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Autore: bradbury    16/04/2015    8 recensioni
Dean ha chiesto a Castiel di fargli una promessa: se il Marchio di Caino avesse ricominciato ad esercitare la sua pericolosa influenza sul cacciatore, l'angelo avrebbe dovuto ucciderlo senza esitare. Castiel non ha nessuna intenzione di rispettare il patto ma vuole a tutti i costi aiutarlo. E' convinto sia possibile trovare una cura che possa salvare l'amico, ma quanto è grande il prezzo da pagare affinché Dean possa raggiungere la salvezza?
[Riprende alcuni eventi accaduti nella S10; possibili spoilers] UPDATE: momentaneamente sospesa
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Claire Novak, Dean Winchester, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Chiara, smettila di mettermi fretta.
 
************************************* NOTE *************************************
Come al solito, grazie a tutti coloro che si prendono la briga di recensire, di fingere entusiasmo ogni volta che pubblico un nuovo capitolo e che hanno messo la storia fra le seguite. Chiusa parentesi...lo so, questo capitolo fa veramente schifo - e non avete ancora letto il prossimo - ma purtroppo è tutto ciò che il mio cervello ha prodotto quindi vi dovrete arrangiare e mostravi gentili come al solito. Come credo si sia notato ciò che ho scritto si colloca e riprende alcuni avvenimenti della 10x08 (forse è la 10x09, non ne ho idea), in pratica quella che c'è stata prima della pausa natalizia. Spero di essere riuscita a ricreare lo stato d'animo generale dei personaggi e di non aver reso tutto tremendamente depressivo. Ah, giusto scusate, non è colpa mia ma di Supernatural a.k.a la serie tv più dolorosa dell'universo. E niente, non ho altro d'aggiungere se non che SERIETVSUBITA CI METTE UNA VITA A FAR USCIRE I SOTTOTITOLI DELLA 10X18 E IO STAREI POCO POCO IN ANSIA. Se vi fa piacere e se volete guadagnarvi un posto in Paradiso, lasciate una recensione per rendere la mia vita meno schifosa e degna di essere vissuta.







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3.
 
 
Nessuno si aspettava che il peggio si sarebbe ripresentato davanti alla loro porta così presto. Persino Sam che aveva mantenuto la guardia alta per tutto quel tempo, era profondamente sconvolto dall' accaduto. Perché in fondo, una parte di lui aveva creduto alle sue menzogne, realizzò Dean.

Ogni volta che gli aveva detto di star bene, sorridendogli e dandogli una vigorosa pacca sulla spalla, Sam si era voluto ardentemente fidare. Che ingenuo. Dean a malapena riusciva a guardarlo in faccia mentre gli teneva il volto sporco di sangue fra le mani e lo scuoteva per ottenere dei chiarimenti, perché una parte del suo cuore ci sperava ancora, nonostante non fosse rimasto più nulla a cui aggrapparsi. Mi dispiace, Sammy…

"Dimmi che sei stato costretto, Dean. Che dovevi scegliere fra la tua o la loro vita!"

Si, aveva dovuto prendere una decisione e anche alla svelta, quegli uomini avevano delle pistole e lui solo un coltello ma nulla lo giustificava dall'averli massacrati tutti. Senza pietà. Senza esitazione. Piantandogli la lama fra le costole, recidendogli la gola con un taglio netto e preciso. Era un mostro.

Anche Castiel era lì a fissare in silenzio la scena, con Claire, che singhiozzava spaventata fra le sue braccia protettive.
Proprio quella mattina Dean l'aveva trattenuto in una tavola calda per parlargli. L'angelo aveva richiesto l'aiuto dei due cacciatori per ritrovare la ribelle figlia adolescente di Jimmy Novak, che era scappata la sera precedente come ringraziamento nei confronti di Castiel per averla tirata fuori dalla casa famiglia in cui era stata scaricata. Era la prima volta dopo un lungo periodo di lontananza che lui e Castiel si vedevano di persona – se si escludeva la visita in sogno – e il cacciatore ne aveva approfittato, trattenendolo insieme a lui con la scusa di aspettare lì Claire, nel caso la ragazza avesse deciso di tornare indietro.

