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Autore: _Briareos_    26/04/2015    0 recensioni
"I due combattono per difenderla, ma questo non vuol dire che sono completamente a proprio agio con quello che stanno difendendo."
Un uomo (o quasi) e una donna, guadagnandosi da vivere in un dopoguerra, affrontano un mondo distrutto e in ginocchio che ha visto la struttura del potere ridisegnata diverse volte e ora è senza dubbio agli sgoccioli. Quattro guerre mondiali sono trapelate cancellando gruppi di organizzazioni, l'ultimo Nuovo Ordine è costituito da un governo mondiale istituito nella città-Stato futuristica di Olympus, una delle poche metropoli sulla Terra ancora relativamente civilizzati e (molto) tecnologicamente avanzati. Un viaggio che inizia nel modo peggiore....
Genere: Avventura, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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nuova storia2 Chiedo scusa del ritardo nel postare ma gli impegni non mi lasciano il tempo di lavorare bene ai capitoli. Anche se volevo lavorarci meglio, non posso non postare qualcosa, quindi ecco il nuovo capitolo. Buona lettura

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Un rumore acuto e penetrante rimbombò per l’ambiente silenzioso. Deunan gemette svegliandosi di colpo, sbattendo lievemente la tempia sull’addome del compagno. Si tirò sulle braccia osservando intorno, portando poi una mano dietro la sua schiena verso la pistola.
Un sibilo la fece rizzare e spostare da sopra il cyborg, estraendo definitivamente l’arma e togliendo la sicura. L’oscurità senza luna ne stelle la rese nervosa ed elettrica, da saltellare da un piede all’altro senza accorgersene, inciampando a volte fra le gambe di Briareos.
Qualcosa nell’oscurità iniziò a ringhiare pesantemente e Deunan si tuffò verso il portello alzato davanti a lei e vi si appoggiò, per avere una posizione stabile di mira. Vari scricchiolii e colpi sordi la accerchiarono, come se fossero ad ogni lato, facendole rizzare i peli del corpo. Il fiato mozzato le accelerò il battito cardiaco, il sangue che le arrivava alle orecchie e al cervello. O era l’adrenalina?
Respirò profondamente e provò a pensare. Si voltò e cercò con le mani gli scatoloni. Aveva paura di accendere la torcia e attirare chiunque o qualunqua cosa ci fosse là fuori. Toccò con le dita vari oggetti, studiando la forma con i polpastrelli. Alla fine, al terzo tentativo trovò gli occhiali termici e li indossò stringendo l’elastico sulla testa. Dal buio totale si ritrovò a una massa di verde e nero, delimitando la forma di cosa la circondava. Vedeva il grosso masso, la foma in lontananza di montagne e gruppi rocciosi, la forma della jeap, Briareos immobile e gli scatoloni vicino a lei. Il fuoco si era spento e la calma innaturale riempiva il luogo. Poi un brontolio come dietro le sue orecchie e lei fece un salto di spavento. Non era assolutamente da lei ma sapeva che era dettato solo dalla situazione. Alle sue spalle vi era solo Briareos, che per promessa aveva smesso di comunicare con la gola, quindi scartò l’idea. Un latrare rauco e capì. Si sporse dalla jeap e notò un esemplare arruffato e sporco di coyote. Sembrava giovane, snello, con le orecchie tese in alto e il muso irrequeto. Fissava il mezzo, girava in tondo, annusava. Si chiese se non volesse provare a fare un salto nell’abitacolo e decise di provare a spaventarlo. Alzò l’arma in aria e sparò un singolo colpo che echeggiò, fendendo l’aria con un boato squarciante, da far stridere e latrare l’animale e farle venire un colpo in gola. Non era una sorpresa, aveva sparato lei, ma il silenzio totale aveva fatto credere che quel singolo sparo fosse chissà quale boato distruttivo. Vide la sagoma verde dell’animale sfuggire a una velocità record, si gettò con le mani sul bordo aperto del mezzo, posando la fronte sul freddo metallo, rinfrescandole la pelle accaldata. Insirò profondamente un paio di volte, tolse il visore e si ritrovò nel buio penetrante della notte. Rinfroderò la pistola dietro la schiena e si sistemò di nuovo, accoccolata, sul corpo del compagno. Strinse con forza la coperta e strofinò la tempia sinistra sul petto di lui, cercando di ricacciare indietro le lacrime che senza motivo volevano uscire. Tirò con il naso per fermare qualunque cosa volesse sfogarsi, come con le lacrime, e si strinse a lui. Non riusciva più  a dormire, il cuore non aveva smesso di rimbombare nella cassa toracica, anche se più lentamente di prima, ma continuava a farsi sentire. Si accorse con sconcerto di apparire, ai suoi occhi, debole. Aveva pianto quando Briareos era caduto sulla schiena, solo tre giorni prima, e aveva sentito una disperazione sorda e opprimente al pensiero di perderlo o saperlo immobile per sempre. Aveva stretto i denti in quei giorni, ma la sensazione di impotenza l’aveva colta troppe volte, portandola quasi a piangere, fermandosi a respirare per evitarlo, anche se per lei non doveva accadere.
Si era vista allo specchietto retrovisore troppe volte per contastare come l’aveva segnata tutto quello. L’ aspetto smunto e stanco, in primis. Per altri sarebbe stato scarno o emaciato solo per il suo colorito e le occhiaie. Per non parlar e poi dei capelli sporchi da farle sembrare il suo biondo un cenere spento. Le labbra e le mani, secche e screpolate, per la mancanza di attenzione alla cura di se stessa, la facevano sembrare come con gli abiti, una stracciona. Lo sapeva, avrebbero pensato questo, se altri l’avessero vista. Doveva cambiarsi, lavarsi ma quando decideva di farlo, si ritrovava sempre di notte e senza acqua. Aveva solo quella per bere, non poteva sprecarla.
Si girò dall’altro lato nervosa, triste. Doveva essere forte, caparbia, per se stessa e Briareos. Lacrime e dolore dovevano sparire. Restare in un angolo di se stessa e lasciar posto alla Deunan capace di qualunque cosa, solo se lo volesse. Quella che Briareos amava. Strinse i denti e accarezzò il braccio del cyborg fin giù al gomito, per poi risale verso la spalla. Sospirò e provò a dormire.

