12
“Parole,
parole,
parole. L’amore è solo un’inutile parola.
E, mi dispiace
dirtelo, ma le parole non significano nulla per me”
[Once
Upon a Time, Cuore di Tenebra, Biancaneve]
“Pensate
di poterlo nascondere per sempre, Elsa? Credete di esserne capace?
Scommetto di
no. Nessuno ne è capace”.
Elsa
aprì gli occhi. La voce della
sovrana della Corte Seelie, Titania, le era sembrata fin troppo reale,
come se
la fata le stesse sibilando quelle parole in un orecchio. Era sicura di
aver
sognato qualcosa che la riguardava... solo che non ricordava
più che cosa.
“Pensate
di poterlo nascondere per sempre, Elsa?”.
Anna
era proprio accanto a lei.
Dormiva. Era imprigionata nel sogno immoto di chi è
completamento sfinito e
tuttavia sembrava stare bene, sembrava in pace. Un vago rossore
aleggiava sulle
sue guance, le ciglia tremolavano un po’, forse
perché anche lei stava
sognando, e il suo respiro era regolare, calmo. Si era addormentata con
la
testa sul suo braccio, rannicchiata come una bambina in cerca di
protezione.
Elsa aveva usato l’unica coperta disponibile in quella
prigione per coprirla,
dopo... beh, dopo.
Dopo
ciò che avevano fatto.
Elsa
deglutì a vuoto. Aveva la gola
secca e quando si portò una mano alla fronte per scostarsi
una ciocca di
capelli le sue dita tremavano visibilmente. Anna sembrava una bambina
in quel
momento, ma non lo era sembrata affatto mentre la baciava, mentre
cercava la
sua pelle sotto il vestito, mentre permetteva ad Elsa di sbottonarle la
camicia...
“La
sera del matrimonio... mi hai detto che non sei più riuscita
a smettere di
guardarmi. Era vero?”
Era
vero, così come era vero che
non riusciva a smettere di guardarla nemmeno ora. Soprattutto
ora. Ora che si erano spinte ben oltre quella linea di
confine che non avrebbero mai dovuto oltrepassare.
“Non
vi limitate a provare sentimenti sconcertanti per una donna sposata.
Per una
donna sposata, aggiungerei, con un uomo che avete definito amico. Un
uomo che
si fida di voi...”
Che
cosa aveva fatto? Cos’avevano
fatto? Com’era potuto
succedere?
“Voi
pensate che questi sentimenti siano sbagliati. Ne siete certa. E allora
liberatevene”.
Ma
Elsa sapeva che era inutile
porsi quelle domande. Si era lasciata trascinare da ciò che
provava. Non
c’erano state barriere, stavolta. Non c’erano stati
ostacoli. C’erano solo loro
due e il desiderio di essere vicine, più vicine che mai.
Ed
era sbagliato. Eppure era stato
così naturale e intenso...
Elsa
chiuse gli occhi. Le parve di
sentire qualcuno muoversi ai piani superiori del castello. Erano rumori
lontani, non distinguibili e lei pensò che forse Jadis era
tornata a casa, con
gli altri Salvatori oppure a mani vuote. O i rumori erano prodotti dai
servitori della Regina che si aggiravano per la dimora. Forse i lupi
che
avevano attaccato lei e Tasch erano rientrati.
Anna
mormorò qualcosa e poco dopo
si svegliò. Si mise seduta di scatto, gettando in
là la coperta e fissando la
sorella con gli occhi sbarrati.
-
Elsa...
-
Stai bene? – le chiese,
guardandola appena.
-
Sì... ho sognato qualcosa di
strano... animali parlanti. Molti animali parlanti. Persino un leone.
Elsa
si alzò e non le rispose. Prese
a fissare con insistenza la luminescenza emanata dalla barriera e dalla
pareti
di roccia nera.
-
Che cosa fai? – le domandò Anna.
Lei
seguitò a non rispondere.
-
Elsa, potresti voltarti, per
favore?
Non
lo fece subito. Ma poi Anna la
raggiunse, mettendole una mano sul braccio e costringendola a girarsi.
Elsa
incrociò i suoi occhi.
-
Vuoi... vuoi parlare? Parlare di
quello che è successo, intendo. – chiese Anna.
– Cioè, so che forse non
dovremmo parlarne adesso. Siamo ancora rinchiuse in questa prigione e...
-
Cosa pretendi che ti dica? – la
interruppe Elsa, più brusca di quanto avesse voluto.
-
Guarda che mi sento proprio come
te. Quindi sono... confusa, frastornata, strana e... mi sento in colpa.
E mi
sento... bene. Come se non aspettassi altro che questo. E confusa.
-
L’hai già detto, confusa.
-
Era per farti capire quanto mi
senta confusa. Ma non è
soltanto questo. È...
Lo
udirono entrambe. Rumore di
passi. Passi che si avvicinavano di corsa e anche il suono di alcune
voci.
-
C’è una barriera magica. State
indietro. Ci penso io – disse una di quelle voci. Una voce
maschile, molto profonda
e sicura di sé. Non assomigliava né alla voce di
Maugrim, il lupo che aveva
condotto Anna nei sotterranei, né tantomeno di Edmund o una
qualsiasi altra voce
conosciuta.
Elsa
si mise davanti alla sorella.
-
Chi c’è là fuori? –
domandò Anna.
-
Non ne ho idea.
-
So che ci siete. Non intendiamo
farvi del male. Siamo venuti a liberarvi. Sto per infrangere questa
barriera.
Fate attenzione. Allontanatevi – disse la stessa voce.
