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Autore: Stephanie86    14/04/2015    3 recensioni
[Post!4x11 | Elsanna | Incest | Crossover]
Elsa ed Anna sono tornate a casa. Le loro vite sembrano essere tornate alla normalità.
Ma c'è qualcosa, fra loro. Le sorelle lo sanno e anche se fanno di tutto per ignorare quei sentimenti, essi emergono e le spingono verso una linea di confine che due sorelle non dovrebbero mai superare.
E cosa accade quando il sovrano delle fate, Oberon, si presenta al matrimonio di Anna, accompagnato dal suo dispettoso folletto, Puck? Le cose possono solo farsi più complicate.
Nuove avventure attendono Elsa ed Anna.
_______________________________
Stavano l’una di fronte all’altra, adesso. Il fiato di Elsa le agitava leggermente una ciocca di capelli.
- Non permetterò più a nessuno di separarci. E non andrai più in nessun luogo in cui io non possa raggiungerti – continuò Elsa.
- Questo suona tanto come un 'finché morte non ci separi' – disse, quasi senza riflettere.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
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12

 

 

 

“Parole, parole, parole. L’amore è solo un’inutile parola.
E, mi dispiace dirtelo, ma le parole non significano nulla per me”

[Once Upon a Time, Cuore di Tenebra, Biancaneve]

 

 

“Pensate di poterlo nascondere per sempre, Elsa? Credete di esserne capace? Scommetto di no. Nessuno ne è capace”.

Elsa aprì gli occhi. La voce della sovrana della Corte Seelie, Titania, le era sembrata fin troppo reale, come se la fata le stesse sibilando quelle parole in un orecchio. Era sicura di aver sognato qualcosa che la riguardava... solo che non ricordava più che cosa.

“Pensate di poterlo nascondere per sempre, Elsa?”.

Anna era proprio accanto a lei. Dormiva. Era imprigionata nel sogno immoto di chi è completamento sfinito e tuttavia sembrava stare bene, sembrava in pace. Un vago rossore aleggiava sulle sue guance, le ciglia tremolavano un po’, forse perché anche lei stava sognando, e il suo respiro era regolare, calmo. Si era addormentata con la testa sul suo braccio, rannicchiata come una bambina in cerca di protezione. Elsa aveva usato l’unica coperta disponibile in quella prigione per coprirla, dopo... beh, dopo.

Dopo ciò che avevano fatto.

Elsa deglutì a vuoto. Aveva la gola secca e quando si portò una mano alla fronte per scostarsi una ciocca di capelli le sue dita tremavano visibilmente. Anna sembrava una bambina in quel momento, ma non lo era sembrata affatto mentre la baciava, mentre cercava la sua pelle sotto il vestito, mentre permetteva ad Elsa di sbottonarle la camicia...

“La sera del matrimonio... mi hai detto che non sei più riuscita a smettere di guardarmi. Era vero?”

Era vero, così come era vero che non riusciva a smettere di guardarla nemmeno ora. Soprattutto ora. Ora che si erano spinte ben oltre quella linea di confine che non avrebbero mai dovuto oltrepassare.  

“Non vi limitate a provare sentimenti sconcertanti per una donna sposata. Per una donna sposata, aggiungerei, con un uomo che avete definito amico. Un uomo che si fida di voi...”

Che cosa aveva fatto? Cos’avevano fatto? Com’era potuto succedere?

“Voi pensate che questi sentimenti siano sbagliati. Ne siete certa. E allora liberatevene”.

Ma Elsa sapeva che era inutile porsi quelle domande. Si era lasciata trascinare da ciò che provava. Non c’erano state barriere, stavolta. Non c’erano stati ostacoli. C’erano solo loro due e il desiderio di essere vicine, più vicine che mai.

Ed era sbagliato. Eppure era stato così naturale e intenso...

Elsa chiuse gli occhi. Le parve di sentire qualcuno muoversi ai piani superiori del castello. Erano rumori lontani, non distinguibili e lei pensò che forse Jadis era tornata a casa, con gli altri Salvatori oppure a mani vuote. O i rumori erano prodotti dai servitori della Regina che si aggiravano per la dimora. Forse i lupi che avevano attaccato lei e Tasch erano rientrati.

Anna mormorò qualcosa e poco dopo si svegliò. Si mise seduta di scatto, gettando in là la coperta e fissando la sorella con gli occhi sbarrati.

- Elsa...

- Stai bene? – le chiese, guardandola appena.

- Sì... ho sognato qualcosa di strano... animali parlanti. Molti animali parlanti. Persino un leone.

Elsa si alzò e non le rispose. Prese a fissare con insistenza la luminescenza emanata dalla barriera e dalla pareti di roccia nera.

- Che cosa fai? – le domandò Anna.

Lei seguitò a non rispondere.

- Elsa, potresti voltarti, per favore?

Non lo fece subito. Ma poi Anna la raggiunse, mettendole una mano sul braccio e costringendola a girarsi. Elsa incrociò i suoi occhi.

- Vuoi... vuoi parlare? Parlare di quello che è successo, intendo. – chiese Anna. – Cioè, so che forse non dovremmo parlarne adesso. Siamo ancora rinchiuse in questa prigione e...

- Cosa pretendi che ti dica? – la interruppe Elsa, più brusca di quanto avesse voluto.

- Guarda che mi sento proprio come te. Quindi sono... confusa, frastornata, strana e... mi sento in colpa. E mi sento... bene. Come se non aspettassi altro che questo. E confusa.