Deunan si svegliò quando il sole le toccò il viso, portandole luce sugli occhi. Si strofinò con la guancia contro il petto di Briareos, sbadigliando. Si mise a sedere, poi si alzò barcollando, ancora stordita. Si stiracchiò per bene, diede il buongiorno al compagno e prese cosa le serviva per la colazione. Prese il pentolino e preparò un beverone di latte, frutta e cereali per Briareos, che potesse ingurgitare senza dover masticare e spiluccò pane non più fresco e marmellata avanzata per sè. Dopo quarantacinque minuti, era pronta per andare nuovamente su strada. Disse a Briareos di avere pazienza e aspettare le fermate di pausa per dargli l'acqua e l'orario del pranzo, quando si sarebbe fermata definitivamente per un tot di tempo per riposare. Chiuso il pianale, si sistemò sul sedile e tornò e alla guida come gli altri giorni, cercando un cartello che le dicesse che strada prendere per New York.
Dopo quasi due ore, la prima sosta. Secondo il suo orologio erano circa le dieci di mattina e il caldo che fino a una settimana prima picchiava forte, iniziava a sparire. L'autunno sgomitava contro un'estate che gli dava pian piano posto, portando i primi freddi, sopratutto di notte. In inverno la situazione per lei, se non giungeva subito a destinazione, sarebbe stata disastrosa. Non sarebbero bastate le coperte e il tepore del corpo del compagno a scaldarla, questo lo sapeva. Se non trovava almeno un tetto, erano spacciati. Gli inverni negli ultimi anni erano più duri del solito e le estati distruttive. Il suo pensiero primo era, a causa del cambio di stagione, il problema malattie. Se si ammalava, erano nei guai entrambi. Non era tanto per lei il problema, anche se ammalarsi non era un aiuto in quel periodo, ma per il suo compagno. Messa male lei, lui sarebbe stato nei casini. Anche se cyborg, aveva sempre bisogni umani. Si era ormai abituata a doverlo nutrire, lavare, aiutare nei normali bisogni umani.
Rise al ricordo di tutte le persone che rimanenvano sconcertate nello scoprire che non vi erano differenze come immaginavano, tra umani e cyborg. Anche lei all'inizio non lo immaginava, eppure era così. Anche i cyborg avevano bisogni fisiologici dovuti al bere e mangiare. Respirava e si nutriva, come tutti. E lei doveva, quando poteva, 'occuparsi' di lui in quel senso. Lavargli il corpo con una doccia o ccon una spugna non era la sola mansione che doveva considerare, ma anche assicurarsi di non lasciarlo senza cure tutto il giorno. NOn era in grado di aiutarlo ad alzarsi nè altro per i suoi bisogni, poteva solo cambiarlo quando poteva.

