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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    13/04/2015    1 recensioni
Incredibile quanto la guerra e la perdita possano sconvolgere la vita delle persone.
Ellie Nightshade e Henry Faircross lo sanno bene.
Nella prima guerra contro Valentine entrambi hanno perso tutto: la propria famiglia, la propria casa, le proprie certezze...
Quando Magnus Bane li porta via da Idris diretto all'Istituto di New York, sono ben consci che l'unica cosa su cui potranno fare affidamento sono loro stessi.
Per questo decidono di diventare Parabatai.
Perché avere un Parabatai vuol dire proteggersi a vicenda, amarsi incondizionatamente, essere amici, fratelli ed essere pronti a sacrificare tutto per la felicità dell'altro: essere una famiglia.
Quando la guerra mortale minaccerà di distruggere ogni cosa ancora una volta, i Cacciatori dell'Istituto di New York si ritroveranno a combattere non solo contro i Demoni evocati da Valentine e Sebastian - intenzionati a creare una nuova stirpe di Shadowhunters - ma anche contro quelli che si annidano nelle loro anime e dovranno essere pronti a perdere tutto pur di proteggere coloro che amano.
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Love Turns to Ashes

XVI
Da New York a Idris
 
 Avanzo verso l’armeria insieme a Henry.
 Lui mi sta raccontando cos’è successo durante la battaglia, mentre io e Isabelle stavamo cercando Simon.
 Io annuisco anche se non sto davvero ascoltando.
 Ho la testa da un’altra parte.
 Valentine.
 Il sangue di quattro Nascosti.
 Un esercito di Demoni.
 È davvero questo quello che ci aspetta?
 Sapevo che avremo dovuto combattere una guerra, ma non pensavo che Valentine potesse essere così spietato da evocare un esercito di Demoni per distruggere gli Shadowhunters.
 Ho paura, lo ammetto.
 Ho paura dell’imminente guerra.
 Ho paura di perdere ancora le persone che amo. Ho paura di morire. Anche se uno Shadowhunters non dovrebbe averne.
 - Mi stai ascoltando, Lea? -  mi chiede Henry, interrompendo il corso dei miei pensieri.
 Io annuisco.  - Sì. -  rispondo  - Stavi dicendo di Jace e del sangue. -
 - Esatto. -  afferma e riprende, ma la sua voce si perde nuovamente in un angolo recondito della mia mente per lasciare spazio a quella di Luke, l’amico di Clary.  - Si sta preparando una battaglia. Dovremo combattere. -
 Allontano quel pensiero dalla mia mente e inspiro profondamente.
 Basta.
 Adesso pensiamo ad allenarci.
 Quando entriamo, vediamo che Isabelle e Tom si stanno già affrontando in un corpo a corpo sui materassi colorati. Non sembrano notare il nostro ingresso, perciò ci dirigiamo verso il quadro svedese per esercitarci con l’arrampicata.
 - Comincio io? -  chiedo al mio parabatai e lui annuisce.
 Mi sfrego le mani una contro l’altra e poi mi isso sul quadro. Sposto le mani e i piedi velocemente da una parte all’altra, salgo sempre più su senza curarmi dell’altezza. Mi sento libera, in questo momento. Vorrei potermi sentire così sempre. Quando sono arrivata in cima inspiro e scavalco per scendere dall’altra parte. Mi lascio scivolare verso il basso osservando Henry, di tanto in tanto.
 Lui mi sorride, rimanendo a braccia incrociate.
 Quando tocco nuovamente terra, sorrido e mi avvicino.
 - Non male. -  si congratula.
 - Grazie. -  dico tentando di riprendere fiato.
 - Tocca a me, adesso. -  afferma avvicinandosi al quadro  - Vedrai cos’è la vera velocità. -
 Rido.  - Certo, Mister Modestia. -
 Lui ride e comincia a salire rapidamente, come se ogni piolo in legno scottasse e non potesse poggiarci sopra manie piedi più di qualche secondo.
 Sorrido. Nonostante la poca modestia, è davvero bravo, bisogna dirlo. Mi volto. Isabelle e Tom stanno ancora combattendo e, strano a dirsi, è lei ad essere in vantaggio. La vedo atterrare il mio ragazzo con un calcio alle caviglie e poi bloccarlo tenendolo per un braccio.