La presenza di Castiel per qualche inspiegabile ragione sortiva sempre un effetto calmante su di lui, non aveva idea se fosse la sua aurea da creatura celestiale a emanare tranquillità da ogni poro, o quegli occhi blu intenso che si soffermavano a osservarlo come se fosse un biglietto vincente della lotteria. Come potesse meritarsi tanta ammirazione non lo capiva.
Tutto era proceduto bene, finché inevitabilmente la conversazione aveva virato sulla questione “Marchio” e Dean aveva fatto promettere a Castiel di trovare il modo di ucciderlo, nell'eventualità che le cose si fossero messe nuovamente male. Era consapevole di essersi comportato da perfetto stronzo e della complessità di quella richiesta ma Castiel era l’unico a poterla esaudire. Ed ecco uno degli svantaggi d’imbattersi nei fratelli Winchester e d’instaurare dei rapporti con loro: non era un’esperienza piacevole e prima o poi ti saresti ritrovato morto o fottuto. Spesso entrambe le cose.

Sul momento Castiel aveva assunto l’espressione di chi stava per vomitare e non era sembrato molto convinto dalla prospettiva ma ora, circondato da pareti imbrattate di sangue a causa della carneficina che Dean aveva creato, in quegli occhi sgranati non c'era altro che paura. Paura per quello che alla fine sarebbe stato costretto a fare, gli piacesse o no.
Perdonami, Cas. Vorrei fosse andata diversamente.

"Cas, devi portarlo al bunker e stare con lui finché non torno." disse Sam.

"E lei?" domandò Castiel facendo un cenno verso Claire, "non posso lasciarla qui."

"Portala con voi." tagliò corto Sam, non poteva addossarsi anche quel problema, non quando uno più grande gli era appena esploso sotto il naso.

"Te la senti?" domandò l'angelo rivolgendosi alla ragazza, la quale annuì, asciugandosi le lacrime con la manica della giacca.

Nel frattempo, Sam aveva sollevato di peso Dean dal pavimento e l'aveva spinto fino all'ingresso visto che non si decideva a collaborare. Il maggiore dei Winchester si trascinò in avanti come un automa, senza realmente vedere dove stesse mettendo i piedi. Sembrava assente, come un sonnambulo o come un uomo annientato dalla sconfitta.

"Dean, reagisci" lo strattonò Sam afferrandolo per le spalle, "devo risolvere la situazione con la polizia, non puoi essere qui quando arriverà."

"Fai provare me" intervenne Castiel, poggiando una mano sulla spalla di Sam per bloccarlo. "Claire, tu entra in macchina e aspettaci lì, ti raggiungeremo fra un attimo" aggiunse in direzione della figlia del suo tramite. La ragazza tirò su col naso e aprì la bocca come per protestare ma alla fine sembrò ripensarci. S'infilò le mani nelle tasche dei jeans e si avviò verso l'Impala parcheggiata fuori. Castiel si accertò che fosse chiusa dentro prima di proiettare la propria attenzione su Dean.
Teneva gli occhi bassi e non si sforzava di rispondere agli stimoli del fratello minore. L'angelo purtroppo sapeva bene a cosa fosse dovuto quel comportamento così estremo, così estraneo agli atteggiamenti sfacciati tipici da Dean Winchester. Gli si strinse il cuore in una morsa talmente stretta da provocargli un vuoto allo stomaco.

Dean era caduto.

Non nel senso angelico del termine ma alla maniera degli esseri umani. Castiel aveva provato la stessa sensazione del cacciatore, amplificata di un milione di volte. Lo sapeva perché era caduto anche lui e si era trovato a vagare sulla Terra per la prima volta come un vero e proprio umano, privato della sua grazia. Non era stato un bel periodo.

