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Autore: miatersicore23    26/04/2015    9 recensioni
Elena guarda spesso quel ragazzo da lontano. Non gli ha mai parlato e lui non l'ha mai guardata. Sa solo il suo nome.
Elena non pensa più a se stessa da ormai tanto tempo.
Damon è un soldato che non può più combattere, ha un passato che gli fa male e una persona, la più importante della sua vita, che lo aspetta a casa.
AU/AH | Delena! | Forse OOC
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PARTE PRIMA


 
È strana questa sera per Damon. Le sue ultime serate nell’accampamento le ha passate insieme ai suoi compagni a ridere e a giocare a poker, giusto per non pensare alle varie battaglie. Erano piene di risate quelle serate, ma c’era sempre quello strano clima di tensione e di paura.

Quel clima che era in grado di tagliare come la lama di un rasoio le tensioni dei soldati. E si stava, accucciati sotto la fioca luce di una lanterna gialla appoggiata al centro di un tavolo di plastica, mentre le carte venivano gettate sulla plastica bianca e mentre i gettoni venivano trasportati da una parte all’altra strisciando.

Ogni sera quei uomini parlavano della loro vita al di fuori della guerra. Delle loro mogli, dei loro figli e della loro speranza di rivederli. Tutto, pur di dimenticare l’inferno là fuori.
Questa sera invece no. Damon è appena ritornato a casa, finalmente, e vedere gli occhi felici della madre gli ha fatto bene, e basta. Come gli ha fatto bene, stringere tra le sue braccia il fratello, raccontargli delle sue esperienze, come fa sempre quando ritorna a casa. E gli fa immensamente bene vedere Jane che scorrazza per casa per andare a prendere i disegni che lei ha fatto quest’ultimo anno. Ne ha mostrati tanti, ma non è questo l’importante per Damon. L’importante è che quando sua figlia gli viene incontro sorridente e gli mostra l’ennesimo foglio colorato, lui la fa sedere sulle sue gambe e la tiene stretta tra le sue braccia il più possibile.

Damon vorrebbe recuperare tutto il tempo perduto, ma sa che non è possibile. Si è perso troppe cose. Come i primi dentini di sua figlia, i primi passi, la prima parola. Si è perso molto. Si è perso tutto. Anzi no, tutto no. Katherine si è persa tutto di Jane ed evidentemente non si è ancora resa conto di che importante tesoro si è persa, andandosene da Mystic Falls. Katherine ancora non sa cosa ha abbandonato e quando se ne renderà conto, sarà troppo tardi.

Troppo tardi.

Damon ha paura che anche per lui sia troppo tardi. Che non conquisterà mai sua figlia, che lei non gli vorrà mai totalmente bene. 

Eppure Damon ha ricordi sfocati, di quando era piccolo che guardava il padre, ammirandolo. Si ricorda di quando non c’era ancora Stefan e Giuseppe dedicava tutte le sue attenzioni a lui. Damon si sentiva sempre felice e protetto tra le braccia del padre e lui, in effetti, non ci aveva mai pensato, ma aveva più o meno la stessa sensazione quando abbracciava Jane. Anche sua figlia lo guarda in quel modo. Quando guarda, quasi rapita, gli occhi del padre, Damon ha la stessa identica sensazione. Si sente protetto anche lui. È come se la bambina fosse un punto fermo per lui.

Jane è la sua àncora. Damon è solo una barca rotta che ogni volta se ne va alla deriva e che spera che la catena che lo unisce a sua figlia sia abbastanza forte da poterlo tenere ancorato sulla buona strada. Tra le acque basse e tranquille della riva.

Quando Damon era in guerra e stava per addormentarsi sulla sua brandina, ogni volta guardava la foto della sua famiglia e sfiorava quella foto, soffermando le dita sulla sua piccola quando aveva pochi mesi di vita. In quei momenti Damon si domandava come fosse davvero Jane, cosa pensasse lei di lui. Se tutto andasse bene. 

Si sentiva in colpa, Damon, per esserle lontano, per non starle vicino come faceva suo padre per lui. E sentiva proprio il bisogno di poterla vedere, o almeno, parlarle al telefono.
Perciò, adesso che Damon è a casa, e continua stringere la sua bambina, lui pensa che da oggi in poi non andrà molto lontano. Che farà di tutto per tenersi la bambina vicino. Lui ama Jane e adesso che la può vedere, sfiorare mentre dorme e baciarle il capo, sente un peso enorme togliersi dal cuore.

Quando l’accompagna nel suo letto e Jane gli chiede di restare per dormire con lei, lui accetta. La prima notte con sua figlia non può fargli altro che bene. Perciò, appoggia il bastone al muro e si stende accanto a lei e vorrebbe sussurrarle parole dolci, per farla addormentare, ma ancora non sa cosa dire ad una bambina, Damon, per farla stare tranquilla. Quindi è lei a parlargli. Gli racconta la sua giornata e poi tutto l’anno passato senza di lui. Gli parla della sua amica Margaret e che il giorno seguente sarebbe dovuta andare alla sua festa di compleanno. Gli chiede se potrebbe accompagnarla  e Damon accetta felice, nonostante non sia ancora pronto a stare in mezzo a tanta gente. Ma lo fa per lei e ha la sensazione che adesso ogni cosa che farà sarà per lei.

Damon è diventato padre quattro anni fa, ma solo tecnicamente. Adesso sente che lo sta diventando veramente.

Lo sente quando Jane si accuccia contro il suo petto e continua a parlare sempre più lentamente fino ad addormentarsi completamente tra le sue braccia.

Lui invece rimane sveglio. Sa che se si addormentasse il mondo dei sogni lo rapirebbe ancora una volta e non sa come reagirebbe sua figlia se il suo papà urlasse nel letto accanto a lei. E allora non fa nulla. Tanto ha passato già tante notti insonni. Una in più non cambierà niente. O forse è solo un pretesto per poter osservare la figlia dormire e vedere come possa essere il più prezioso dei tesori anche mentre dorme.

Le bacia ancora una volta la fronte e le copre bene le spalle con la coperta. È inverno e una bambina come Jane, che si ammala spesso, come le ha detto sua madre, deve stare al sicuro. Perciò la stringe a sé e si ripromette, mentre le accarezza delicato i capelli, che alla sua bambina non mancherà mai niente, che sarà il suo angelo custode.

Ed è quello il dolce pensiero con cui si addormenta Jane. Nella sua mente si ripete il fatto che è il giorno più bello della sua vita. Che il suo papà è tornato. Lei ogni sera sperava, affacciandosi dalla finestra della sua camera, di poter osservare un auto azzurra entrare nel vialetto, ma così non è stato per tanto tempo.

Questo pomeriggio, quando ha visto il suo papà aspettarla nell’ombra del portico, la bambina ha sentito un pezzo di lei ricomporsi. Ha sentito qualcosa andare al posto giusto. Qualcosa che doveva accadere, prima o poi.

Il suo angelo custode è tornato. Il suo angelo custode la protegge e la osserva attento con due meravigliosi occhi color cielo.

Ed è con questa sensazione che si risveglia Jane. Quando ancora dormiente sente una mano accarezzarle i capelli e due labbra baciarle la fronte. Jane si sveglia e si accorge che il suo papà è ancora là. Quindi non è stato un sogno. Lui è ancora lì.

La piccola Jane sorride e Damon, di nuovo, rimane colpito dall’enorme sorriso della figlia. È come se si risvegliasse una parte di lui morta da tanto tempo. Gli si stringe il cuore al pensiero di quante mattine si è già perso, che sarebbero potute essere piene di lei. Piene di loro. 

“ Buongiorno!” sente dire da lei.

E gli risponde con un sonoro bacio sulla guancia. 

È mattino tardi. Quasi le undici e, nonostante sia la vigilia di Natale, Damon si ricorda che Jane deve andare ad un compleanno perciò decide di accompagnarla e di stare tutta la giornata con lei. Non si stancherà mai di Jane e dei suoi sorrisi. Ormai lei è l’unica donna della sua vita.

