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Autore: Artemisia246    12/04/2015    2 recensioni
"-Scusate, scusate ma che ne dite di fermarvi un attimo? Dopo tutto non hanno fatto niente di male- a parlare fu una voce sconosciuta vicino alla porta. Tutti si voltarono verso di lei e per un momento le ostilità cessarono.
***
-Allora ditemi, cosa ci fa il Chirurgo della Morte su quest'isola?- domandò
***
-Quindi siamo da soli sta sera, mia signora?-
***
-... e in tutte queste leggende si afferma che tu non abbia un cuore- disse, inclinando poi la testa per permettere a Trafalgar di baciarle meglio il collo.
-E tu cosa pensi?- mugugnò lui, tra un bacio e l'altro.
***
-Perchè sono sopravvissuta?- sussurrò, imbrattando di lacrime la felpa di Law.
***
-Voglio un tatuaggio-
-Dove?-
-Su tutta la schiena-
***
-Tu la ami, Law. La ami e lo sai-
-No, Bepo-
-Cosa ottieni nel mentire a te stesso?-
***
-Io mi occupo di Kidd, che è il più grave, tu pensa a Law!- gridò, accovacciandosi vicino al rosso.
***
-Cora-san ti voleva bene- sussurrò dolcemente.
***
-MORENDO NON RISOLVERAI NIENTE, IDIOTA!-"
***
Piccolo appunto: ci saranno delle parti che differiscono dal manga, ma spiegherò man mano quali sono e vedrò di non modificare troppo la storia originale.
Buona lettura.
Genere: Angst, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pirati Heart, Trafalgar Law, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Saaalve a tutti, sono Artemisia246.
Non scrivo da molto per cui potrei essere arrugginita.
La storia narrerà principalmente di Trafalgar Law e della sua ciurma,
anche se andando avanti appariranno alcuni personaggi.
Questa Fan Fiction sarebbe gemellata con un altra che sto attualmente
scrivendo, per cui mi farebbe piacere se i futuri lettori, otre a leggere questa,
leggessero anche l'altra, e possibilmente lasciarmi una recensione 
sia qui che nell'altra.
È ambientata PRIMA dell'arrivo alle SABAODY, anche se Jean Bart
c'è già, spiegherò poi.
Ho detto tutto, quindi vi lascio alla storia...




 
 
Arrivo sull'Isola di Han'ei

 

Il giovane macchinista dei Pirati Heart stava sudando freddo e pregando in tutte le lingue a lui conosciute e sconosciute di riuscire a salvarsi.
Il suo Capitano, Trafagar Law, era in piedi davanti a lui, senza ghigno sulla faccia.
Male, molto male.
Nel sottomarino vigeva una regola, semplice e chiara : mai far sparire il ghigno dalla faccia del Capitano.
Poteva sembrare una regola stupida, ma lì era una specie di comandamento di Dio.
Non che quando il Capitano sorridesse le cose andassero sempre a loro vantaggio, ma c’era una buona probabilità che i danni più grossi li avrebbero ricevuti solo i nemici.
Quando invece il Capitano non sorrideva, allora sarebbero finiti nei cazzi sia loro che i nemici, e, strano ma vero, ad alcuni gli organi interni erano ancora necessari.
-Allora, spiegati meglio, Nick- il Capitano aveva pronunciato quella frase con tono scocciato.
Se possibile, Nick sbiancò ancora di più.
-E-ec-co… v-vede… per fu-fuggire dalle n-navi de-della marina… n-noi…- il giovane aveva provato a voltare lo sguardo verso i macchinari, ma non era servito dato che sentiva il freddo sguardo del capitano su di lui.
Trafalgar, intanto, osservava il macchinista. Era un ragazzo giovane, piuttosto basso per la sua età e con una zazzera di capelli biondicci in testa. Ciò che Law detestava veramente era la sua eccessiva timidezza.
Aveva paura a parlare con tutti, qualsiasi conversazione era costituita principalmente di monosillabi o balbettii.
Nonostante ciò, se la cavava egregiamente con la pistola ed era un mago ai motori.
Aveva avuto l’occasione di vederlo al lavoro da solo e aveva appurato le sue teorie, ovvero che da solo era forte, sicuro di sé e deciso. In quel momento poteva addirittura riuscire a rispondere al Capitano, non ne sarebbe uscito vivo ma avrebbe avuto il coraggio di farlo. In mezzo ad altre persone diventava una pecorella smarrita.