 Quando mi volto, forse troppo velocemente, la vista mi si oscura.
 Inspiro profondamente e sbatto più volte le palpebre.
 Che mi succede?
 Mi massaggio gli occhi con pollice e indice e attendo che la vista ritorni normale.
 Non può essere un calo di zuccheri: ho mangiato parecchio.
 Che mi prende ultimamente?
 - Ellie? -  mi chiede Henry  - Tutto bene? -  sento che si è avvicinato, anche se non posso vederlo.
 - Sì, io… -  non ho tempo di dire altro, che sento la voce affievolirsi, come se fosse scomparsa di colpo. Le gambe non mi reggono più, si fanno molli e non riescono più a sorreggere il mio peso. Ansimo e prima che possa cadere sento due braccia che mi afferrano saldamente.
 - Ellie! -  esclama il mio parabatai.
 Vorrei dirgli di non preoccuparmi, ma non ci riesco, così l’unica cosa che faccio è lasciarmi scivolare a terra.
 - Che succede? -  chiede Tom anche lui adesso è accanto a me, sento le sue mani sulle mie spalle.
 - Non lo so. -  risponde Henry e poi il silenzio mi avvolge.
 
 Quando mi sveglio e apro gli occhi, noto con piacere che la vista è ritornata. Sospiro di sollievo: per un momento avevo creduto di essere diventata cieca.
 Attorno al mio letto ci sono Alec, Henry e Tom.
 Inspiro profondamente e Alec si fa avanti, vedendomi sveglia.  - Ellie, come ti senti? -  mi chiede. I suoi occhi azzurri sono colmi di preoccupazione.
 Annuisco  - Meglio, grazie. -  e mi metto a sedere lentamente, reggendomi sulle braccia.
 - Ci hai fatto preoccupare. -  dice Tom prendendomi la mano e stringendola tra le sue.
 Sorrido.  - Sto bene. -  lo rassicuro e ricambio la stretta. Quando mi volto verso Henry vedo che ha lo sguardo fisso sulle nostre dita intrecciate.
 D’istinto ritraggo la mia mano, anche se non so perché. Mi scosto i capelli dalla fronte e poi mi faccio aiutare da Tom ad alzarmi.
 Quando mi metto in piedi, prima di lasciar andare il mio ragazzo, mi assicuro che le gambe possano reggermi. Quando so di poter rimanere in equilibrio lo lascio andare e insieme usciamo dall’infermeria.
 
 Sono le sette del mattino.
 Scendo in cucina per fare colazione e sospiro. Da quando Alec, Jace e Izzy sono partiti per Idris insieme a Maryse, Robert e il fratellino Max, l’Istituto sembra vuoto. Non posso più parlare con Alec o andare da Taki per mangiare qualcosa con lui. Non c’è più Izzy ad invogliarmi a truccarmi o a vestirmi da “ragazza” e Jace a farmi arrabbiare con le sue battute sarcastiche.
 Prendo una tazza dalla credenza e dopo essermi servita del latte prendo la scatola di cereali dal mobiletto dei biscotti.
 La porta della cucina si apre proprio mentre sto per gustare una cucchiaiata di cioccolato e fiocchi d’avena. Il cucchiaio si blocca a metà strada.
 Quello che vedo non può essere reale. Eppure non sono pazza e nemmeno ubriaca.
 Davanti a me c’è una ragazza con indosso solo una camicia che avanza sorridendo. Non è il fatto che sia mezza nuda a sconvolgermi, ma il fatto che sia una mondana.
 E i mondani, se non in caso di estrema necessità – e non credo sia il suo – non possono e non devo entrare nell’Istituto.
 - Ciao. -  mi dice tendendomi la mano.
 Io rimango interdetta. Lascio ricadere il cucchiaio nella tazza e sorrido a mia volta, tentando di celare il mio stupore.  - Ehm… Ciao. -  dico  - Tu sei…? -
 - Vicky. -  mi risponde completando la frase.
 Annuisco e poi, prima che possa chiederle cosa diavolo ci fa qui, la porta si spalanca ancora e questa volta ad entrare è Henry.