Un'esplosione improssiva la fece sobbalzare, sterzando pericolosamente. Alla sua destra qualcosa stava producendo del fumo nero e scuro, che si levava oltre delle masse rocciose. Frenò di colpo e osservò l'ambiente intorno. Non vi era nessuno. Eppure quel fumo non poteva comparire da solo. Aggrottò le sopracciglia, cercò di riflettere su cosa fare e poi sospirò.

"Cosa devo fare Bri...secondo te dovrei andare a vedere? Sarebbe la prima volta che vedo qualcosa che non siano idioti mercenari..."

Briareos non emise neanche un rumore e lei, preoccupata, si voltò verso il retro. Sapeva però che lui non poteva muovere un muscolo e le aveva promesso di non faticare a emettere suoni gutturali, usando l'Os per parlare. Sorrise devolmente e poi si risistemò sul sedile stringendo forte il volante. Dopo aver riflettuto, sterzò verso il fuoco e trovò un sentiero poco battuto e non facilemente individuabile e si chiese da dove si poteva svoltare. Aveva guidato stando attenta a ogni angolo della strada e dell'ambiente circostante e poteva giocarsi una mano, non vi era una diramazione. Il fumo si avvicinava e sembrava che dietro due enormi rocce ci fosse qualcosa.

"Bri, so che cosa pensi. Ma...magari è qualcosa di positivo...non lo so. Ma voglio vedere cosa cè..."

Sfrecciò alzando la polvere della strada non asfaltata e giunse, girando attorno ai massi rocciosi alti non capiva quanti metri,  a una specie di installazione di qualche tipo. Due costruzioni in cemento e metallo una e metallo e vetro l'altra, una più grande dell'altra, si stagliavano là in mezzo al nulla. La più grande aveva una base rettangolare in metallo alta quanto la porta a vetri, dal colore ormai smangiucchiato dagli agenti atmosferici, sormontata da forse due piani con tetto spiovente a triangolo in vetro all'ingresso. Il tetto poggiava prima su una superficie metallica forse a dividere i piani sopra da quello gande  e in parte scendeva  fino a coprire un terzo del rettangolo, dove vi erano montati dei nomi. Pannelli di vetro verdi formavano la parete anteriore. Il resto era composta da sezioni in metallo, con griglie forse per l'aria agli angoli dell'edificio. Il tetto spiovente aveva delle sezioni rientrate a vetri come il davanti. Una delle due parti laterali, quelle più lunghe, portava una specie di enorme targa per tutta la lunghezza con un nome ormai sbadito, ma si capiva solo la parola Facility. Dei divisori metallici alti quasi tre metri erano completamente abbattuti a terra, se ne salvavanosolo tre sul lato a ovest dell'edificio. Sembrava tutto abbandonato ma il fumo fuoriusciva da qualche parte dal tetto. I vetri mostravano qualcosa che Deunan non riusciva a capire. L'altro edificio sembrava alla ragazza come una rimessa o qualcosa del genere. Tutto lamiere e finestre. Si fermò a qualche metro dall'ingresso e osservò il tutto. A parte il probabile incendio non sembrava esserci anima viva.  Deunan scese dall'auto e diede un colpo vicino Briareos sussurrandogli che sarebbe tornata subito. Poi, pistola alla mano, si avviò verso la porta a vetri dell'ingresso. Sbirciò, sporgendosi, dentro e notò che sembrava più un misto tra un laboratorio e l'ospedale. Gli ampi vetri a triangolo illuminavano l'interno senza bisogno di luci artificiali e notò delle strutture a livelli con tavoli metallici, strani tubi in vetro chiusi da placche metalliche e cose a schiera che non riconosceva. Ma la cosa che le veniva in mente era apparecchiature mediche.