Poteva definire l’intera esperienza come una tremenda e assordante solitudine; non sapeva cosa fare, dove andare, di chi fidarsi, Dean l'aveva mandato via dal bunker e gli altri angeli caduti gli stavano alle calcagna per vendicarsi di ciò che aveva fatto in buona fede o a causa della sua stoltezza. Lo smarrimento e l'abbandono, per non parlare del senso di colpa che gli divorava le viscere, erano ancora vividi in lui. Non avrebbe permesso che Dean si sentisse così. Gli sarebbe stato accanto in modo più costante, l'avrebbe protetto e aiutato a combattere la battaglia che lo stava distruggendo dall’interno come se fosse la propria. Se Dean era convinto che lui avrebbe mantenuto la sua insignificante promessa, era totalmente fuori strada.

Come aveva potuto minimamente pensare di affidargli quel compito? Castiel avrebbe sacrificato la propria vita senza battere ciglio piuttosto che ucciderlo. Era riuscito a salvarlo dalla perdizione una volta, niente gli avrebbe impedito di rifarlo.

Allungò una mano per afferrare il braccio di Dean ma questi si ritrasse prima che le dita riuscissero a sfiorarlo. Castiel aggrottò la fronte, spiazzato, mente Sam osservava la scena in silenzio dietro di loro, altrettanto confuso. Attese qualche secondo dopodiché riprovò ad afferrarlo, fallendo. Il cacciatore si allontanò ancora più da lui sbattendo contro il battente della porta.

“Dean…” lo ammonì Castiel, non voleva essere costretto ad usare la sua forza angelica per portarlo di peso via di lì, non gli piaceva farlo.

Voleva vedere il viso dell’amico, scrutare ogni millimetro di quei lineamenti marcati e allo stesso tempo delicati, incrociare il suo sguardo per potergli leggere dentro e trasmettergli un po’ di conforto. Ma Dean si ostinava a proiettare il capo verso il basso, rendendo quel desiderio irrealizzabile.

Proprio mentre Castiel stava per tentare di riafferrarlo, l’altro si riscosse inaspettatamente e uscì dalla casa a grandi passi, raggiunse l’auto e si accomodò sul sedile del guidatore pronto a partire.
Claire, appollaiata su quello posteriore gli lanciò uno sguardo piuttosto eloquente che sembrava dire: “Sei impazzito? Non vorrai guidare in queste condizioni, pezzo di scemo.”

“Cercherò di fare più in fretta che posso, Cas” gli assicurò Sam, sfregandosi la base del collo con aria preoccupata, “tienilo d’occhio.”

“Non preoccuparti. Dean è al sicuro con me.” disse Castiel, sorridendo debolmente. Poi andò via.

Sam vide il fratello e l’angelo discutere su chi avrebbe dovuto guidare l’Impala e alla fine, chissà come, Castiel riuscì a spuntarla.
 

***

 
Viaggiarono tutta la notte, raggiungendo il bunker qualche istante prima dell’alba. Claire dormiva rannicchiata su se stessa, il respiro lento e i lineamenti del viso contratti, tipici di chi stava facendo un sonno tempestato da incubi. Dean invece, non si era riposato affatto, affrontando il viaggio in religioso silenzio e con i pensieri persi chissà dove. Castiel aveva fatto numerosi tentativi per instaurare un dialogo, senza successo. I Winchester sapevano essere estremamente testardi.

Non era stanco, a dispetto dei chilometri che avevano percorso, ma fu piacevolmente sollevato quando si ritrovò davanti all’entrata blindata del loro rifugio.

“Claire, svegliati. Siamo arrivati.” Chiamò dolcemente, ricevendo come risposta un brontolio incomprensibile.

“Forza, Claire. Devi svegliarti.”