 - Ehi. -  saluta.
I o sollevo una mano, ma capisco che quell’“ehi” era rivolto più a lei che a me. A dimostrazione di questo, vedo il mio parabatai avvicinarsi a lei e baciarla.
 Adesso capisco. È stato lui a farla entrare.
 - Come stai? -  le chiede.
 Lei sorride.  - Bene, tesoro. -  risponde.
 Tesoro? Tesoro a Henry?
 Lui la prende per i fianchi e la tira a sé, baciandola ancora, così io per non sembrare una guardona mi immergo nei miei cereali.
 Perché cavolo ha fatto entrare una mondana nell’Istituto? Non ho nulla contro di loro. Assolutamente nulla. Ma non possono stare qui. È contro le regole.
 - Ti va un caffè? -  chiede Henry massaggiandole i fianchi sollevando leggermente la camicia bianca che probabilmente le ha prestato lui.
 Lei annuisce scompigliandogli i capelli.  - Dopo questa notte ne ho davvero bisogno. -
 Trattengo un verso di disgusto e tento di concentrarmi sui movimenti che fa il cucchiaio per arrivare dalla tazza alla mia alla mia bocca.
 Il mio amico comincia a preparare la caffettiera e lei, intanto, si siede di fronte a me.
 - Non ho capito come ti chiami. -  mi dice.
 Certo che non l’hai capito. Non te l’ho detto.  - Ellie. -  mi limito a dire.
 - Bel nome. -  
 Annuisco.  - Grazie. -
 Dopo questa notte… e poi Henry biasimava me perché credeva che io e Tom… chissà da quanto la conosce. Un rantolo mi sfugge dalla gola e tento di coprirlo con un colpo di tosse.
 La porta si apre ancora.
 Tom entra e dopo avermi scoccato un bacio sulle labbra si siede accanto a me.  - Buongiorno. -  dice. Quando vede Vicky ha la mia stessa reazione.  - Ehm… Buongiorno anche a te… -  lascia la frase in sospeso.
 Lei intuisce e la completa  - Vicky. -
 Tom le stringe la mano e poi osserva me.
 Faccio spallucce e gli offro una cucchiaiata di latte e cereali che lui accetta volentieri.
 - Sono un’amica di Henry. -  spiega lei, quando Henry le cinge le spalle con un braccio.
 - Be’, -  esordisce lui  - dopo questa notte, più di una semplice amica. -  conclude sorridendo e scoccandole un bacio sulle labbra.
 Scuoto il capo e mi sfugge un sospiro. Questa notte… Questa notte… perché continua a ripeterlo? Se vuole farci capire che hanno passato la notte insieme, è stato abbastanza chiaro. Mi volto verso Tom e lui scuote il capo a sua volta. Poi mi metto in piedi e poggio la mia tazza nel lavello.  - Vado ad allenarmi. -  affermo  - Piacere di averti conosciuta, Vicky. -
 - Piacere mio. -  la sento dire mentre esco.
 
 Sto prendendo a pugni il sacco da boxe nell’armeria. Sferro calci e gomitate per sfogare la mia rabbia e lo faccio ondeggiare avanti e indietro.
 Tento di regolare il mio respiro.
 Inspiro, sferro un pugno, espiro.
 Inspiro, tiro un calcio, espiro.
 Ma perché Henry ha portato qui una mondana?
 E soprattutto, perché non si è vestita prima di scendere per colazione?!
 Accidenti! Mi fa andare fuori di testa, pensarci.
 Continuo a tirare pungi e calci talmente forti che non sento nemmeno la porta dell’Armeria aprirsi.
 Me ne accorgo solo quando vedo Tom che mi sorride e si piazza davanti al sacco per tenerlo fermo.  - Ehi. -  mi saluta.
 Sorrido.  - Ciao. -  dico e mi fermo.
 - Sfoghi la tua rabbia? -  mi chiede.
