Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Ortensia_    19/04/2015    6 recensioni
«Ricordi sbiaditi, luci soffuse, amori spezzati e ombre evanescenti. Il tempo si porta via tutto: anche le nostre storie.» — Dal Capitolo IV
Sono passati alcuni mesi dalla fine delle scuole superiori, e ogni membro dell'ex Generazione dei Miracoli ha ormai intrapreso una strada diversa.
Kuroko è rimasto solo, non fa altro che pensare ai chilometri di distanza fra lui e Kagami, tornato negli Stati Uniti.
Tuttavia, incontrato uno dei suoi vecchi compagni di squadra della Teiko, Kuroko comincia una crociata per poter ripristinare la vecchia Gerazione dei Miracoli, con l'aggiunta di nuovi membri, scoprendo, attraverso un lungo e tortuoso percorso, realtà diverse e impensabili.
«La Zone era uno spazio riservato solo ai giocatori più portentosi e agli amanti più sinceri del basket, era, in poche parole, la Hall of Fame dei Miracoli.» — Dal Capitolo VII
[Coppie: KagaKuro; AoKise; MuraHimu; MidoTaka; NijiAka; MomoRiko; forse se ne aggiungeranno altre nel corso della fanfiction.
Accenni: AkaKuro; KiseKuro; MiyaTaka; KiMomo; KuroMomo; KagaHimu.
Il rating potrebbe salire.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Yuri | Personaggi: Altri, Ryouta Kise, Satsuki Momoi, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hall of Fame'
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Capitolo XLII





La vita è l'uragano che strappa i fiori appena sbocciati, è la tempesta che affonda una barca appena sortita dal porto.

«Bisogna operarlo immediatamente! Ha un'emorragia interna!»
«Sta perdendo molto sangue!»
«Portate in sala operatoria l'occorrente per la trasfusione e chiamate il Dottor Kanagawa!»
«Il dottore è impegnato in un intervento cardiaco...»
«La Dottoressa Yoshida, allora!»
«Anche lei è in sala operatoria!»
«Sentite, basta che qualcuno mi assista! Mandate in sala operatoria chiunque sia libero, anche se si trova in pausa!»
«Dottor Hiroshi, io posso aiutarla!»
«Professor Masayama, non credo che–»
«Sono abilitato! E poi, suvvia, insegno medicina da venticinque anni!»
«Mhn, d'accordo. Il professor Masayama verrà con me, ma la richiesta di prima resta valida!»
«Certo! La sala operatoria sarà disponibile fra meno di due minuti!»
«Sbrigatevi, non c'è tempo da perdere!»
«Dottor Hiroshi, lasci che porti un mio stagista in sala operatoria.»
«Non se ne parla, non posso permettere un rischio simile in una situazione di emergenza.»
«Le assicuro che è davvero molto bravo e ha fatto passi da gigante in queste ultime settimane, nonostante sia solo al primo an–»
«Al primo anno?! Ma lei vuole scherzare!»
«Dottor Hiroshi, in questo momento tutti i primari e i medici sono coinvolti in altri interventi, di certo avremo bisogno di aiuto in sala operatoria! Si fidi di me, ho avuto talmente tanti allievi che ormai mi basta un solo giorno di osservazione per capire chi di loro avrà una carriera nel mondo della medicina... e si dà il caso che questo ragazzo, un giorno, sarà dottore!»