- L’hai già detto, confusa.

- Era per farti capire quanto mi senta confusa. Ma non è soltanto questo. È...

Lo udirono entrambe. Rumore di passi. Passi che si avvicinavano di corsa e anche il suono di alcune voci.

- C’è una barriera magica. State indietro. Ci penso io – disse una di quelle voci. Una voce maschile, molto profonda e sicura di sé. Non assomigliava né alla voce di Maugrim, il lupo che aveva condotto Anna nei sotterranei, né tantomeno di Edmund o una qualsiasi altra voce conosciuta.

Elsa si mise davanti alla sorella.

- Chi c’è là fuori? – domandò Anna.

- Non ne ho idea.

- So che ci siete. Non intendiamo farvi del male. Siamo venuti a liberarvi. Sto per infrangere questa barriera. Fate attenzione. Allontanatevi – disse la stessa voce.

Siamo venuti a liberarvi.

Anna trascinò la sorella più lontano, contro la parete in fondo alla cella. Giusto un attimo prima che la barriera magica andasse in frantumi.

Non fu una cosa graduale. La luminescenza che emanava parve intensificarsi, pulsare come un cuore per alcuni istanti, l’aria si fece più densa... e poi la barriera esplose verso l’interno della prigione, scagliando frammenti ovunque ed emettendo lo stesso rumore di una lastra di vetro molto spessa che cede dopo una lunga pressione. Quei frammenti si polverizzarono non appena toccarono il suolo. Anna si lasciò sfuggire un grido, prima di rivolgere lo sguardo all’entrata della prigione.

C’era un leone, sulla soglia. Grande, irsuto e solenne, con occhi splendenti dall’espressione grave e una folta criniera dorata. Sembrava... un sole. Un sole ridente che rischiarò la cella.

- Ehm... uh. Wow... cioè... – balbettò Anna, scuotendo il capo e sbattendo le palpebre. Fissò la creatura per qualche momento, ma poi qualcosa la spinse ad abbassare gli occhi, intimidita.

Persino Elsa era sbalordita, anche se aveva sentito parlare di Aslan e sapeva benissimo che non era un essere umano.

Il leone portava sulla sua groppa una bambina di forse nove o dieci anni e una ragazzina con i capelli scuri raccolti in una crocchia, l’arco e una faretra piena di frecce a tracolla. Ad Anna ricordò molto Edmund, sebbene la sua espressione fosse decisamente meno aggressiva. C’era anche un giovane alto e biondo, di bell’aspetto, che stringeva una spada nella mano destra e si guardava intorno, come studiando l’ambiente, accigliato.

E poi c’erano i due fauni. Uno di loro corse subito verso Elsa e l’abbracciò, la testa rossa che arrivava a malapena al suo petto.

- Elsa... ho trovato Tumnus. Aslan l’ha liberato dall’incantesimo. E non c’è stato bisogno che gli dicessi che eri qui... lo sapeva già. – disse Tasch, in fretta. L’altro fauno sorrise timidamente. Come Tasch aveva la barbetta a punta, una folta massa di capelli castano scuri tra i quali spuntavano due piccole corna ed era giusto una spanna più alto dell’amico.

- Lo... lo sapeva?

- Elsa, Anna... sono lieto di constatare che stiate bene. – disse il leone. La sua voce era dolce e calma. Abbozzò anche un sorriso, sebbene quel sorriso non raggiungesse gli occhi. Ed ovviamente erano occhi antichi, così antichi che potevano appartenere solo ad una creatura ultramillenaria. Non ci fu bisogno di chiedere come facesse a conoscere i loro nomi. Ad Aslan bastava forse uno sguardo per carpire tutte le informazioni necessarie.

- E Edmund? Edmund sta bene? Voi siete i suoi fratelli, vero? – chiese Anna.

- Sì. Io sono suo fratello, Peter. Queste sono le mie sorelle, Susan e Lucy. Edmund sta bene, ma era troppo debole per venire con noi. – rispose il giovane biondo, fissandola a lungo.

- Aslan ha mandato una pattuglia contro la regina. – spiegò Tasch. – Stava per uccidere il figlio di Adamo. Voleva... aveva deciso di sacrificarlo. Voleva tagliargli la gola.

- È ferito? – domandò Anna.

- No, la pattuglia è arrivata giusto in tempo.

- E la Regina? – chiese Elsa.

- Venite – Aslan si voltò, uscendo dalla prigione. Il tono era sempre tranquillo, benevolo, come se non ci fosse niente di cui preoccuparsi. – Vi spiegheremo tutto strada facendo.

Peter continuava a fissare Anna.

- Anna? – intervenne Elsa.

Lei cercò di riscuotersi dallo sbalordimento. - Sì?

- Credo... dovresti abbottonarti la camicetta.

Anna abbassò lo sguardo, rendendosi conto di avere ben quattro bottoni aperti. – Oh? Uh, sì, giusto. Certo, io...

Peter si girò dall’altra parte, arrossendo violentemente, e si affrettò a seguire Aslan.

 

***

 

Il leone li condusse nuovamente all’aperto, dove le accolse un cielo così azzurro da essere abbagliante. Il sole era alto e la neve si stava sciogliendo.

- Faceva molto più freddo, ieri – disse Elsa. Ma era davvero il giorno prima, poi? Pareva trascorsa un’eternità da quando avevano messo piede a Narnia.