 Annuisco.  - Non capisco come gli è venuto in mente di portare qui una mondana. -  sbotto  - Se lo sapesse Maryse lo caccerebbe seduta stante. -
 Lui scuote il capo.  - Aveva bisogno di divertirsi. -  afferma  - Credo. -
 - Infrangendo le leggi del Conclave? -
 - È fatto così. -
 Scuoto il capo a mia volta.  - Avrebbe dovuto rimanere fuori di qui se voleva divertirsi con lei. -  dico  - Chissà cosa si è inventato per giustificare il fatto che viviamo in una Cattedrale. -
 - Qualcosa di molto convincente. -  replica Tom.
 - Che vuoi dire? -
 Lui sorride.  - Era convinta che fosse una scuola privata per ragazzi dotati. -
 Sgrano gli occhi.  - Scusami? -
 Ride.  - È così, te lo giuro. -  conclude poggiando una mano sul cuore.  - E credeva che fossimo i membri di una setta. -  spiega  - Sai, per le rune. -  sorride divertito.
 Sorrido debolmente anche io.
 Devo ammettere che Henry ha dell’inventiva e che lei, ovviamente, si è fatta ammaliare dal suo fascino. Oppure è estremamente credulona.
 Allontano il pensiero e torno seria.
 Ciò non toglie che ciò che ha fatto sia una stupidaggine in piena regola.
 Ma che cosa prende a Henry, ultimamente?
 E poi… nemmeno mi aveva detto di avere una ragazza.
 
 Busso alla porta della stanza del mio parabatai.
 Ho deciso di chiedergli spiegazioni, prima di saltare a conclusioni affrettate. Tom mi ha consigliato di parlargli e chiedergli perché l’ha fatto e soprattutto se è una cosa seria.
 - Avanti. -  sento dire dall’interno.
 Giro la maniglia ed entro chiudendomi la porta alle spalle.
 - Ciao, Ellie. -  mi saluta mentre sistema la camicia bianca che aveva prestato a Vicky nell’armadio in legno di ciliegio.
 - Ciao. -  lo saluto.  - Posso parlarti? -  chiedo avanzando.
 Lui annuisce e si volta verso di me.  - Di cosa? -
 - Di Vicky. -  vado dritta al punto, anche se forse non è una buona idea.
 Lui aggrotta le sopracciglia.
 - È una mondana. -  affermo.
 - Lo so. -  replica.
 Bene. Almeno se n’è accorto.  - Non avrebbe dovuto essere qui, Henry. -  continuo.
 Lui fa spallucce.  - Ci siamo solo divertiti un po’. -  dice.
 - Sì, ma infrangendo le regole dell’Istituto e del Conclave. -  faccio notare. Ma come fa a non capirlo? Come fa a non capire che se qualcuno lo venisse a sapere potrebbe essere cacciato?
 Henry aggrotta le sopracciglia e poi avanza.  - Non mi sembra che abbiate fatto molte storie quando Simon era qui. -  fa notare.
 Sgrano gli occhi. Adesso cosa centra Simon?  - Era diverso. -  ribatto.
 - Non vedo in quale modo. -  asserisce.
 - Era qui con Clary. Lei era stata attaccata da un demone e sua madre era stata rapita. -  spiego  - Non era qui perché qualcuno di noi aveva bisogno di ‘divertirsi’, come dici tu. -
 - Sta di fatto che era qui. -  
 Scuoto il capo.  - Da quanto la conosci? -  chiedo.
 - Un settimana. -  risponde.
 Indietreggio stupita.  - Una settimana?! -  sbotto  - E avete passato la notte insieme? -
 Scrolla le spalle.
 - Quando hai saputo che avevo passato la notte nella camera di Tom ne hai fatto una tragedia perché ci conoscevamo da pochi mesi. E adesso mi vieni a dire che ti sei ‘divertito’ con una ragazza che conosci da una settimana?! -  esclamo.
 Lui ride.  - Stiamo bene insieme. -
 - Questo cosa centra? -
 - Lei mi piace, io le piaccio… -
 - Sì, ma resta una mondana. -  dico  - Vuoi costringerla a prendere i marchi? -
 - No. -  risponde  - Non voglio che faccia parte del nostro mondo. -
 - Allora non potete stare insieme. -  affermo  - Tu sei un Cacciatore e lei una mondana. Uno dei due dovrà rinunciare alla sua vita se volete… -
 - Allora lo farò io. -  mi interrompe.
