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Autore: Amachodidaskalos    15/04/2015    1 recensioni
Basta poco. Basta un lampo, un fascio di luce. Il mondo, apparentemente immutato, si trova ad affrontare la peggiore delle sorti: l'isolamento. Ce la faranno i grandi eroi delle storie a salvarlo? No, semplicemente perché non esistono. Il delicato compito di portare l'equilibrio questa volta non viene affidato a paladini senza macchia o potenti stregoni dai cappelli a punta. Costretti insieme dagli eventi, un gruppo di individui dalla morale più o meno dubbia si vede consegnata tra le mani da nientemeno che la Morte in persona un'ultima disperata occasione: dodici giorni per salvare il mondo. Ma in fondo non è meglio superare la propria natura malvagia che nascere buoni?
Se avete un deja-vu, non temete: il Matrix è in ordine. Piuttosto questa storia, che era arrivata al sesto capitolo, sè stata accidentalmente cancellata, e quindi la stiamo ripostando. In realtà, Shades è il resoconto di una campagna di D&D 3.5 tuttora in corso, ma non temete, profani: è perfettamente leggibile anche per chi non sa nemmeno cosa sia un tiro sulla Tempra; per i navigati di GdR sarà solo un poco più intrigante.
BuonaLettura.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo X: Nidi di rondine

«Va bene, fermiamoci qui un attimo!».
Alle parole di Nether, l’intera fila di marcia si arrestò. Miros soffocò uno sbadiglio dal fondo della colonna, riscuotendosi dal turbine di pensieri che gli affollavano la mente.
Quella mattina si erano svegliati al sorgere del sole, quando la notte non aveva ancora ceduto ai primi assalti dell’aurora, ed in cielo erano ancora visibili molte costellazioni  e pianeti girovaghi. Il silenzio che come di consueto avvolgeva la pineta maggiore risuonava a quell’ora ancora più assordante del solito, ed il tappeto di aghi caduti che ricopriva il terriccio molle era occultato sotto una spessa coltre di bruma, che galleggiava densa a poche dita dal suolo. La portata del fiume appariva dimezzata rispetto al pomeriggio del giorno prima, e numerose pietre dai bordi affilati come lame affioravano dalla superficie, tagliando lo scorrere delle acque senza produrre alcun rumore.
Mentre consumavano una frugale colazione saccheggiando senza ritegno dalle copiose provviste di Leo, ancora legato, il destino dell’elfo era stato l’oggetto principale della discussione: non che non ne avessero già ampiamente dibattuto la sera prima, ma con le prime luci dell’alba a chiarire le cose e, soprattutto, a stomaco pieno, le diverse opzioni parevano presentarsi in modo diverso agli occhi di ciascuno, ed alcune idee che erano sembrate buone la sera precedente ora apparivano, se non stupide, quantomeno insensate.
Alla fine, con il solo voto contrario di Nori, concordarono che, dal momento che l’elfo non solo non sembrava rappresentare una minaccia in quello stato ma, anzi, avrebbe potuto rivelarsi un prezioso alleato, se lo sarebbero portato dietro, legato, e che la sua custodia e cura sarebbe stata affidata a Miros, che aveva accettato l’incarico abbozzando un sorriso poco convinto.
Dopo tre ore di marcia sostenuta, in una quiete rotta solamente dal vociare sommesso di Nori e Timis e delle goliardiche rievocazioni di tempi andati da parte del druido e del necromante, erano giunti alle pendici di un’imponente catena montuosa, su cui la Pineta Maggiore si arrampicava impertinente sino a mezzacosta, proprio davanti ad un valico ripido e scosceso, e lì Nether, che guidava la fila con Lupo Grigio in forma di lupo al fianco, aveva dato l’ordine d’arresto.
«Come mai ci fermiamo?» domandò Timis scrutando preoccupata la via per salire al passo «Ci vorranno almeno tre ore per salire lì sopra, e questo è già il secondo giorno: non possiamo permetterci pause.».