- L’incantesimo sta svanendo – disse Tumnus, sorridendo. – Ora che Aslan e tutti i figli di Adamo sono qui, la maledizione si spezzerà.

Il cortile del castello era una vera baraonda. Quelle che una volta non erano che statue di pietra trasformate dalla Regina, adesso erano creature reali, in carne ed ossa. Il leone al quale Edmund aveva disegnato i baffi da bellimbusto e gli occhiali scuoteva la criniera. Aprì la bocca per fare un potente sbadiglio, poi alzò una zampa e la riabbassò, come per accertarsi che fosse tutto a posto. In quella festa di colori spiccavano anche il corno color indaco di un unicorno, il rossiccio della pelliccia di alcune volpi, il bruno della groppa di un centauro, il rosso dei cappelli dei nani, che erano decisamente più simpatici e socievoli del cocchiere di Jadis, il bianco candido delle vesti indossate dalle ninfe dei boschi, donne alte e sottili, che si muovevano leggiadre e silenziose. Il gigante che era stato un’enorme statua come tutti gli altri aveva sfondato il cancello con un colpo di mazza.

Anna ed Elsa seguivano lo spettacolo con gli occhi sbarrati

- Dov’è andata a ficcarsi quella piccola strega? – domandò il gigante. – Ce l’avevo proprio tra i piedi prima che usasse la stramaledetta bacchetta magica. Dove si è nascosta?

Qualcuno gli spiegò che la Strega Bianca non era lì in quel momento. Nessuno sapeva dove si trovasse esattamente.

- Lui è il gigante Fracassone – spiegò Tumnus, con il naso all’insù. – Viene dalla famiglia Fracassa. Gente per bene, sapete. Non è molto intelligente, ma è buono.

- Fracassone? Che nome è Fracassone? – chiese Anna.

- Ascoltatemi tutti! – esclamò Aslan, imponendo il silenzio. – L’incantesimo sta svanendo, ma la Strega Bianca non è ancora stata sconfitta. Ho avuto modo di parlare con lei. E non ha la minima intenzione di abbandonare la battaglia. Presto attaccherà e noi abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti.

- Possiamo combattere anche noi, quindi? – chiese il centauro.

Anna non aveva mai visto un essere del genere, se non nei libri custoditi nella biblioteca del palazzo ad Arendelle. Era una creatura imponente; umano fino all’ombelico, lasciava poi il posto al corpo di un cavallo massiccio e scuro, con i muscoli guizzanti e una folta coda nera.

- Certo che combatterete. – rispose Aslan, risoluto. - Se siete disposti a farlo. Ora, andiamocene dal castello. Coloro che non possono reggere il passo degli animali più grandi, montino loro in groppa. Coloro che possiedono un ottimo fiuto, vadano avanti e aprano la strada a tutti gli altri. Io sarò dietro di voi, con i figli di Adamo ed Eva... e con le nostre due ospiti speciali.

- Che posto divertente – sussurrò Anna ad Elsa. - Beh, forse... non proprio così divertente, ma è pieno di creature divertenti. E parlanti. Te lo immagini Sven con il dono della parola?

Elsa le rivolse un sorriso.

 

***

 

Tutti fecero come Aslan aveva ordinato. Erano diretti al Guardo di Beruna, dove l’esercito del leone si era accampato in seguito al primo attacco dei lupi della Regina Jadis. Peter spiegò loro che Maugrim, il capo della polizia segreta della Strega, aveva seguito le loro tracce fino all’accampamento di Aslan e aveva tentato un attacco a sorpresa; i lupi avevano puntato dritto su di lui e sulle sue sorelle. Molti erano rimasti feriti, ma i lupi erano stati comunque allontanati e decimati.

- Peter ha ucciso Maugrim per salvare me – disse Susan, osservando il fratello maggiore con orgoglio. – È stato molto coraggioso.

- Non... non mi sentivo particolarmente coraggioso. – confessò Peter, arrossendo di nuovo. Aveva l’aria stanca e provata. I capelli biondi erano tutti arruffati. – E ho dimenticato di ripulire la spada... dopo aver ucciso il lupo. Un cavaliere deve ripulire la propria spada...

- Non importa. – disse Susan. – Non lo dimenticherai più.

- Ed ora lo chiamano tutti Peter Flagello dei Lupi – aggiunse Lucy, la più piccola.

- Flagello dei Lupi suona bene. È un bel nome – commentò Anna. Camminava vicino al leone e stringeva sempre la mano di Elsa.

- Credi? Ti piace davvero? – chiese Peter.

- Certo. E mi chiedevo se potessi avere anch’io una spada.

- Anna... – cominciò Elsa, preoccupata.

- L’avrai – rispose Aslan, senza esitazioni. Girò la testa per guardarla ed Anna si sentì nuovamente intimidita da quegli occhi penetranti. – Abbiamo molte armi con noi. Potrai scegliere la spada che preferisci.

- Oh, io... grazie.

- Sai combattere? – Peter sembrava sorpreso. – Intendo dire, mia sorella Susan è bravissima con l’arco. Ma non avevo mai sentito parlare di una ragazza che sa usare una spada. E... cioè, non si tratta di un’offesa, naturalmente.

- Me l’hanno insegnato i miei soldati – rispose Anna. Si chiese quanti anni potesse avere Peter. Le era sembrato più grande quando era entrato nella cella. Ora pareva poco più che un bambino. Doveva avere al massimo quindici anni.

- I tuoi... i tuoi soldati?