Ci furono attimi di silenzio dopo la “quasi frase” del macchinista.
-Praticamente per fuggire dalla marina abbiamo finito il carburante- era stato Louis a parlare.
Louis superava di venti centimetri buoni Nick per altezza ed era molto più muscoloso. Con la pelle scura e gli occhi chiari, era il secondo macchinista degli Heart e, a differenza di Nick, non aveva problemi a parlare in modo sicuro e deciso al capitano.
-Uhm uhm- Law annuì – quanto carburante ci resta?-
-Direi che abbiamo il tempo di arrivare in un’isola ma poi lì dovremmo fermarci a fare carburante- Louis fissò il Capitano
-Prima ho parlato con Jean Bart, ha detto che l’isola più vicina si chiama Han’ei- lo informò Law
-Sì, lo so, con il carburante che abbiamo potremmo essere lì in un giorno stando immersi sia giorno che notte, tre solo notte-
Il Capitano annuì.
-Bene, restiamo in immersione- optò per la via più veloce. Dopotutto era una Supernova ricercata, voleva avere al più presto il sottomarino in funzione nel caso di un’altra fuga dalla marina.
Non che gli potessero causare problemi, ma era sempre meglio avere un piano secondario.
Non appena se ne fu andato, Nick tirò un sospiro di sollievo ma Louis lo fulminò con lo sguardo.
-B-beh… ch-che c’è?- balbettò.
-Sei il fottutissimo primo macchinista! Non ti dovrebbe spaventare parlare con il capitano di qualcosa riguardante i motori!- sbottò.
-S-saresti spaventato a-a-anche tu se ti fissasse con quello sguardo- Louis scosse la testa e si voltò a mettere a posto una valvola.
-Devi tirare fuori le palle!- vedendo che Nick non diceva niente, Louis continuò –senza di te noi non ci muoveremmo di un nodo! Sei fondamentale!-
Nick arrossì e borbottò un : -Ci proverò-
Si rimisero a lavoro senza più accennare all’argomento.
Il Capitano riacquistò il suo ghigno e si diresse con passo moderato verso il suo studio. Oltrepassò i corridoi di colore giallo spento, alternati qua e là solo da alcune finestre delle varie cabine, dal soffitto pendevano delle luci al neon.
Law percorse quei corridoi in assoluta pace, e soprattutto silenzio. Assaporò quel momento, e si lasciò trasportare. A dispetto di ciò che si pensa, la pace e tranquillità nel sottomarino erano delle qualità che ben pochi possedevano e utilizzavano.
-Ehi capitano!- Shachi gli si parò davanti, compromettendo il suo idilliaco piacere.
Law, tuttavia, non perse il sorriso e concesse attenzione al suo subordinato.
-Allora, cosa ha detto Nick?-
-Che a causa della mancanza di carburante dobbiamo fermarci nella prossima isola vicina. Vai a confermare a Jean Bart la rotta- ordinò. Shachi annuì e fece per andarsene ma Law riprese –Bepo in questo momento sta facendo l’inventario delle attrezzature mediche e dei medicinali, Penguin invece delle scorte alimentari, tu farai quello del materiale per la riparazione del sottomarino. Quando avete finito, insieme fate una lista delle cose che mancano, consultatevi con Nick e Paul, poi portate tutto nel mio studio-
Shachi annuì e si diresse nella sala di navigazione.
Law intanto era entrato nel suo studio e seduto alla scrivania pensava ad Han’ei.
Non gli andava a genio andare in quell’isola, principalmente perché lì c’era stanziato il Vice-Ammiraglio Budo, il “dio dei calci e pugni”.
Tsk, che soprannome ridicolo, pensò, si dice che sia un genio delle arti marziali e che si sia guadagnato il suo posto picchiando qualunque pirata gli si parasse davanti… fufufufufu... beh una lotta contro di lui sarebbe comunque interessante…
Dopo quella considerazione riprese il lavoro interrotto prima di andare nella sala motori.
***
Come previsto da Jean Bart, il giorno dopo arrivarono all’isola di Han’ei.
Il moro Capitano uscì dalla nave, socchiudendo appena gli occhi a causa della luce solare che aveva fatto una irruenta entrata nel suo campo visivo.