«Tranquilla, amica,»  rispose il druido, con la lingua a penzoloni «la cartina segna “creature pericolose” su quel valico: voglio solo lanciare qualche incantesimo di protezione sul gruppo per non correre rischi. Nether mi ha raccontato che non sei molto resistente.».
La mezzelfa stava per rispondere con parecchi insulti in direzione del necromante, ma fu anticipata da un’inaspettata voce alle sue spalle.
«Ehi, aspettate!» tutti si voltarono a guardare l’elfo, che sino ad allora era rimasto in silenzio «Guardate che non dobbiamo per forza passare di lì, sapete? Conosco una strada più sicura.».
«Taci!» la voce di Nori era incrinata dalla rabbia mentre trafiggeva con lo sguardo l’arciere «Tu parli solo se interpellato, chiaro? Nessuno ti ha chiesto niente, prigioniero.».
Leo mosse uno sguardo implorante da cane bastonato tra i membri del gruppo, tra i quali volavano occhiate interrogative ed incerte, fino a che Nether non resistette più.
«La nostra principessina ha ragione:» osservò, ridacchiando quando vide la Dea della Morte avvampare «tu parli solo se interpellato.»
Si avvicinò all’elfo ghignando, scoccando occhiate a lui ed al valico alle sue spalle. «Ora dimmi: conosci davvero un’altra strada?».
Miros fece un salto e si ridestò dal torpore quando sentì l’elfo balzare per l’eccitazione.
«Oh, sì, sì, sì!» cantilenò Leo felice, con la sua espressione ebete dipinta sul volto «C’è un passaggio che attraversa le montagne. Ma non è come il passo! Insomma, ecco, le attraversa… sotto.».
«Vuoi dire una galleria?» domandò Timis ironica, e Leo annuì vigorosamente, compiaciuto di essere stato compreso.
Nori roteò gli occhi al cielo. «E tu ti aspetti che noi ti crediamo?» chiese sprezzante «Non siamo così stupidi: è ovviamente una trappola. Vuoi attirarci in un posto buio e pericoloso, per poi ucciderci uno ad uno.».
«A me sta bene!» esclamò Lupo Grigio da una delle tasche del camice di Nether, ignorando del tutto l’obiezione della compagna.
«Si, beh, la parte sulla galleria, non quella della trappola.»  aggiunse mordicchiando la manica del camice dell’ amico «Oh, andiamo, Net, abbiamo visto scenari peggiori. Sarà fico!».
Il necromante oscillò sui talloni mentre si grattava incerto la testa, ma alla fine rispose con un sorriso sinistro, e fece per porgere la cartina all’elfo, ma fu bloccato a metà strada dalla Dea della Morte, che gli afferrò una spalla.
«Ti sei bevuto il cervello, per caso?» gli sibilò lei ad un soffio dal volto «Se vuoi seguirlo dillo ora, e ti uccido subito, così gli risparmio la fatica.».
Nether trasse un sospiro rassegnato, prima di sfoderare la sua arma preferita. Sin da piccolo si era rivelato portato per la scuola della necromanzia, ma le ombre che lo avevano cresciuto ed addestrato avevano ritenuto opportuno renderlo partecipe della loro tecnica più sacra ed antica: l’incutere paura. Nether si era subito rivelato un prodigio nel farlo: il suo sorriso vagamente inquietante, la sua aura residua del Piano delle Ombre, la sua gestualità, il suo carisma, il suo eccellente controllo dell’energia negativa, tutto lo aiutava a far tremare l’avversario, ad offuscare i suoi pensieri. Trafisse gli occhi violetti di Nori con uno sguardo glaciale, carico di potere magico, e si crogiolò nella soddisfazione quando vide la determinazione abbandonare il volto della nemica insieme al sangue. Si divincolò dalla presa della donna e le afferrò le spalle a sua volta, e senza mai interrompere il contatto visivo la spinse contro un pino, assaporando il tremito di lei tra le sue dita.
