Ciao a tutti! Lo so, fa
strano anche a me. È passato più di un anno da quando ho pubblicato il
primo capitolo per tirare su il morale ad un’amica. Tuttavia, dopo l’inizio incoraggiante,
la mia vena creativa ha subito un calo (come si può ben vedere dai
Luuuunghi tempi con cui aggiorno) ed è stata questa storia a subire le
conseguenze peggiori. Ammetto che più di una volta sono stata tentata
di cancellare la storia e dedicarmi completamente all’altra mia ff, ma
non ce l’ho fatta. Quindi, anche grazie al film di cenerentola che ha
rinvigorito la mia anima disneyana, sono riuscita a trovare il coraggio
di aggiornare. (E poi, in realtà, le cose lasciate in sospeso proprio
non le sopporto XD)
Buona lettura!
Capitolo
1
Orihime
procedeva con passi svelti, rallentata
tuttavia dal grosso cesto di mele appeso al braccio. La giornata non
era
iniziata nel migliore dei modi: le sorellastre avevano mostrato scarsa
tolleranza per il ritardo con cui aveva servito la colazione ed avevano
anche
dimostrato di non aver gradito. Si massaggiò il bernoccolo sulla
tempia, dove
Loly l’aveva colpita con una tazza: l’unico colpo andato a segno,
grazie al
cielo. Pesche e Dondochakka non erano stati altrettanto fortunati. Si era rifugiata nel frutteto, al
confine della tenuta, ed aveva raccolto
qualche mela, nell’attesa che la collera delle sorelle adottive
sbollisse. Il
lord suo padre si sarebbe certamente adirato, se avesse scoperto che
non aveva
ancora svolto la maggior parte delle sue faccende. Sospirò sconsolata.
Una figura
ammantata a cavallo attirò la sua attenzione.
Sembrava andare di fretta, da come spronava il povero animale. Man mano
che si
avvicinava, la sua attenzione si spostò sul destriero. Trasalì, prima
di essere
pervasa da un disappunto che mutò presto in rabbia. Afferrò una mela , prese con cura la mira e la scagliò
contro il cavaliere. Sorrise soddisfatta, vedendo il pomo centrare la
testa
dell’uomo e disarcionarlo. Corse subito verso di lui.
«Ladro!»
strillò, tirandogli addosso un’altra
mela. «Quello è il cavallo di mia madre! Come ti permetti di rubarlo?»
«Posso
spiegare!» gridò l’uomo incappucciato,
mentre tentava di ripararsi dai colpi, con scarso successo, poiché un
frutto lo
colpì con precisione millimetrica sul naso.
«Smettila!»
Il proiettile
successivo gli portò via il
cappuccio, rivelando la zazzera arancione.
Orihime
congelò sul posto, lasciando cadere la
mela che aveva in mano. In tutto il regno esisteva un’unica persona con
capelli
di quel colore.
«Perdonatemi,
altezza!» strillò, crollando in
ginocchio e poggiando la fronte a terra. «Non vi avevo riconosciuto!»
«L’ho
notato.» commentò Ichigo, massaggiandosi
il naso dolorante. «Hai una mira spaventosa!»
«Sono
desolata, so di meritare la morte…» pigolò
la fanciulla, senza azzardarsi ad alzare il volto.
«Eh?» fece
lui, rimontando a cavallo. «Ah, ehm…
io ti perdono.» disse, cercando di
assumere un atteggiamento solenne.
«Vi ringrazio
per la vostra misericordia.»
mormorò Orihime, rivolta a una pezzetto di terra a un centimetro dal
naso. «
Abbiamo cavalli più giovani, se lo desiderate.» aggiunse.
«No, questo
va bene. Me ne serviva solo uno
fresco e bardato.» affermò lui, mentre frugava tra le pieghe del
mantello. Ne
tirò fuori un sacchetto e lo gettò davanti alla ragazza.
«Tieni. Per
il cavallo, e per il tuo silenzio. Tu
non mi hai visto, chiaro?» disse serio.
«Signorsì!»
Il principe
abbozzò un sorriso.
«Bene.»
Spronò il
destriero e partì di gran carriera.
Dopo qualche
minuto, Orihime si decise ad alzare
la fronte da terra.