Aslan sorrise. – Anna è una principessa. E sua sorella Elsa una regina. Anche se vengono da un altro mondo.

Tutti tacquero.

- Beh, ecco... – iniziò a dire Elsa. Non aveva detto una parola da quando avevano lasciato il castello. Appariva seria e pensierosa, distante. Anna sentiva la sua stretta allentarsi ogni tanto per poi tornare a stringere. Il suo sguardo si perdeva spesso e lei immaginava benissimo a cosa stesse pensando.

“La sera del matrimonio... mi hai detto che non sei più riuscita a smettere di guardarmi. Era vero?” .

“Lo era. Ci ho provato, a non guardarti... ma non ho potuto”.

Se Aslan sapeva davvero tutto di loro senza bisogno di fare domande, era possibile che sapesse... anche il resto. Anna lo fissò di sottecchi. Sentì di avere il viso in fiamme per l’imbarazzo e anche per il fastidio. Era davvero... fastidioso che qualcuno fosse a conoscenza di ciò che passava loro per la testa senza che fosse necessario parlarne apertamente.

- Una regina? Una vera regina? – Lucy guardava Elsa con occhi grandi ed increduli.

- Come voi – rispose Aslan. – Voi siete re e regine di Narnia. Elsa è la regina di Arendelle.

- Come siete arrivate a Narnia? – chiese Peter, sempre più curioso.

Anna le spiegò la faccenda della nave pirata e degli anelli magici. Raccontò anche del suo incontro con Edmund e con Jadis, senza tralasciare la parte in cui i lupi la trascinavano nelle prigioni, mentre Maugrim le ricordava che sarebbe morta presto di fame e di sete.

- Gli anelli, già – commentò Aslan. – Non ne sentivo parlare dalla notte dei tempi. Tutti si chiedevano dove fossero finiti. Il primo figlio di Adamo e la prima figlia di Eva sono giunti a Narnia tramite quegli anelli. Li fabbricò un mago di nome Andrew. Anche Jadis è qui a causa degli anelli.

- Jadis...? Credevo fosse... voglio dire, pensavo fosse nata in questo mondo. – disse Anna.

- È stato il figlio di Adamo a portare Jadis a Narnia. Non l’ha fatto di proposito, naturalmente. – Aslan rallentò il passo, sollevando la testa e rimirando l’orizzonte. – Jadis è nata nel regno di Charn. Un altro mondo. Molto diverso da questo e dal vostro. Molto più antico. Un mondo ormai in rovina per colpa della Strega Bianca e della sua sete di potere. La sorella di Jadis regnava a Charn, ma ovviamente la Strega voleva il trono solo per sé. Scoppiò una guerra e quando anche l’ultimo soldato di Jadis cadde... lei usò la parola deplorevole per ridurre in cenere i suoi nemici e il suo mondo.

- Parola deplorevole? – Anna sollevò un sopracciglio, perplessa.

- Una parola magica di enorme potenza. Distrusse ogni cosa e polverizzò la sorella di Jadis, nonché tutto il suo esercito e la popolazione di Charn. Preferì agire in questo modo piuttosto che arrendersi.

- E se la usasse di nuovo? Potrebbe farlo? – domandò Elsa, immaginandosi Narnia rasa al suolo da un’unica, terrificante parola magica.

- No. Non può farlo. La parola deplorevole può essere usata una sola volta.

- Cos’è accaduto dopo? – volle sapere Anna.

- Rimasta l’unica persona vivente, Jadis pronunciò un nuovo incantesimo e cadde in un sonno incantato. Si trasformò in una statua e sedette accanto agli antenati, i re e le regine venuti prima di lei. Si sarebbe risvegliata solo al suono di una campana. Fu il figlio di Adamo di nome Digory a suonarla. Ovviamente il figlio di Adamo cercò di sfuggirle, ma il risultato fu che se la portò dietro attraverso i mondi, fino a Narnia.

- Il professor Digory! – esclamò Lucy. – Ci ha ospitati in casa sua quest’estate.

- Credevo che tutto ciò fosse accaduto molto tempo fa. – osservò Anna.

- Infatti, è così. – rispose Aslan. – Ma il tempo a Narnia è ben diverso dal tempo dei vostri mondi. Per Narnia sono passati secoli. Per i vostri mondi... forse solo qualche decennio.

Anna restò in silenzio per qualche momento. Alzò gli occhi, fissando Elsa. – Ha polverizzato sua sorella... è orribile.

- Terrificante – fu il commento del fauno Tasch.

- Deplorevole. Come la parola che ha usato – aggiunse Tumnus.

Proseguirono senza parlare per un breve tratto. Peter aveva assunto un’aria grave come Aslan. Susan si mordeva il labbro.

- E Edmund? Come siete riusciti a salvarlo? – tornò a chiedere Anna.

Peter raccontò ad Anna che dopo l’attacco a sorpresa di Maugrim e dei suoi lupi Aslan aveva mandato avanti una pattuglia di salvataggio, formata da  centauri, cervi e unicorni, in cerca del ragazzino. L’avevano trovato proprio pochi attimi prima che Jadis gli tagliasse la gola con un coltello. Nel trambusto che era seguito, Edmund era stato liberato e la Strega Bianca era svanita nel nulla insieme al suo nano cocchiere, lasciando dietro di sé un paio di creature pietrificate.

- E dove pensate che sia andata? Insomma, al castello non c’era – osservò Anna.

