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Autore: Zola_Vi    18/04/2015    2 recensioni
“So perché hai paura di parlarmi. O guardarmi. O toccarmi.”
Aggrottò le sopracciglia, forse infastidita. 
“Il tuo cuore sa benissimo che torneresti da me, se solo tu lo facessi.” 
“Io ascolto la mia testa, Harry. Il mio cuore non c’é più, ormai.” 
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“Ti detesto.” 
Lui rise. 
“Davvero, Harry.” 
I suoi occhi brillavano di una luce strana, che ultimamente non aveva visto. 
Mi soffermai ad osservarli. 
Era da tempo che non lo facevo, che non lo guardavo attentamente. 
“Ti sei incantata?” 
Scrollai la testa, alzandogli ben in vista il mio dito medio sulla faccia, con un sorrisetto beffardo disegnato sul viso. 
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Corrugò la fronte e con passi impercettibili cercò di tornare indietro verso la porta, poiché io mi mossi verso di lei, intrepidamente e senza ripensamenti. 
Toccò la maniglia, ma non riuscì a girarla: avevo chiuso a chiave. 
Spalle contro il muro, alzò lo sguardo per guardarmi negli occhi. 
Il suo flebile respiro, adesso scostante, arrivò al mio petto. 
Mi avvicinai al suo orecchio, abbassandomi di qualche centimetro. 
“Devi fare solo ciò che ti dirò.” 
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Voleva la guerra? 
“E guerra sia.” pensai. 
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 7

 

“Arya arriva domani.” 

Annuii, fingendo un sorrisetto felice. 

Poi mi alzai dalla mia sedia per mettere nella lavastoviglie i piatti. 

Sospirai, cercando di non farmi vedere. 

Forse fu egoistico come pensiero, ma desiderai che la rossa avesse qualche contrattempo lungo la strada per Holmes Chapel: vederla non era di certo tra la mia top 10 dei desideri. 

Non ero arrabbiata con lei, semplicemente… non ero pronta. 

Una cosa era vedere tutti i giorni Harry, un’altra era fingere di essere felice per lui ed Arya. 

Era tutto ciò che avevo desiderato i mesi precedenti, ma non addirittura in questo modo. Fino a questo punto. Con un bambino nel grembo della ragazza. 

Era il finale della favola che avevo idealizzato per diciotto anni per me. 

E anche se adesso non volevo più le stesse cose, vedere i miei sogni infranti in così poco tempo e senza preavviso… mi fece quasi male. 

Quasi. Perché siamo d’accordo che per poter soffrire si deve provare almeno qualche sentimento. 

Scrutai il volto di Harry, assorto nei propri pensieri, con la fronte corrugata. 

Non era facile per nessuno questa situazione.

Forse dovevo lasciare perdere sul serio la sfida che mi aveva fatto Louis con Zayn e andarmene. 

D’altronde, cos’altro potevo perdere?

“Aspetta, ti aiuto io.” 

La mano di Liam si posò sulla mia, gelida perché a contatto con l’acqua fredda del rubinetto. 

Spaventata poiché presa alla sprovvista, lasciai cadere il piatto per terra. 

Sbarrai gli occhi, tornando dal mondo dei miei pensieri. 

Lui mi fissò, con sguardo preoccupato e comprensivo. 

Come tutti gli altri. 

Harry, in particolare, aveva incupito maggiormente il volto. 

“Scusate.” 

Cercai di rimediare al casino combinato, prendendo frettolosamente la scopa accanto alla porta della cucina e mettendomi a scopare i pezzi rotti. 

“Lascia stare, Ploon. Faccio io.” sorrise il ragazzo castano. 

“Ok.” contraccambiai, debolmente. 

Tremavo. 

Mi guardai le braccia: la pelle d’oca regnava sulla mia pelle. 

Accigliai lo sguardo.

Dovevo smetterla di apparire così… problematica. 

Uscii dalla stanza con la preoccupazione di aver fatto notare anche agli altri che l’argomento “Arya” provocava in me evidenti disturbi. 