Era successo
davvero, o era una delle sue solite
fantasie divenuta troppo realistica? O forse, aveva fantasticato
talmente tanto
da rimanere intrappolata in una dimensione tra sogno e realtà? Il
sacchetto
gonfio era ancora lì, lo raccolse con dita tremanti.
Ho colpito
in testa il principe con una mela – pensò
scandalizzata. E ho ancora la testa sulle spalle-
rifletté abbandonandosi ad una
risatina.
Che strana
giornata. Si chiese cos’altro le
sarebbe capitato. Una folata d’aria calda e umida le arruffò i capelli
sulla
schiena, seguita da un basso ringhio.
Forse doveva
smettere di farsi certe domande.
Ichigo spronò
ancora il cavallo, ottenendo un
nitrito di protesta. Doveva sbrigarsi e mettere quanta più distanza
possibile
tra lui, le guardie e quel mentecatto di suo padre. Come gli era venuta
in
mente un’idea simile? Sposarsi? No. Non era pronto per un passo del
genere, e
forse non lo sarebbe mai stato. Il vecchio avrebbe dovuto farsene una
ragione,
pena la perdita del suo unico figlio maschio. Un grido interruppe la
sfilza di
pensieri. Proveniva dalla direzione opposta.
Quella
ragazza.
Senza
pensarci due volte, voltò la cavalcatura e
affondò i talloni nei fianchi del destriero. La fanciulla che lo aveva
aggredito sbucò fuori da una macchia di cespugli, seguita da un grosso
Hollow
sbavante. Il principe incitò ancora il cavallo, mentre sguainava Tensa
Zangetsu. La ragazza inciampò su una pietra e cadde a terra.
Merda.
Ichigo si
mise in piedi sulla sella e saltò,
nello stesso istante in cui la bestia si avventava sulla fanciulla
indifesa.
Conficcò la lama nella schiena del mostro, che lanciò un urlo
terrificante.
Caddero entrambi a terra, l’Hollow si agitò per qualche secondo, poi
smise di muoversi.
«Sei ferita?»
disse immediatamente il ragazzo,
mentre si rialzava.
Orihime si
girò piano. Sbiancò, alla vista del cadavere
del mostro, così vicino a dov’era inciampata.
«No, sto
bene.» riuscì flebilmente a rispondere.
«Meno male.»
commentò il principe, con un lieve
sorriso, prima di porgerle la mano. «Sarà meglio che ti riaccompagni a
casa:
potrebbero essercene degli altri nei paraggi.» affermò serio.
Orihime annuì
e si affrettò a recuperare le mele
cadute fuori dal cestino. Mentre raccoglieva i frutti, ne approfittò
per
guardarlo. Se ne stava con la spada poggiata sulla spalla, a scrutare
concentrato il bosco, in cerca di eventuali pericoli. Era un po’ buffo
con
quell’espressione imbronciata, le sopracciglia aggrottate che quasi si
toccavano.
E bello da
togliere il fiato.
Nascose il
viso tra i capelli per celare il
rossore sulle guance. Allungò tremante la mano per afferrare quella del
principe, ancora tesa verso di lei.
Gli occhi
castani del ragazzo tornarono a
posarsi su di lei.
Un secondo
Hollow saltò fuori dai cespugli e
caricò verso di loro, lanciando un ruggito che le fece venire la pelle
d’oca.
«Merda, lo
sapevo!» esclamò il principe. «Dietro
di me, presto!» ordinò.
Orihime
obbedì e si spostò alle spalle del
ragazzo, mentre questo si metteva in guardia. La mostruosa creatura non
era
arrivata nemmeno a metà della corsa, quando una freccia si piantò nel
suo
cranio. L’hollow si accasciò a terra privo di vita.
«Ma chi…»
disse perplessa Orihime.
«Vostra
altezza!»
Oh, no - pensò
Ichigo, girandosi
nella direzione del colpo con sguardo allarmato.
Un gruppetto
di uomini a cavallo sbucò dalla
boscaglia. Inoue riconobbe immediatamente l’uniforme bianca e nera che
rappresentava il gruppo di guerrieri d’elite che proteggeva il sovrano
e i suoi
cari.
La guardia
reale
Il ragazzo
alla guida del gruppo fermò il suo
immenso cavallo da guerra e smontò. A differenza degli altri, non aveva
l’uniforme, ma era vestito con abiti molto eleganti, che mettevano in
risalto
il suo lignaggio. In mano stringeva un arco di legno bianco.