 - Cosa? -  sussurro.
 - Rinuncerò ad essere un Cacciatore. -  afferma  - Diventerò un mondano e potremo stare insieme. -
 - Ma… -  balbetto  - Henry… -  il pensiero di perdere il mio parabatai e migliore amico mi fa sentire vuota. Non può davvero volersene andare. Non può.
 - È una mia scelta. -
 - Non puoi andartene, io… noi… -  dico, ma non riesco ad aggiungere altro.
 L’espressione di Henry cambia. Vedo dipingersi un sorriso malizioso sul suo volto.  - Adesso capisco. -  afferma  - Sei gelosa. -
 Torno in me rapidamente e mi sfugge una risata.  - Gelosa? -
 Annuisce.
 - Credi che dovrei essere gelosa? -  non lo sono, di questo sono certa. Sono felice che lui abbia una ragazza, anche se è mondana. L’unica cosa che contesto è il fatto che l’abbia fatta entrare qui, in un posto precluso ai mondani e che abbia deciso di abbandonare la sua vita da Cacciatore per lei. La conosce da una settimana! Credo che sia una scelta un po’ affrettata.
 - Non lo so. -  replica  - A me sembra che tu lo sia. -
 - Credimi, Henry, non ho motivo di essere gelosa di Vicky. -  affermo e mi sembra che i suoi occhi vengano attraversati da un’ombra di delusione  - Solo non concepisco come tu abbia potuto… -  un botto e una scossa interrompono la nostra conversazione.
 Mi volto verso la porta.
 - Cos’era? -  mi chiede il mio amico.
 Io scuoto il capo perplessa.  - Credo un portale. -
 - Qualcuno è entrato nell’Istituto? -  esclama Henry preoccupato.
 Ci scambiamo uno sguardo fugace e poi usciamo di corsa dalla stanza dimenticandoci del nostro litigio.
 Incontriamo Tom alla fine del corridoio.
 - Avete sentito? -  chiede.
 Noi annuiamo e ci dirigiamo verso la biblioteca. Entriamo e vediamo che non c’è nessuno. Tutto è in ordine, esattamente come lo ha lasciato Maryse.
 Scendiamo la scale e ci avviciniamo al portale. È chiuso. Nessuno è entrato o uscito dall’Istituto. Almeno, non utilizzando questo portale.
 - Forse veniva da fuori. -  fa notare Henry.
 Io e Tom annuiamo e insieme usciamo diretti verso il giardino interno.
 
 Prima di svoltare l’angolo che porta al portichetto coperto vediamo una strana luce illuminare la stradina che si irradia nell’erbetta verde.
 Ci blocchiamo.
 Qualcuno ha aperto un portale qui fuori.
 Quando svoltiamo l’angolo, vediamo che davanti al Portale c’è una persona. È in controluce perciò non riusciamo a capire chi è fino a che non si volta.
 - Magnus? -  esclamo vedendo il suo volto e i suoi inconfondibili occhi da gatto.
 - Ciao, Ellie. -  mi saluta sollevano una mano.
 - Si può sapere cosa sta succedendo? -  chiede Henry avanzando.
 - Stai calmo, Henry. -  lo rassicura.
 - Magnus, Henry ha ragione. -  dico  - Perché hai aperto un Portale? -  chiedo.
 Lui scuote il capo.  - Non sono stato io. -
 A quel punto interviene Tom.  - Be’, ci sei solo tu, qui. -
 - Sei perspicace, amico. -  risponde lo Stregone  - Davvero bravo. -  si complimenta  - Ad aprirlo è stata Clary. -  conclude con tono duro.
 - Clary? -  esclamiamo in coro.
 Annuisce.
 - Fantastico. -  si lascia sfuggire Henry  - Adesso che ha scoperto questi suoi fantastici poteri li usa per spostarsi da casa sua all’Istituto? -
 Ha ragione. Clary è sempre stata avventata, ma perché aprire un portale? Non credo che lo utilizzerebbe per qualcosa di futile, perciò…
 - Veramente non è andata a casa sua. -  interviene Magnus.
 - E dov’è? -  chiedo. Non ci sto capendo più nulla.