NOn vedeva nessuno e decise di entrare spingendo l'ampia porta a vetro. I cardini metallici cigolarono stridendo e lei si maledì per la scelta di non provare a sbirciare in giro. Fece un rapido tratto di corsa, con la pistola bassa, nascondendosi dietro i primi mobili metallici attaccati dalla ruggine che si trovò nelle vicinanze. Alzando lo sguardo notò rimanenze rotte di provette, pinze metalliche sparse e fogli ingialliti. L'atmosfera che respirava pareva quasi sacrale e il luogo era così grande che le sembrava una cattedrale. Il posto dove si trovava era più ampio di quelli più in alto che erano sospesi da piani in metallo e vetro da farle pauyra al sol pensare di camminarci. Deglutì e controllò lentamente tutta l'area, stando attenta ai livelli sopra e eventuali porte. In fondo all'edificio notò un ascensore che doveva portare in alto, non vi erano porte e aveva un computer montato al centro dela cabina. I piani superiori sembravano divisi a zone, piattaforme metalliche ospitavano mobili e tavoli di vari tipi, mentre i corridoi che conducevano a quegli spazi erano in vetro. Appena si ritrovò vicina all'ascensore qualcuno urlò parolacce e un echeggiare di passi metallici la colsero alle spalle. Portò la pistola avanti a lei alzando lo sguardo e solo allora si accorse di una persona che si muoveva nervosamente al piano sopra a lei. I loro sguardi si incrociarono quando lui passò da una piattaforma metallica al corridoio di vetro. L'uomo non più giovanissimo e con un camice sporco si bloccò non appena la notò sotto di sè e rimase a fissarla sconcertato. Quando si riprese scuotendo la testa, il suo viso smagrito e barbuto si illuminò con un sorriso e corse all'ascensore che era fermo vicino a lei.

"Fermo, non si avvicini!"

"No, ferma. VOglio scendere. Voglio salutarti! Fammi scendere.."

"VUole salutarmi?"

"Sei la prima persona che vedo da anni! Fammi scendere!" urlò concitato "Fammi chiamare l'ascensore!"

Deunan dopo qualche incertezza gli indicò con la pistola di andare e lo osservò, pistola puntata su di lui, aspettare la cabina e poi scendere al suo stesso livello. QUando arrivò, l'uomo la fissò quasi elettrizzato, la squadrò dalla testa ai piedi e le fece segno di saluto con la mano. Deunan alla fine si fidò e si scambiarono un saluto cordiale.

"Accidenti, che emozione... sei vera. Vera!"

"Si...ma chi è lei?"

"Io? Oh io sono un ex abitante di questo posto...ero...un assistente all'epoca. Mi chiamo Dyon e sono l'ultimo rimasto alla Appleseed Facility. Ma tu...come sei giunta qui? Sei sola?"

Deunan cercò una risposta convincente e decise di mentire.

"No, il mio partner si trova sulla jeap. Abbiamo visto da lontano il fumo e udito l'esplosione e..."

"Ah si...l'esplosione. NOn puoi immaginare quanti danni ci sono ai macchinari. NOn cè più nulla di utilizzabile qui...Eh si...sono tentato di andarmene ma...non ho un mezzo per farlo e così..."

"Da quanto tempo vive qui da solo?"

"Credo...due anni...dall'assalto dei membri della F21 per fermare il progetto Appleseed...ma mi sono stancato..."

"Il progetto Appleseed? Non mi è nuovo questo nome ma..."

"Oh strano...il progetto Appleseed su presentato all'assemblea generale delle Nazioni Unite ma non all'opinione pubblica e solo i rappresentati delle nazioni e i militari sanno cosè...comunque, perchè sei qui ragazza?"

"Stavo cercando di raggiungere New York ma...la strada è lunga e ho...sentito il boato..."

"New York..." bisbigliò, poggiandosi a un tavolo co nsguardo allucinato "la sogno da tanto...vorrei tanto andarci!"

"Ehm...se vuole un passaggio noi ci stiamo andando però...abbiamo quasi finito i viveri e..."

"Viveri...qui ho cibo fresco. Davvero mi daresti un passaggio? Posso ricambiare con il cibo per tutti..."