“Stai zitto” borbottò la ragazza, “lo sai che hai una voce irritante?” continuò, mettendosi a sedere, cercando di districare la biondissima matassa di capelli arruffati e reprimendo a stento uno sbadiglio. Dean sbuffò e iniziò a tamburellare impaziente le dita contro il finestrino.

Non era dell’umore per sorbirsi la lingua tagliente di una ragazzina arrabbiata, perciò fu ben lieto di sgattaiolare lontano da lei una volta che Castiel fermò la macchina. L’angelo lo chiamò ma lui ignorò il comando, non aveva intenzione di stare nemmeno vicino a lui.

All’interno il bunker degli Uomini di Lettere era immerso nella penombra e ogni passo risuonava come un rintocco, riempiendo la quiete assordante. Dean si avviò camminando deciso verso uno dei corridoi che portava all’archivio, in cui era allestita la cella dove qualche mese pima avevano tenuto prigioniero Crowley per estorcergli informazioni utili.

Ora era arrivato il suo turno, pensò con amarezza, si sarebbe incatenato alla sedia con le sue stesse mani e avrebbe atteso che Castiel lo finisse nel modo più rapido e indolore possibile. Era necessario legarsi se non voleva rischiare di far del male all’angelo, l’istinto del demone avrebbe preso il sopravvento come forma di autodifesa e se le catene non fossero state ben strette sarebbe riuscito a liberarsi mandando a puttane il piano. Sam si sarebbe incazzato come un pazzo con lui per non avergli detto addio.

Stava armeggiando con un paio di robuste manette d’acciaio quando qualcuno gliele sfilò dalla presa, scagliandole dal lato opposto della stanza.

“Cosa hai intenzione di fare?” tuonò la voce di Castiel. L’ultima volta che Dean l’aveva visto così arrabbiato l’aveva gonfiato di botte. Il cacciatore non batté ciglio, se voleva picchiarlo non si sarebbe tirato indietro.

“E’ abbastanza ovvio, Cas. Mi sto imprigionando.” disse mentre tornava a recuperare le manette. Percepiva lo sguardo dell’angelo su di sé, lo sentiva forte e chiaro. Avrebbe tanto voluto ricambiarlo, sfoderare uno delle sue più trionfali occhiate da spaccone, ma quello era un lusso che uno scarto dell’umanità come lui non era degno di possedere. Inoltre, il tormento nel dover evitare quel contatto gli sembrava l’inizio di una giusta punizione.

“Perché?” chiese Castiel semplicemente.

“Come se non lo sapessi.”

L’angelo sospirò affranto e per un lungo minuto non disse niente. Dean invece continuò a tirar fuori metri e metri di spesse catene d’acciaio con ogni sorta di simbolo inciso sopra.

“Renditi utile invece di startene fermo senza far niente” imbeccò Dean rivolto all’amico, “aiutami a fissare queste ai braccioli della sedia” disse facendo tintinnare le file di anelli.

“No” fu la risposta secca di Castiel. Il cacciatore si accigliò.

“Che vuol dire no? Cas, datti una mossa, prima finiamo questa cosa meglio sarà per tutti.”

“Ho detto di no” ripeté l’angelo scandendo ogni parola. Dean perse la pazienza, e in uno scatto d’ira lasciò cadere con violenza le catene per terra.

“Dannazione, Cas!” ringhiò perdendo il controllo, “avevamo un accordo, perciò adesso muovi il culo piumato, mi leghi a quella maledetta sedia e mi uccidi. Per piacere, non rendermi tutto più difficile” durante l’intera sfuriata aveva guardato con intensità un punto indefinito del muro e lottato contro l’irresistibile voglia di scaraventarci l’angelo contro. Quasi a voler dimostrare che anche volendo, non ci sarebbe riuscito, Castiel si mosse più rapidamente di quanto i riflessi di Dean fossero in grado rilevare e gli afferrò il mento fra le dita in una morsa ermetica.