 - A Idris, credo. -  dice in un sussurro.
 - Cosa?! -  grido.
 Lui solleva le mani per farmi capire che non centra nulla, ma io sono già fuori di me.
 - Non si è nemmeno mai allenata per attraversare i portali! -  dico  - Ma come le è venuto in mente di andare lì da sola? -  sbraito.
 - Non è sola. -  mi rassicura Magnus  - C’è Luke con lei. -
 Sospiro di sollievo.  - Bene, almeno questo. -  mi passo una mano sul volto.
 - Spero solo che siano riusciti ad arrivarci. Clary non aveva mai visto Idris, no? -  interviene Henry.
 Annuisco.
 - Come faceva visualizzare Idris se non l’aveva mai vista? -  chiede Tom.
 Henry fa spallucce.
 Come le è saltato in mente? Come può pensare di andare a Idris insieme a Luke? E poi per fare cosa? Capisco che voglia salvare sua madre, ma come può aiutarla lasciandola a New York da sola?
 - Dobbiamo andare anche noi. -  afferma Tom.
 - Cosa? -  il mio ragazzo si è totalmente ammattito  - Tom, ma che stai…? -
 - È l’unico modo per proteggere i nostri amici. -  spiega  - Sono tutti là e se è vero che si sta preparando una guerra, saremo più utili a Idris che qui a combattere con delle spade di legno. -
 Mi volto verso Henry, ha la mia stessa espressione dipinta sul volto.
 Entrambi sappiamo che, in fondo, Tom ha ragione.
 Non possiamo abbandonarli.
 - D’accordo. -  concorda il mio parabatai e io mi ritrovo ad annuire.
 - Magnus, puoi portarci a Idris? -  chiedo volgendomi verso il mio amico Stregone.
 Lui annuisce.  - Certo. -
 - Allora partiamo questa sera. -  afferma Tom  - Vieni qui alle sette in punto. -  
 Magnus annuisce.  - Agli ordini, capitano. -  saluta con un cenno della mano e se ne va.
 
 Sto indossando la mia tenuta da Cacciatrice.
 Vorrei non dover combattere questa guerra. Vorrei vivere normalmente qui all’Istituto, con Hodge, con i miei amici…
 Ma non posso.
 Devo andare a Idris. Devo combattere. Devo vincere. E proteggere i miei amici; morire per loro, se necessario.
 La paura che sto provando adesso non si addice ad uno Shadowhunter, noi non dovremmo avere paura. Dovremmo essere coraggiosi, dei veri guerrieri, pronti a combattere per proteggerci a vicenda e proteggere il mondo.
 Ma io non lo sono.
 Perché no?
 Mi sento un’egoista. Una stupida ragazzina che pensa solo a se stessa e a nient’altro.
 Qualcuno bussa alla porta, interrompendo i miei pensieri.
 - Ciao. -  la testa di Tom fa capolino.
 - Ciao, Tom. -  dico  - Entra. -
 Lui mi sorride dolcemente e quando mi ha raggiunto mi abbraccia.  - Sei nervosa? -  chiede.
 - Un po’. -  ammetto. Sto per tornare a Idris. A parte la guerra, rivedrò il posto in cui sono nata e in cui i miei genitori sono morti. Ho un po’ paura di questo. Non vorrei che tutto il dolore e il vuoti della perdita riaffiorino.
 - Andrà tutto bene. -  mi rassicura e io non posso fare a meno di sorridergli. Gli ho parlato dei miei genitori e sa che sono morti per un malfunzionamento delle Torri Antidemoni, sa che forse è proprio dal ritorno a casa che sono spaventata.
 Si allontana leggermente da me, mi prende il volto fra le mani e mi bacia.
 Ricambio accarezzando le sue labbra con le mie e poi gli sfioro la guancia con una mano.  - Grazie. -  sussurro abbracciandolo ancora.
 Sorride.  - Ti amo, Ellie. -  sussurra al mio orecchio, stringendomi di nuovo tra le braccia.  - E ti starò accanto. Sempre. -
 Sorrido a mia volta.  - Anche io ti amo. -  ed è come se una mano fredda mi si fosse poggiata sul cuore.