«Sai che devi la possibilità di continuare a vedere e a sentire a quella piccola biondina laggiù, che ti ha strappato dalle mie grinfie?» domandò con un sorriso sadico dipinto in volto, mentre indicava Timis alle sue spalle «Fossi in te, principessina, io sarei più grata e meno scontrosa con chi già una volta ti ha avuto alla sua mercé.».
La sua bocca era ad un soffio dall’orecchio di Nori. «Vedi,» sussurrò «la prossima volta potrebbe non esserci nessuno a fermarmi.».
La lasciò andare mentre l’effetto della sua magia svaniva e la rabbia e l’umiliazione prendevano il posto del terrore sul viso della Dea della Morte. Udì un rumore metallico alle sue spalle, e si voltò in tempo per osservare che Timis aveva evocato la sua falce bianca e nera, e che la brandiva minacciosa contro di lui.
«Attento.» gli intimò la mezzelfa soffiando come un gatto «Ti ho già visto combattere, due volte, e ho individuato ogni tua debolezza. Mi hai colta impreparata, nella torre, ma ti ricordo che sono addestrata ad affrontare e sopraffare i tipi come te.».
“Uh-uh. La cosa si fa seria.”.
«Non è il momento, Loreth.» biascicò a mezza bocca Miros, impietrito nella sua posizione,stringendo nervosamente l’impugnatura del falchion «Se iniziano a darsele devo separarli.».
“Che ti prende?” lo schernì lei ridacchiando “La tua solita sindrome dell’eroe? O vuoi solo dimostrare quanto vali?”.
«Pensaci bene:» rispose lui ignorando le provocazioni «questo gruppo è il più disunito che io abbia mai visto. Di cosa hanno bisogno?» non lasciò alla demone il tempo di rispondere «Di un leader. Questa deve essere un’occasione concessami dal Fato per distinguermi e raccogliere seguaci.».
“Sì, certo, l’allegra accozzaglia di svitati.” ironizzò Loreth “Non ci hanno quasi rivolto la parola, e ci hanno affibbiato questo elfo deficiente. Ci ha giurato fedeltà, anche se forse proverà ad ucciderci, ma, ehi!, lo sai qual è la cosa più bella? Dovremmo essere al sicuro: questo idiota non sembra neanche aver capito cosa sta succedendo.”.
Miros gettò un’occhiata distratta a Leo, che continuava a dondolarsi sui talloni annuendo con fierezza. Stava cercando le parole per replicare, quando intorno alle dita di Nether si addensò  un denso fumo nero, e sia Timis che Nori scattarono sulla difensiva, pronte a gestire l’attacco.
Ma l’attacco non arrivò: la vocina di Lupo Grigio sovrastò lo scricchiolio delle scintille di energia necrotica.
«Woah, woah, woah!» cominciò stendendo il lungo collo fuori dalla tasca «Diamoci una calmata! Nether, amico, dobbiamo assolutamente andare a fondo di questo caso, come ai vecchi tempi! Queste ci servono vive, non usare quella magia. E poi, dai, quella bionda è anche simpatica da come me l’hai descritta, e quella piagnucolona comunque non ti ha fatto niente.».
Il necromante spostò lo sguardo dal druido alle sue rivali, fino a che non proruppe in una fragorosa e sinistra risata.”””2””””
«Hai ragione, Waffle.» sghignazzò dissipando l’energia magica «Andiamo, elfo, mostraci la via.».
La pesante tensione che si era venuta a creare scoppiò come una bolla di sapone: Timis congedò la sua arma, e Nori fece altrettanto con la sua. Scambiandosi sguardi carichi di sospetto si fecero da parte per far passare Nether, che restò a confabulare con Leo per diversi minuti, additando punti sulla mappa, prima di tornare da loro raggiante.
«Abbiamo una strada! È molto rapida: in circa un’ora dovremmo essere dall’altro lato.» esordì sorridendo, e tese la mano verso le due donne «Siete dei nostri?».