Deunan si morse la lingua per la stupidaggine appena detta e ripensò a Briareos e i suoi rimproveri sul ragionare prima di parlare. Eppure quell'uomo sembrava tutto fuorchè pericoloso. Non aveva armi con sè, sembrava essere davvero una specie di scienziato.

"Ecco...possiamo parlarne...ma come è riuscito a vivere quasi due anni?"

"La zona alloggi è nell'edificio comunale. Cè una cucina, gli alloggi con bagni privati, il salotto per le pause e parte cè la serra...sono riuscito a mantenere vive le piante e gli alberi per poter mangiare. Sono riuscito a sopravvivere, non male vero?"

"Cè...verdura e frutta fresca?" quasi come una preghiera supplichevole "Davvero?!"

"Certo, vieni..."

Si recarono insieme nell'edificio più piccolo. Ma quando lei si avvicinò, constatò la vera grandezza della costruzione. Pareva da lontano più piccola perchè era tutto a un piano solo. Era in metallo con finestre rotonde alte quanto le porte. Dyon spiegò che ogni zona dell'edificio aveva un suo tetto spiovente e Deunan notò questa particolarità. Il tetto era diviso in tanti più piccoli spioventi ma non vi erano come nell'altro edificio vetrate per la luce. Le fece visitare la cucina ben accessoriata ma limitata nell'uso per la scarsità del combustibile per alimentarla. Dyon le spiegò che essendo rimasto solo aveva razionato la fornitura di gas che era chiusa sottoterra e ne rimaneva un quarto. Il resto dell'edificio che aveva bisogno di corrente elettrica era autonoma grazie ai pannelli solari posti sul retro che non si vedevano e avevano una portata di immagazzinamento enorme nonostante il numero limitato di quadri, che permetteva luso di acqua calda e altre modernità senza problemi. Questo gli aveva permesso di sopravvivere al caldo grazie all'aria condizionata e all'inverno per il riscaldamento anche con la neve. Le stanze per gli ex colleghi erano una decina, piccole ma comode anche se chiaramente abbandonate. I bagni erano ancora utilizzabili ma avevano bisogno di un pò di pulizia. Alla fine, rimase la serra dove Deunan vide colture artificiali con luci e canali di irrigazioni. Non era grandissimo ma Dyon le disse che in dodici che erano, riuscivano a sfamarsi per un paio di giorni in attesa dei rifornimenti. Rimasto da solo, riusciva a mangiare roba fresca ogni giorno, riuscendo a nutrirsi con cibi diversi grazie alla riserva di semi che custodiva.

"Rimanete questa notte e mi preparerò per partire. Voglio andarmene. NOn so comè il mondo là fuori ma voglio andarmene. Ormai qui non posso far nulla, dopo l'esplosione di oggi ho capito che non posso mandare avanti nessun esperimento. Umbrion sarebbe felice della mia dedizione..."

"Chi?"

"Il dottor Umbrion era il capo schienziato della struttura. Eravamo lui, sei suoi colleghi di alta preparazione, tre assistenti, un cuoco e un tuttofare che faceva anche le pulizie. Lui era una delle menti che aveva permesso la nascita del progetto Appleseed...ma lo hanno ucciso. Un giorno che ero andato a richiedere le scorte per le ricerche, hanno fatto irruzione...era uno dei gruppi terroristici contro il progetto e hanno fatto una strage. Quando sono tornato, il dottor Umbrion morente mi ha detto di salvarmi e rimanere qui, così' che nessuno avrebbe potuto farmi del male e che ero uno dei pochi di questo posto che conosceva il progetto. Ho fatto come ha chiesto ma non riesco più a stare qui..."

"Allora vieni con noi...ci hanno detto ch New York e uno dei posti sicuri dove poter andare..."

"Oh fantastico...e il tuo partner? Chiamalo, così vi sistemate...per la prima volta potrò parlare con qualcuno a cena...sono così felice..."

"Ehm...non posso...."

"Perchè'?"

Anche se incerta, lo condusse alla jeap e gli mostrò il motivo. Dyon rimase sconcertato nel vedere Briareos. Farfugliò qualcosa con tono entusiasta e fece tante domande sui cyborg. Alla fine Deunan gli spiegò quali erano i suoi problemi e che non poteva in alcun modo scenderlo da sola dal mezzo. Dyon però le disse di aspettare e corse nell'edificio delle ricerche, sparendo per diverso tempo.