Sbattei la porta di casa e corsi verso il bosco. 

Verso un posto silenzioso e tranquillo, dove nessuno mi avrebbe trovata. 

 

*Flashback* 

 

“Non mi credi quando ti dico che potrei scovarti nei posti più improponibili?” 

“No.” sghignazzai, facendogli la linguaccia. 

Mi piaceva farlo innervosire. Lo avevo sempre trovato divertente. 

“Per esempio…” cominciai. 

“Se giocassimo a ‘nascondino’ in una foresta, dove mi troveresti?” 

“Questa é semplice.” sorrise. 

“Sopra un albero.” mi fece un occhiolino. 

Lo guardai per alcuni secondi, silenziosamente. 

“Ok. Giusto.” 

Odiavo quando mi dimostrava il contrario di ciò che pensavo con convinzione. 

“E comunque ho un trucco infallibile per non perderti di vista.” 

“Sarebbe?” 

“Semplice, ti tengo sempre per mano.” disse prendendomela e sorridendo dolcemente. 

 

*Fine Flashback* 

 

Canticchiavo. 

Una canzone semplice e malinconica. 

Ma almeno avevo ricominciato. 

Avevo sempre amato farlo. Ma avevo smesso, da un po’ di mesi. 

La musica era sempre stata una parte fondamentale della mia vita. Era tutto ciò che avevo sempre avuto e sempre mi era rimasto, nonostante tutto e nonostante tutti se ne fossero andati. 

“Home.” di Gabrielle Aplin.

 

“I'm a phoenix in the water

A fish that's learn to fly

And I've always been a daughter

But feathers are meant for the sky

So I'm wishing, wishing further

For the excitement to arrive

It's just I'd rather be causing the chaos

Than laying at the sharp end of this knife

 

With every small disaster

I'll let the waters still

Take me away to some place real

'Cause they say home is where your heart is set in stone

Is where you go when you're alone

Is where you go to rest your bones

It's not just where you lay your head

It's not just where you make your bed

As long as we're together, does it matter where we go?

Home

Home

 

So when I'm ready to be bolder, 

And my cuts have healed with time

Comfort will rest on my shoulder

And I'll bury my future behind

I'll always keep you with me

You'll be always on my mind

But there's a shining in the shadows

I'll never know unless I try

 

With every small disaster

I'll let the waters still

Take me away to some place real

'Cause they say home is where your heart is set in stone

Is where you go when you're alone

Is where you go to rest your bones

It's not just where you lay your head

It's not just where you make your bed

As long as we're together, does it matter where we go?

Home

 

'Cause they say home is where your heart is set in stone

Is where you go when you're alone

Is where you go to rest your bones

It's not just where you lay your head

It's not just where you make your bed

As long as we're together, does it matter where we go?

Home.”

 

Narra: Harry. 

 

Riconobbi la sua voce. 

L’ascoltai, attentamente. 

Era rimasta dolce. 

Un piccolo sussurro all’interno del mio cuore. 

La cercai sugli alberi, sopra il mio capo, ma non la trovai. 

Decisi di seguire quella musica. 

Volevo e dovevo trovarla. 

Chiederle perché avesse reagito in quel modo, prima: cosa volesse davvero. 

O semplicemente, guardarla negli occhi e dirle che anche se adesso avevo delle nuove responsabilità lei rimaneva la mia unica priorità. 

Magari non le sarebbe importato, o magari avrebbe fatto finta di non importarsene. 

Ma io glielo avrei detto, magari per farla sentire amata e non da sola. 

Lei non lo era mai. 

C’ero io, per lei, sempre. 

Doveva solo saperlo. 

 

Il suo piccolo e fragile capo era appoggiato aggraziatamente al tronco di un’ altissima e anziana quercia. 

La nostra, d’altronde. 

I suoi splendidi occhi erano chiusi, forse impegnati ad immaginare chissà quali fantasie. 