Timis esitò qualche istante, ma infine strinse la mano al necromante.
«Noi due abbiamo un patto.» gli ricordò «Vedi di rispettare la tua parte.»
Nori si limitò ad annuire, ma dal suo volto si intuiva che, per lei, la faccenda non era chiusa.
 
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Carne. Odore di carne. Un flebile campo elettrico, prodotto da un essere vivente. No, pensò, non poteva essere, non lì. Nei suoi due giorni di permanenza in quella cella, non le avevano servito altro che pane ammuffito. Eppure percepiva distintamente il rumore di una circolazione sanguigna. Sangue…
Aveva fame, non c’era dubbio. Il suo corpo elettrico esigeva calorie da bruciare, ed il suo consueto crepitio era ormai ridotto ad un sibilo leggero. Non mangiava nulla degno del nome di cibo da troppo tempo.
E aveva sete: le avevano dato una caraffa d’acqua, il primo giorno, ma poi basta.
Il bisogno che però la faceva più penare era quello di ferire. Far soffrire. Aprire, squartare, mutilare, torturare. Erano due giorni che non faceva del male a nessuno: i suoi nervi erano quasi al limite. Il prossimo avrebbe dovuto ucciderlo per forza, o si sarebbe giocata quel poco di sanità mentale che le era rimasto.
Improvvisamente uno zampettio felpato nel buio, e uno squittio.  Eccola: carne. Lia non perse tempo: scattò in avanti, facendo sferragliare le pesanti catene a contenimento magico che aveva ai polsi e ghermì il topo, guidata dalla percezione del suo campo elettrico.
La bestiolina si divincolò tra le sue mani, cercando di sfuggire alla sua presa ferrea. Lia assaporò il rumore delle ossicina dell’animale che scricchiolavano, si piegavano, ed infine si spezzavano sotto la pressione delle sue dita. Affondò con gioia le sue unghie affilate nella carne del topo, mentre quello le mordeva le dita nel disperato tentativo di liberarsi, e godette nel percepire il loro sangue mescolarsi mentre colava dalle loro ferite e le gocciolava sulle gambe.
Alla fine, con un ultimo squittio disperato, il topo smise di muoversi.
“Troppo poco…” si rammaricò delusa, ed un impeto d’ira la travolse. Senza pensarci scagliò la carcassa dell’animale in un angolo del cubicolo, ma si pentì subito del suo gesto. Chissà quante calorie c’erano, in quel topo.
 
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La mezzelfa inarcò un sopracciglio. «Oh, ti prego, dimmi che quello non è…»
«Sì.» la anticipò Lupo Grigio, balzando fuori dalla tasca di Nether ed assumendo le spoglie di lupo «Quello è proprio lo stesso fiume, siamo solo più a monte, amica. In effetti alle pendici del monte.».
Si erano spostati di circa mezza lega a sud, seguendo le gioiose indicazioni di Leo Noah, e lo scrosciare dell’acqua che risuonava come amplificato aveva subito instillato il sospetto nel cuore della Falce, ma ora le parole del druido le confermavano il peggio. Davanti a loro, nella nuda parete di roccia a strapiombo sulla foresta, si apriva l’ingresso ad arco di una larga caverna, sufficientemente ampioo da lasciar passare un piccolo rigagnolo, che sorgeva senza dubbio al suo interno, e che si allontanava dai monti serpeggiando nella foresta.
I ricordi legati a quel fiume ed a quel suo ponte maledetto erano ancora vivi  forti nella mente di Timis, che non poteva fare a meno di cercare di evitare la vista del corso d’acqua, che riflettendo la luce del sole ormai alto nel cielo illuminava le pareti della grotta proiettando disegni screziati e mutevoli che danzavano sulla roccia biancastra.