"Non so se ho fatto bene ragazzone ma credo di aver fatto la scelta giusta..."

Dyon ricomparve tirando un carrello con un generatore vecchio modello, tenendo con l'altra mano una tanica di benzina.

"Ecco ragazza, questo è quello più leggero che ho che potevo portare fin qui. metto la benzina, tu intanto collega questi elettrodi agli attacchi del tuo amico. Sicuro che li avrà."

"Si, ma non so se ci sono quelli di questo vecchio modello, aspetta..."

Controllò gli attacchi e li trovò nel collo di Briareos. Collegati, attese che l'uomo finisse di riempire il generatore e poi lo avviò. Il rumore spaccatimpani rimbombò per l'ambiente circostante pieno di verde. Deunan rimase pensierosa vedendo l'apparecchio al lavoro ma nessuna reazione del compagno.

"perchè lo abbiamo collegato al generatore?"

"Semplice, un cyborg come quello sfrutta parecchie risorse. Se come dici tu l'os non funziona correttamente, non riuscirà probabilmente a sfruttare l'energia continua del corpo. Diamo direttamente corrente al cervello ausiliario e vediamo che succede..."

Attesero venti minuti ma non avvenne nulla. Dyon allora tornò indietro e portò con sè verso la jeap un computer. Collegò l'attacco allo slot di Briareos al lato della testa e smanettò un pò, tanto da spazientire Deunan. Alla fine, Dyon sorrise e urò 'bingo' premendo un pulsante.

"Che hai fatto?"

"Non è definitivo nè risolutivo ma, ragazza, ho cercato di sistemare il problema. Non sono uno specialista di cyborg ma di base tutte le attrezzature delle Nazioni Uinite come quelle che ho qui hanno un OS che è simile a quello del tuo partner. E' difficile da spiegare a chi non capisce ma per essere chiaro, il programma che gestisce le funzioni del suo corpo è simile a quello di questo computer. Ma non potevo entrare senza una chiave, quindi credo che il tuo amico mi abbia aperto una porta di sistema...."

"Ehm non ci capisco niente..."

"Beh...in poche parole, sono riuscito a resettare in parte il programma sfruttando quello che ho qui. Ho sfruttato il sistema di riparazione con files che ho qui. Proviamo se ha funzionato?"

"Non ho capito bene cosa hai fatto ma...ok, proviamo..."

Dyom, premuto un programma, fissò il cyborg davanti a lui. Deunan però parve poco entusiasta constatando che non stava funzionando. Prima che Dyon potesse dire qualcosa, Briareos si mosse e puntandosi con una mano sul metallo del mezzo, prese Deunan con la vita e la avvicinò a sè, salutandola. Deunan urlò il suo nome con entusiamo postando le mani sul suo viso. Gli chiese se andasse tutto bene e il cyborg rispose che  i problemi non erano spariti ma grazie al computer con il quale era stato collegato, era riuscito a riparare in parte alcuni sistemi crashati. Si alzò con fatica e Dyon gli disse di aspettare la carica completa, cosa che a quanto sembrava era già avvenuta da un pò.

"Nessun problema, il sistema mi dice che la batteria è carica ma non so per quanto.Grazie mille,davvero."

"Di nulla, io sono felice di aver conosciuto un cyborg come te. Cosa sei?"

"Un Hecatonchires da combattimento..."

"Non conosco nulla sui cyborg ma a sentire il nome pare una cosa figa..."

Deunan e Briareos risero e andarono all'edificio comunale con l'uomo per mangiare qualcosa. Dyon mostrò anche a lui ogni cosa e chiese di fargli compagnia fino al giorno dopo. Dopo vari minuti Briareos si lasciò convincere da Deunan, anche se chiaramente non contento della cosa.

"Ascolta, se per te va bene, vorrei pranzare e poi riposare fino a domani. Così hai il tempo di preparare tutto per il viaggio..."

"Certo, certo. Vi preparo qualcosa da mangiare, perchè non andate a farvi una doccia? Un bagno? Immagino che non vedete acqua calda da tempo...ho un paio di stanze apposta per voi. le più pulite..."