Law si prese il tempo di osservare bene il porto. Era una città semplice e spoglia. Dava quasi l’idea dell’abbandono o comunque di una povertà disarmante. Il porto era composto da pochi moli per attraccare, quattro o cinque in totale, costituiti da assi di legno che avevano visto giorni migliori e che a ogni passo scricchiolavano. C’erano solo quattro abitazioni, divise da una strada che conduceva al centro del paese.
Di fianco a loro si trovava un peschereccio grigio con delle macchie di unto sul retro, mentre un pescatore piuttosto mingherlino gettava acqua sul ponte tentando, inutilmente, di scacciare via l’odore di pesce andato a male. Tentativo inutile dato che l’afa e l’umidità del posto contribuivano a dare alla città quell’odore.
Un barbone faceva capolino dall’angolo della strada con una bottiglia in mano mentre uno svogliato commerciante si stava quasi addormentando al banco dove vendeva le esche.
I suoi uomini scesero dal sottomarino sospirando e commentando ad alta voce che dopo ben tre settimane in mare la prima isola su cui mettevano piede era così orribile.
Una rapida occhiata bloccò tutte le frasi e le future lamentele.
Il Capitano distribuì i compiti da svolgere : lui sarebbe andato da solo nella libreria della città, ammesso che ne avesse una, per cercare un nuovo libro di medicina e successivamente a comprare le medicine, ammesso che la “città” avesse una farmacia, Nick e Louis, dato che volevano controllare che i motori non avessero riportato eventuali problemi (tutti concordavano sul rimanere il meno possibile sull’isola, per cui era meglio controllarli), affidarono a Shachi, Bepo e Penguin la missione di trovare un negozio che vendesse del carburante e un’altra lista di oggetti da comprare per la corretta funzionalità del sottomarino, Jean Bart invece sarebbe andato a fare scorta di cibo (era l’unico di tutta la ciurma che non si sarebbe mai sognato di comprare qualcosa al di fuori di ciò che c’era scritto solo per una semplice golosità) mentre gli altri sarebbero andati dove volevano.
***
-Uffa! Che palle! Fosse almeno una città carina!- Shachi si lamentava pesantemente, con le mani incrociate dietro la testa mentre camminava per le vie sporche della città.
-E smettila di lamentarti! È da mezz’ora che camminiamo alla ricerca di quel negozio, almeno stessi zitto- anche Penguin era irritato, insomma quell’isola a conti fatti faceva davvero schifo.
C’erano pochissimi negozi, quasi tutti vendevano attrezzi per la pesca ed erano sudici e malconci.
C’erano dei bar, ma la maggior parte era riversa in condizioni ancora più pietose dei negozi.
Ma soprattutto non c’era nemmeno l’ombra di una ragazza carina!
E che cazzo, dopo tre settimane senza toccare terra, a stare rinchiusi in un sottomarino claustrofobico con altri dodici uomini, un orso e un capitano pseudo- folle, chiunque avrebbe voluto avere delle morbide e delicate curve femminili con cui distrarsi, no?
Fu quest’ultimo dettaglio che fece presente con gli altri.
-Ci fossero almeno delle belle ragazze- mentre lo diceva passò davanti a una donna, il cui viso esprimeva un’età avanzata, mentre i vestiti corti e attillati esprimevano la volontà di restare giovane. Stava fumando una sigaretta, Penguin le lanciò un occhiata e lei rispose con un sorriso languido, leccandosi sensualmente le labbra e mostrando i denti cariati.
Penguin rabbrividì teatralmente, cercando di scacciare quel sorriso dalla sua testa.
-Già- un triste e depresso Shachi espresse il suo parere, totalmente d’accordo con l’amico.
-Ci fossero almeno orse femmine…- Bepo si unì a loro, abbassando la testa sconsolato.
-NON CI SONO ORSE FEMMINE SU QUEST’ISOLA!- lo ripresero i due.
-Scusate- con tono sconsolato e affaticato il povero Bepo si scusò.
-NON SCUSARTI PER QUALSIASI COSA!-
-Comunque,- e qui Shachi ritornò serio –c’è qualcosa di strano in questa città- con gli occhi iniziò ad analizzare le case che man mano stavano superando.
-Già, è strano che una città comandata da un Vice-ammiraglio sia così povera- Penguin gli diede man forte.
-La calura poi è insopportabile- il povero Bepo intanto, cercava, con tutte le sue forze, di non crollare a terra dal caldo. Essendo un orso polare faticava a restare concentrato con una calura così. Shachi, dopo aver dato un’occhiata all’amico, propose di fermarsi nel primo bar messo non troppo male dell’isola, sia per far refrigerare Bepo, sia per chiedere informazioni.