O almeno così crede. Non si è mai chiesto se ci sarà qualcun’altra nella sua vita. Questo è un enorme punto interrogativo che Damon inevitabilmente si è chiesto molte volte. Non lo fa apposta. Insomma, lui nemmeno la vuole un’altra donna che crederà essere per tutta la vita. Eppure, qualche volta un dubbio si insinua sempre nella sua mente. È davvero destinato ad essere solo per tutta la vita? 

Damon non sente nessun vuoto nel suo cuore e da giovane non ha mai sperato di trovare la sua anima gemella. Il punto è che quando parlava con i suoi compagni d’armi, lui sentiva parlare delle loro donne, delle loro vite. E l’immagine che Damon si è fatto dell’amore si è ridotto semplicemente a quella della donna-moglie che aspetta il proprio marito a casa, impaziente, badando alla casa e ai figli.

Ma la madre, quando era piccolo, le spiegò che l’amore è qualcosa di inaspettato. Può arrivare anche se non lo si cerca ed è come un mare in tempesta. È quel soffio d’aria che fa pressione nel petto ed esso si svuota, si libera. 

Damon non ha mai compreso quelle frasi. Non ha mai provato il vero amore. E a volte si è sentito come una macchina che non prova nulla. Come un robot senza sentimenti.

Almeno per le donne. Anche Katherine alla fine non è stata nulla. Solo una pura illusione di avere qualcuno ad aspettarlo a casa. Solo un momento effimero intriso di un sentimento che nemmeno lui sapeva cosa fosse. Poi, tutto volò via. E la delusione era poca rispetto a quello che Damon si era aspettato.

Nessun dolore, solo rabbia. Solo una feroce rabbia che lo divorava per aver lasciato la figlia appena nata da sola.

L’amore, Damon non l’ha mai provato e forse mai lo proverà. L’amore a Damon non interessa. Non gli è mai interessato.

Ma Jane, quando si ritrovava da sola e la nonna le raccontava le storie di principesse salvate da propri principi azzurri da torri altissime, lei sognava che il suo papà fosse dall’altra parte del mondo a salvare la donna che amava. Ma Damon non è tornato con nessuna donna. Damon è ritornato solo, come sempre. Jane non ha memoria del padre felice con una donna. Lui non ha ancora trovato la sua principessa.

Eppure la sua vispa mente in poche ore ha immaginato la donna perfetta per il suo papà. Quella ragazza che incontra solo due volte a settimana ed è la sorella della sua migliore amica.

Ha sempre visto la sua maestra di danza come una persona sola, che sorride alla sue alunne solo perché sono le sue alunne. Jane crede che lei sia una principessa da salvare e lo zio Stefan una volta le disse che il suo papà è un eroe. 

Lei vorrebbe che il suo papà la salvasse.


 
§§§


 
Elena ha diciannove anni, una vita davanti a sé ed è praticamente nel fiore dei suoi anni. Elena adesso potrebbe poltrire nel suo letto e starsene tutto il giorno nella sua camera da letto a scrivere sul suo diario. Infondo è ancora giovane e non va più a scuola, non frequenta nessun college. Ha solo il suo lavoro qualche pomeriggio a settimana per dare una mano a sua zia con le spese della casa.

Ma Elena ha una famiglia a cui pensare. Un fratello da convincere ad andare a scuola e una sorellina a cui badare.

Al pensiero di Margaret, Elena decide di alzarsi dal letto. Ci sono ancora molte cose da fare, come finire di preparare la festa per Margaret, per esempio. E sono le sette del mattino, molte cose da mangiare da preparare e di certo non può lasciare fare le cose ad una cuoca pessima come Jenna, nonostante il suo enorme entusiasmo.

Anche Elena è entusiasta. Alla fine adora stare in mezzo ai bambini e forse con loro sono gli unici momenti veramente felici che la rendono ancora viva, non contando della sua passione per la danza, non contando i ricordi felici di lei con i suoi genitori, ma a volte ritornare la ragazza felice e senza pensieri di un tempo le farebbe piacere.

 E non è solo il grosso macigno che sente fortemente sul suo cuore. È il senso di mancanza che va e viene come le onde del mare calmo che accarezzano la sabbia in riva e quando l’acqua si ritrae, la sabbia è esposta al sole ed quel calore è piacevole, ma le manca la frescura del mare. Allo stesso modo è Elena. Ricorda i momenti passati con sua madre e con suo padre, ma poi subentra la malinconia ed è come essere disorientati, confusi e senza una meta.

Elena ha un vuoto dentro al cuore e spera -come una quattordicenne sognatrice- che da qualche parte, là fuori, ci sia qualcuno che sia disposto e sia in grado di riempire completamente quel luogo. Non sa chi. Un uomo, una donna. Qualsiasi persona che sia in grado di farla sentire completamente piena. Elena si chiede se prima o poi quella persona arriverà o dovrà aspettare una vita invano, continuando a prendersi di cura di sua sorella finché non crescerà e poi guardare le vite degli altri scorrere, mentre la sua rimane ferma sempre allo stesso punto, come l’occhio di un ciclone: raffiche di vento che si agitano attorno ad un punto calmo.

Si veste e si sciacqua la faccia e si dirige verso le scale, dando prima un’occhiata a sua sorella mentre dorme e quando si ritrova in cucina, vede tutta la sua famiglia pronta per i preparativi. Jenna è intenzionata a spalmare la crema al formaggio sui tramezzini che Alaric, il suo ragazzo, sta tagliando. Un lavoro estremamente facile per una pasticciona come sua zia, pensa Elena quasi divertita. Suo fratello Jeremy sta girando con lo sbattitore elettrico la crema al cioccolato per la torta di compleanno e intanto si copre la bocca per sbadigliare.

“Buongiorno a tutti.” Borbotta ancora assonnata mentre gli altri finalmente la notano.

“No, non dire buongiorno quando sono le sette del mattino e io stranamente sono sveglio da un’ora il giorno della vigilia di Natale.”

“Non ti lamentare Jeremy, poltrisci tutti i giorni della tua vita perché non vuoi andare a scuola. Fai qualcosa almeno per tua sorella.” Lo rimprovera Alaric.

Alla fine lui ci tiene alla sua educazione scolastica. Era il suo professore di storia.

“Non mi stressate.”

“Va bene, non ti stressiamo.” Lo asseconda Jenna.

Elena sa che sua zia non è d’accordo, ma ormai Jenna si è arresa. Ha provato a farlo ragionare, più di una volta, ma sembra che per adesso, l’unica ambizione di suo fratello sia quella di lavorare al Grill per il resto della sua vita. Alla fine, non controbatte. Anche lei ha un lavoro con un basso salario e non ritiene giusto dover giudicare. Però crede che almeno suo fratello dovrebbe continuare con gli studi e realizzarsi in qualcosa di più grande. E Jenna non vuole litigare. Non nel giorno del compleanno di Margaret.

Perciò Elena continua ad ignorare la filosofia di vita del fratello e si mette a lavorare, cercando di autoconvincersi che quello è il suo modo per andare avanti. Lei non vuole giustificarlo. Non giustifica nemmeno se stessa. Il suo sogno era quello di studiare medicina, e Jeremy sarebbe potuto benissimo andare in un’accademia d’arte in California, ma tutti e due hanno deciso di restare a casa.

Non vorrebbe riporre tutta la sua fiducia in Margaret, adesso. Non vorrebbe aspettare altri tredici anni prima che qualcuno della sua famiglia finalmente decida di andare all’università, eppure non vuole lottare nemmeno Elena. Sente che è una battaglia persa in principio.

Perciò si mette a lavorare come tutti gli altri e decide di preparare la pasta per i bignè che sua sorella tanto adora. Non sarà una festa molto vistosa. Soprattutto perché è la vigilia di Natale e tutti vorranno festeggiare anche la sera con le rispettive famiglie. Quindi il compleanno di Margaret lo si fa come una specie di brunch per piccoli.

E i preparativi continuano per tutta la mattinata. Con Elena e Jenna che continuano a preparare da mangiare e il lavoro non sembra finire mai e Jeremy e Alaric che iniziano a spostare un po’ di mobili per fare spazio agli ospiti, che per fortuna non saranno tanti. 