- È tornata poco dopo. Ha inviato un messaggero per chiedere udienza ad Aslan. – rispose Peter, passandosi una mano nei capelli.

Il leone aveva un’aria sempre più seria, meditabonda.

- Udienza? Davvero voleva... solo parlare? – chiese Elsa.

- No... – fu Susan a rispondere, stavolta. Aveva occhi azzurrissimi. Azzurrissimi e molto acuti. Adulti, persino, sebbene lei fosse più giovane del fratello Peter. - Non si può dire che volesse solo parlare. Voleva Edmund, naturalmente. Lo voleva ad ogni costo.

 

Nel giro di pochi minuti la Strega Bianca apparve in cima alla collina, lasciò la sua bacchetta magica sotto la quercia, così come Aslan aveva chiesto di fare, attraversò il grande prato e raggiunse il leone.

Dalla folla che circondava il luogo dell’incontro si levarono sussurri e brontolii. Anche se splendeva il sole tutti provarono un strano senso di freddo improvviso.

- Figlia di Lilith – esordì Aslan.

- Figlio dell’Imperatore d’Oltremare – rispose la Strega, regalandogli un sorrisetto sprezzante. Eppure il suo sguardo non incontrava mai direttamente quello del leone. O se gli occhi si incrociavano, Jadis li distoglieva quasi subito. Era a conoscenza del potere di Aslan. Per quanto lo schernisse, sapeva benissimo che avrebbe potuto distruggerla. – C’è un traditore, qui. Devi consegnarmelo.

Edmund, che sedeva pallido e silenzioso vicino ai suoi fratelli, capì che alludeva a lui ma non si scompose. Aslan l’aveva perdonato e così anche Peter, Susan e Lucy. Gli bastava quello.

- Edmund non ti ha offesa in alcun modo – rispose il leone. – A meno che tu non consideri un’offesa aver tentato di riempire il suo cuore di oscurità e non esserci riuscita.

La Strega Bianca sollevò un sopracciglio, irritata. – È un traditore. Mi ha detto dove si nascondevano i suoi fratelli. Quindi, a voler essere precisi, ci sono riuscita.

- Ma Edmund si è pentito. Ed è stato perdonato. Lui sa riconoscere i propri errori, al contrario di te. Tu non hai nemmeno idea di cosa significhi pentirsi.

- E di cosa dovrei pentirmi, io? – chiese, come se avesse davvero il diritto di porre quella domanda. Venne avanti di un passo.

Aslan non si mosse. Lui e la Regina formavano un incredibile contrasto. Aslan sembrava luminoso con la sua folta criniera dorata, la sua regalità e la sua aria solenne e saggia. Jadis, invece, possedeva il pallore di un cadavere, la durezza del ghiaccio e della roccia. Non indossava più le pellicce bianche, ma una cotta di maglia e i calzari argentati. Era abbigliata come chi sta per dare battaglia. La corona sul suo capo mandò un barbaglio, colpita dai raggi del sole.

- Consegnami il traditore, Aslan. Devi farlo. O hai dimenticato la Grande Magia?

Peter aveva messo mano all’elsa della spada. Susan era pronta ad afferrare una freccia se fosse stato necessario.

- Cos’è la Grande Magia? – mormorò Lucy.

- Perché non glielo spieghi, Aslan? – disse la Strega Bianca, che l’aveva sentita, nonostante fosse distante.

- Parlamene tu, Jadis – rispose il leone, seriamente.

- Oh, io? Sul serio? – La sua voce era improvvisamente stridula. – Mi stai facendo perdere tempo, Aslan. Devo davvero ripeterti le parole incise sulla Tavola di Pietra, che è proprio là, alle tue spalle? Devo ripeterti quelle parole che sono incise anche sullo scettro dell’Imperatore d’Oltremare? Vuoi che ti parli dell’incantesimo che il tuo adorato padre ha lanciato su Narnia all’inizio dei tempi, quando tu stesso l’hai creata? Ogni traditore mi appartiene. Edmund è un traditore. In quanto tale, va consegnato a me ed io potrò farne ciò che voglio!

- Divertente – commentò un castoro, in tono ironico. – Lei pensa di essere la legittima sovrana di Narnia e quindi che ogni criminale o presunto tale sia suo. Le piace fare la parte del boia. Certo... come no. Come se il suo fondoschiena meriti di piazzarsi su uno di quei troni. Non hai un briciolo di sangue umano nelle vene! Lilith era tua madre. E tuo padre era un orribile gigante!

Jadis rise. – Oh, povero imbecille! Credi che questo cambi qualcosa? Io sono la Regina da centinaia di anni. Ho regnato da sola per un tempo lunghissimo. E Lilith fu la prima moglie di Adamo. È una regina, a sua volta.

- Prima moglie di Adamo! Oh, sì, ripudiata e cacciata. Maledetta fin dal principio! Partorita dalla Notte stessa! – gridò un toro. La sua voce pareva un profondo, lugubre muggito. – Ella è una regina nella sua dimensione demoniaca. Non qui a Narnia! Se vuoi essere regina, Strega Bianca... allora invoca tua madre! Invocala e se siamo fortunati la Terra si aprirà per accoglierti!

- Basta così – ordinò Aslan, mettendolo subito a tacere.

- Sono d’accordo, per una volta, Aslan. Basta con queste chiacchiere. Consegnami il ragazzo. Tu sai cosa stabilisce la Grande Magia: se non mi darai il traditore, Narnia sarà distrutta dall’acqua e dal fuoco!