Lupo Grigio annusò il terreno dell’ingresso scodinzolando, e fece segno al resto del gruppo di entrare quando decise che non c’erano minacce rilevanti nelle vicinanze, ma la voce raggiante dell’elfo lo fermò sulla soglia.
«Non è di là!» canticchiò felice agitandosi nelle corde «Si entra da sopra!».
Leo li guidò verso un’anonima parete qualche passo a nord dell’entrata principale della grotta, ed iniziò a tirare calci contro la roccia.
Nori si avvicinò a Timis, sospettosa. «Secondo te cosa sta cercando?» chiese dubbiosa, accarezzando l’elsa della sua spada.
La risposta non tardò ad arrivare: dopo numerosi calci andati a vuoto, il volto di Leo si distese in un espressione euforica quando la punta del suo stivale affondò nella parete come se fosse stata fatta di gelatina ed urtò un meccanismo semisepolto in quella che pareva essere una densa pasta bianca. Una piccola porzione di muro roccioso slittò all’indietro, rivelando una stretta scalinata che saliva nel cuore della montagna.
«Muschio Camaleonte.» spiegò Nether con una smorfia di disgusto «Assume il colore e l’aspetto di qualsiasi cosa tocchi, ma si dice che al tatto sia quanto di più ripugnante esista. Però può tornare utile.» si rivolse a Timis con sufficienza «Tu hai dei guanti, te li ho visti l’altra sera: raccogline un po’.»
La Falce Mietitrice restituì uno sguardo di superiorità, ostentando il suo compatimento per un atteggiamento tanto schizzinoso, ma si dovette ricredere quando sfiorò con un dito il muschio: la sua consistenza era molle e spugnosa, era gelido, molto più freddo della roccia circostante, e trasudava un non meglio identificato liquame trasparente; la cosa peggiore, tuttavia, fu come il muschio reagì a contatto con la pelle nuda: non appena percepì il nuovo materiale, la superficie del vegetale cambiò aspetto, diventando rosata e flaccida, simile a pelle appena scuoiata. Contenendo i conati, Timis si affrettò ad indossare i guanti e a cacciare qualche manciata di quella sostanza ripugnante in una delle sacche che avevano recuperato dalle macerie della torre, e poi si accodò dietro agli altri, che non erano certo stati ad aspettarla per salire la scalinata.
Quella che già da fuori pareva essere una via stretta e buia si rivelò un vero e proprio budello tortuoso, che si attorcigliava su sé stesso come lo stomaco di un gigantesco verme di pietra. Le pareti inclinate verso l’interno grondavano umidità, ed accostandovi l’orecchio era chiaramente distinguibile lo scrosciare di numerosi rivoletti che a attraversavano la solida pietra, e che probabilmente si ricongiungevano al fiume della vicina caverna.
La luce del sole colse impreparati gli occhi di Nether quando la scala si interruppe bruscamente, e lui uscì per primo su di una stretta piattaforma a circa quindici metri d’altezza che si affacciava a strapiombo sulla foresta. Non ci sarebbero mai stati tutti insieme, così il necromante agguantò per la spalla l’elfo che veniva dietro di lui e lo trasse con sé sul ciglio del dirupo, facendo segno a Miros dietro di lui di attendere sulle scale. Ignorando i mormorii di protesta che si levarono dallo stretto corridoio, accarezzò la liscia parete di roccia davanti a lui: sembrava inamovibile.
«Farai meglio a spiegare dove si trova a questo passaggio, elfo del sangue, o dovremo testare le tue capacità rigenerative lanciandoti da quest’altezza.» minacciò senza neanche voltarsi a guardare Leo. Quello, per tutta risposta, oscillò pensieroso legato nelle corde.
«Beh, ecco… aspetta, fammi ricordare.» cominciò corrucciando la fronte «Allora, ci sono altre due aperture identiche a questa su questo lato della montagna: sono pochi metri sopra di noi, ma esattamente come questa sono invisibili viste da sotto, e…»
«Taglia corto, amico!» Lupo Grigio, ritornato ad essere una piccola tartaruga verde, aveva saltato la fila, ed ora arrancava tra le gambe di Miros, scostando col muso la coda del suo falcione per riuscire a passare «Entriamo di qui o no?».