Siamo
venuti a liberarvi.
Anna
trascinò la sorella più
lontano, contro la parete in fondo alla cella. Giusto un attimo prima
che la
barriera magica andasse in frantumi.
Non
fu una cosa graduale. La
luminescenza che emanava parve intensificarsi, pulsare come un cuore
per alcuni
istanti, l’aria si fece più densa... e poi la
barriera esplose verso l’interno
della prigione, scagliando frammenti ovunque ed emettendo lo stesso
rumore di
una lastra di vetro molto spessa che cede dopo una lunga pressione.
Quei
frammenti si polverizzarono non appena toccarono il suolo. Anna si
lasciò sfuggire
un grido, prima di rivolgere lo sguardo all’entrata della
prigione.
C’era
un leone, sulla soglia.
Grande, irsuto e solenne, con occhi splendenti
dall’espressione grave e una
folta criniera dorata. Sembrava... un sole. Un sole ridente che
rischiarò la cella.
-
Ehm... uh. Wow... cioè... –
balbettò Anna, scuotendo il capo e sbattendo le palpebre.
Fissò la creatura per
qualche momento, ma poi qualcosa la spinse ad abbassare gli occhi,
intimidita.
Persino
Elsa era sbalordita, anche
se aveva sentito parlare di Aslan e sapeva benissimo che non era un
essere
umano.
Il
leone portava sulla sua groppa
una bambina di forse nove o dieci anni e una ragazzina con i capelli
scuri
raccolti in una crocchia, l’arco e una faretra piena di
frecce a tracolla. Ad
Anna ricordò molto Edmund, sebbene la sua espressione fosse
decisamente meno
aggressiva. C’era anche un giovane alto e biondo, di
bell’aspetto, che
stringeva una spada nella mano destra e si guardava intorno, come
studiando
l’ambiente, accigliato.
E
poi c’erano i due fauni. Uno di
loro corse subito verso Elsa e l’abbracciò, la
testa rossa che arrivava a
malapena al suo petto.
-
Elsa... ho trovato Tumnus. Aslan
l’ha liberato dall’incantesimo. E non
c’è stato bisogno che gli dicessi che eri
qui... lo sapeva già. – disse Tasch, in fretta.
L’altro fauno sorrise
timidamente. Come Tasch aveva la barbetta a punta, una folta massa di
capelli
castano scuri tra i quali spuntavano due piccole corna ed era giusto
una spanna
più alto dell’amico.
-
Lo... lo sapeva?
-
Elsa, Anna... sono lieto di
constatare che stiate bene. – disse il leone. La sua voce era
dolce e calma.
Abbozzò anche un sorriso, sebbene quel sorriso non
raggiungesse gli occhi. Ed
ovviamente erano occhi antichi, così antichi che potevano
appartenere solo ad
una creatura ultramillenaria. Non ci fu bisogno di chiedere come
facesse a
conoscere i loro nomi. Ad Aslan bastava forse uno sguardo per carpire
tutte le
informazioni necessarie.
-
E Edmund? Edmund sta bene? Voi
siete i suoi fratelli, vero? – chiese Anna.
-
Sì. Io sono suo fratello, Peter. Queste
sono le mie sorelle, Susan e Lucy. Edmund sta bene, ma era troppo
debole per
venire con noi. – rispose il giovane biondo, fissandola a
lungo.
-
Aslan ha mandato una pattuglia
contro la regina. – spiegò Tasch. –
Stava per uccidere il figlio di Adamo.
Voleva... aveva deciso di sacrificarlo. Voleva tagliargli la gola.
-
È ferito? – domandò Anna.
-
No, la pattuglia è arrivata giusto
in tempo.
-
E la Regina? – chiese Elsa.
-
Venite – Aslan si voltò, uscendo
dalla prigione. Il tono era sempre tranquillo, benevolo, come se non ci
fosse
niente di cui preoccuparsi. – Vi spiegheremo tutto strada
facendo.
Peter
continuava a fissare Anna.
-
Anna? – intervenne Elsa.
Lei
cercò di riscuotersi dallo
sbalordimento. - Sì?
-
Credo... dovresti abbottonarti la
camicetta.
Anna
abbassò lo sguardo, rendendosi
conto di avere ben quattro bottoni aperti. – Oh? Uh,
sì, giusto. Certo, io...
Peter
si girò dall’altra parte,
arrossendo violentemente, e si affrettò a seguire Aslan.
***
Il
leone li condusse nuovamente
all’aperto, dove le accolse un cielo così azzurro
da essere abbagliante. Il
sole era alto e la neve si stava sciogliendo.
-
Faceva molto più freddo, ieri –
disse Elsa. Ma era davvero il giorno prima, poi? Pareva trascorsa
un’eternità
da quando avevano messo piede a Narnia.
-
L’incantesimo sta svanendo –
disse Tumnus, sorridendo. – Ora che Aslan e tutti i figli di
Adamo sono qui, la
maledizione si spezzerà.
Il
cortile del castello era una
vera baraonda. Quelle che una volta non erano che statue di pietra
trasformate
dalla Regina, adesso erano creature reali, in carne ed ossa. Il leone
al quale
Edmund aveva disegnato i baffi da bellimbusto e gli occhiali scuoteva
la
criniera. Aprì la bocca per fare un potente sbadiglio, poi
alzò una zampa e la
riabbassò, come per accertarsi che fosse tutto a posto. In
quella festa di
colori spiccavano anche il corno color indaco di un unicorno, il
rossiccio
della pelliccia di alcune volpi, il bruno della groppa di un centauro,
il rosso
dei cappelli dei nani, che erano decisamente più simpatici e
socievoli del
cocchiere di Jadis, il bianco candido delle vesti indossate dalle ninfe
dei
boschi, donne alte e sottili, che si muovevano leggiadre e silenziose.