- Questo non è possibile – commentò Peter. – Certamente sta mentendo.

- I figli di Lilith sono bugiardi per natura e hanno una bella faccia tosta, in effetti – Il castoro che l’aveva apostrofata rincarò la dose.

- Lo neghi, Aslan? – disse Jadis, allargando le braccia.

- Non lo nego – rispose il leone. – È vero.

Calò un silenzio di tomba.

- Oh, Aslan! – esclamò Susan, sconvolta. – Non può essere! Non lo permetteremo! Tu non lo permetterai.

Edmund si alzò. Vacillò su gambe malferme. – Se è vero, allora è giusto che io vada...

- No, Edmund! – gridò Lucy, aggrappandosi a lui e affondando il viso nel suo petto.

Jadis sorrideva, soddisfatta. Estasiata, persino.

- Aslan... – mormorò Peter, venendo avanti.

- Vi prego. Ritiratevi. Lasciatemi solo con la Strega. – ribatté il leone.

 

- Non... non avete intenzione di consegnare Edmund, vero? – chiese Anna, allarmata. – Perché lui non ha... no, non è vero che non ha fatto nulla di male. Ha commesso un errore, ma non è cattivo. Non c’è niente che si possa fare contro questo... incantesimo o qualunque cosa sia? Perché c’è sempre una soluzione, lo so. Anche quando sembra impossibile, c’è.

- Sei molto fiduciosa, Anna – rispose Aslan, sorridendo vagamente. – Ed è vero. Hai ragione. Per questo ti dico che non devi preoccuparti. Ho raggiunto un accordo con la Strega.

 

***

 

Occorsero diverse ore per giungere al Guardo di Beruna, un punto in cui la valle si allargava parecchio e il fiume, ghiacciato fino a poco prima, si faceva più ampio. Ovviamente l’esercito di Aslan era formato da animali e creature straordinarie, che circondarono le due ospiti inaspettate, accogliendole con entusiasmo e profondendosi in una serie di inchini, sapendo che erano di sangue reale; volpi, lupi dall’aria mansueta, roditori, aquile, unicorni, centauri, castori, fauni e ninfe dei boschi erano accampati in quel luogo in attesa della battaglia.

- E se lei ci attaccasse stanotte? – disse Peter. – Forse è meglio spostare l’esercito sull’altra sponda del fiume.

Aslan non rispose subito. Sembrava immerso in tutt’altri pensieri. Poi scosse la criniera e batté le palpebre. – Come? Come dici, Peter?

- Dicevo... la Strega potrebbe attaccarci stanotte. Dovremmo spostare l’esercito sull’altra sponda.

- La tua idea è buona, Peter. È un’idea degna di un vero cavaliere. Ma la Strega non ci attaccherà stanotte. Fidati di me. Ora vorrei che preparaste qualcosa da mangiare per gli umani e anche per Elsa ed Anna.

- Loro non sono umane? Perdonami se lo chiedo, Aslan – disse Tumnus, timoroso. – Pensavo che lo fossero.

- Sono umane. Ma non sono figlie di Eva. – tagliò corto il leone.

Nessuno fece altre domande.

- Elsa sa fare una cosa bellissima con il ghiaccio e la neve – disse Tasch, seduto a gambe incrociate davanti al fuoco acceso. – L’ho visto. Cioè, non bene perché dovevo scappare... ma l’ho visto.

Elsa gli sorrise. Chissà che cosa avrebbero pensato quelle creature se avesse raccontato loro che una volta aveva causato un inverno perenne, perdendo il controllo di quel potere bellissimo di cui parlava il fauno. Un inverno perenne come quello provocato da Jadis. Era convinta che fosse meglio non approfondire la questione del potere, per ora.

- Non c’è più ghiaccio né neve a Narnia. Una vera fortuna – osservò uno dei lupi.

Tasch stava per aggiungere qualcosa, ma Aslan intervenne. – Un bellissimo potere, sì. Un grande dono.

E una maledizione, anche. Questo il leone non lo disse, ma quando la guardò Elsa ebbe come l’impressione di percepire il pensiero. Quasi lui l’avesse appena depositato nella sua mente.

Mentre la famiglia di castori che aveva aiutato Peter e le sue sorelle a fuggire preparavano la cena, Aslan disse ad Anna di scegliere un’arma. Le mostrò tutte le spade che avevano e anche le lance, le mazze e i coltelli. Lei ne scelse una con la lama lunga e sottile, maneggevole e con l’impugnatura argentata.

Poi Edmund venne da lei. Anna l’aveva già notato in mezzo alla folla, ma non si era avvicinata perché immaginava che prima o poi l’avrebbe fatto di sua spontanea volontà.

- Ehm... ciao – esordì il ragazzino. Si torceva le mani e teneva lo sguardo basso, occhieggiandola ogni tanto, come chi si prepara a ricevere una punizione.

Anna non rispose. Elsa lo guardò severamente.

- Volevo... io volevo dirti che... sono felice di sapere che stai bene. Sì, molto. E... volevo dirti che mi dispiace. Sono stato stupido. Sapevo che mi stava mentendo... ma le ho dato retta perché ero arrabbiato... non... non volevo che accadesse niente di male... – Edmund avanzò di un passo. Avevano dato una spada anche a lui. La teneva nel fodero appeso alla cintura. Nel complesso sembrava in forma, solo gli occhi erano un po’ segnati e arrossati.

