di battitura… I miei sogni non sono invenzioni del mio subconscio, sono avvenimenti successi realmente in un altro tempo…
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi ritornata!!!

Prima di passare al capitolo devo chiedere assolutamente scusa per questo mostruoso ritardo, purtroppo non ho avuto molto tempo per scrivere in questo ultimo mese. -.-“

Ho cercato di farmi perdonare scrivendo un capitolo un po’ più lungo con un bel colpo di scena! Ma non voglio anticiparvi nulla, quindi vi lascio alla lettura!!! :)

Ringrazio chi ha recensito e tutti coloro che stanno leggendo la storia. Spero che continuerete a seguirmi e prometto che il prossimo aggiornamento non sarà il prossimo mese, ma prima!!! :)

Kiss,

Nerys.

 

 

Ossessione?

Non riesco a liberarmi

del tuo fantasma.

Per quanto distolga lo sguardo

continuo a vederti.

Non posso spezzare

il legame che ci ha unito.

Per quanto non ascolti

continuo a sentire la tua voce.

La tua ombra discreta

mi accompagna dappertutto.

Il tuo morbo mi ha infettato

e per quanto abbia cura di me

non riesco a guarire.

Ossessione, Jim Morrison

 

Il rumore degli artigli contro il vetro continuò per quelle che mi parvero ore. Quella cosa non sembrava intenzionata a sfondarlo per entrare, ma doveva divertirsi un mondo a vedermi sobbalzare ad ogni unghiata.

Lentamente aprii gli occhi e spostai le mani dalle orecchie, cercando di fare il minor numero di movimenti possibili per non rischiare di agitarlo in qualche modo. Quell’essere non mi aveva ancora staccato gli occhi di dosso e continuava a chiamarmi Denise, ripetendo sempre la stessa frase come se fosse un mantra.

«Ti ho… Trovata… De-ni-se…» gracchiò per l’ennesima volta, ma a parte quelle parole ed i graffi sul vetro, non diede mai segno di voler entrare. Se ne stava semplicemente appollaiato sul cornicione ad osservarmi, della finestra senza perdermi di vista.

Lo studiai per qualche secondo dal mio “rifugio”.

Il suo volto e la sua pelle erano bianche, in forte contrasto con il buio della notte, invece gli occhi, due fosse scure, davano l’idea di seguire ogni mio più piccolo spostamento, nonostante fosse privo di orbite, il sorriso che si estendeva sul volto era composto da un numero indefinibile di denti, piccoli ed affilati, come quelli di uno squalo, mentre il resto del corpo era ricoperto da uno smoking rosso abbinato ad una camicia nera. Una scelta insolita, mi ritrovai a pensare, quasi dimentica che quell’essere pareva essere qui per me…

Avvicinò la mano artigliata al vetro più vicino a me.

«Vieni… Con me… Deni-se…» canticchiò in modo grottesco ed inquietante. «La padrona… Lei ci aspetta…»

Arretrai quando lo vidi allungare quell’artiglio nella mia direzione, soffocando un urlo. Quella cosa non si doveva avvicinare, non volevo che mi toccasse e, purtroppo non avevo nessuna certezza che non riuscisse ad entrare nella stanza. Gli artigli graffiarono per l’ennesima volta, quando sentii un rumore secco provenire dalla finestra. L’essere pallido era sparito ed adesso al suo posto si stagliava un’altra figura, sembrava quella di una ragazza magra con una lunga treccia bionda.

Qualcosa di lei mi rassicurò, tant’è che mi alzai da terra e mi avvicinai di nuovo alla vetrata, incurante che la creatura di prima potesse essere ancora lì nascosta da qualche parte in attesa di una mia mossa.

Una folata di vento le spostò i capelli e fece oscillare la collana che indossava, facendola brillare alla luce lunare. Il ciondolo era una mezzaluna argentata. La fissai attonita. «Com’è pos…» non terminai la frase che lei si lasciò cadere di sotto, facendomi trattenere a stento un urlo sorpreso. Subito aprii la finestra e guardai in basso, ma non vidi niente, soltanto la strada vuota e qualche lampione ad illuminarla, sia la ragazza bionda sia quel mostro erano spariti.