Il gigante
che era stato un’enorme statua come tutti gli altri aveva
sfondato il cancello
con un colpo di mazza.
Anna
ed Elsa seguivano lo
spettacolo con gli occhi sbarrati
-
Dov’è andata a ficcarsi quella
piccola strega? – domandò il gigante. –
Ce l’avevo proprio tra i piedi prima
che usasse la stramaledetta bacchetta magica. Dove si è
nascosta?
Qualcuno
gli spiegò che la Strega
Bianca non era lì in quel momento. Nessuno sapeva dove si
trovasse esattamente.
-
Lui è il gigante Fracassone –
spiegò Tumnus, con il naso all’insù.
– Viene dalla famiglia Fracassa. Gente per
bene, sapete. Non è molto intelligente, ma è
buono.
-
Fracassone? Che nome è
Fracassone? – chiese Anna.
-
Ascoltatemi tutti! – esclamò
Aslan, imponendo il silenzio. – L’incantesimo sta
svanendo, ma la Strega Bianca
non è ancora stata sconfitta. Ho avuto modo di parlare con
lei. E non ha la
minima intenzione di abbandonare la battaglia. Presto
attaccherà e noi abbiamo
bisogno dell’aiuto di tutti.
-
Possiamo combattere anche noi,
quindi? – chiese il centauro.
Anna
non aveva mai visto un essere
del genere, se non nei libri custoditi nella biblioteca del palazzo ad
Arendelle. Era una creatura imponente; umano fino
all’ombelico, lasciava poi il
posto al corpo di un cavallo massiccio e scuro, con i muscoli guizzanti
e una
folta coda nera.
-
Certo che combatterete. – rispose
Aslan, risoluto. - Se siete disposti a farlo. Ora, andiamocene dal
castello. Coloro
che non possono reggere il passo degli animali più grandi,
montino loro in
groppa. Coloro che possiedono un ottimo fiuto, vadano avanti e aprano
la strada
a tutti gli altri. Io sarò dietro di voi, con i figli di
Adamo ed Eva... e con
le nostre due ospiti speciali.
-
Che posto divertente – sussurrò Anna
ad Elsa. - Beh, forse... non proprio così divertente, ma
è pieno di creature
divertenti. E parlanti. Te lo immagini Sven con il dono della parola?
Elsa
le rivolse un sorriso.
***
Tutti
fecero come Aslan aveva
ordinato. Erano diretti al Guardo di Beruna, dove l’esercito
del leone si era
accampato in seguito al primo attacco dei lupi della Regina Jadis.
Peter spiegò
loro che Maugrim, il capo della polizia segreta della Strega, aveva
seguito le
loro tracce fino all’accampamento di Aslan e aveva tentato un
attacco a
sorpresa; i lupi avevano puntato dritto su di lui e sulle sue sorelle.
Molti
erano rimasti feriti, ma i lupi erano stati comunque allontanati e
decimati.
-
Peter ha ucciso Maugrim per
salvare me – disse Susan, osservando il fratello maggiore con
orgoglio. – È
stato molto coraggioso.
-
Non... non mi sentivo
particolarmente coraggioso. – confessò Peter,
arrossendo di nuovo. Aveva l’aria
stanca e provata. I capelli biondi erano tutti arruffati. – E
ho dimenticato di
ripulire la spada... dopo aver ucciso il lupo. Un cavaliere deve
ripulire la
propria spada...
-
Non importa. – disse Susan. – Non
lo dimenticherai più.
-
Ed ora lo chiamano tutti Peter
Flagello dei Lupi – aggiunse Lucy, la più piccola.
-
Flagello dei Lupi suona bene. È
un bel nome – commentò Anna. Camminava vicino al
leone e stringeva sempre la
mano di Elsa.
-
Credi? Ti piace davvero? – chiese
Peter.
-
Certo. E mi chiedevo se potessi
avere anch’io una spada.
-
Anna... – cominciò Elsa,
preoccupata.
-
L’avrai – rispose Aslan, senza
esitazioni. Girò la testa per guardarla ed Anna si
sentì nuovamente intimidita
da quegli occhi penetranti. – Abbiamo molte armi con noi.
Potrai scegliere la
spada che preferisci.
-
Oh, io... grazie.
-
Sai combattere? – Peter sembrava
sorpreso. – Intendo dire, mia sorella Susan è
bravissima con l’arco. Ma non
avevo mai sentito parlare di una ragazza che sa usare una spada. E...
cioè, non
si tratta di un’offesa, naturalmente.
-
Me l’hanno insegnato i miei
soldati – rispose Anna. Si chiese quanti anni potesse avere
Peter. Le era
sembrato più grande quando era entrato nella cella. Ora
pareva poco più che un
bambino. Doveva avere al massimo quindici anni.
-
I tuoi... i tuoi soldati?
Aslan
sorrise. – Anna è una
principessa. E sua sorella Elsa una regina. Anche se vengono da un
altro mondo.
Tutti
tacquero.
-
Beh, ecco... – iniziò a dire
Elsa. Non aveva detto una parola da quando avevano lasciato il
castello.
Appariva seria e pensierosa, distante. Anna sentiva la sua stretta
allentarsi
ogni tanto per poi tornare a stringere. Il suo sguardo si perdeva
spesso e lei
immaginava benissimo a cosa stesse pensando.