Deunan e Briareos si guardarono in faccia, risero lievemente e lo informarono del loro legame. Dyon rimase incerto, affermando di non aver inteso nulla e chiedendo scusa dell'errore. Li portò a una delle stanze più pulite e li uscì per preparare il pranzo. Lasciò prima una specie di diario perchè potessero leggere e capire cosa era accaduto.
Deunan e Briareos rimasero in piedi a osservare la stanza. Un grande lettotroneggiava al centro della semplice stanza. Una sola finestra  dava alle spalle dell'edificio mostrando solo verde, un comodino, una cassettiera, un paio di quadri e una sola sedia. Il bagno non era male e sembrava adatto alla stazza del cyborg.

"Almeno il letto è grande, spero però di non avere brutte sorprese stanotte..."

Deunan fissò il compagno che si spogliava dagli abiti sporchi sgranchendosi.

"Bri, scusa per gli abiti, non ho potuto cambiarti e..."

"Tranquilla bimba. Siamo qui ora, mi faccio una doccia e sono meglio di prima. Da sola hai fatto davvero tanto..." abbracciandola "vuoi andare prima tu o io?"

"Vai prima tu, così poi ti riposi."

Quando Briareos si chiuse nel bagno lei prese il diario e sfogliò le pagine fin dove le interessava, poi iniziò a leggere a voce alta. DAl bagno Briareos commentava e discutevano sulle questioni scritte.

”questo tizio non ha voluto lasciare nessuna informazione sugli studi che aveva compiuto .”

"Da quello che ricordo, quel progetto aveva a che fare con noi..."

"Intendi con voi cyborg?"

"Da quello che ho sentito ma non so altro."

"Capisco, comunque tu non ti fidi di lui vero?"

"Non lo so, mi sembra strano però che sia rimasto solo qui senza nessuno che..."

"Guarda che lo abbiamo trovato solo per l'esplosione. Altrimenti non sapevo niente di questo posto e non cèra un strada vera che portava qui. E' stato un caso..."

"Il caso a volte non è positivo. Anche se grazie a lui posso muovermi di nuovo, rimaniamo con gli occhi aperti!"

"Ricevuto..."

Finita la doccia, Briareos uscì  con una salvietta intorno al collo e si accomodò a gambe incrociate sul letto. Presa la salvietta sistrofinò la pelle delle braccia osservando Deunan che si toglieva i vestiti. Abbassò i pantaloni e, posata la pistola e altre cose che teneva nelle tasche, si liberò anche della maglietta restando in reggiseno e slip. Osservò gli abiti appena tolti e con sguardo poco convinto le gettò nel cesto della biancheria nel bagno.

"Da quanto tempo non avevamo tutto questo?"

"Da troppo..." osservandola davanti ai suoi occhi in intimo, ferma a parlargli "ma prima di arrivare a New York ci sono ore di macchina..."

"Voleranno con Dyon in macchina e le cose che ci porteremo dietro. Basta fagioli, basta abiti sporchi, basta tutto...ci credi?"

"..."

"Che cè?" portando le mani sui fianchi "qualcosa non va?"

"NOn sappiamo cosa ci sia a New York...non è detto che sia come ci hanno raccontato..."

"Ci stai ripensando?" avvicinadosi a lui intento a stringere il tessuto della salvietta "vuoi andare da altre parti?"

"No, abbiamo deciso di fare questo passo, quindi andremo in città. Spero solo di non avere brutte sorprese!"

Deunan lo guardò pensierosa, affondò un ginocchio nel materasso e si allungò verso il compagno, schioccandogli un bacio sulle labbra. Fece scorrere un braccio dietro il collo e sfiorò la sua fronte con quella del cyborg, stringendolo a sè.

"Qualunque cosa accada, mi basta che ci sia tu con me...il resto non mi importa..."

"Lo so. E ne sono felice! Però vorrei trovare il nostro paradiso, quello che abbiamo giurato di cercare fino alla fine del mondo..."

"NOn so se il mondo ha una fine, ma di certo a me basta questo per sentirmi felice" indicando prima la stanza e poi lui "...e mi va bene così..."

"brava ragazza" tirandola a sè.






   
 
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