Le sue gambe, candide e magre, erano incrociate femminilmente. 

Era bellissima. 

Diversa. 

E anche in meglio. 

In quel momento sembrava così… angelica. 

Raramente l’avevo vista, in passato, così tranquilla e posata: un po’ come tutte le altre ragazze. 

E sebbene l’amassi in tutti i modi, anche la Ploon scatenata ed euforica, osservarla così in pace mi restituì un po’ di serenità. 

 

*Flashback* 

 

“Oggi la maestra mi ha detto che se pianto un semino per terra crescerà dopo un po’ di tempo un bellissimo albero nello stesso posto.” 

Sorrisi, dopo aver riso teneramente. 

“Lo scopri solo adesso?” 

Lei mi aveva dato una pacca sulla spalla, cercando di farmi male, senza successo. 

Poi era tornata ad ammirare il piccolo seme tra le proprie mani, come se fosse la cosa più straordinaria del mondo.

“Hai bisogno anche di acqua se lo vuoi far diventare alto.”

Mi aveva guardato con occhioni enormi, curiosa ed impaziente di ascoltare ciò che avevo da dire. 

“Allora verremo qui ogni giorno e innaffieremo tutto.” 

“Lo vuoi fare sul serio?” chiesi sorpreso. 

Certo” annuì. 

Mi sorrise dolcemente e mi porse la sua mano. 

“Piantiamolo insieme.” 

Scavammo un po’ di terra e poi, con estrema delicatezza, posammo il semino. 

Alla fine, dopo aver segnato la strada con delle foglie secche, eravamo andati al fiume per prendere l’ acqua. 

L’avevamo messa nelle mie scarpe e poi, molto velocemente, eravamo tornati dal seme. 

“Pronto?” 

Annuii. 

“3…2…1…” 

E avevamo così dato da bere al nostro piccolo semino, che diventò presto, il nostro speciale punto di ritrovo. 

 

*Fine Flashback* 

 

Io, per non disturbarla, mi ero posizionato vicino alle radici della grande quercia. 

Seduto per terra, in silenzio, avevo aspettato scendesse per farmi notare. 

Non volevo disturbarla, non adesso che cantava. 

Non adesso che potevo ascoltarla senza interruzioni. 

 

Quando sentii il rumore dello scrosciare delle foglie toccate dal piede di qualcun altro, girai lo sguardo.

Vidi l’esile corpo di Ploon alzarsi in piedi, da inginocchiato com’era. 

Senz’altro era rimasta agile e veloce: aveva fatto un salto abbastanza considerevole per scendere dall’albero. 

“Ehi.” la chiamai. 

Non mi sentì. 

Continuò a camminare, dandomi le spalle. 

Così, con decisione, decisi di correre verso il suo corpo, afferrandole, alla fine, il polso. 

A quel punto si girò, di scatto. 

I suoi occhi color ghiaccio puntati su di me mi scossero per un attimo, impedendomi di parlare immediatamente. 

“N-non volevo spaventarti, scusa.” 

Si prese un attimo per riconoscermi. 

Poi guardò le nostre mani unite. 

Capii che dovevo lasciarla. 

Così feci. 

“Chi ha detto che tu l’abbia fatto?” 

Mi venne voglia di alzare gli occhi al cielo, ma mi contenni. 

“Ovviamente lei non ha paura di niente. Certo, come no.” pensai. 

“Come mai sei qui?” 

“Ti ho vista correre via, prima.” 

La sentii sospirare. 

“Non…” 

“Non ti chiederò il perché.” 

Sorrise. 

E io feci lo stesso. 

“Ti va di passeggiare?” 

“Io…” 

“Non é niente di impegnativo, Ploon. Promesso.” 

Annuì, così mi misi al suo fianco. 

 

Narra: Ploon. 

 

“Ti ha detto di Arya.” 

Corrugai la fronte. 

Adesso me ne voleva parlare? 

Aveva una gran faccia tosta. 

“Sappi che non sono d’accordo almeno quanto te.” 