“La
sera del matrimonio... mi hai detto che non sei più riuscita
a smettere di
guardarmi. Era vero?” .
“Lo
era. Ci ho provato, a non guardarti... ma non ho potuto”.
Se
Aslan sapeva davvero tutto di
loro senza bisogno di fare domande, era possibile che sapesse... anche
il
resto. Anna lo fissò di sottecchi. Sentì di avere
il viso in fiamme per
l’imbarazzo e anche per il fastidio. Era davvero...
fastidioso che qualcuno
fosse a conoscenza di ciò che passava loro per la testa
senza che fosse
necessario parlarne apertamente.
-
Una regina? Una vera regina? –
Lucy guardava Elsa con occhi grandi ed increduli.
-
Come voi – rispose Aslan. – Voi
siete re e regine di Narnia. Elsa è la regina di Arendelle.
-
Come siete arrivate a Narnia? –
chiese Peter, sempre più curioso.
Anna
le spiegò la faccenda della
nave pirata e degli anelli magici. Raccontò anche del suo
incontro con Edmund e
con Jadis, senza tralasciare la parte in cui i lupi la trascinavano
nelle
prigioni, mentre Maugrim le ricordava che sarebbe morta presto di fame
e di
sete.
-
Gli anelli, già – commentò Aslan.
– Non ne sentivo parlare dalla notte dei tempi. Tutti si
chiedevano dove
fossero finiti. Il primo figlio di Adamo e la prima figlia di Eva sono
giunti a
Narnia tramite quegli anelli. Li fabbricò un mago di nome
Andrew. Anche Jadis è
qui a causa degli anelli.
-
Jadis...? Credevo fosse... voglio
dire, pensavo fosse nata in questo mondo. – disse Anna.
-
È stato il figlio di Adamo a
portare Jadis a Narnia. Non l’ha fatto di proposito,
naturalmente. – Aslan rallentò
il passo, sollevando la testa e rimirando l’orizzonte.
– Jadis è nata nel regno
di Charn. Un altro mondo. Molto diverso da questo e dal vostro. Molto
più
antico. Un mondo ormai in rovina per colpa della Strega Bianca e della
sua sete
di potere. La sorella di Jadis regnava a Charn, ma ovviamente la Strega
voleva
il trono solo per sé. Scoppiò una guerra e quando
anche l’ultimo soldato di
Jadis cadde... lei usò la parola deplorevole per ridurre in
cenere i suoi
nemici e il suo mondo.
-
Parola deplorevole? – Anna
sollevò un sopracciglio, perplessa.
-
Una parola magica di enorme
potenza. Distrusse ogni cosa e polverizzò la sorella di
Jadis, nonché tutto il
suo esercito e la popolazione di Charn. Preferì agire in
questo modo piuttosto
che arrendersi.
-
E se la usasse di nuovo? Potrebbe
farlo? – domandò Elsa, immaginandosi Narnia rasa
al suolo da un’unica,
terrificante parola magica.
-
No. Non può farlo. La parola
deplorevole può essere usata una sola volta.
-
Cos’è accaduto dopo? – volle
sapere Anna.
-
Rimasta l’unica persona vivente,
Jadis pronunciò un nuovo incantesimo e cadde in un sonno
incantato. Si
trasformò in una statua e sedette accanto agli antenati, i
re e le regine
venuti prima di lei. Si sarebbe risvegliata solo al suono di una
campana. Fu il
figlio di Adamo di nome Digory a suonarla. Ovviamente il figlio di
Adamo cercò
di sfuggirle, ma il risultato fu che se la portò dietro
attraverso i mondi,
fino a Narnia.
-
Il professor Digory! – esclamò
Lucy. – Ci ha ospitati in casa sua quest’estate.
-
Credevo che tutto ciò fosse
accaduto molto tempo fa. – osservò Anna.
-
Infatti, è così. – rispose Aslan.
– Ma il tempo a Narnia è ben diverso dal tempo dei
vostri mondi. Per Narnia
sono passati secoli. Per i vostri mondi... forse solo qualche decennio.
Anna
restò in silenzio per qualche
momento. Alzò gli occhi, fissando Elsa. – Ha
polverizzato sua sorella... è
orribile.
-
Terrificante – fu il commento del
fauno Tasch.
-
Deplorevole. Come la parola che
ha usato – aggiunse Tumnus.
Proseguirono
senza parlare per un
breve tratto. Peter aveva assunto un’aria grave come Aslan.
Susan si mordeva il
labbro.
-
E Edmund? Come siete riusciti a
salvarlo? – tornò a chiedere Anna.
Peter
raccontò ad Anna che dopo
l’attacco a sorpresa di Maugrim e dei suoi lupi Aslan aveva
mandato avanti una
pattuglia di salvataggio, formata da centauri,
cervi e unicorni, in cerca del ragazzino. L’avevano trovato
proprio pochi
attimi prima che Jadis gli tagliasse la gola con un coltello. Nel
trambusto che
era seguito, Edmund era stato liberato e la Strega Bianca era svanita
nel nulla
insieme al suo nano cocchiere, lasciando dietro di sé un
paio di creature
pietrificate.
-
E dove pensate che sia andata?
Insomma, al castello non c’era – osservò
Anna.
-
È tornata poco dopo. Ha inviato
un messaggero per chiedere udienza ad Aslan. – rispose Peter,
passandosi una
mano nei capelli.
Il
leone aveva un’aria sempre più
seria, meditabonda.