- Sì, in effetti, sei stato stupido – rispose Anna, di getto.

Edmund diventò rosso e strascicò i piedi. Non c’era più traccia dell’aggressività che aveva scorto sul suo viso quando si erano incontrati. Rimaneva sempre quel cipiglio un po’ ribelle, ma il suo turbamento era evidente.

- Voglio dire... sì, ecco, voglio dire proprio questo. Sei stato stupido, ma hai capito di esserlo stato e... non volevi fare del male a nessuno, lo so.

- Poteva andare molto peggio, lo sai questo? – chiese Elsa, rivolgendosi al ragazzo.

- Sì, io... sì. Me ne rendo conto. E sono pentito. Sul serio. Ho cercato di dire ad Aslan che eri al castello, ma ero... troppo debole. Credo di aver solo farfugliato.

- Non importa. Lui è... Aslan. Sa tutto quello che c’è da sapere su Narnia, immagino. – osservò Anna.

- Oh, sì. Tutto! – confermò Edmund, ammirato. – Anche se stasera è molto strano. Parla poco e sembra triste.

Era così.

Servirono una cena deliziosa, ma essa si svolse in un silenzio quasi completo. L’umore del leone, sdraiato in disparte, solo, impressionò più o meno tutti. Peter gli lanciava occhiate preoccupate. Lui stesso avanzò parte della cena e prese a girare per l’accampamento, forse tormentato dall’idea che qualche inviato della Strega Bianca potesse attaccarli. Immaginava che Aslan non si sbagliasse quando gli aveva assicurato che non sarebbe successo, ma la sua tetraggine lo agitava. Susan si ritirò presto nella sua tenda con la sorella più piccola e con Edmund, ma nessuno di loro era allegro.

- Peter mi ha detto di darti queste. Li hanno trovati nella pelliccia della Strega – disse Elsa, raggiungendola fuori dalla tenda che Aslan aveva riservato per loro.

- Che cosa?

Elsa aprì la mano ed Anna, incredula, vide la propria collana e l’anello di Kristoff.

- Ma... – iniziò.

- Voleva darteli lui, ma ha pensato che... toccasse a me.

Anna prese l’anello, rimettendoselo al dito. Lo fissò per qualche momento, sentendolo freddo contro la pelle, ma anche incredibilmente famigliare. Pensò a Kristoff e si chiese che cosa stesse facendo, quanto fosse preoccupato per lei, quanto avrebbe aspettato prima di andare a cercarle, senza sapere che non poteva trovarle nel suo mondo...

Poi alzò gli occhi e scrutò il viso di Elsa. Lei seguitò a fissarla anche mentre le agganciava la collana dietro al collo. Anna avvertì il leggero tocco delle sue dita sulla nuca.

- Grazie – disse, con la bocca improvvisamente asciutta.

Elsa scosse il capo come a dire che non doveva ringraziarla. Le sue mani indugiarono sul collo della sorella, per poi spostarsi sul suo viso. – Credo che tu l’abbia conquistato.

- Chi?

- Peter.

- Oh, davvero? - Il tocco di Elsa era assolutamente delicato. Eppure Anna lo avvertiva come se lei stesse cercando di penetrarle la pelle, per raggiungere le ossa. Per raggiungere il suo cuore, forse. – È perché avevo la camicetta aperta? Mi dispiace, sai, non me ne ero accorta...

- Lo so.

Anna chiuse gli occhi, spostò un po’ il viso, strusciando il naso contro il palmo della sua mano e depositandovi un bacio.

La notte era straordinariamente silenziosa, fatta eccezione per il tranquillo mormorio del fiume. L’esercito del leone dormiva, chi nella propria tenda e chi per terra, infagottato nelle coperte. Quindi Anna non si preoccupò del fatto che qualcuno potesse vederle. Sollevò il viso e le diede un bacio sulle labbra. Elsa le lasciò scivolare un braccio intorno alla vita, attirandola ancora più vicino. Le restituì il bacio, socchiudendo appena la bocca.

Anna sospirò e si lasciò stringere. Appoggiò il mento sulla spalla di Elsa, crogiolandosi in quella stretta e desiderando che durasse per sempre.

Poi, però, aprì gli occhi e notò qualcosa. In lontananza, dove finiva il grande prato su cui erano montate le tende e iniziava il bosco, due figure si muovevano, alla spicciolata. Stavano per inoltrarsi nel folto della boscaglia. Si spostavano sicure, come se stessero cercando qualcosa. O seguendo qualcuno.

Susan e Lucy.

- Elsa...

- Mmm? – La sorella si scostò da lei, gli occhi ancora annebbiati.

- Guarda.

Elsa si voltò e le vide proprio nel momento in cui si inoltravano nel bosco. Susan aveva con sé la faretra piena di frecce.

- Dove stanno andando? È notte fonda. Se lei è qui intorno... potrebbe essere pericoloso – osservò Anna.

- Lo è.

- Non c’è nemmeno Aslan. Era proprio là, vicino a Peter. – Anna indicò le braci del fuoco, che illuminavano vagamente la notte. Peter era sdraiato accanto ad Edmund. Dormivano entrambi.

- Sta succedendo qualcosa – disse Elsa.

- Non ne dubito. Edmund ha detto che Aslan oggi era molto strano. Voglio dire, è già strano perché è un leone che sa parlare... ma a quanto pare è ancora più strano del solito, ultimamente. E dato che ha parlato con Jadis di qualcosa di cui nessuno è al corrente... temo che quel qualcosa stia per accadere.