Lo guardai contrariata. 

Come per volerlo insultare. 

“Io non ho niente contro tutto questo.” 

Mi fissò per molti istanti, studiandomi nel minimo dettaglio. 

Forse non mi credeva. 

“Sono seria.”

“Anche io.” 

Perché non gli andava bene questa situazione?

Nel senso, se non creava problemi ad Arya, perché lui avrebbe dovuto farsi dei film a riguardo?

“Sappiamo entrambi da chi tornerà Harry, alla fine.”

Accigliai lo sguardo, senza aggiungere nulla. 

Voltai solo il mio volto per non essere costretta più a guardare l’irlandese. 

“Da te.” 

Sghignazzai, divertita da quelle poche parole. 

“Come pensi ancora sia possibile? Avrà un figlio da lei, Niall.” 

“Ma amerà sempre te.” 

Sospirai. 

Mi aveva stufata. 

Mi alzai dal divano, con il corpo teso. 

“Devi smetterla.” 

“Di fare cosa? Dirti la verità?” 

Accigliai lo sguardo, adesso arrabbiata. 

“Anche se fosse, a me non importerebbe. Mettitelo in testa una volta per tutte.” 

Lui sbuffò, stufo. 

“Stai mentendo a te stessa e a tutti noi.” 

“No.”

“Si, e per il bene di Harry e di tutti dovresti essere chiara una volta per tutte.” 

“Io lo sono stata, sempre.” 

Mi guardò un’ultima volta, severo e con sguardo cupo. 

“Non farmi scegliere tra te e Arya, Ploon. Non rendermi tuo nemico.” 

“Perché sceglieresti lei?” 

“Si, se non ti comporti da persona matura. E non cercherò nemmeno di capirti.”

Mi deluse. 

E la mia fiducia in lui, da quel momento, scomparve del tutto. 

“Bene. Sei stato molto chiaro.” 

 

“Mi spieghi perché non mi vuoi parlare adesso?” 

Louis, scandalizzato dal mio comportamento lunatico, sbarrò gli occhi per la maggior parte del tempo nel quale la nostra conversazione ebbe luogo. 

“Che ti ho fatto?” chiese con occhi da cane bastonato. 

“Mi hai proposto questa stupida scommessa.” sbuffai.

Sorrise, forse per trattenersi dal ridere. 

Stava per vincere. 

Me ne sarei andata, molto probabilmente, entro breve. 

I miei nervi, dopo un mese circa, stavano cedendo. 

“Non voglio più combattere.” 

Il suo sguardo, adesso addolcitosi, mi fissò con apprensione per tutto il tempo in cui il silenzio regnò tra di noi. 

“Ploon, posso dirti una cosa?” 

Annuii. 

“Io non intendo vincere questa scommessa sul serio. Spero di non farlo, almeno.”

Mi voltai verso di lui, sospirando. 

In fondo pure lui era mio amico, anche se ci insultavamo a vicenda costantemente. 

Ed era colui che in un momento del genere mi stava aiutando maggiormente. 

Ridendo, scherzando, facendomi pensare ad altro. 

Zayn era tanto dolce e disponibile, ma non capiva: non volevo parlare di quello che mi era accaduto, mentre lui, al contrario, insisteva. 

Louis, invece, era semplicemente… se stesso. Ed era ciò di cui avevo bisogno. Semplicità. 

Ciao ragazzuole <3
Finalmente la febbre mi é passata *0* 
Anyway... questo capitolo é lunghissimo! Ci ho messo una vita a scriverlo e rileggerlo :') 
Spero vi piaccia tanto :3 
Io, personalmente, preferisco i capitoli lunghi! Ti fanno, secondo me, entrare maggiormente nella storia :) 
Fatemi sapere la vostra opinione così in futuro potrò regolarmi eh ;) 
Detto questo... spero che tutte quante recensirete: mi fa sempre un enorme piacere ascoltarvi e rispondervi! 
Un bacione a tutte voi, 
-Zola. 

   
 
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