-
Udienza? Davvero voleva... solo
parlare? – chiese Elsa.
-
No... – fu Susan a rispondere,
stavolta. Aveva occhi azzurrissimi. Azzurrissimi e molto acuti. Adulti,
persino, sebbene lei fosse più giovane del fratello Peter. -
Non si può dire
che volesse solo parlare. Voleva Edmund, naturalmente. Lo voleva ad
ogni costo.
Nel
giro di pochi minuti la Strega Bianca apparve in cima alla collina,
lasciò la
sua bacchetta magica sotto la quercia, così come Aslan aveva
chiesto di fare,
attraversò il grande prato e raggiunse il leone.
Dalla
folla che circondava il luogo dell’incontro si levarono
sussurri e brontolii.
Anche se splendeva il sole tutti provarono un strano senso di freddo
improvviso.
-
Figlia di Lilith – esordì Aslan.
-
Figlio dell’Imperatore d’Oltremare –
rispose la Strega, regalandogli un
sorrisetto sprezzante. Eppure il suo sguardo non incontrava mai
direttamente
quello del leone. O se gli occhi si incrociavano, Jadis li distoglieva
quasi
subito. Era a conoscenza del potere di Aslan. Per quanto lo schernisse,
sapeva
benissimo che avrebbe potuto distruggerla. –
C’è un traditore, qui. Devi
consegnarmelo.
Edmund,
che sedeva pallido e silenzioso vicino ai suoi fratelli,
capì che alludeva a
lui ma non si scompose. Aslan l’aveva perdonato e
così anche Peter, Susan e
Lucy. Gli bastava quello.
-
Edmund non ti ha offesa in alcun modo – rispose il leone.
– A meno che tu non
consideri un’offesa aver tentato di riempire il suo cuore di
oscurità e non
esserci riuscita.
La
Strega Bianca sollevò un sopracciglio, irritata. –
È un traditore. Mi ha detto
dove si nascondevano i suoi fratelli. Quindi, a voler essere precisi,
ci sono riuscita.
-
Ma Edmund si è pentito. Ed è stato perdonato. Lui
sa riconoscere i propri
errori, al contrario di te. Tu non hai nemmeno idea di cosa significhi
pentirsi.
-
E di cosa dovrei pentirmi, io? – chiese, come se avesse
davvero il diritto di
porre quella domanda. Venne avanti di un passo.
Aslan
non si mosse. Lui e la Regina formavano un incredibile contrasto. Aslan
sembrava luminoso con la sua folta criniera dorata, la sua
regalità e la sua
aria solenne e saggia. Jadis, invece, possedeva il pallore di un
cadavere, la
durezza del ghiaccio e della roccia. Non indossava più le
pellicce bianche, ma
una cotta di maglia e i calzari argentati. Era abbigliata come chi sta
per dare
battaglia. La corona sul suo capo mandò un barbaglio,
colpita dai raggi del
sole.
-
Consegnami il traditore, Aslan. Devi farlo. O hai dimenticato la Grande
Magia?
Peter
aveva messo mano all’elsa della spada. Susan era pronta ad
afferrare una
freccia se fosse stato necessario.
-
Cos’è la Grande Magia? –
mormorò Lucy.
-
Perché non glielo spieghi, Aslan? – disse la
Strega Bianca, che l’aveva
sentita, nonostante fosse distante.
-
Parlamene tu, Jadis – rispose il leone, seriamente.
-
Oh, io? Sul serio? – La sua voce era improvvisamente
stridula. – Mi stai
facendo perdere tempo, Aslan. Devo davvero ripeterti le parole incise
sulla
Tavola di Pietra, che è proprio là, alle tue
spalle? Devo ripeterti quelle
parole che sono incise anche sullo scettro dell’Imperatore
d’Oltremare? Vuoi
che ti parli dell’incantesimo che il tuo adorato padre ha
lanciato su Narnia
all’inizio dei tempi, quando tu stesso l’hai
creata? Ogni traditore mi
appartiene. Edmund è un traditore. In quanto tale, va
consegnato a me ed io
potrò farne ciò che voglio!
-
Divertente – commentò un castoro, in tono ironico.
– Lei pensa di essere la
legittima sovrana di Narnia e quindi che ogni criminale o presunto tale
sia
suo. Le piace fare la parte del boia. Certo... come no. Come se il suo
fondoschiena meriti di piazzarsi su uno di quei troni. Non hai un
briciolo di
sangue umano nelle vene! Lilith era tua madre. E tuo padre era un
orribile
gigante!
Jadis
rise. – Oh, povero imbecille! Credi che questo cambi
qualcosa? Io sono la
Regina da centinaia di anni. Ho regnato da sola per un tempo
lunghissimo. E
Lilith fu la prima moglie di Adamo. È una regina, a sua
volta.
-
Prima moglie di Adamo! Oh, sì, ripudiata e cacciata.
Maledetta fin dal
principio! Partorita dalla Notte stessa! – gridò
un toro. La sua voce pareva un
profondo, lugubre muggito. – Ella è una regina
nella sua dimensione demoniaca. Non
qui a Narnia! Se vuoi essere regina, Strega Bianca... allora invoca tua
madre!
Invocala e se siamo fortunati la Terra si aprirà per
accoglierti!
-
Basta così – ordinò Aslan, mettendolo
subito a tacere.
-
Sono d’accordo, per una volta, Aslan. Basta con queste
chiacchiere. Consegnami
il ragazzo. Tu sai cosa stabilisce la Grande Magia: se non mi darai il
traditore, Narnia sarà distrutta dall’acqua e dal
fuoco!