“Guardami.” voleva essere un ordine ma suonava tremendamente come una supplica. Dean strattonò la mascella sollevando il viso in su, non dandogliela vinta. Gli fece un male cane ma il dolore scomparve in fretta. Di nuovo, Castiel si lasciò sfuggire un sospiro affranto, prima di parlare.

“Non posso farlo.”

“Lasciami andare!”

Avevano comunicato all’unisono ed entrambi si presero un momento per elaborare l’uno l’affermazione dell’altro. Castiel trovò estremamente curioso come le due singole frasi si combinassero alla perfezione. 

“Ascoltami…” ricominciò il cacciatore, precedendolo.

“No, ascoltami tu, Dean. Non posso lasciartelo fare, non voglio. Non ci riesco. Ti ho fatto una promessa, è vero, ma non ho mai avuto intenzione di rispettarla. Mi dispiace, sono un pessimo amico.” allentò la presa sul mento e lasciò ricadere il braccio lungo il corpo.

“Vuol dire che affiderò il compito a qualcun altro” replicò Dean, fingendo di non aver sentito la parte in cui Castiel era convinto di non essere un buon amico solo perché si rifiutava di ammazzarlo.

“A chi? Crowley?” l'irritazione nell'espressione di Castiel era tangibile.

“Si, se necessario. Andiamo Cas, c’eri anche tu in quella casa, hai visto cosa ho fatto. Non c’è via d’uscita. Ho sfogliato ogni schifoso libro presente in questo edifico e nessuno descriveva come liberarsi dal Marchio.”

“Possiamo ancora cercare.”

“Mi piacerebbe ma è già scattata la mezzanotte, amico. E’ finito il tempo che avevamo a disposizione.” la voce gli si affievolì sull'ultima parte, fino a diventare un mormorio impercettibile che non sfuggì all’udito sensibile di Castiel.

Anche se non si stavano né toccando né guardando, Dean avvertì ogni singolo muscolo dell’altro irrigidirsi e poi, quasi con uno scatto la mano dell’angelo raggiunse la sua, intrecciandovi le dita, stringendola. Aggrappandosi ad essa. A rigor di logica, quel tocco non eccessivamente invadente ma pur sempre intimo, avrebbe dovuto metterlo a disagio, invece non accadde.

Al contrario, Dean si ritrovò a ricambiare la stretta e ad accarezzare il dorso della mano di Castiel con il pollice, nella speranza di tranquillizzarlo. Cosa stava facendo passare al suo angelo? Era stato un bastardo egoista, lo era sempre stato nei suoi confronti, anteponendo i propri bisogni a quelli dell’altro. Non si era mai soffermato a riflettere sull’eventualità che le sue azioni e le decisioni prese, avrebbero potuto far soffrire Castiel. Con gli anni aveva instaurato un profondo legame con quello strano angelo ma l’abitudine di sottovalutare i suoi sentimenti e la sua volontà aveva sempre prevalso, l’aveva considerato come qualcuno di cui potersi fidare ciecamente e a cui rivolgersi in caso d’aiuto. Cristo, era davvero un gran coglione. Non gli aveva mai veramente dato la possibilità di rifiutarsi né tantomeno Castiel aveva opposto resistenza. Eccetto adesso. La domanda era, perché?

“Ho bisogno che tu mi conceda dell’altro tempo, solo un poco” lo implorò Castiel, mentre allungava l’altra mano, quella che non era serrata nella sua, per poggiargliela sulla fronte e guarirgli la ferita secca. Un angelo che pregava un demone, a che punto erano arrivati.

Una volta che il taglio fu rimarginato, Castiel anziché scostarla la fece scivolare le dita lungo la sua tempia fin sulla guancia ruvida. Dean abbandonò il viso contro il palmo, chiudendo gli occhi e ricacciando indietro le lacrime.

“E se non troverai quello che cerchi?” sussurrò contro il viso di Castiel.

“Allora terrò fede alla mia promessa.”





 
   
 
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