Nel bel mezzo della mattinata si sveglia Margaret tutta contenta del suo compleanno e per lei i suoi famigliari si fermano e corrono a farle gli auguri. Le danno i regali e lei sorride contenta perché la zia Jenna e Alaric le hanno finalmente regalato la Barbie con il trenino che lei aveva desiderato, mentre Jeremy le ha fatto un ritratto -non tutti i bambini vorrebbero un ritratto per il compleanno, ma era stata proprio Margaret a chiederglielo- e Elena le ha comprato una pianola giocattolo. Le piacerebbe che iniziasse a suonare il piano come la sua mamma.

Quando arrivano le undici, manca poco tempo all’arrivo degli ospiti ed Elena accompagna sua sorella per aiutarla a prepararsi. 

Margaret adora il rosso e quale occasione migliore di indossare un vestitino di quella tinta il giorno del suo compleanno, proprio durante il periodo natalizio? Per fortuna il vestitino non l’hanno scelto né sua sorella Elena né sua zia Jenna. La sua grande amica Caroline è arrivata la sera prima e ha deciso di farle il regalo con un giorno in anticipo, portandole quel vesto in occasione della festa.

È fatto di lana rossa, circondata da un nastro nero che si lega in un elegante fiocco in vita.

Quando gli ospiti iniziano ad arrivare, Elena ha appena finito di far vestire la piccola Margaret. Lei non è ancora pronta. Indossa un paio di shorts color rosa pastello e una lunga maglietta bianca che si mette abitualmente a casa. È in questo momento che sente il campanello suonare. 

 Nell’esatto momento in cui chiude la cerniera del vestito, sente la voce di Jane Salvatore che qualche secondo dopo chiama sua sorella. Margaret, non troppo attenta ai capelli raccolti nel cerchietto, corre verso le scale, rischiando di cadere e ricevendo una ramanzina da parte di Elena.

Lei, invece, decide di vestirsi in modo molto casual, optando per una gonna ed un maglione dello stesso bianco panna, di cui i fili a volte si intrecciano con alcuni con sfumature dorate. Non le importa di quante persone la vedranno in questo modo. Lei ha deciso che resterà in cucina tutto il tempo mentre Jenna farà gli onori di casa e sua zia è molto più brava ad intrattenere persone adulte.

Quando Elena scende al piano di sotto, vede una donna dai mossi capelli rossi come le lingue di un fuoco e degli occhi talmente celesti da sembrare che avessero strappato due pezzi di cielo di giugno per poterli imprigionare. La donna si presenta come Lily Salvatore, la nonna di Jane. Ed Elena si stupisce perché la donna qui davanti a lei le sembra molto giovane, forse solo qualche anno più grande di sua madre, ma qualcosa la distrae dai suoi pensieri.

Sente Jane dire a Margaret che il suo papà è tornato e in quell’esatto momento entra dalla porta già aperta un’altra persona.

La prima cosa che nota è il nero dei capelli, e il nero dei pantaloni e della giacca di pelle, e il nero dei Ray-Ban che coprono completamente gli occhi dell’uomo. Poi c’è un particolare che, Elena non sa perché, la rende particolarmente triste: quell’uomo appoggia il suo peso in parte su un bastone. Una lunga asta di legno scuro con un pezzo di forma cilindrica dorato.

“Permesso.” Dice la voce calda e roca dell’uomo.

Elena si chiede qualche sia il motivo del brivido che le ha appena percorso la schiena.

Subito si rende conto che Jane è corsa contro quell’uomo, abbracciandolo. Sente l’uomo borbottare qualcosa sulla sua gamba destra, ma sorride di rimando all’evidente gioia della figlia. Elena giura di aver visto un luccichio attraverso gli occhiali da sole e ne ha la conferma quando l’uomo se li toglie e vede due fari luminosi riempire la stanza. Rimane, inoltre, colpita perché i suoi occhi sono così tristi, così sofferenti, ma nonostante tutto, quell’uomo ha la forza di sorridere alla bambina e di prenderla in braccio. Nonostante tutto. Nonostante il dolore visibile mentre storce il naso, forse per sorreggere il peso della piccola.

Jane gli circonda le piccole e sottili braccia attorno al collo e gli dà un bacio sulla guancia sprigionando una tale tenerezza da riempire il cuore di Elena di uno strano e piacevole calore.

“Papà!” sente Elena sussurrare e per poco non ha un sussulto.

Margaret le aveva detto che Jane non ha genitori, eppure eccoli lì, mentre lei si fa cullare e coccolare dal colui che chiama papà. Elena si sente confusa, ma allo stesso tempo felice per Jane. Non augurerebbe mai a nessuno bambino di crescere senza i suoi genitori.

“Damon!” sente la voce stupita di sua zia chiamare per nome l’uomo che si gira non appena la sente. “Oh mio Dio, Damon, sei… sei tornato!”

“Ma tu guarda! Jenna Sommers!”

“Quasi in Saltzman, prego.” Le risponde giocosa, mostrando l’anello di fidanzamento all’anulare sinistro.

Quell’uomo, Damon, sorride cercando di nascondere con quel sorriso, come se fosse un velo sottile, la tristezza che c’è nei suoi occhi.

Elena si dà della stupida.

Alla fine non conosce il papà di Jane e non capisce perché si senta in dovere si esaminare la sua anima e comprenderlo.

Quando sua zia scioglie l’abbraccio con lui, quest’ultimo si presenta anche ad Elena, notandola per la prima volta e quando le loro mani si sfiorano, si incrociano e si stringono, loro non lo notano, non lo capiscono ancora, ma i loro subconsci si rendono conto che c’è qualcosa di nuovo. È come se tutto un tratto fosse cambiato qualcosa, andando al posto giusto.

“Damon, questa è mia nipote Elena. Elena, lui è un compagno di liceo mio e di Alaric.”

“Il piacere è tutto mio, Elena.”

Damon solleva l’angolo sinistro delle sue labbra, a mo’ di sorriso, spiazzando un po’ Elena che si riprende quasi subito. Per sua fortuna.

“Piacere…” mormora in un soffio, quasi inudibile.

Le loro mani si staccano, ma i loro sguardi non lo fanno finché Jenna interrompe il loro scambio di occhiate, dicendogli che Alaric è dovuto andare per dieci minuti nel suo appartamento.

Allora, Damon viene distratto, sia dalle parole di sua zia, sia dalla risata di Jane che è ritornata a giocare con Margaret e con le sue bambole. Sembra quasi rapito dalla figlia, quell’uomo, e per un attimo Elena si perde nei ricordi di quando era piccola. Di quando il padre, la sollevava in aria e le sorrideva. Di quando lui la guardava con gli occhi del suo stesso colore ed immaginava che il suo principe azzurro sarebbe dovuto essere proprio come lui. Con quello sguardo dolce , con quelle braccia protettive, con quella voce calma, calda, che era in grado di raggiungere di mille sfumature di toni, quando le raccontava le favole della buonanotte. 

Quando Elena è cresciuta, non le servivano più le storie per farla addormentare e quando una bambina diventa ragazza i rapporti con il padre cambiano e quando i rapporti cambiano, non ci sono più quelle complicità di un tempo e Elena non se ne è mai resa conto, finché quando lui se ne è andato e in quel momento ha sentito il vuoto del suo cuore crescere sempre di più, fino ad espandersi e creare un enorme buco nero.

E quel buco nero le risucchia ogni tipo di emozione. Ogni sensazione. È come se tirasse via la sua pelle dall’interno e i ricordi non sono altro che legna da ardere sul fuoco del dolore. 

La morte dei suoi genitori è stata devastante per lei ed Elena ricorda quando ha pianto per loro, ricorda quando l’anno prima si è rifugiata, dopo il loro funerale, per giorni nella sua camera. Se ne è fregata degli altri e ha chiuso gli occhi. Si è rifugiata nei suoi sogni, dimenticando l’incubo reale di quei giorni.



 
§§§


 
Si sente soffocare, Elena. Rannicchiata contro se stessa, ha deciso di non voler restare nella sua camera. Non ha voglia di vedere nessuno. Anche se sa che gli altri hanno bisogno di lei, ma non le importa assolutamente. 