-
Questo non è possibile – commentò
Peter. – Certamente sta mentendo.
-
I figli di Lilith sono bugiardi per natura e hanno una bella faccia
tosta, in
effetti – Il castoro che l’aveva apostrofata
rincarò la dose.
-
Lo neghi, Aslan? – disse Jadis, allargando le braccia.
-
Non lo nego – rispose il leone. – È vero.
Calò
un silenzio di tomba.
-
Oh, Aslan! – esclamò Susan, sconvolta. –
Non può essere! Non lo permetteremo!
Tu non lo permetterai.
Edmund
si alzò. Vacillò su gambe malferme. –
Se è vero, allora è giusto che io vada...
-
No, Edmund! – gridò Lucy, aggrappandosi a lui e
affondando il viso nel suo
petto.
Jadis
sorrideva, soddisfatta. Estasiata, persino.
-
Aslan... – mormorò Peter, venendo avanti.
-
Vi prego. Ritiratevi. Lasciatemi solo con la Strega. –
ribatté il leone.
-
Non... non avete intenzione di
consegnare Edmund, vero? – chiese Anna, allarmata.
– Perché lui non ha... no,
non è vero che non ha fatto nulla di male. Ha commesso un
errore, ma non è
cattivo. Non c’è niente che si possa fare contro
questo... incantesimo o
qualunque cosa sia? Perché c’è sempre
una soluzione, lo so. Anche quando sembra
impossibile, c’è.
-
Sei molto fiduciosa, Anna –
rispose Aslan, sorridendo vagamente. – Ed è vero.
Hai ragione. Per questo ti
dico che non devi preoccuparti. Ho raggiunto un accordo con la Strega.
***
Occorsero
diverse ore per giungere
al Guardo di Beruna, un punto in cui la valle si allargava parecchio e
il
fiume, ghiacciato fino a poco prima, si faceva più ampio.
Ovviamente l’esercito
di Aslan era formato da animali e creature straordinarie, che
circondarono le
due ospiti inaspettate, accogliendole con entusiasmo e profondendosi in
una
serie di inchini, sapendo che erano di sangue reale; volpi, lupi
dall’aria
mansueta, roditori, aquile, unicorni, centauri, castori, fauni e ninfe
dei
boschi erano accampati in quel luogo in attesa della battaglia.
-
E se lei ci attaccasse stanotte?
– disse Peter. – Forse è meglio spostare
l’esercito sull’altra sponda del
fiume.
Aslan
non rispose subito. Sembrava
immerso in tutt’altri pensieri. Poi scosse la criniera e
batté le palpebre. –
Come? Come dici, Peter?
-
Dicevo... la Strega potrebbe
attaccarci stanotte. Dovremmo spostare l’esercito
sull’altra sponda.
-
La tua idea è buona, Peter. È
un’idea degna di un vero cavaliere. Ma la Strega non ci
attaccherà stanotte.
Fidati di me. Ora vorrei che preparaste qualcosa da mangiare per gli
umani e
anche per Elsa ed Anna.
-
Loro non sono umane? Perdonami se
lo chiedo, Aslan – disse Tumnus, timoroso. –
Pensavo che lo fossero.
-
Sono umane. Ma non sono figlie di
Eva. – tagliò corto il leone.
Nessuno
fece altre domande.
-
Elsa sa fare una cosa bellissima
con il ghiaccio e la neve – disse Tasch, seduto a gambe
incrociate davanti al
fuoco acceso. – L’ho visto. Cioè, non
bene perché dovevo scappare... ma l’ho
visto.
Elsa
gli sorrise. Chissà che cosa
avrebbero pensato quelle creature se avesse raccontato loro che una
volta aveva
causato un inverno perenne, perdendo il controllo di quel potere bellissimo di cui parlava il fauno. Un
inverno perenne come quello provocato da Jadis. Era convinta che fosse
meglio
non approfondire la questione del potere, per ora.
-
Non c’è più ghiaccio né neve
a
Narnia. Una vera fortuna – osservò uno dei lupi.
Tasch
stava per aggiungere
qualcosa, ma Aslan intervenne. – Un bellissimo potere,
sì. Un grande dono.
E
una maledizione, anche. Questo
il leone non lo disse, ma
quando la guardò Elsa ebbe come l’impressione di
percepire il pensiero. Quasi
lui l’avesse appena depositato nella sua mente.
Mentre
la famiglia di castori che
aveva aiutato Peter e le sue sorelle a fuggire preparavano la cena,
Aslan disse
ad Anna di scegliere un’arma. Le mostrò tutte le
spade che avevano e anche le
lance, le mazze e i coltelli. Lei ne scelse una con la lama lunga e
sottile,
maneggevole e con l’impugnatura argentata.
Poi
Edmund venne da lei. Anna
l’aveva già notato in mezzo alla folla, ma non si
era avvicinata perché
immaginava che prima o poi l’avrebbe fatto di sua spontanea
volontà.
-
Ehm... ciao – esordì il
ragazzino. Si torceva le mani e teneva lo sguardo basso,
occhieggiandola ogni
tanto, come chi si prepara a ricevere una punizione.
Anna
non rispose. Elsa lo guardò
severamente.
-
Volevo... io volevo dirti che...
sono felice di sapere che stai bene. Sì, molto. E... volevo
dirti che mi
dispiace. Sono stato stupido. Sapevo che mi stava mentendo... ma le ho
dato
retta perché ero arrabbiato... non... non volevo che
accadesse niente di
male... – Edmund avanzò di un passo. Avevano dato
una spada anche a lui. La
teneva nel fodero appeso alla cintura. Nel complesso sembrava in forma,
solo
gli occhi erano un po’ segnati e arrossati.