«Ishida?»
esclamò stupito il ragazzo dai capelli
arancioni.
Il giovane
lanciò una breve occhiata soddisfatta
all’Hollow ucciso, prima di rivolgersi al principe.
«Come al
solito, tocca a me tirarti fuori dai
guai.» affermò, mentre si sistemava gli occhiali.
«Me la stavo
cavando benissimo anche senza di
te!» sbottò Ichigo.
Un secondo
uomo a cavallo si avvicinò. Inoue
riconobbe immediatamente il vicecomandante della guardia reale, Renji
Abarai.
«Vostra
altezza, suo padre ci ha ordinato di
ricondurla al castello.»
«Non voglio
tornare al castello!» ribatté il
principe.
«Suo padre
vuole parlarle.» insistette Renji.
«Io non ho
niente da dirgli!» fu la replica
ostinata del principe.
Ah, ora
voleva parlare?
« Forza,
vieni con noi e non fare storie.» disse
Uryu, che iniziava a perdere la pazienza.
«Credevo che
almeno tu fossi dalla mia parte!» disse
Ichigo, esasperato.
Non andavano
d’accordissimo, ma Ishida era suo
cugino, ed era una delle poche persone, insieme allo zio e talvolta al
consigliere Hirako, con un minimo di buonsenso in quel covo di pazzi
che
chiamava casa.
«Lo sono.
Credo che tu abbia i tuoi buoni motivi
per voler scappare. Tuttavia, tuo padre, il re,
ha dato l’ordine di riportarti a casa, a qualunque costo. E ti è andata
bene
che il consigliere e mio padre lo abbiano convinto a mandare me insieme alla guardia reale.»
Notò che il
cugino lo guardava con aria scettica.
« Tuo padre
voleva mandare il capitano Zaraki!»
aggiunse.
Ichigo impallidì. Zaraki Kenpachi, il rissoso
capitano della guardia cittadina, il gruppo di guerrafondai che si
occupava di
far rispettare la legge nel regno.
«Io almeno,
sto provando a farti ragionare. »
Aveva
ragione: il capitano Kenpachi lo avrebbe
preso e portato da suo padre, anziché provare a ragionare con lui. Ed
era anche
probabile, conoscendo la natura bellicosa di Kenpachi, che al castello
non ci sarebbe
arrivato illeso.
Uryu lo
guardò con quella che ad Ichigo sembrò
compassione.
«Torna al
castello. Parla con tuo padre. Se
scappi peggiorerai solo le cose.»
Già. Suo
padre non si sarebbe lasciato scoraggiare
da quel tentativo di fuga. Conoscendolo, gli avrebbe sguinzagliato
dietro non
solo il capitano Zaraki, ma anche l’intero corpo di guardia, pur di
riportarlo
indietro e realizzare il suo folle piano di vederlo impalmato.
Ma che
aveva fatto di male per meritarsi un simile genitore? – pensò
sospirando.
Tuttavia, lui
era l’erede al trono. Un giorno
sarebbe toccato a lui governare e prendersi cura del suo popolo. Non
poteva
permettere ai suoi problemi famigliari di ostacolare i suoi doveri di
futuro
sovrano. Non poteva fuggire quando aveva un regno da proteggere.
«Va
bene,
verrò» cedette. «Ma prima devo
riaccompagnare a casa questa ragazza.» affermò, indicando Orihime.
La fanciulla
chiamata in causa scattò sull’attenti,
come se il terreno sotto i suoi piedi avesse preso fuoco.
«Non vi
preoccupate, posso tornare da sola: non
abito lontano.» disse, mentre si chinava frettolosamente a raccogliere
il cesto
di mele, per non rivelare il volto scarlatto.
« Sei
sicura?» fece perplesso il principe.
Ma lei era
già partita di gran carriera,
sparendo nel bosco.
«Bene.»
commentò Renji. «Ora possiamo tornare al palazzo.»
***
Orihime
corse, finché non arrivò al castello;
corse finché le gambe non le cedettero e non ebbe più fiato. Con un
ultimo
sforzo, si rialzò ed entrò nella cucina. Si lasciò scivolare a terra,
poggiandosi contro la porta chiusa. I ricordi di quanto avvenuto quella
mattina
continuavano a ripetersi nella sua mente, ogni volta più vividi, come
se stesse
rivivendo ogni volta quanto era accaduto.