L’occasione si presentò non appena svoltarono l’angolo.
Il bar “Della Luna Piena” sembrava messo bene, secondo lo stato dell’isola. La porta non era del tutto scardinata, le finestre erano incredibilmente sporche ma intere, e dalle pareti esterne erano ancora presenti pezzi di carta, evidentemente i vari avvisi dovevano essere stati staccati di recente.
-Entriamo qui- affermò Bepo. Penguin e Shachi si accodarono.
L'interno del bar era effettivamente peggiore dell'esterno.  Il locale era composto essenzialmente da una enorme stanza circolare, un bancone dove un uomo di corporatura abbastanza robusta stava lucidando un bicchiere era lungo fino alla fine della parete, alcuni gradini appartenenti a una rampa di scale facevano capolino alla fine di esso. I Pirati del Cuore non faticarono a immaginare che genere di “affari” si gestissero alla fine di quei gradini.
Lungo l’unica parete della stanza erano appesi vari avvisi di taglia ma solo due finestre lerce ad illuminarla.
I tavoli erano pochi e disposti a grande distanza tra loro, tuttavia ogni tavolo poteva vantare dai due ai tre clienti seduti.
Sono tutti abitanti del luogo, constatò Bepo. Tutti avevano, chi più o chi meno, abiti lerci e consunti, tra le dita inzaccherate reggevano dei bicchieri colmi di liquore. La cosa, però, che li accumunava veramente, non erano né gli abiti consunti né il luogo, erano gli occhi.
Tutti avevano lo stesso tipo di sguardo, lo stesso tipo di espressione in viso.
I loro occhi sembravano dire tutti la medesima cosa: andatevene.
Ed erano pieni di odio, un odio puro, un odio antico come il mondo.
-Ehm… mi scusi, ma non è che potrebbe dirci dove si trova un buon negozio di carburante?- domandò, affabile, Penguin. Avevano deciso, sotto ordine di Bepo, appena prima di aprire la porta, di comportarsi gentilmente e d evitare di scatenare inutili risse che avrebbero compromesso la loro permanenza. Dopo tutto, come li aveva informati precedentemente il capitano, su quell’isola c’era la base di un vice-ammiraglio della marina. Era già tanto che fossero sbarcati senza problemi, figurarsi se Trafalgar Law aveva voglia di combattere contro di lui, sapendo che sarebbe stato solo uno spreco di energie e di tempo dal risultato scontato.
Il barista assottigliò gli occhi e sembrava che l’odio all’interno della stanza fosse aumentato. Poi lanciò un occhiataccia ai pirati.
-Sparite- bofonchiò, abbassando la testa e pulendo di più il bicchiere.
Bepo lo fissò stranito, Shachi e Penguin si scambiarono un’occhiata.
-Ci scusi, ma noi vorremmo solo sapere dove si trova il negozio- ripete Shachi, sorridendo.
Questa volta tutta l’attenzione di tutti i clienti si riversò su di loro.
-Ho detto “sparite”- scandì bene le sillabe e si girò completamente verso di loro.
Si sentì un crack e il suono di mille voci che parlavano una sull’altra.
-Non l’avete sentito? Ha detto che dovete andarvene!-
-Andatevene, sporchi pirati!-
-Lurida feccia, fuori di qui!-
Tutti i clienti si erano come ripresi dal torpore che aleggiava prima e li aggredivano.
I ragazzi, d’altro canto, tentavano solo di parlare e di chiedere in giro del negozio, evitando di dire parole che potessero mettere altra benzina sul fuoco.
La vera rissa iniziò quando un cliente, vedendo che Bepo si era voltato per parlare con il barista, gli lanciò contro un bicchiere.
L’orso si mise una mano davanti al viso per proteggersi e così il vetro cadde a terra e si ruppe in mille pezzi.
Sia l’orso che i compagni si erano già messi in pose di combattimento, ma si ricordarono delle parole del capitano. Intanto oggetti volavano contro i poveri malcapitati, vetri, bottiglie, coltelli, perfino sedie, ma loro rimasero fermi e incassarono senza fare niente. Ordini del capitano.
-Scusate, scusate ma che ne dite di fermarvi un attimo? Dopo tutto non hanno fatto niente di male- a parlare fu una voce sconosciuta vicino alla porta.
Tutti si voltarono verso di lei e per un momento le ostilità cessarono.

 
  
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