-
Sì, in effetti, sei stato stupido
– rispose Anna, di getto.
Edmund
diventò rosso e strascicò i
piedi. Non c’era più traccia
dell’aggressività che aveva scorto sul suo viso
quando si erano incontrati. Rimaneva sempre quel cipiglio un
po’ ribelle, ma il
suo turbamento era evidente.
-
Voglio dire... sì, ecco, voglio
dire proprio questo. Sei stato stupido, ma hai capito di esserlo stato
e... non
volevi fare del male a nessuno, lo so.
-
Poteva andare molto peggio, lo
sai questo? – chiese Elsa, rivolgendosi al ragazzo.
-
Sì, io... sì. Me ne rendo conto.
E sono pentito. Sul serio. Ho cercato di dire ad Aslan che eri al
castello, ma
ero... troppo debole. Credo di aver solo farfugliato.
-
Non importa. Lui è... Aslan. Sa
tutto quello che c’è da sapere su Narnia,
immagino. – osservò Anna.
-
Oh, sì. Tutto! – confermò Edmund,
ammirato. – Anche se stasera è molto strano. Parla
poco e sembra triste.
Era
così.
Servirono
una cena deliziosa, ma
essa si svolse in un silenzio quasi completo. L’umore del
leone, sdraiato in
disparte, solo, impressionò più o meno tutti.
Peter gli lanciava occhiate
preoccupate. Lui stesso avanzò parte della cena e prese a
girare per
l’accampamento, forse tormentato dall’idea che
qualche inviato della Strega
Bianca potesse attaccarli. Immaginava che Aslan non si sbagliasse
quando gli
aveva assicurato che non sarebbe successo, ma la sua tetraggine lo
agitava.
Susan si ritirò presto nella sua tenda con la sorella
più piccola e con Edmund,
ma nessuno di loro era allegro.
-
Peter mi ha detto di darti
queste. Li hanno trovati nella pelliccia della Strega – disse
Elsa,
raggiungendola fuori dalla tenda che Aslan aveva riservato per loro.
-
Che cosa?
Elsa
aprì la mano ed Anna,
incredula, vide la propria collana e l’anello di Kristoff.
-
Ma... – iniziò.
-
Voleva darteli lui, ma ha pensato
che... toccasse a me.
Anna
prese l’anello, rimettendoselo
al dito. Lo fissò per qualche momento, sentendolo freddo
contro la pelle, ma anche
incredibilmente famigliare. Pensò a Kristoff e si chiese che
cosa stesse
facendo, quanto fosse preoccupato per lei, quanto avrebbe aspettato
prima di
andare a cercarle, senza sapere che non poteva trovarle nel suo
mondo...
Poi
alzò gli occhi e scrutò il viso
di Elsa. Lei seguitò a fissarla anche mentre le agganciava
la collana dietro al
collo. Anna avvertì il leggero tocco delle sue dita sulla
nuca.
-
Grazie – disse, con la bocca
improvvisamente asciutta.
Elsa
scosse il capo come a dire che
non doveva ringraziarla. Le sue mani indugiarono sul collo della
sorella, per
poi spostarsi sul suo viso. – Credo che tu l’abbia
conquistato.
-
Chi?
-
Peter.
-
Oh, davvero? - Il tocco di Elsa era
assolutamente delicato. Eppure Anna lo avvertiva come se lei stesse
cercando di
penetrarle la pelle, per raggiungere le ossa. Per raggiungere il suo
cuore,
forse. – È perché avevo la camicetta
aperta? Mi dispiace, sai, non me ne ero
accorta...
-
Lo so.
Anna
chiuse gli occhi, spostò un
po’ il viso, strusciando il naso contro il palmo della sua
mano e depositandovi
un bacio.
La
notte era straordinariamente
silenziosa, fatta eccezione per il tranquillo mormorio del fiume.
L’esercito
del leone dormiva, chi nella propria tenda e chi per terra, infagottato
nelle
coperte. Quindi Anna non si preoccupò del fatto che qualcuno
potesse vederle. Sollevò
il viso e le diede un bacio sulle labbra. Elsa le lasciò
scivolare un braccio
intorno alla vita, attirandola ancora più vicino. Le
restituì il bacio,
socchiudendo appena la bocca.
Anna
sospirò e si lasciò stringere.
Appoggiò il mento sulla spalla di Elsa, crogiolandosi in
quella stretta e
desiderando che durasse per sempre.
Poi,
però, aprì gli occhi e notò
qualcosa. In lontananza, dove finiva il grande prato su cui erano
montate le
tende e iniziava il bosco, due figure si muovevano, alla spicciolata.
Stavano
per inoltrarsi nel folto della boscaglia. Si spostavano sicure, come se
stessero cercando qualcosa. O seguendo qualcuno.
Susan
e Lucy.
-
Elsa...
-
Mmm? – La sorella si scostò da
lei, gli occhi ancora annebbiati.
-
Guarda.
Elsa
si voltò e le vide proprio nel
momento in cui si inoltravano nel bosco. Susan aveva con sé
la faretra piena di
frecce.
-
Dove stanno andando? È notte
fonda. Se lei è qui intorno... potrebbe essere pericoloso
– osservò Anna.
-
Lo è.
-
Non c’è nemmeno Aslan. Era
proprio là, vicino a Peter. – Anna
indicò le braci del fuoco, che illuminavano
vagamente la notte. Peter era sdraiato accanto ad Edmund. Dormivano
entrambi.