Aveva
incontrato il principe. Era stata quasi
divorata da un Hollow. Il principe l’aveva salvata. Ed aveva ancora
tutti i
lavori di casa da sbrigare. Ed era mezzogiorno. E il principe… era così
bello…
Orihime
svenne.
«Oi! Oi!
Svegliati!»
Qualcuno
iniziò a scuoterla.
«Non così
forte!» strillò una seconda voce più
acuta.
«Sta male?»
domandò una terza voce, colma
d’apprensione.
«Orihime?» la
chiamò qualcuno con tono gentile.
«N-nel?»
rispose Inoue, mentre rinveniva.
La fanciulla
dai capelli verdi sorrise
sollevata. «Stai bene, Orihime?»
«S-si, avevo
solo bisogno di sedermi un attimo.»
la tranquillizzò la ragazza.
«Davanti alla
porta chiusa? Sul pavimento?»
disse Nel, inarcando un sopracciglio.
«Come state
voi, piuttosto?» esclamò Orihime,
non badando alla domanda dell’amica. Pesche e Dondochakka erano
piuttosto
malconci, e la loro vista la fece sentire tremendamente in colpa.
«Tranquilla!
Va tutto bene! Stiamo benissimo!»
si affrettò a tranquillizzarla Pesche, che aveva notato l’espressione
affranta
dell’amica.
«E’ ordinaria
amministrazione questa, non lo
sai?» disse Dondochakka.
I due
cominciarono ad esibirsi in uno dei loro
balletti strampalati che riuscivano quasi sempre a rallegrare la
ragazza nei
momenti più tristi.
«Pesche e
Dondochakka mi hanno raccontato cos’è
successo stamattina.» disse Nel, mentre la aiutava ad alzarsi. «Dove
sei
scappata?»
«Nel frutteto
vicino al bosco…» rispose Orihime.
«Oh, Nel! E’ successa una cosa incredibile!» esclamò, afferrando le
mani
dell’amica. «Ho…»
La porta
della cucina si spalancò con violenza.
«Eccola,
finalmente!»
Due
ragazze apparvero sulla soglia.
Orihime
deglutì, ma mantenne i nervi saldi.
Pesche
e Dondochakka iniziarono a tremare e si nascosero
dietro Nel.
«Orihime»
esordì la ragazza con i capelli scuri. «Pensavi
davvero che la fuga di stamattina ti avrebbe salvata?»
«Fossi
stata in te, non avrei più fatto vedere la tua brutta
faccia!» aggiunse la ragazza bionda.
«L-loly,
Menoly, mi dispiace…» disse Orihime, abbassando lo
sguardo.
«Preparati
ad essere punita!» tuonò Loly.
«Voi
tre, andatevene!» disse Menoly, guardando minacciosa
Nel, Pesche e Dondochakka. I tre obbedirono. Prima di abbandonare la
cucina,
scambiarono un ultimo sguardo colmo di apprensione con l’amica.
«Bene.»
disse Loly mentre un ghigno sadico le deformava il
volto.
Orihime
iniziò a tremare. Era in trappola.
«Mie
signore»
Le
due ragazze sobbalzarono e si voltarono.
Un
ragazzo pallido era entrato nella cucina senza il minimo
rumore.
«Ulquiorra.»
disse Loly, digrignando i denti.
«Il
lord vostro padre desidera vedere la ragazza.» gli occhi
verdi del ragazzo si posarono su Orihime. «Adesso.»
«Ma…»
protestò Loly.
«Ho
detto adesso.» ripetè Ulquiorra. Le ragazze esitarono. Malgrado
fosse un servitore, Loly e Menoly sapevano che
la sua autorità era superiore alla loro; poiché Ulquiorra agiva
per
ordine diretto del loro padre e disobbedirgli equivaleva non seguire
gli ordini
del genitore, che, come avevano imparato, portava sempre a spiacevoli
conseguenze.
Loly
e Menoly si spostarono per far passare Orihime.
«Buona
fortuna.» sussurrò sarcastica Loly, poco prima che
Orihime uscisse.
La
ragazza seguì in silenzio Ulquiorra lungo le scale che
portavano alla stanze del signore di Las Noches. Il ragazzo non le
disse nulla
sul perché il suo patrigno l’avesse convocata, ma, in realtà, non era
che
Ulquiorra parlasse granché.