Midorima dischiuse le labbra e trasse un grande sospiro, allacciò le dita con un movimento nervoso delle mani e cercò di resistere ai brividi di freddo che gli attraversavano ripetutamente e senza sosta la spina dorsale: era assurdo che il suo professore, per carenza di medici e primari in un momento di urgenza, fosse riuscito a convincere il capo reparto ad includerlo nell'equipe destinata a quello che i tre medici presenti in sala operatoria con lui dicevano essere un caso disperato.
In quelle ultime settimane non aveva fatto altro che misurare la pressione ad anziani, appuntare i sintomi più disparati, osservare lastre, tac e risonanze magnetiche alla ricerca di qualche anomalia e controllare la gola a bambini scalmanato, di interventi ne aveva seguiti alcuni, le autopsie erano diventate una quotidianità, ma mai si era ritrovato di fronte alla possibilità di prendere in mano un bisturi e affondarlo nella carne di una persona viva, mai aveva vissuto l'esperienza di ritrovarsi con le mani immerse fra organi pulsanti e pregni di sangue caldo.
Aveva la sensazione di essere precipitato in un paradossale episodio di qualche telefilm medico, o che si trattasse di un incubo, perciò si era ritrovato a desiderare ardentemente, almeno per un istante, che qualcuno lo svegliasse.
Non appena udì lo stridio delle ruote della barella contro il pavimento freddo, deglutì appena e fu scosso da un brivido più lungo dei precedenti, che quasi non gli fece contorcere lo stomaco, e quando il Dottor Hiroshi e il Professor Masayama si precipitarono in sala e la figura del paziente si insinuò nel suo campo visivo, Midorima si sentì gelare il sangue e mancare il respiro: era un incubo, ma era reale.


Akashi sfiatò sommessamente, rivolgendo un'occhiata spazientita a Himuro - impegnato a servire una cliente - e poi a Nijimura che, fermo accanto a lui, stava attendendo che la ragazza se ne andasse per porgere i propri saluti e dare il bentornato all'altro.
Shuuzou aveva insistito perché Seijuurou venisse con lui, e non che l'ex capitano del Rakuzan avesse opposto tanta resistenza, visto che riteneva opportuno tenere sotto controllo le mosse di Himuro; ciò che lo rendeva estremamente nervoso, piuttosto, era l'idea che avrebbe dovuto ringraziarlo per il portachiavi - Ryouta gli aveva comunicato via sms che ne aveva comprato uno anche per lui e che glielo avrebbe dato non appena si sarebbe presentata l'occasione -.
Quando Himuro salutò la ragazza e Nijimura si mosse verso la cassa, Akashi rivolse la propria attenzione alle porte chiuse della cucina e si chiese come se la stessero cavando Murasakibara e Kagami, quindi, ripensando a quest'ultimo, notò che Aomine non era in cassa e, vittima di un cattivo presagio, sussultò non appena il suo cellulare emise una vigorosa vibrazione contro la coscia.
«Shuuzou...» la voce era bassa, ma ben distinta, tanto che Nijimura si voltò immediatamente e anche Himuro gli rivolse la propria attenzione.
«Akashi, c'è qualche problema?»
Akashi rafforzò la stretta sul cellulare e incatenò i suoi occhi a quelli dell'altro.
«Dobbiamo andare in ospedale.»
«Ti... ti senti male?»
«No, si tratta di Tetsuya.»


Quando Kise sentì un pesante scalpiccio di passi in fondo al corridoio, si sfregò gli occhi con un rapido movimento delle mani e, tirando sonoramente su col naso, si raddrizzò in piedi.
«Dov'è?! Come sta?!» Aomine aveva la voce affannosa e vagamente tremante, ma lo interpellò immediatamente, al contrario di Kagami che, a pochi passi dall'ex asso del Touou, si protese leggermente in avanti, con le mani salde sui fianchi e le labbra dischiuse, gli occhi in continuo movimento dal viso di Kise al pavimento, come se avesse avuto il terrore di ascoltare la sua risposta - non che avesse tutti i torti, ad avere paura -.
«È–» Kise deglutì appena: in una situazione simile trovava davvero difficile parlare, sentiva che presto sarebbero sopraggiunte le lacrime, tuttavia cercò di non badare al pianto imminente e riprese con voce tremante «è in sala operatoria, dicono che... dicono che è grave...»
Kagami non sapeva esattamente cosa fosse successo, ma era a conoscenza del fatto che al momento dell'incidente Kuroko si trovava con Kise, quindi, almeno per un istante, fu tentato di appenderlo al muro e riversargli addosso tutta la sua rabbia, ma la disperazione, una volta tanto, prese il sopravvento sull'impulsività, per cui decise di trascinarsi lontano dagli altri due, alla ricerca di un luogo non troppo lontano nel quale potesse passare un po' di tempo da solo.
Gli occhi di Kise si riempirono nuovamente di lacrime e il suo viso arrossato ne venne solcato silenziosamente e in fretta, tanto che Aomine, completamente atterrito da quella visione, riuscì a muoversi solamente quando il fidanzato riprese a parlare tra un singhiozzo e l'altro.
«È colpa mia, A-Aominecchi!» Ryouta scoppiò in un singulto e spalancò la bocca in un rantolio spezzato, e ne seguì un altro ancora più forte quando le braccia di Aomine gli avvolsero le spalle.
«D-dovevamo pranzare insieme!»
«Kise...» Aomine lo strinse a sé e gli passò la mano fra i capelli, sentì il suo torace scosso dagli spasmi, le sue braccia, che a loro volta lo avvolsero, tremare convulsamente.
«E io ho dimenticato il portafoglio!» quello che fino a pochi istanti prima era quasi certamente un pianto disperato parve divenire un urlo rabbioso «è– è solo colpa mia! S-sono... uno stupido!»
«Kise...» Daiki lo chiamò una seconda volta, la voce più bassa, le palpebre abbassate e tremanti «non è colpa tua.»
Le lacrime erano giunte senza sforzo e, copiose e calde, avevano cominciato ad attraversare anche il viso di Aomine, che rinsaldò la propria stretta attorno al corpo tremante dell'altro.
«V-vedrai che andrà bene, Kise, vedrai che Tetsu...» ma il pianto gli ghermì la gola e Daiki, incapace di dire ancora una sola parola, singhiozzò e affondò il viso contro la spalla di Ryouta.