Leo Noah parve esitare, ma alla fine annuì debolmente.
«Ci sono stato una volta sola,» si scusò «e lì ho avuto una delle mie amnesie.»
Miros, sulla soglia, sbiancò, e farfugliò nervoso: «Che tipo di amnesie? Cos’è questo posto?».
Sul volto dell’elfo si disegnò un’espressione contrita. «Imploro il vostro perdono, maestro, devo deludervi:» piagnucolò «quel giorno ero stato catturato. Mi hanno assalito degli uomini bendati, con le bende in faccia!, e mi hanno trascinato nel loro covo. Che è questo.».
Sfoderò dal nulla un sorriso smagliante. «Ma non abbiate paura! Sono svenuto per un po’, ed al mio risveglio erano tutti morti! Un eroe mascherato è sicuramente venuto in mio soccorso mentre dormivo, e li ha stesi!»
“Uh-oh. Ho appena avuto l’ennesima visione sul nostro prossimo futuro.” commentò Loreth nervosa “Siamo ancora in tempo per lanciarci di sotto mirando ai cespugli e fuggire, lo sai?”.
Miros deglutì. “Non scherzare: quello è capace di buttarsi per seguirci.”.
“Bene. Usiamolo per attutire la caduta.”.
«Hai finito di star lì a fissare il vuoto?» dietro di lui, Nori si era spazientita «Ordinagli di mostrarci come si entra. Avete voluto dargli corda? Beh, ecco i risultati!»
Bastò un cenno del capo di Miros a far illuminare il volto di Leo. «Per entrare c’è una parola d’ordine, maestro, ma non temete: Mw la ricordo ancora .».
Si schiarì la gola, trasse un lungo sospiro e gonfiò il petto. «Sieben Schwalben sehen sieben Schwalbennester!» gridò a squarciagola sputacchiando sulla roccia.
La parete della montagna vibrò e tremolò, fino a che una macchia sfocata non prese ad allargarsi da un anonimo puntino fino alla nitida forma di una porta di legno, che si aprì con un cigolo.
«Beh, non resta che entrare!» gongolò Leo, soddisfatto del proprio operato «Prima voi, maestro!».
Titubante, Miros sganciò il suo falcione dalla cinghia sulla schiena e stringendolo saldamente tra le mani entrò nella porta buia, seguito dall’arciere. Gli altri esitarono qualche istante di più, ma alla fine, uno dopo l’altro, seguirono i due lungo gradini decisamente più larghi e confortevoli di quelli della scalinata nascosta. Per ultimi rimasero fuori Timis e Nether, vagamente scossi.
«Quello era Abissale, vero?» domandò la mezzelfa dubbiosa «L’ho studiato in passato, ma non sono sicura di aver capito bene.».
«Sì. Abissale.» confermò il necromante «“Sette rondini vedono sette nidi di rondine”. Non promette nulla di buono.».
esta che entrare!» gongolò Leo, soddisfatto del proprio operato «Prima voi, maestro!».
Titubante, Miros sganciò il suo falcione dalla cinghia sulla schiena e stringendolo saldamente tra le mani entrò nella porta buia, seguito dall’arciere. Gli altri esitarono qualche istante di più, ma alla fine, uno dopo l’altro, seguirono i due lungo gradini decisamente più larghi e confortevoli di quelli della scalinata nascosta. Per ultimi rimasero fuori Timis e Nether, vagamente scossi.
«Quello era Abissale, vero?» domandò la mezzelfa dubbiosa «L’ho studiato in passato, ma non sono sicura di aver capito bene.».
«Sì. Abissale.» confermò il necromante «“Sette rondini vedono sette nidi di rondine”. Non promette nulla di buono.».