Il
ragazzo aprì la porta della camera da letto del patrigno
e le fece cenno di entrare. Lei obbedì. Ulquiorra la seguì e si chiuse
la porta
alle spalle.
La
stanza era buia. L’unica fonte di luce era un raggio di
sole proveniente da uno spiraglio tra le due tende di broccato, che
illuminava
l’uomo al centro della camera.
«Buongirno,
Orihime. O forse dovrei dire buon pomeriggio?»
esordì il suo patrigno, non appena mise piede nella stanza.
La
fanciulla chinò il capo.
«Buon
pomeriggio, lord Aizen.»
«Ho
saputo che hai fatto una gita nel bosco, stamattina.»affermò
il suo patrigno, con lo stesso tono pacato con cui l’aveva accolta.
«Invece di
fare il giro delle stanze.»
«No,
lord Aizen»
«Né
hai sbrigato le tue altre faccende.»
«No,
mio signore.»
«Eppure,
queste sono state comunque svolte dal resto della
servitù. Nel, Pesche e Dondochakka hanno svolto tutte le tue mansioni
in modo
impeccabile.»
Orihime
sgranò gli occhi. L’espressione sul suo viso sembrò
divertire lord Aizen.
«Quindi
non sono arrabbiato con te.» affermò quest’ultimo,
con un lieve sorriso. Si accomodò sulla poltrona vicino al tavolino da
tè.
Orihime indugiò sul posto. Non era stata congedata, ma il lord non dava
segno
di voler continuare la conversazione. Dopo un silenzio che le sembrò
interminabile, il suo patrigno parlò.
«
Orihime,vorrei che tu sbattessi il tappeto dell’ingresso,
lavassi le finestre al piano di sopra e pulissi la tappezzeria e le
tende.»
ordinò posando di nuovo lo sguardo su di lei.
Orihime
si sentì gelare, sentendo la lista precisa dei
lavori che aveva saltato a causa della sua fuga.
«
Ma, se lo hanno fatto già gli altri...» tentò di
replicare.
«Fallo
di nuovo.»
Orihime
ammutolì.
«Poi
rastrellerai il giardino, laverai il terrazzo,
spazzerai le stanze e le scale; pulirai i camini e ti occuperai del
bucato.»
«Si,
lord Aizen.» disse la ragazza con un filo di voce.
Aizen
sorrise.
«So
che posso sembrarti severo, ma è per impartirti una
lezione su quanto sia stato sbagliato ed egoista il tuo comportamento
di oggi.
Delegare il tuo lavoro ad altri, per sparire,vagare chissà dove, senza
dire
nulla alla tua famiglia. Ti sembra un comportamento appropriato?»
Orihime
arrossì ed abbassò il capo.
«No,
lord Aizen»
Il
lord fece un cenno di approvazione.
«Bene,
ora vai. Passa anche dalle mie figlie: avranno sicuramente
dei lavori per te.»
«Si,
lord Aizen»
«
E, Orihime, se sorprendo di nuovo uno di quei tre ad
aiutarti, potrei arrabbiarmi sul
serio, mi sono spiegato?»
«Si…
Lord Aizen.»
Orihime
oltrepassò Ulquiorra ed uscì dalla stanza. Decise di
iniziare con il rimettere a posto le mele che aveva lasciato in cucina.
Appena
entrata, si guardò intorno perplessa.
Dov’era
il cesto?
«Pesche!
Dondochakka!» provò a chiamare.
«Non
posso fermarmi!» strillò Dondochakka, entrando
trafelato. «Devo preparare un sacco di cose e non ho tempo!»
«Hai
visto il cesto di mele con cui sono rientrata?» domandò
la ragazza, mentre sentiva
l’agitazione crescere dentro di lei.
Il
ragazzone si fermò un secondo a riflettere.
«
Mhhh…. Non mi pare. Forse lo hanno preso le tue
sorellastre: sono state le ultime ad uscire.»
Oh,
no. Lo avevano preso. Avevano preso il cesto e il
sacchetto che le aveva dato il principe.
Le
venne da piangere.
Quella non era decisamente la sua giornata.
Note
Spero che vi sia
piaciuto, anche se so che nessun capitolo vale un anno di attesa XD. Se
vi va, fatemi sapere che ne pensate ;)
Bene, ci vediamo nel 2016! (sto scherzando, ovviamente!) *Fugge inseguita da una folla inferocita*