Quando Momoi vide Kise e Aomine abbracciati, con i visi arrossati e gli occhi leggermente gonfi, si fermò di fronte a loro e barcollò appena, per poi scoppiare in un pianto fragoroso che non si placò neppure quando la accolsero affettuosamente fra le loro braccia, anzi aumentò, perché alle lacrime di lei si unirono anche le loro.
Aida, che era giunta all'ospedale con Momoi, decise di raggiungere la sala d'attesa che si trovava di lì ad una quindicina di metri, e dove Kagami si era ritirato.
Kagami e Kuroko erano stati i suoi ragazzi, e di certo nutriva molto più affetto per loro due più di quanto ne nutrisse per tutti i membri della Generazione dei Miracoli messi insieme, quindi non aveva intenzione di lasciare l'ex asso del Seirin da solo, non se lo sarebbe mai perdonato.
Taiga aveva la schiena aderente alla finestra, le braccia conserte e lo sguardo rivolto verso il pavimento, e non appena Riko gli si avvicinò notò che aveva gli occhi arrossati e leggermente gonfi, probabilmente reduci da un pianto estremamente privato e discreto.
Nessuno dei due parlò, ma si guardarono, e non appena la mano di Riko gli accarezzò affettuosamente l'avambraccio gli occhi di entrambi si velarono di lacrime.


«A-Akashi!» Nijimura si fermò a metà del corridoio e prese una grande boccata d'aria; Akashi, dal canto suo, arrestò la propria corsa e si voltò, ma non smise di camminare.
«Shuuzou, avanti! Non c'è tempo da perdere!»
«Ti...» Nijimura deglutì appena e si portò una mano al petto: Akashi andava troppo veloce, per i suoi gusti «ti raggiungo fra poco.»
La voce lagnosa di Murasakibara risuonò in fondo al corridoio, e Akashi capì che i due proprietari del locale, pur essendo partiti alla volta dell'ospedale almeno cinque minuti dopo di loro, li avevano raggiunti.
«Muro-chin, sei troppo veloce!»
«Sei tu che sei troppo lento, Atsushi!»
Senza che Akashi se ne rendesse conto, Himuro lo sorpassò e, compiuti ancora cinque o sei passi, varcò la soglia dell'ascensore, ritrovandosi ad osservare inerme le porte scorrevoli che si serravano.
Seijuurou gli rivolse un'occhiata repentina; Himuro, dal canto suo, continuò a fissare la stretta fessura che separava le due porte scorrevoli, con le braccia stese rigidamente lungo i fianchi e le labbra serrate in una piccola smorfia.
«Suppongo...» Akashi sibilò: dopotutto quella era l'occasione adatta per mantenere intatta la propria dignità e il momento ideale per rinnegare il proprio orgoglio senza che altri all'infuori di loro due lo sapessero «suppongo che io ti debba ringraziare per il portachiavi.»
Tatsuya gli rivolse la propria attenzione per qualche istante, fissandolo con espressione incredula, per poi negare con un discreto cenno del capo.
«L'ho fatto con piacere, non mi devi alcun ringraziamento particolare.»