Quella notte non riuscii a dormire, la passai stringendo forte le coperte e con gli occhi ben serrati, sperando con tutto il cuore che fosse stato tutto frutto della mia mente…

 

Il rumore della porta che sbatteva mi svegliò di colpo, facendomi sobbalzare nel letto. Con lo sguardo assonnato guardai in giro per la stanza e vidi Lei in piedi davanti alla finestra. «Cos’è stato?» le domandai con la voce arrochita dal sonno e la mente ancora addormentata.

Lei si voltò nella mia direzione e mi sorrise incerta. «Tranquilla Denise. Era solo il vento che ha fatto sbattere delle persiane.» mi rassicurò senza accennare a spostarsi dalla finestra. La guardai scettica, ma evitai di controbattere. Non erano le persiane, ne ero sicura. Qualcuno era uscito dal portone d’ingresso ed il vento lo aveva chiuso di scatto.

Perché mi aveva mentito? Che motivo aveva? Chi era uscito?

In casa eravamo solo io, lei, mamma e qualche domestico…

Mi sedetti meglio sul letto e battei con la mano sul materasso per invitarla a prendere posto al mio fianco. Era ancora buio e vederla guardare fuori con quell’inquietudine negli occhi non mi faceva stare tranquilla. La vidi tentennare un momento, mentre alternava lo sguardo tra me e la vista oltre il vetro, ma alla fine si arrese e prese posto al mio fianco. Era nervosa e non riusciva a distogliere lo sguardo per troppo tempo dalla finestra.

Mi sporsi verso di lei e l’abbracciai stretta. «Ci sono io…» le sussurrai.

 

Un colpo al braccio mi svegliò di soprassalto, facendomi sbattere la testa su una superficie solida. Da quando il letto era diventato così scomodo e duro? Mi portai una mano alla parte lesa e la strofinai, mentre con l’altra mi strofinai gli occhi. «Che diavolo…» sussurrai dolorante.

Lanciai un’occhiata in giro, ero circondata da lunghi banchi ed una lavagna attaccata al muro, un’aula gremita di ragazzi attenti che scrivevano in maniera quasi maniacale su fogli, quaderni, pc o tablet. Li guardai confusa.

Stavo ancora dormendo?

Un secondo colpo al braccio attirò la mia attenzione, costringendomi a girarmi verso sinistra. Una ragazza dai lunghi capelli neri mi fissava con un misto di ansia e rassegnazione dipinto in viso. «Alleluia…» sospirò, mentre con una mano si sistemava gli occhiali che indossava.

«Cassie?» domandai ancora intontita dal sonno. Cosa ci faceva lei qui?

Con un gesto rapido mi diede un pizzicotto sul braccio per poi tornare a voltarsi verso la lavagna e tormentarsi con la mando destra un boccolo, mentre con la sinistra riprendeva a scrivere. La guardai sconvolta.  «Che ti prende?» le chiesi. «Mi hai fatto male…»

«È colpa tua!» affermò lei convinta, continuando la sua tortura a quella povera ciocca di capelli. Era decisamente nervosa e straripava ansia da tutti i pori e questo non era mai un buon segnale… Dopo sette anni di amicizia avevo iniziato a conoscerla e tutte le volte che lei si trovava in uno stato del genere di solito significava che si avvicinavano dei problemi… Per me, la maggior parte delle volte…

«Vorrei ricordare a chiunque trovasse la mia lezione noiosa o inutile che può uscire serenamente dalla sala senza disturbare chi ha piacere di seguire.» disse una voce austera alle mie spalle, mi girai e mi trovai il professore di Letteratura Italiana in piedi a pochi passi da me con uno sguardo tutt’altro che conciliante…

Merda! Mi sono addormentata in aula… E lui se n’è accorto!