Ormai ha preso una decisione e preferisce sentirsi soffocare quando rintana la sua testa sotto le coperte, fino a perdere ogni traccia d’ossigeno che c’è, fino a sentire l’aria pesante e calda che pizzica contro la sua pelle.

E solo quando si risveglia dai suoi brutti sogni, solo quando lei si è svuotata dalle lacrime, almeno per un po’, si muove da quello stato di torpore e muove un braccio verso l’alto, per alzare le coperte e far entrare un po’ d’aria. Sente il fresco pungerle la pelle. Ha la sensazione di aver lasciato la finestra aperta, ma sinceramente non le interessa. Non sente il vero freddo arrivarle alle ossa, non sente nessun dolore esterno o interno, se non quello che proviene dal suo cuore.

È un cecchino, il suo cuore, che anche se fosse lontano da lei chilometri e chilometri, saprebbe colpirla lo stesso. E adesso è vicino, è dentro di lei e mille proiettili le partono dall’interno, contemporaneamente, uccidendola milioni di volte, senza lasciarle il tempo di respirare.

Non sa più come farlo Elena. Come si respira? Come si vive? Davvero, fino a tre giorni prima sapeva ridere e scherzare? Adesso non si ricorda più nulla. 

Il dolore è troppo forte e sente lentamente lacerarsi e annullarsi sempre di più. Ogni attimo che passa, perde e dimentica un pezzo di sé. Non sa chi sono le persone che la amano, non ricorda più nulla e in qualche modo Elena vorrebbe stringere tra le sue mani quel cuore che la fa tanto soffrire. Stringerlo fino a ridurlo in cenere e non sentire più nulla.

I suoi genitori sono morti. Ha pianto sin da subito, ma solo quando le bare sono state riposte sottoterra, un’indistruttibile consapevolezza ha preso possesso di lei. E ricorda solamente le sue gambe che hanno tremato, poi si è sentita cedere le forze e cadere a terra, sull’erba fresca del cimitero. Poi ha sentito delle mani, forse più di due, accorrerle per sorreggerla.

Si è ritrovata subito a casa, ma le sembra già tutto così estraneo. Non sente più, Elena, che quella sia casa sua.

Il suo stato di incoscienza l’ha portata  a perdere la cognizione del tempo. Non sa quanto ne sia passato dall’ultima volta che ha visto in faccia qualcuno, che ha mangiato oche abbia fatto qualsiasi cosa. Non ha contatti con il mondo esterno da tempo. Ha solo percepito mormorii indistinti di gente oltre la porta della sua camera e poi più nulla.

Perciò ha un sussulto quando sente per la prima volta qualcuno bussare.

Prima solo tre colpi. Poi dieci secondi di silenzio. Poi altri tre colpi.

“Elena, Elena. Sono Caroline. Posso entrare, per favore?”

Elena in un primo momento non risponde. Per di più affonda la testa tra i due cuscini cercando di ignorare i richiami della sua amica.

“Elena, ti scongiuro!” la supplica l’amica.

Lei, allora, con  una mano solleva leggermente la coperta e la tua testa si alza lentamente da quello che alla fine è diventato il suo rifugio. Osserva per un tempo che le sembra infinito la porta di legno bianco, indecisa se continua ad ignorare Caroline e finalmente decidere di aprirle la porta.

Solo un attimo di indecisione, ce l’ha quando le dita arrivano a sfiorare il pomello color argento, ma non sa se stringerlo tra la sua mano o fare qualche passo indietro.

Quando apre la porte, la prima cosa che vede sono gli occhi azzurri dell’amica che la guardano a mo’ di rimprovero. In ogni caso, in ogni situazione, Elena si sentirà sempre giudicata da Caroline.

Non se la sua amica lo faccia apposta. Lei è proprio così e Elena si chiede se lei non abbia ragione. Forse è insensato restare per tanto tempo in una camera, senza far nulla. Eppure, nonostante la ragione le dice che sta sbagliando, lei non ha nessuna intenzione di muoversi da lì o di parlare e di confessare tutto i suoi dispiaceri, i suoi dolori.
“Come stai?” le chiede Caroline.

Come se non fosse abbastanza ovvio. Le sono morti i genitori, non il gatto! È logico che Elena stia male, ma Caroline glielo chiede lo stesso e non per marcare tutta la situazione. Lo fa per far sfogare Elena. Perché lei sentirà comunque un enorme vuoto lacerarle il cuore, ma sentirà un peso minore pesarle addosso quando urlerà contro Caroline.

“Secondo te? Come dovrei stare? - la guarda sarcastica, ma l’amica nota attraverso il tono, che gli occhi stanno soffrendo, tanto. - I miei genitori sono morti, Caroline. Sono morti e so che tu sei in buone intenzioni, ma non mi serve la tua compassione.”

Elena fa qualche passo indietro, allontanandosi dalla soglia della porta, dopo aver sentito voci di altre persone provenire dal piano di sotto. Non vuole vedere nessun altro. Si siede sulla punta del letto mentre l’amica le passa un elastico per capelli viola che si trova sulla scrivania.

Caroline incrocia le braccia sotto il seno in cerca delle parole giuste da dire. Vuole essere cauta nel parlare con Elena, in particolar modo perché sa che cosa vuol dire perdere un genitore e non osa immaginare che cosa significhi perdere tutti e due.

“Non sono qui per cercare la tua compassione. Io voglio esserti vicino perché sei mia amica, così come vuole starti accanto Bonnie, e Matt. Ascolta… ti ricordi quando è morto mio padre, due anni fa? Io ero triste e giù di morale, ma sei arrivata tu, con tutti i miei amici e mi avete costretta a fare shopping.”

“Non credo che fare compere mi aiuterà tanto quanto è servito a te.”

“No, ma ho qualcosa di più adatto a te!”

Caroline rovista nella sua borsa finché non trova una busta. Elena scettica apre la busta e vede che dentro ci sono tre biglietti  per il teatro.

“Ma questi sono… per il Don Chisciotte a Richmond!”

“Mi costeranno mesi e mesi senza paghetta, ma ne vale la pena.” Sussurra, alzando leggermente il tono di voce.

Elena per un attimo si lascia scappare un sorriso. Forse l’unica cosa che le potrebbe procurare gioia in questo momento è la danza e ha sentito di un piccolo battito del cuore dentro il suo petto essere più veloce degli altri. Felicità, eccitamento prova la ragazza mora quando prende in mano quei pezzi di carta così sottili da potersi strappare in un secondo.

Eppure quei pezzi di carta sono costati tantissimo alla sua amica. 

Quello stesso battito del cuore spinge Elena a slanciarsi contro la sua amica e ad abbracciarla, mentre il suo naso affonda nella chioma dorata dell’altra, mentre sente il profumo di fragole e mentre le mani si incastrano tra i fili di lana del poncho.

“Non so come ringraziarti.”

Si sente dire Elena, mentre scioglie l’abbraccio e la guarda negli occhi riconoscente.

“Inizia con l’andare in bagno e farti una doccia. Puzzi!”

Caroline le porge la mano e la fa alzare dal letto, conducendola verso il bagno.

Elena non ha dimenticato la tristezza. Il dolore persiste continuo nel cuore, ma lei si ritrova a pensare che non è stato un male decidere di aprire la porta. Il dolore si affievolisce un po’. Solo un po’. Giusto il tempo di rendersi conto che passeranno anni prima di trasformare il dolore in una felice cerchia di ricordi.



 
§§§


 
“Elena. Elena!” sussurra Alaric, scuotendo leggermente la ragazza per le spalle.

Elena non ricorda nemmeno il ritorno del suo quasi zio in casa. Come spesso le accade, si è persa nel viale dei ricordi e solo un’altra persona è in grado di riportarla alla realtà. Da sola non ci riesce ancora.

Spalanca leggermente gli occhi, come sempre, e si guarda attorno, sperando che nessuno abbia notato le sua attuale situazione. Nota che Jenna e gli ospiti si sono allontanati leggermente e lei le regala una fugace occhiata preoccupata prima di ritornare a distrarre gli ospiti. Nessuno ha notato quello che è successo, per fortuna.