 
 - Ti va una tazza di tè, prima di partire? -  mi chiede Tom quando entriamo in cucina, mano nella mano.
 Annuisco.  - Per voi il tè è d’obbligo, vero? -  chiedo sedendomi al tavolo e osservandolo mentre maneggia con il bollitore.
 Lui ride.  - Be’, a Londra il tè è sacro. -  spiega.
 L’avevo immaginato. Anche noi qui sorseggiamo tè, ma non così tanto. Preferiamo il caffè, ci dà la giusta carica per affrontare le sfide quotidiane.
 Quando il bollitore sbuffa, Tom versa il tè nelle tazze e poi me ne porge una sedendosi accanto a me. Mi porge la ciotola con le zollette di zucchero e io ne immergo una dopo aver aggiunto del latte.
 - Grazie. -  dico.
 E poi sorseggiamo la nostra bevanda nel più completo silenzio.
 
 Raggiungo la camera di Henry e busso.
 Lo sento muoversi all’interno e quando mi invita ad entrare apro la porta e sorrido.
 - Magnus sta arrivando. -  annuncio e lui annuisce.
 Chiude la finestra della stanza, prende il suo stilo e la sua Stregaluce e si avvicina.
 - Pronta a partire? -  mi domanda.
 Sospiro e poi annuisco.  - Diciamo di sì. -
 - Ehi. Stiamo per tornare a casa. -  mi dice  - Ti avevo promesso che ci saremo tornati insieme, no? -  mi chiede.
 Sì, l’aveva fatto. Ma sono successe così tante cose che sembra accaduto una vita fa. Prima dell’arrivo di Tom, Clary e Simon, del tradimento di Hodge, di Valentine, della battaglia sulla barca, della morte di quei Nascosti… sembra tutto così lontano e inverosimile, che non riesco nemmeno a concepire come potessimo passare il tempo a parlare di cose così futili e banali. Annuisco.  - Sì. -  ribatto.
 Lui mi sorride.  - Andiamo? -
 - Tom ci sta aspettando in giardino. -  dico.
 Il mio parabatai annuisce e mi segue nei corridoi dell’Istituto.
 
 Quando arriviamo in giardino, vediamo che Magnus sta per evocare il Portale e Tom lo sta osservando curioso, quasi potesse imparare qualcosa da lui.
 Mi sorride, vedendomi avanzare.  - Sei pronta? -  mi sussurra all’orecchio quando mi stringo a lui e gli cingo il fianco con un braccio.
 Annuisco.
 Henry si rivolge a Magnus.  - È pronto? -  chiede impaziente.
 Lo stregone si volta e gli rivolge uno sguardo misto tra l’indignato e il divertito.  - La calma è la virtù dei forti, Henry Faircross. -
 Il mio amico sbuffa a me sfugge una risata.
 Tom sorride e mi stringe ancora di più a sé.  - Sappiamo dove ci condurrà esattamente il portale? -  chiede.
 Magnus annuisce.  - Nella foresta di Brocelind. -  risponde  - Non possiamo comparire direttamente ad Alicante, perciò dobbiamo rimanere fuori. Attraverseremo la foresta e raggiungeremo la città. -
 Sgrano gli occhi.  - Vieni con noi? -
 Lui annuisce  - Ovvio. -  replica  - Se vi lasciassi soli sono sicuro che combinereste un disastro. -
 Rido  - Questo è davvero scorretto, Magn… -  la mia voce di rompe a causa di un attacco di tosse, non so se a causa delle polveri che l’incantesimo di Magnus sta sollevando o se perché mi è andato di traverso qualcosa.
 Tossico convulsamente coprendomi la bocca con una mano.
 - Ellie, ti senti bene? -  chiede Tom, reggendomi per le spalle.
 Annuisco. È solo un po’ di tosse.
 Henry si avvicina e mi poggia una mano sul braccio.  - Sicura che sia tutto ok? -
 Proprio mentre sto per rispondergli, scostando la mano dalla bocca, vedo che la pelle è macchiata di sangue. Impallidisco.
 - Ellie… -  dice Henry  - Cosa…? -
 - Oh, per l’Angelo… -  mi sfugge in un rantolo.