-
Sta succedendo qualcosa – disse
Elsa.
-
Non ne dubito. Edmund ha detto
che Aslan oggi era molto strano. Voglio dire, è
già strano perché è un leone
che sa parlare... ma a quanto pare è ancora più
strano del solito, ultimamente.
E dato che ha parlato con Jadis di qualcosa di cui nessuno è
al corrente...
temo che quel qualcosa stia per accadere.
-
Forse dovremmo seguirle.
-
Sì. Dobbiamo. Ma prima prendo la
spada.
***
-
Il pazzo è venuto davvero! – Per
un attimo persino la Strega Bianca era sembrata sbalordita. Ma poi
scoppiò in
una risata gelida e selvaggia. Mostruosa. – Prendetelo e
legatelo!
Anna
ed Elsa erano nascoste dietro
ad un folto ammasso di cespugli. Avevano seguito il leone per un lungo
tratto,
nel bosco e poi in radure rischiarate dal chiaro di luna, fino al luogo
in cui
si era incontrato con la Strega Bianca. Aslan aveva percorso quel
tragitto camminando
lentamente, come se tutto il peso del mondo fosse piombato di colpo
sulle sue
spalle. Teneva la testa bassa, trascinava la coda per terra e ogni
tanto
emetteva strani, lugubri lamenti. Susan e Lucy l’avevano
accompagnato, le mani
affondate nella sua splendida criniera dorata per trasmettergli un
po’ di
conforto. Poco prima del grande spiazzo in cima alla collina dove
sorgeva la
Tavola di Pietra, che aveva tutta l’aria di essere un altare
sacrificale, il
leone si era congedato dalle due Salvatrici, che l’avevano
abbracciato
un’ultima volta e poi erano corse a nascondersi.
-
Cosa state aspettando, imbecilli?
Legatelo! – urlò Jadis.
Intorno
alla Tavola di Pietra
c’erano creature di ogni tipo: uomini con la testa di toro
che reggevano le
torce, arpie, folletti dall’aria maligna che ad Anna
ricordarono Puck (solo che
Puck, sebbene fosse un pasticcione e avesse gli occhi piena di malizia,
non
aveva un aspetto così sinistro), orchi muniti di lunghe
zanne, serpenti alati e
altri incubi sbucati da chissà quale oscuro regno.
Alcune
di essi si mossero timorosi
verso Aslan. Lui non reagì quando le mani artigliate delle
arpie lo afferrarono
per ghermirlo e così anche gli altri si mossero per aiutare.
Rovesciarono il
leone sul dorso, legarono le zampe anteriori e quelle posteriori e poi,
su
ordine della Strega, gli tagliarono la criniera.
-
Non possono fare una cosa simile!
Perché non reagisce? – sussurrò Anna,
piena di sgomento.
Elsa
si sporse un po’. Il cuore nel
petto batteva velocissimo. Deglutì, scoprendo di avere la
gola secca. – Forse
ha un piano...
Ma
non era affatto convinta.
Avrebbe potuto sbarazzarsi di tutti quei mostri con poche zampate,
eppure era
mansueto e arrendevole. Un nemico che era stato sconfitto e accettava
il suo
destino.
L’orco
che si era messo a tagliare
la criniera di Aslan con un grosso paio di forbici lanciò
una volgare
risataccia, seguito a ruota dai suoi compari.
-
Un gatto, ecco che cos’è –
commentò la Strega. – Nient’altro che un
gattone.
Lo
sbeffeggiarono a lungo, con
frasi idiote e offensive. Infine gli legarono anche il muso con le
corde. Un
uomo con la testa di toro sferrò un calcio, colpendolo ad un
fianco. Un altro
gli affondò il tacco in una coscia. Lo issarono sulla Tavola
di Pietra.
-
Facciamo qualcosa... facciamo...
– prese a dire Anna. Era paralizzata. Non aveva mai visto una
simile brutalità.
-
No... – Susan comparve vicino a
loro. Camminava a quattro zampe per non farsi vedere dalle creature
della
Regina. – No, Aslan ci ha detto di non intervenire, per
nessuna ragione...
-
Ma vuole ucciderlo! – esclamò
Elsa, fuori di sé.
Lucy
piangeva sommessamente.
-
Aslan ha detto... – Susan si
morse il labbra, anche i suoi occhi erano pieni di lacrime. - Ha detto
di non
aiutarlo. Ha detto che... che non ha scelta. La Grande Magia...
-
Ci deve essere un’altra
soluzione. – commentò Anna.
-
Non c’è. Lui... non ci ha
permesso di dargli una mano. Non ci ha permesso di trovare
un’altra soluzione.
Jadis
si tolse il mantello che
indossava, rimanendo con le braccia nude e posando anche la sua
bacchetta.
Prese un coltello. – La Grande Magia sarà
rispettata con la tua morte, Aslan.
Povero pazzo. Sei venuto, sì. Hai mantenuto la promessa.
Morirai al posto del
ragazzo. E dopo... dopo io mi prenderò il tuo regno. Per
sempre questa volta! Credi
che sacrificarti servirà a qualcosa? È tutto
inutile. Questo amore non serve.
L’amore... è solo una parola!
Poi
la Strega Bianca sollevò il
pugnale e vibrò un unico, mortale colpo, affondando la lama
nella carne di
Aslan...
***
Angolo
autrice:
Ecco
il nuovo capitolo. Scusate se
ci metto tanto, non odiatemi.