Nessuno sta notando quanto Elena sia scossa e imbarazzata. Non sa più come fermarsi.

“Come stai?” le sussurra Alaric, nascondendosi dietro la colonna del soggiorno. Deve essere appena arrivato perché ha indosso ancora il giubbotto e ha delle buste in mano.
“Sto bene. Devo solo… distrarmi. Così, non mi ricapiterà più, almeno oggi.” Si sente dire Elena. Lo dice più a se stessa. Per convincere se stessa e non Alaric.

“Mi domandavo quando saresti venuto a salutarmi.” Fa una voce dietro di lei.

Alaric, che prima puntava lo sguardo su di lei, adesso solleva gli occhi verso quella voce maschile, mostrando poi un’espressione piacevolmente sorpresa. Elena si gira e vede quel Damon sorridere verso l’altro uomo.

Solleva entrambe le mani, una ha ancora in mano il bastone e solleva l’angolo sinistro delle labbra. È un sorriso strano. Uno di quei sorrisi che crea delle pieghe sotto gli occhi. Uno di quei sorrisi tanto ironico, ma allo stesso tempo sincero.

“Da… Damon?”

Alaric lo raggiunge e praticamente gli corre incontro per salutarlo e per abbracciarlo. Ha sempre visto uomini o ragazzi salutarsi con calorose pacche sulle spalle, ma quell’abbraccio tra quei due sembra quasi intimo e sì, ha capito da sua zia che Alaric e Damon erano amici, ma non fino a questo punto. Non credeva che fossero così amici.

“In carne e ossa, amico! Pronto per farti ritornare ad essere l’ubriacone di un tempo.”

“Ehi Salvatore, ti ho sentito. -replica la zia di Elena- Ricordati che quello è quasi mio marito.”

Il moro alza le mani in segno di resa e in quello stesso istante, il campanello inizia a suonare e molte amiche di Margaret arrivano con i loro genitori per far festa. Da lì, inizia la confusione più totale. Bambini che urlano e si rincorrono, adulti che chiacchierano tra di loro ed Elena ha una voglia fortissima di rifugiarsi ancora nei suoi ricordi.

Vedere tutti che socializzano, che ridono, che scherzano. Elena si rende conto che lei non è più in grado di farlo. Non sa più come iniziare una conversazione con una persona che non conosce.

Perciò preferisce occuparsi del cibo e disporlo sui tavolini per i bambini e passare tra gli adulti con un vassoio pieno in mano.

“Elena, cara.”

È la signora Flemming che la ferma e le regala una leggera carezza. Sorride leggermente quella donna. Se la ricorda Elena, quando era piccola si prendeva cura di lei, mentre i suoi genitori erano a lavoro. Era un’amica di sua madre, ma dopo la sua morte le ha rivolto la parola solo rare volte.

Un po’ si sente in colpa, perché era affezionata a quella donna. Le è ancora affezionata, ma vederla le fa ricordare troppo i pomeriggi trascorsi con la madre a chiacchierare mentre lei le osservava e adorava guardare da quanto tempo fossero amiche.

“Isobel, come stai?”

Elena si sporge per darle un abbraccio, stando attenta a non far cadere il cibo dal vassoio.

“Sto bene, piccola. Tu invece? È un po’ che non ti fai sentire ormai.”

“Oh, lo so. Mi dispiace per questo. -è in imbarazzo e non sa che dire per giustificarsi, perciò tenta di evitare l’argomento- Un finger food?” 

Scappa, Elena. 

È strana la sensazione che prova. Strana ed estranea a lei. Si rifugia in cucina.    

Ormai è abituata agli sguardi delle persone che non conosce che guardano lei e i suoi fratelli. Sa che fa compassione a tutte le altre persone solo perché appena un anno fa le sono morti i genitori.

Mette nel lavandino i piatti che sono già sporchi e no, non può allontanarsi da lì. Anche se lo volesse, ma alla fine resta sia per gli altri che per se stessa. Ha solo bisogno di due minuti per respirare.

Va al piano superiore e si rifugia nella sua camera. Solo che, quando si volta dopo aver chiuso la porta scorrevole della sua camera, una figura estranea la spaventa. È seduto sul davanzale della finestra, Damon. Ha gli occhi chiusi e la testa appoggiata sul muro. È al suo posto. Dove di solito lei si mette per pensare. E adesso non sa svegliarlo o meno. È vero, si trova nella sua stanza, ma non lo conosce quell’uomo e si imbarazza.

Tossisce, fintamente, e lui apre gli occhi. Gli ci vogliono pochi secondi prima di capire cosa sta succedendo.




 
§§§




Strano. È ancora strano per Damon stare in mezzo a così tanta gente. Al chiacchiericcio delle persone, alle risate, alle battute. In guerra anche un solo commento simpatico era adombrato da un pizzico di paura o di tensione. 

Visto per un po’ Jane, è stato con lei. Poi ha detto a sua madre che si sarebbe allontanato per qualche minuto. Lei lo ha assecondato, lo ha capito.

Perciò se ne andato, senza allontanarsi troppo. È andato al piano superiore di quella casa ed è entrato nella prima camera che gli è capitata. Si è seduto sul davanzale della finestra e quando ha appoggiato la testa contro il muro, ha sentito tutta la sua stanchezza fuggire via e le ultime notti insonni le ha improvvisamente dimenticate. Chiude gli occhi Damon e le voci al piano di sotto diventano sempre più ovattate finché non si assopisce.

È un leggero rumore a svegliarlo. Così leggero che alla fine non l’avrebbe mai sentito se il suo sonno fosse stato più pesante del solito. Ma Damon non dorme bene da così tanto tempo ormai che se ne è dimenticato.

Prima socchiude solamente gli occhi e la figura minuta della nipote di Jenna gli appare davanti. Imbarazzata, con le spalle ricurve in avanti e il maglione bianco troppo largo che le ricade creando mille onde. Ha le mani giunte in avanti e si gratta quasi disperatamente le nocche delle mani creando delle leggere chiazze rosse. Si morde anche il labbro superiore e guarda altrove, in attesa che lui si svegli.Quando finalmente gli rivolge lo sguardo, lei si accorge che si sta svegliando e rimangono ancora qualche secondo, così, fermi e immobili. Fissi nelle loro posizioni.

“Salve.” È la prima cosa che dice Damon.

“Salve.”

“Devi scusarmi, ma io…”

“No, non ti devi scusare. Solo che è… strano, ecco.”

Damon fa per alzarsi, ma quando si alza si dimentica di aver lasciato il bastone a terra e come qualche tempo prima faceva normalmente si solleva in piedi portando lo stesso peso su entrambe le gambe, la destra ha un improvviso e lancinante dolore che lo fa barcollare e scivolare a terra. Fa troppo male, ma Damon non si lamenta e soffre in silenzio. La ragazza che sta di fronte a lui, però, si preoccupa lo stesso e si inginocchia accanto a lui e lo guarda apprensiva.

“Oh mio Dio, stai bene?” non sa dove mettere mani. 

Non lo conosce, non ha il coraggio di toccarlo e di rassicurarlo, eppure ha il forte impulso di aiutarlo.

“Sì, non preoccuparti, ragazzina. Devo solo riprendermi un po’.”

“Hai bisogno di una mano?”

“No.”

Ma non appena tenta di rialzarsi anche con il bastone, il dolore ritorna e non accenna ad andarsene.

“Ok, sì. Ho bisogno di un po’ d’aiuto.”

“Vieni… -lo prende sottobraccio e lo aiuta finalmente ad alzarsi- ti porto a letto.”

Entrambi si dirigono lentamente verso il letto.

“Non credevo volessi già approfittarti di me. Ci siamo conosciuti circa mezz’ora fa.” Si lascia scappare, lasciando che la ragazza mostri un sottile sorriso. 

Forse è il primo sorriso che le vede fare. Anche quando prima si sono presentati, lei sembrava seria tanto quanto lui e l’ha un po’ osservata in quel breve lasso di tempo che ha trascorso insieme ai suoi ospiti. Sembra triste, molto triste.