Uh, capitolo dieci. Dalla prossima settimana si entra nella sessione "con più di dieci capitoli". Sezione, sezione. Ah, i lapsus.

Commento del Master: Questo coincide con l'inizio della terza sessione. Che. Figata. Che figata. Masterare questa parte è stato divertentessimo ed interessante, probabilmente il mio momento preferito finora. Insomma, finalmente il party inizia ad avere l'aspetto di un party, una quest, e dei ruoli, e cosa accade? I giocatori prendono a ruolare duro, e gli allineamenti dei personaggi inevitabilmente stridono. Per tutti quelli che si erano fatti un'idea sbagliata sul conto di Nether, magari pensando che il Legale Malvagio fosse solo per fare scena, qui hanno visto le loro convinzioni sfumare. Senza alcuna esitazione ha castato Paura, incantesimo di livello medio-alto, e dato che possiede un bonus di +18 ad Intimidire per lui è stato facile rompere l'animo battagliero della sua avversaria. Se solo ripenso a questa scena in considerazione di ciò che accadrà più avanti... Cambiando argomento, avrete senza dubbio notato il piccolo trafiletto per far passare più in fretta il "tempo morto". Sì, è un personaggio. Sì, è tenuta prigioniera da qualche parte. No, la sua sanità mentale non è delle migliori. In ogni caso, i dettagli saranno rivelati quando e se si unirà al gruppo, non prima, o quando inizierà a ricoprire un ruolo preciso.

Commento dei Giocatori: Senza dubbio una sessione interessante, la terza. Tutte le paure ed i dubbi iniziano a scivolare via, e ci si rende conto che si gioca per vivere avventure, non per restare in vita. Si diventa all'improvviso più spavaldi, più sicuri di sé. Il piccolo scontro/litigio era inevitabile: solitamente entro la terza sessione si viene a delineare un leader del gruppo, che solitamente coincide con il "parlatore", ma nel nostro party nessun personaggio riveste davvero questo ruolo (Nether ha il Carisma alto, ma forti malus a Diplomazia), e quindi dobbiamo trovare altri criteri con cui scegliere un capo. Il gioco di forza è la prima opzione che viene in mente: Timis fa leva sul fatto di aver ricevuto lei la missione e di doverla guidare, Nether insiste sulle sue vittorie passate, Nori cerca di utilizzare la sua forza, ma questa è la seconda volta che le va male. Miros potrebbe in teoria prendere il controllo, se solo non fosse che il demone (o la demone, o la demonessa, grrr, i generi) in lui sigillato non sia affatto interessato ad ottenere la leadership. Leo e Lupo, infine, non ci provane neanche: a loro basta andare da qualche parte. Finora (abbiamo giocato quattro sessioni) nessuno l'ha spuntata, ma è anche vero che non ci sono state molte occasioni di imporsi. Voi lettori chi vedreste meglio? La cosa ci incuriosisce.

Bussola del lettore: Uhmm... sì, l'"Abissale" è tedesco. Prima di andare oltre, cerchiamo di chiarire bene cosa sia questo Abissale. Nella cosmologia base di D&D si effettua una distinzione netta tra demoni e diavoli: i primi sono creature malvagie che abitano un piano simmetricamente opposto al Piano Astrale, ovvero l'Abisso, e parlano l'Abissale, i secondi invece abitano i Sette Inferi, parlano l'Infernale, e discendono in qualche modo da esseri divini. Sebbene tra demoni e diavoli non corra buon sangue, non sono rare le alleanze strette tra singoli individui, ed addirittura le unioni. Inoltre, molti demoni, specialmente quelli colti, parlano l'Infernale con scioltezza, e lo preferiscono all'Abissale, i cui toni duri abbiamo voluto rendere con il tedesco. In realtà quest'ultima scelta è dettata anche da un altro fattore: nella popolare serie Adventure Time, per la quale il master stravede, i diavoli parlano come prima lingua proprio il tedesco.
  
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