 - Siediti. -  mi consiglia il mio ragazzo e mi accompagna accanto ad un panchina in pietra.
 Mi siedo e quando mi porge un fazzoletto mi pulisco il viso dal sangue. Cosa mi sta succedendo?
 - Ellie… -  comincia Henry.
 So dove vuole arrivare  - Sto bene. -  mi affretto a dire con voce strozzata e proprio in quel momento mi coglie un altro attacco di tosse.
 Il Portale si apre con un botto simile a quello di un’esplosione.
 Ci voltiamo tutti e tre appena in tempo per vedere Magnus venire verso di noi.  - È tutto ok? -  chiede.
 - No. -  risponde Henry  - Ellie sta tossendo sangue. -  risponde  - Ti sembra tutto ok? -
 Lui gli rivolge uno sguardo spazientito e poi si volta verso di me.  - Fai vedere. -  mi dice e poi solleva il mio volto con due dita.  - Quando è cominciata? -
 Scuoto il capo  - Adesso. -  rispondo  - Non mi era mai successo prima. -
 - Mmm… -  gli sfugge mentre riflette.
 - Forse dovresti rimanere qui. -  afferma Henry  - Non è sicuro andare a Idris utilizzando un portale, nelle tue condizioni. -
 Scuoto vigorosamente il capo  - No! È escluso che io rimanga qui mentre i miei amici rischiano la vita. -
 - Potresti sempre partire domani o dopodomani. -  fa notare Tom.
 Perché sono tutti contro di me? Non rimarrò di certo qui.  - No. -  ripeto  - Non se ne parla. Sto bene. -
 - Be’, considerano che stai sputando sangue, letteralmente, non credo che… -  interviene Magnus.
 Lo fulmino con lo sguardo e lui si zittisce immediatamente.
 - D’accordo. -  acconsente Henry.  - Andiamo, dato che non c’è verso di farti cambiare idea. -
 Annuisco e mi alzo insieme a Tom.
 Magnus ci precede e quando arriviamo davanti al porta ci fermiamo.
 - Prendiamoci per mano. -  consiglia lo stregone  - Almeno saremo sicuri di arrivare nello stesso luogo. -
 Prendo le mani di Tom e di Henry e inspiro profondamente, nonostante l’addestramento, è la prima volta che attraverso un portale. Spero che non sia qualcosa di tremendo o doloroso.
 - Pronti? -  chiede Magnus.
 - Sì. -  rispondiamo in coro.
 - Al tre. -  annuncia  - Uno. Due. Tre! -  insieme corriamo verso l’apertura davanti a noi. Sembra di saltare in una vasca piena d’acqua.
 Sento un rumore simile a quello di un sasso che affonda e poi un vortice mi risucchia. Avverto ancora le mani dei miei amici incollate alle mie. Sembra che siano state messe sotto vuoto.
 Un altro tonfo e sento l’aria sferzarmi nuovamente il viso.
 Atterriamo sul morbido di un manto erboso.
 Gemo quando il mio corpo cozza contro il terreno.
 Tom è subito accanto a me per aiutarmi a rialzarmi.  - Stai bene? -  chiede.
 Io annuisco e mi metto in piedi cercando Henry e Magnus con lo sguardo.  - Tu stai bene? -
 - Tutto ok. -
 - Henry! -  lo chiamo.
 Sento un gemito dietro di me, mi volto e lo vedo che tenta di mettersi in piedi.
 - Sto bene. -  mi dice con un cenno della mano.
 Magnus sta avanzando verso di noi e si sta spazzolando i pantaloni con le mani.
 - È tutto ok, Magnus? -  domando.
 Lui mi sorride.  - Sì. -  afferma, poi dopo essersi guardato intorno ci incita a muoverci  - Andiamo. La foresta di Brocelind non è propriamente sicura di notte. -
 E ci incamminiamo.
 
ANGOLO DEL MOSTRICIATTOLO CHE SCRIVE
Ciao a tutti :D
Rieccomi qui con un capitolo, finalmente, più lungo degli altri! ;)
Spero tanto che vi piaccia e che si capisca, perché succedono molte cose tutte insieme ^_^”
Fatemi sapere.
A presto,
Eli
 

 
   
 
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