“È solo per aiutarti.”

“Tranquilla, ragazzina. Stavo scherzando.”

Quando finalmente raggiunge il letto, poggia entrambe la mani sul materasso piegandosi in avanti. Basterebbe un soffio di vento per farlo cadere un’altra volta. Si siede sulla punta del letto e tenta di rimanere seduto, ma è un uomo che non dorme mai e il dolore gli corrode l’anima, non ha molte forze e una semplice mattinata può essere terribilmente stancante.

“Forse dovresti sdraiarti.” La consiglia la ragazzina che gli sta affianco e con una mano gli accarezza leggermente la spalla. Probabilmente lo ha fatto senza accorgersene, ma a Damon quel semplice tocco ha fatto lo stesso effetto della stretta di mano che si sono scambiati prima. 

Un calore che gli ha fatto effetto. Che lo ha riscaldato quasi a fondo.

“Mi sono già appropriato della tua camera. Vuoi davvero che mi appropri anche del letto?” le domanda, accennando anche lui un sorriso. Ma che gli prende?

“Non preoccuparti, non ha importanza adesso e poi tu hai bisogno d’aiuto.”

Questo ha leggermente colpito il cuore di Damon. Di solito è lui che aiuta la gente, non gli altri che si apprestano in suo soccorso.È molto orgoglioso Damon e fosse stato in mezzo a tanta gente, le avrebbe negato il suo aiuto, ma adesso non ha nemmeno la forza di scuotere la testa e di allontanarla da sé. Si stende, lentamente, mentre porta con attenzione la gamba che soffre sul materasso.

Tenta, almeno questa volta, di non farle vedere il dolore attraverso la faccia, ma ci sono cose che sono più forti di lui e tra queste cose, c’è la gamba che oltre al male gli porta tantissimi ricordi scomodi.

“Già… ho bisogno di aiuto.” Dice in modo seccato e forse non avrebbe dovuto, perché non appena lo fa, le guance di Elena si imporporano di una forte colorazione di rosso e lei si alza immediatamente, come imbarazzata.

“Se vuoi, vado via.”

“No, scusa. È ancora mi rode, non poter fare alcune cose.”

Damon dopo aver parlato, sfodera il suo classico sguardo da cucciolo bastonato. Uno sguardo che usa solo per farsi perdonare qualcosa e gli occhi della ragazza si rabboniscono mentre si risiede sulla sedia della scrivania accanto al letto.

“Come… come è successo?”

Non pensava che quella ragazzina avesse il fegato di chiederle una cosa del genere. La credeva più composta e un po’ più sulle sue.

“Fidati ragazzina, non vuoi saperlo.” Tenta di liquidarla, ma ancora una volta, forse è stato troppo duro e antipatico. 

No, non ci sa fare più con le persone Damon e con quella ragazzina non è da meno. Solo con la sua famiglia.

“Tasto dolente, vero?”

“Ci puoi scommettere.”

“Spero che tu possa riuscire a superare tutto quello che hai passato allora. -gli dice stupendolo e lasciandolo per un attimo senza fiato- Adesso devo ritornare alla festa.” Sussurra, alzando la mano per salutarlo.

Ma Damon è rimasto stupito dall’eleganza di Elena. Non ha ancora capito come, ma quella ragazza gli lascia dentro dei strani sentimenti contrastanti. Gli ha fatto una domanda troppo privata, troppo importante e subito dopo si è scusata, ricomponendosi e ritornando ad essere taciturna. Si è allontanata da lui, ha posto un altro muro insieme a tutti quelli che ci sono tra due persone che non si sono mai viste e adesso  si sta allontanando da lui anche fisicamente.

“Aspetta, non ti sarai offesa, vero?”

“No, è che io… sono una maleducata. Non dovevo intromettermi. Sono affari tuoi e di certo non vuoi confidarti con una sconosciuta.”

Imbarazzata, la ragazza solleva lo scollo del suo maglione e si copre la bocca il naso, ma a Damon comunque non sfugge il rossore delle sue guance.

È come una bambina, quell’Elena, e forse lo è veramente. Quanti anni potrebbe avere? È appena diventata una giovane donna e loro insieme non hanno nulla a che fare, eppure l’uomo sente che non gliene frega nulla. Se proprio deve iniziare ad imparare ancora una volta a socializzare, deve iniziare da una persona.  Elena è particolare. Sembra un riccio che guarda curioso il mondo, ma quando gli altri notano lei si chiude e si protegge. Se deve iniziare da una persona, allora Damon inizierà da lei.

“Sei l’insegnante di danza di Jane? Me lo ha detto tua zia, poco fa.”

La ragazza annuisce, mentre fissa il suo sguardo su quello di Damon. Lascia finalmente andare il suo maglione e si stringe le mani mentre incrocia le braccia.

“È brava mia figlia a ballare?”

Elena sorride a quella domanda e abbassa la testa, guardando un punto indefinito sul pavimento.

“Balla come una bambina di quattro anni.” Dice infine.

Non si sporge quella ragazzina. Forse è per formazione, ma si mostra imparziale per tutte le bambine.

“Posso farti una domanda? Sempre che io non sembri un’impicciona.”

“Vai.”

“Jane l’altro giorno ha detto a Margaret di non avere genitori…” lascia andare la frase nell’aria, perché sa che basta.

E Damon ha sentito un colpo al cuore, quando ha sentito quelle parole. Non riesce ad immaginare come possa essersi sentita la figlia in tutti quegli anni e sì, gli fa male più della gamba. Ha sempre pensato che il suo servizio in Afghanistan gli avesse portato tanto onore e anche tanto orgoglio per la famiglia, ma cosa ne capisce una bambina di quattro anni di onore e orgoglio? Cosa capisce lei di guerra e di sofferenze, quando la sua unica sofferenza è quella di vivere senza genitori? Per un attimo Damon pensa di essere stato egoista, dopo la sua nascita. Avrebbe dovuto capire che dipendente alla sua vita non c’è solo lui, ma anche un esserino dagli occhi unici come i suoi c’è e, forse, tiene alla sua vita più di lui.

“Non ho mai ritenuto che il mio lavoro fosse uno sbaglio. Anzi, tutto il contrario, -si sdraia meglio sul letto e trova sia sorprendentemente comodo- ma quando ho avuto Jane mi sono sempre fatto mille domande sul capire la cosa giusta quale sarebbe potuta essere. Non sapendo cosa scegliere mi sono buttato, ho scelto d’istinto, ma la mia scelta avuto i suoi pro e i suoi contro.”

“Che… che lavoro fai?”

“Sono un soldato. Un ex soldato, ormai.”

Guarda sconsolato la gamba e la indica per farle capire che anche a causa del suo lavoro che è in quello stato.

“Sono stato lontano da casa per troppo tempo e non mi stupisce quanto mia figlia si sia…”

Damon viene interrotto da un leggero tonfo che colpisce la porta. Ci mette qualche secondo di troppo per capire che una mano molto leggera ha deciso di bussare. E prima che Elena possa rispondere, la porta bianca scorre morbida lungo il parquet scuro. Due testoline, prima quella castana, poi quella mora, sbucano e fanno capolino, guardando incuriosite, quasi imbarazzate la scena che e si presenta davanti.

Sì, perché sono solo bambine, ingenue e senza pensieri. E se per loro una semplice carezza corrisponde ad una promessa d’amore, vedere un uomo sul letto di una ragazza è come un “per tutta la vita”.

Leggere tinte di rosso imporporano le loro gote, anche se alla fine sono felici.

La piccola Jane aveva avuto l’idea quel giorno stesso. Vuole vedere il suo papà felice e vuole che lui trovi la sua anima gemella e ha passato gli ultimi minuti a spiegare alla sua migliore amica, Margaret, del suo piano. Quest’ultima si è poi trovata entusiasta di voler riempire di vera felicità il cuore della sorella e entrambe hanno voluto attuare subito il loro piano. Sono andate a cercare Elena, ma non riuscivano a trovarla. Perciò sono salite in camera, con la speranza di trovarla ed è stata una piacevole sorpresa per loro, vedere Damon già con lei. 