Kise e Momoi erano seduti l'uno accanto all'altra, lei se ne stava con le gambe tese in avanti e i muscoli dei polpacci contratti in uno sforzo doloroso, teneva le dita strette attorno alla mano dell'amico, che ormai, completamente sfigurato dal pianto, non aveva neppure più la forza di ricambiare quel gesto e avvolgere a sua volta la presa gentile della ragazza per rassicurarla.
Aomine era in piedi, la schiena aderente al muro, il capo chino e la mano sinistra ancora stretta ai capelli di Kise, come a volergli trasmettere la propria presenza in modo costante e il rifiuto categorico di lasciarlo andare.
Akashi si avvicinò a loro, ma non parlò né li guardò, piuttosto rivolse la propria attenzione al corridoio sterile e alle porte chiuse dell'ascensore, che si trovava in fondo a quella lunga striscia di piastrelle bianche e lucide.
Himuro emise un sospiro sommesso e trovò un sostegno nella parete opposta a quella contro cui erano addossate le sedie su cui si trovavano Kise e Momoi, ma rimase lì solamente per un istante, perché poi, con un secondo sospiro e un movimento irrequieto, se ne staccò e tornò indietro, in cerca di Kagami.
Murasakibara e Nijimura, appena arrivati, se ne rimasero al centro del corridoio e, con le labbra cucite dalla paura, passarono in rassegna i volti spenti e arrossati degli altri.
L'ascensore brontolò e Akashi si sentì scuotere da un fremito, quindi, non appena vide le porte scorrevoli aprirsi, mosse qualche passo titubante e si immobilizzò solamente quando capì che uno dei suoi ne valeva dieci di Midorima, diretto verso di loro in tutta fretta e con il volto trafelato e pallido.
Momoi e Kise si alzarono in piedi immediatamente, tutti si misero sull'attenti, ma solo Akashi trovò il coraggio di parlare.
«Come sta?»
Midorima restò in silenzio per qualche istante, per poi emettere un sospiro tremante.
«Non è ancora fuori pericolo, anzi la situazione è piuttosto complicata, ma...» parlò a voce bassa e finì per abbassare lo sguardo, deglutendo a fatica «stiamo facendo il possibile.»
«Voi non dovete fare il possibile.» Akashi gli si piazzò davanti e Midorima non poté fare a meno di retrocedere di un passo: c'era la furia nei suoi occhi, un tumulto di rabbia che imperversava con così tanta forza da ridurre le sue pupille a due minuscole punte di spillo perse nelle onde impetuose di un profondo mare di sangue.
«Voi dovete salvarlo, Shintarou.»
Midorima non aveva mai visto uno sguardo così spaventoso, non aveva mai ricevuto un ordine così imprescindibile.
Non riuscì a dire più nulla e si dimenticò perfino che voleva parlare con Kagami, quindi si limitò ad annuire e tornò indietro senza dire altro, trascinandosi penosamente verso l'ascensore.


Erano trascorsi appena cinque minuti dalla comparsa di Midorima quando Takao – che non ricevendo alcuna risposta dal fidanzato, con cui si sarebbe dovuto incontrare per la pausa pranzo, aveva deciso di addentrarsi all'interno dell'ospedale - li raggiunse.
«Ma che cosa...?» sussurrò appena, con il respiro smorzato dalla fatica e sforzandosi di tenere il proprio sguardo fisso sui presenti «cosa ci fate tutti qui? È successo...»
E colta la disperazione sui loro volti si ritrovò a sussurrare a fior di labbra.
«È successo qualcosa?»