- Forse dovremmo seguirle.

- Sì. Dobbiamo. Ma prima prendo la spada.

 

***

 

- Il pazzo è venuto davvero! – Per un attimo persino la Strega Bianca era sembrata sbalordita. Ma poi scoppiò in una risata gelida e selvaggia. Mostruosa. – Prendetelo e legatelo!

Anna ed Elsa erano nascoste dietro ad un folto ammasso di cespugli. Avevano seguito il leone per un lungo tratto, nel bosco e poi in radure rischiarate dal chiaro di luna, fino al luogo in cui si era incontrato con la Strega Bianca. Aslan aveva percorso quel tragitto camminando lentamente, come se tutto il peso del mondo fosse piombato di colpo sulle sue spalle. Teneva la testa bassa, trascinava la coda per terra e ogni tanto emetteva strani, lugubri lamenti. Susan e Lucy l’avevano accompagnato, le mani affondate nella sua splendida criniera dorata per trasmettergli un po’ di conforto. Poco prima del grande spiazzo in cima alla collina dove sorgeva la Tavola di Pietra, che aveva tutta l’aria di essere un altare sacrificale, il leone si era congedato dalle due Salvatrici, che l’avevano abbracciato un’ultima volta e poi erano corse a nascondersi.

- Cosa state aspettando, imbecilli? Legatelo! – urlò Jadis.

Intorno alla Tavola di Pietra c’erano creature di ogni tipo: uomini con la testa di toro che reggevano le torce, arpie, folletti dall’aria maligna che ad Anna ricordarono Puck (solo che Puck, sebbene fosse un pasticcione e avesse gli occhi piena di malizia, non aveva un aspetto così sinistro), orchi muniti di lunghe zanne, serpenti alati e altri incubi sbucati da chissà quale oscuro regno.

Alcune di essi si mossero timorosi verso Aslan. Lui non reagì quando le mani artigliate delle arpie lo afferrarono per ghermirlo e così anche gli altri si mossero per aiutare. Rovesciarono il leone sul dorso, legarono le zampe anteriori e quelle posteriori e poi, su ordine della Strega, gli tagliarono la criniera.

- Non possono fare una cosa simile! Perché non reagisce? – sussurrò Anna, piena di sgomento.

Elsa si sporse un po’. Il cuore nel petto batteva velocissimo. Deglutì, scoprendo di avere la gola secca. – Forse ha un piano...

Ma non era affatto convinta. Avrebbe potuto sbarazzarsi di tutti quei mostri con poche zampate, eppure era mansueto e arrendevole. Un nemico che era stato sconfitto e accettava il suo destino.

L’orco che si era messo a tagliare la criniera di Aslan con un grosso paio di forbici lanciò una volgare risataccia, seguito a ruota dai suoi compari.

- Un gatto, ecco che cos’è – commentò la Strega. – Nient’altro che un gattone.

Lo sbeffeggiarono a lungo, con frasi idiote e offensive. Infine gli legarono anche il muso con le corde. Un uomo con la testa di toro sferrò un calcio, colpendolo ad un fianco. Un altro gli affondò il tacco in una coscia. Lo issarono sulla Tavola di Pietra.

- Facciamo qualcosa... facciamo... – prese a dire Anna. Era paralizzata. Non aveva mai visto una simile brutalità.

- No... – Susan comparve vicino a loro. Camminava a quattro zampe per non farsi vedere dalle creature della Regina. – No, Aslan ci ha detto di non intervenire, per nessuna ragione...

- Ma vuole ucciderlo! – esclamò Elsa, fuori di sé.

Lucy piangeva sommessamente.

- Aslan ha detto... – Susan si morse il labbra, anche i suoi occhi erano pieni di lacrime. - Ha detto di non aiutarlo. Ha detto che... che non ha scelta. La Grande Magia...

- Ci deve essere un’altra soluzione. – commentò Anna.

- Non c’è. Lui... non ci ha permesso di dargli una mano. Non ci ha permesso di trovare un’altra soluzione.

Jadis si tolse il mantello che indossava, rimanendo con le braccia nude e posando anche la sua bacchetta. Prese un coltello. – La Grande Magia sarà rispettata con la tua morte, Aslan. Povero pazzo. Sei venuto, sì. Hai mantenuto la promessa. Morirai al posto del ragazzo. E dopo... dopo io mi prenderò il tuo regno. Per sempre questa volta! Credi che sacrificarti servirà a qualcosa? È tutto inutile. Questo amore non serve. L’amore... è solo una parola!

Poi la Strega Bianca sollevò il pugnale e vibrò un unico, mortale colpo, affondando la lama nella carne di Aslan...

 

***

 

 
Angolo autrice:

Ecco il nuovo capitolo. Scusate se ci metto tanto, non odiatemi.

Ovviamente, essendo la storia un crossover con Le Cronache di Narnia, ci sono scene riprese dal libro di Lewis. L’incontro tra Aslan e la Regina avviene anche nei libri più o meno nelle stesse circostanze, ma ho cambiato il contenuto dei dialoghi.

La battuta della Strega Bianca, “L’amore è solo una parola”, mi ha ricordato quella di Biancaneve in quell’episodio di Once Upon a Time, per questo l’ho citata in questo capitolo.

Ah e... come forse avrete capito io sono molto affascinata da Lilith, per questo ho insistito, se così si può dire, su di lei.


   
 
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