Sono bambine piccole. Non possono immaginare altro, se non sperare che quei due adulti si piacciano già. Non possono valutare l’opzione di una semplice coincidenza. Elena e Damon si sono trovati nella stessa stanza a chiacchierare.

Forse sono rimasti troppo tempo da soli e non se ne sono nemmeno accorti, ma Damon quando vede il visino della figlia, sorridente, si rende conto che forse dovrebbe ritornare al piano di sotto dagli altri. La stessa cosa pensa Elena. Gli altri hanno bisogno di lei e il suo momento di solitudine non è mai iniziato, ma è stato stranamente piacevole conversare con quell’uomo.

Damon afferra il bastone  e si solleva dal letto nello stesso tempo in cui la ragazzina si mette in piedi.

È una frazione di secondo quella che passano talmente vicini da poter sentire i loro respiri sui loro volti. Poi lei abbassa il viso, imbarazzata, e si discosta, permettendogli di passare. Non lo notano quasi, quelle loro mani che si sfiorano a causa della vicinanza, ma un silenzio imbarazzante scende all’improvviso nella stanza.

“ ’Lena! Zia Jenna vuole che tu scenda, così possiamo fare il taglio della torta.”

La ragazzina è appena dietro Damon e lui non la può vedere, ma sente invece un leggero sospiro che rimarca probabilmente il suo sorriso dedicato alla sorellina.

Non sa perché ci fa tanto caso, Damon, ai particolari di quella ragazza, ma è così. Basta. È strana questa situazione, perché non conosce quella ragazzina e così strana che non capisce nemmeno perché continua a chiamarla ragazzina è una persona completamente estranea a lui, eppure quegli occhi color cioccolato non hanno fatto altro che interrogarlo, anche se involontariamente.

Apre completamente la porta rivelando anche i corpicini delle due bambine. Sua figlia lo guarda con un sorriso a trentadue denti, mentre l’altra si mette dritta e lo osserva attentamente. Un po’ si sente messo in esame, anche se non sa per che cosa, ma le fa comunque un occhiolino e il suo sorriso gli fa capire che l’ha conquistata, alla fine.

Si mette di lato e fa cenno ad Elena di passare per prima, sorridendole. Al contrario della sorella più piccola, la ragazza si ritrae quasi a quel sorriso, e non ha capito perché, ma di solito riesce a capire e a conquistare le persone, Damon. Ma con lei non ci riesce. Prima vuole conoscere la sua vita, prima lo guarda incuriosita come se fosse un tesoro da scoprire. Poi è lei che non vuole scoprirsi, che ad un semplice sorriso, distoglie il suo sguardo dal resto del mondo e va per la sua strada.

Non l’ha ancora capita, Elena. Lei è diversa per tutti gli altri e sembra voler capire tutti quanti come se fossero dei libri interessanti, ma lei è come un diario segreto. Uno di quelli che usano le ragazzine adolescenti per nascondere i suoi segreti più profondi. 

Ad un certo punto, Damon sente un leggero tocco sulla sua gamba e l’amica di sua figlia sta ancora lì, a guardarlo sorridente, mentre ha le manine incrociate dietro la schiena e si dondola su se stessa in attesa di chissà che cosa.

“Tu sei il papà di Jane, non è vero?” gli chiede, allungando un braccio e indicandolo con un indice.

Damon segue con uno sguardo Elena scendere le scale, mentre la figlia si accosta alla sua amica e ride divertita.

“Tu che ne dici, piccolina?”

Assottiglia gli occhi, e le immagini si fanno  più piccole, cercando carpire ogni movimento della bambina prima della sua risposta. Quest’ultima si porta il dito, che aveva usato prima, sulla bocca e alza gli occhi per qualche secondo, pensierosa.

“Avete gli stessi occhi. E poi anche il colore dei capelli è uguale.”

I due si scambiano un paio di occhiate e Damon nota gli occhi allegri della bambina.

“Dimmi un po’, tu sei Margaret?”

“Sì.”

“Oh, quindi sei tu la tanto importante festeggiata!” la bambina annuisce, incoraggiata dal tono scherzoso di Damon.

“E sentiamo, Margaret, quanti anni compi oggi?”

Margaret mostra la sua mano con tutte cinque le dita, indicando così la sua età. 

“Ma dai, cinque anni! -si finge sorpreso- Allora sei qualche mese più grande di Jane.”

Guarda sua figlia e le fa un occhiolino, mentre la bambina sorride, nascondendo le sue labbra dalle mani, quasi a voler nascondere una risata. Per un attimo Damon sospetta che quelle due stiano tramando qualcosa.

“Sei il nuovo fidanzato di Elena? -domanda la bambina, lasciando l’uomo di sasso- Eri nella sua stanza. Vuol dire che adesso siete fidanzati?”

Damon accarezza la testolina della bambina, sorridendo malinconicamente.

No, nessuna ragazza per Damon Salvatore. Troppi casini, troppi impegni, troppe spiegazioni. Troppe cose da giustificare, troppa vita da raccontare, troppi incubi da sopprimere. C’è troppo da fare con Damon. Troppo di lui da aggiustare e gli bastano sua figlia, sua madre e suo fratello per l’amore. No, nessuna donna.

“Tua sorella è graziosa, piccolina. Ma… forse in un’altra vita.”

E sa che la bambina non capirà mai quella frase, ma più che per gli altri, quella frase è per se stesso. L’amore? Forse sì, forse no. In un’altra vita o alla fine di questa. Ma per adesso no.

“Ma papino...”

Interviene Jane, facendogli occhi da cucciolo e avvicinandosi. Stringe tra le sue piccole mani un lembo dei suoi pantaloni, quasi aggrappandosi alla gamba sana.

Damon si stupisce anche del comportamento della figlia e la guarda, corrucciando la fronte e formando delle piccole rughe tra le due sopracciglia. Prima che lui possa proferir parola, Elena ritorna.

“Margaret è il momento della torta!”

Le due bambine vengono distratte dalla festa, ancora, e si dimenticano per un po’ dei loro piani.

Damon continua a domandarsi il perché del comportamento delle due bambine. Sembrava quasi ci tenessero molto a vedere lui innamorato di Elena.

Questo piccolo dubbio, inizia lentamente ad insinuarsi nella sua mente e se per i primi trenta minuti non ci aveva pensato, non lo aveva notato, adesso lo fa. Quando raggiunge tutti gli ospiti ci fa caso. Agli occhi di Elena che cupi, forse un po’ tristi tentano di essere felici per la sorella. Al suo corpo fasciato dai vestiti. Al seno messo in risalto dalle sue braccia che a volte si incrociano, mentre lei ascolta qualche conversazione. Alle gambe, lunghe e abbronzate, che a volte si incrociano, e si muovono. Quando i polpacci, ben definiti (probabilmente evidenziati dagli anni di danza), si contraggono velocemente ogni volta che batte i piedi sul pavimento.

Si ritrova ad osservarla all’improvviso, Damon, mentre conversa con Alaric e si raccontano dei lunghi anni trascorsi lontano da Mystic Falls. Mentre, stanco di stare in piedi, si siede sul morbido divano e continua a notare ogni suo piccolo movimento e le uniche cosa che riescono a distrarlo sono le risate di Jane che scorrazza con i suoi amici.

Non sa perché lo fa, alla fine. Forse è solo un modo per non sentire dolore alla gamba che oggi ha deciso di fare i capricci.

E nota, infine, le sue dita affusolate mentre gli porge un piattino con una fetta di torta.

Quando sua figlia gli si avvicina per dargli un piattino sporco, Damon si sporge per pulirle con un fazzoletto la macchia di panna sulla guancia. La bambina sorride mentre impaziente di ritornare dai suoi amichetti, si addrizza il maglioncino bianco e la gonna rosa.

Gli da un piccola bacio sul mento, Jane, e poi scappa via, ridacchiando come solo una bambina di quattro anni sa fare. Sorride anche lui e quando solleva lo sguardo, si accorge che quella ragazzina sorride, dopo averlo osservato. Distoglie subito lo sguardo, Elena, e ritorna in cucina per fare chissà che cosa.