 

«Dovevi dirmelo che era dietro di me…» accusai Cassie mentre mi spettinavo con un gesto nervoso i capelli. Mi ero appena fatta riprendere dal professore più severo dell’università davanti all’intero auditorium… Potevo solo sperare che non fosse troppo fisionomista e si dimenticasse al più presto il mio volto.

«Avevi solo da non addormentarti durante la lezione…» ribatté lei semplicemente, mentre rispondeva rapida ad un messaggio del suo nuovo ragazzo, Alessio… Alex… Non riuscivo proprio a ricordarmi il suo nome, ma poco importava… Si sarebbe stufata presto di lui e lo avrebbe lasciato, dunque era inutile memorizzare il suo nome. Quella ragazza era incoerente, credeva cecamente nell’Amore con la A maiuscola, ma si gettava sempre in relazioni di breve durata con ragazzi per cui non provava altro che attrazione.

Ma infondo chi ero io per giudicarla? Non facevo che sognare una strana ragazza bionda e vedere un mostro che si divertiva un mondo a graffiarmi la finestra. Una malata di mente in parole povere…

«Non lo faccio apposta, solo che sono settimane che non riesco a riposare decentemente. Penso di aver riposato sì e no una decina di ore negli ultimi quattro giorni.» spiegai mentre mi accasciavo sul tavolino de L’Eclissi, un bar poco distante dall’Università che frequentavamo in continuazione tra una lezione e l’altra. Ormai era diventata quasi una seconda casa.

Non era molto grande, ma mi aveva sempre incuriosita il modo in cui l’avevano arredato e dipinto le pareti: erano riusciti a raffigurare un eclissi talmente bene da sembrare reale, mentre il mobilio riprendeva quanto possibile i colori brillanti del sole quanto quelli scuri della notte. Inoltre l’atmosfera era confortevole e lo staff simpatico. Di tanto in tanto, quando c’era Leo, trovavamo già al nostro tavolo la colazione: tè ai frutti rossi e muffin al cioccolato per Cassie e un cappuccino formato extra large con croissant alla crema per me.

Eravamo fin troppo abitudinarie…

Con quella frase attirai immediatamente l’attenzione della mia amica, che in un batter d’occhio chiuse il cellulare e lo ritirò nella borsa.

Era rimasta rapita dai racconti sui sogni che mi ossessionavano la notte, mandando in fumo tutte le mie preoccupazioni riguardo le sue possibili reazioni. Nella migliore delle ipotesi mi ero immaginata che mi avrebbe data della pazza o mi chiedesse se stavo scherzando, invece lei si era seduta sul pavimento della mia camera e mi aveva ascoltata tutto il tempo senza interrompermi.

«Ancora quegli incubi?» mi chiese curiosa.

Già… Incubi…

Quando gliene avevo parlato avevo omesso la parte in cui quella cosa spaventosa aveva scambiato per un tira graffi la mia finestra…

«Non finiscono mai, ma quella ragazza è sempre…» mi interruppi di colpo fissando la vetrina del bar.

Una ragazza con una lunga treccia bionda si era appena fermata davanti alla porta del bar, sbirciando all’interno. Appena si girò nella mia direzione abbassò i grandi occhiali da sole, rivelando un paio di occhi azzurri che parevano leggermi dentro. Dimenticai di respirare mentre mantenevo lo sguardo fisso su di lei.

Non era possibile… Anche se dopo ciò che era successo la scorsa notte non mi sarei dovuta più stupire di nulla.

La ragazza sorrise e mi salutò con la mano, prima di voltarsi ed andarsene contenta. Senza accorgermene del tutto mi alzai dal tavolo del bar e mi lanciai verso la porta d’uscita, la spalancai e corsi dietro alla bionda, sotto lo sguardo scioccato di Cassie.

Aveva appena svoltato l’angolo ed io la seguii subito. Fu inutile, perché ormai era sparita nella folla di gente che si aggirava per le strade. L’avevo persa di vista…

«Diana!!! Diana!!! Si può sapere cosa ti è preso?» urlò Cassie raggiungendomi alle spalle e facendomi voltare nella sua direzione. «Mi devi delle spiegazioni. Ora!» affermò decisa ed agitata.

   
 
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