«Ora del decesso: tredici e quarantadue.»
Appena il Dottor Hiroshi si voltò per assicurarsi che l'assistente stesse prendendo nota di quanto aveva appena pronunciato, Midorima si impose fra lui e il corpo di Kuroko.
«No!» urlò e adagiò entrambe le mani sul cuore fermo dell'amico «non può essere morto!»
«Midorima...» il professore gli si avvicinò e fece per sfiorargli la spalla, ma Midorima sfuggì al tocco della sua mano e cominciò a fare pressione sul cuore immobile dell'altro.
«Non è morto! Kuroko non può... non può essere morto!»
Il professore fece per dire qualcosa, ma il Dottor Hiroshi richiamò la sua attenzione.
«Lo lasci.» dopotutto sapevano entrambi a quale universo fossero appartenuti Midorima Shintarou e Kuroko Tetsuya, ed era bastato osservare la reazione iniziale del primo per capire che sarebbe stato disposto a tutto pur di salvare l'altro.
«Kuroko non è morto!» Midorima continuò ad urlare con la voce spezzata e ad esercitare il massaggio cardiaco senza fermarsi un istante, neppure quando gli occhiali gli scivolarono fino alla punta del naso e le lenti si imperlarono di lacrime.


Le porte dell'ascensore si spalancarono di nuovo e Midorima si trascinò lungo il corridoio con passi lenti e irregolari, come se alle sue gambe fossero attorcigliate robuste catene di piombo decise a trascinarlo giù, sempre più giù, fino a farlo strisciare.
I suoi occhi, oltre le spesse lente degli occhiali, avevano perso colore, erano opachi frammenti di vetro verde che non riuscivano più a riflettere la luce.
Perfino Akashi, che lo seguì con lo sguardo finché non gli transitò accanto, restò in silenzio.
Midorima non li guardò, si limitò a percorrere la lunghezza del corridoio sotto gli occhi vuoti e stanchi di quella che un tempo era stata osannata come Generazione dei Miracoli e che, in quel momento, pareva essersi ridotta ad un rudere freddo, una rosa appassita.
Shintarou si fermò solo un istante, non appena Kazunari attorcigliò due dita attorno al suo indice, quindi ricambiò appena quella stretta affettuosa e riprese a camminare in silenzio, arrestando la propria marcia quando giunse all'entrata della nicchia in cui Himuro, Aida e Kagami si erano ritirati ad aspettare.
Kagami lo guardò, e all'improvviso anche le sue gambe si fecero più pesanti, un conato di vomito si annidò in fondo alla gola e il battito del cuore risuonò con così tanta forza da fargli pensare che oltre la sua pelle non vi fosse altro organo che quello.
Era vuoto, perso. Avrebbe voluto soltanto tornare a casa con Kuroko, sprofondare sotto le coperte con lui, chiudere gli occhi e addormentarsi con le sue braccia sottili strette attorno al collo.
Kagami avanzò faticosamente e Midorima, che aveva già fatto troppa strada e aveva le gambe straziate, lo attese in silenzio.
Appena lo raggiunse, Shintarou schiuse le labbra e parlò con un filo di voce, e Taiga si inginocchiò ai suoi piedi con il viso stretto fra le mani, scoppiando in un pianto fragoroso che annichilì ogni speranza.

I raggi del sole sono le dita pallide di tutti quegli uomini che urlano il nome dei morti.




Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia.




L'angolino invisibile dell'autrice:

Per chi segue l'anime, attualmente siamo nel periodo “Teikou Arc”, che non è certo uno dei più allegri, quindi, giustamente, ho ritenuto opportuno aggiornare Hall of Fame per portare ancora più sconforto ai fan di Kuroko no Basket! 8'
No, seriamente, oggi ho deciso di concedermi qualche ora di libertà e ne ho approfittato per concludere il capitolo che, come ho detto la scorsa volta, è corto e frammentario per esigenze di copione (visto che qui, l'obbiettivo, non è tanto far piangere, quanto togliere completamente il respiro ai lettori/divento sempre più cattiva, lo so/).
E... francamente non ho niente da dire (a parte che temo moltissimo l'OOC, ma credo che certe reazioni siano “plausibilissime” in una situazione del genere!)
Dirò tutto nell'ultimo capitolo! ;3;
Alla prossima!
   
 
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