Quando perde la sua visuale, Damon si rende conto di non avere più nient’altro da fare. Si guarda intorno e vede il suo amico Alaric parlare con altri uomini, sua madre che conversa ancora con Jenna e mai come in questo momento ha desiderato avere Stefan al suo fianco. 

Accanto a lui, sul divano, una nonna di un bambino che chiacchiera -spettegola in realtà- con un’altra donna mentre sorseggia un bicchiere di vino rosso. Quella conversazione è una vera tortura per il moro, ma da quel punto non sa davvero che altro fare, finché non decide di alzarsi, ignorando il dolore e andando alla ricerca di un qualcosa da fare.

Inconsapevolmente, si ritrova in cucina, e silenziosamente si avvicina al corpo minuto della ragazzina che, di spalle, non si è ancora accorta di lui, sta lavando i piatti.

“Te ne ho portati altri due.” Dice, rompendo il silenzio e alzando la mano che ha i due piatti.

Elena si volta e accenna un leggero sorriso di circostanza, poi ritorna a guardare l’acqua sporca e la cascata di capelli le ricade davanti al viso.

È un impulso, Damon si sporge e le raccoglie il ciuffo ribelle dietro l’orecchio. Uno sguardo di ringraziamento si fa strada negli occhi della ragazzina, mentre lui si appoggia comodamente sul piano cottura.

“Grazie.” Mormora.

“Di nulla. -si raddrizza un altro po’, prima di iniziare a parlare- Sai non sono più abituato a stare in mezzo a tanta gente. È diventato un di più per me. È come se…”

“È come tu non sia fatto più per socializzare, o vivere, in generale. Credo di capire come ti senti. È la stessa cosa che provo io.” Dice, smettendo di fare i suoi servizi.

“Per fortuna, la festa è quasi finita. Le persone inizieranno ad andarsene tra un po’.” Osserva.

“E tu te ne andrai?” domanda, voltandosi verso di lui.

“In realtà Alaric e Jenna hanno deciso di invitare me e la mia famiglia a cena, questa sera.”

“Bene. Bello.”

“Già, per la gioia di Jane e Margaret. -lo sguardo di Elena si fa curioso, quasi indecifrabile- Credo che quella due pesti vogliano farci finire insieme.” Si chiarisce, infine.

A Elena scappa un sorriso, questa volta più sincero. Probabilmente, ripensando a quanto possano essere pazze un paio di bambine. 

“Be’… non è la prima volta che Margaret cerchi di farmi mettere con un ragazzo, ma penso che la differenza di età tra me e te sia un po’ troppa.” Conclude sorridendo ancora.

“Se tutte le donne più grandi di Mystic Falls sono delle pettegole come quelle che avevo accanto prima, una ragazzina come te andrebbe più che bene.”

Prima che Damon se ne renda conto, ha già parlato. Poi uno sguardo stupito si rivela negli occhi di entrambi, perché persino lui non si sarebbe mai aspettato di dire qualcosa del genere.

“Scusami, non volevo insinuare nulla.”

“No, tranquillo. Probabilmente sei il primo uomo dopo un anno che mi dice qualcosa che si avvicina ad un complimento.”  Ammette, quasi tristemente.

Smette di lavare le stoviglie, asciugandosi le mani e girandosi per poi appoggiarsi al lavandino. 

“Cosa è successo un anno fa?” le domanda Damon preso da un impeto di curiosità.

Improvvisamente gli occhi di Elena si fanno più cupi di prima e rimane in silenzio. Lui sta per scusarsi, per dirle che non c’è bisogno che le dica qualcosa, ma lei lo precede e ammette la verità.

“Un anno fa sono morti i miei genitori a causa di un incidente d’auto.”

Il suo volto sembra impassibile, ma Damon scorge un alone di tristezza attraverso le iridi dei suoi occhi. Elena ritorna a grattarsi le mani nervosamente, impedendo a Damon di concentrarsi su altro se non su quel piccolo particolare.

“Mi dispiace per la tua perdita. So che vuol dire perdere un genitore, ma entrambi… non oso pensare come ci si possa sentire.”

Elena, che aveva abbassato lo sguardo, rischiando di perdersi nuovamente nei suoi ricordi, ritorna a guardare negli occhi l’uomo rivelando un senso di gratitudine nei suoi confronti. Lui risponde di rimando con un sorriso leggero, quasi spento. Con anche i suoi occhi velati di tristezza. 

Non sa se sia una coincidenza o meno, ma stare accanto a quella ragazzina lo rende più triste e allo stesso tempo si sente più compreso. Perché anche se i loro dolori sono differenti, comunque entrambi stanno soffrendo molto.

E condivide il suo sorriso spento, condivide gli occhi coperti da un velo di tristezza, condivide il voler nascondere questo agli altri, rintanandosi in una stanza buia, lontano da tutti.
I due non sanno quanto in realtà possano condividere. Il loro dolore non è nulla in confronto al grande cuore che entrambi posseggono. Ma ci sono certi periodi della vita in cui alcune anime non brillano come un tempo e le loro luci iniziano ad affievolirsi fino a quando non diventano dei semplici barlumi. E quando anime così sofferenti si incontrano, non si accorgono di chi hanno difronte. Si parlano, si conoscono, ma non si rendono conto di che luce gli altri possano risplendere. Allora sussurrano tristi, cercando di evitare gli occhi indiscreti e le parole maldicenti. Si limitano a dei sorrisi e a dei vaghi gesti che implorano pietà. Che piano, piano, molto piano si allontanano perché la voglia di vivere non c’è più e si sono persi un’anima amica. Forse un po’ di più.



 
§§§


 
Gli invitati se ne sono andati da ore ormai. Elena e la sua famiglia sono riuniti attorno alla tavola, imbandita di pietanze natalizie. Insieme a loro si sono aggiunti Jane e la sua famiglia, Damon e Lilian, ma anche quel ragazzo che Elena osserva da lontano da tanto tempo. Stefan è il suo nome, come aveva immaginato, ed è il fratello di Damon.

Sa ancora poco di quella famiglia, dei Salvatore. Eppure osserva la piccola Jane seduta accanto a sua sorella Margaret mentre si alzano per andare a giocare con le Barbie tra una portata e l’altra; osserva Damon che nella sua infinita tristezza, riesce a ridere e scherzare con Jenna e Alaric; osserva Lilian che seduta a capotavola, sorride alla sua famiglia e al resto dei commensali; e osserva Stefan mentre parla e si conosce con lei e suo fratello. Le sembra di conoscerli da tanto tempo.

All’improvviso i Salvatore si sono incastrati alla famiglia Gilbert. 

Ha un leggero fremito, quando ogni volta sul tavolo la sua mano sfiora accidentalmente quella di Damon accanto a lui -sono state Margaret e Jane a farli sedere vicini- e non capisce ancora perché. Forse è stata la suggestione scattata quando ha scoperto l’idea delle bambine, o forse perché Damon ha un passato diverso dal suo, ma sentimenti e sensazioni le sembrano le stesse.

Elena parla e conosce Stefan. Inconsapevolmente ha compiuto anche quel passo. Ma quando è voltata verso il più piccolo dei fratelli e gli parla, dietro di sé ascolta la voce bassa e decisa di Damon e quella voce per tutta la cena risalta tra le tante a quella tavola.

Non si chiede ancora quale sia la ragione, ma un piccolo punto interrogativo si è insinuato nel suo cuore.


 
Note finali: Salve ragazze! Sono finalmente arrivata con il primo capitolo di questa storia, con a speranza che vi piaccia e sopratutto spero che non sia stato troppo pesante o ripetitivo... Spero anche che i pensieri e i ragionamenti di Damon ed Elena siano coerenti e anche non troppo fuori dalla realtà.
Detto questo ringrazio lils_salvatore, eli_s, Alakea1393, katherina23, Non ti scordar di me ed Em_ per aver recensito il prologo. E sopratutto ringrazio
heydrarry per aver corretto il capitolo!
Un bacio, 
Mia Tersicore!

   
 
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